Principi Distributisti e Redistribuzione della Formazione Catechistica.

6 Aprile 2022 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, un fedele di SC, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, ci offre la sua traduzione di un articolo pubblicato da Catholic World Report, e che di sicuro susciterà il vostro interesse.Fedele lo presenta così: 

Caro Tosatti

Nel mio peregrinare sul web ho trovato questo articolo su CWR del 29 marzo

Sembra che c’entri poco con la crisi attuale e, soprattutto, sembra un volo pindarico unire una teoria economica ad un progetto formativo.

Invece mi sembra che sia una riflessione appropriata per noi, per le nostre parrocchie e per l’educazione dei nostri figli.

Per chi non le conosce, le tesi del DISTRIBUTISMO, sono molto diverse da quelle del DISTRIBUTIVISMO.

Il primo è pienamente cattolico, mentre il secondo viene confuso con idee socialisteggianti.

Il Distributismo si basa sull’idea della libertà e della priorità dell’iniziativa personale, che trae le sue fondamenta dalla proprietà dei mezzi di produzione per produrre ricchezza, quindi indipendenza e libertà, mentre le idee socialiste proclamano la distribuzione degli utili che dalla produzione derivano, impoverendo chi investe e rischia, per favorire chi sta a guardare sperando solo in sussidi statali e della collettività, come se la ricchezza piovesse dal cielo a sostituire la manna biblica.

Applicare questi criteri di condivisione dei mezzi di produzione all’aspetto formativo può essere una buona semina per le future generazioni, ma anche una buona base per riprendere l’evangelizzazione dei genitori.

Io l’ho tradotta e la ritengo interessante. Soprattutto per le parrocchie ed anche per fermare lo svuotamento continuo delle chiese sull’onda modernista.

 Buon lavoro e Dio continui a benedirla.

In Jesus et Maria

Vincenzo Fedele

***

 

Principi distributisti e redistribuzione della formazione catechistica

Visito che la cultura cattolica si è sgretolata e la catechesi ha molto sofferto negli ultimi decenni, ora è necessario ridistribuire i “mezzi di formazione” ai genitori facendo dei passi importanti, anche radicali.

Brad Bursa, Ph.D  – 28 marzo 2022 – CWR

Le persone seriamente intenzionate a trasmettere la fede alla prossima generazione, siano esse nelle parrocchie o nelle scuole cattoliche, sono state spesso frustrate dallo stesso problema: il divario crescente tra la fede e la vita quotidiana dei loro studenti.

Ad essere sinceri non è che questo sia un problema nuovo. Già negli anni ’50 Joseph Ratzinger lo diagnosticò come un nuovo paganesimo in agguato sottotraccia a minare il cattolicesimo dell’epoca. Dice, piuttosto francamente, «non è più, come era una volta, una Chiesa composta da pagani diventati cristiani, ma una Chiesa di pagani che si definiscono ancora cristiani, ma in realtà sono diventati pagani». A quel tempo, Ratzinger ipotizzò che “l’uomo moderno oggi, quando incontra qualcun altro, ovunque, può presumere con una qualche certezza che il suo interlocutore possegga un certificato di battesimo, ma non che abbia uno stato d’animo cristiano”. Quest’ultima affermazione è certamente vera, ma anche la prima sta diventando meno certa.

Gli scoraggiati dirigenti del servizio parrocchiale, come anche gli addetti scolastici, non devono disperare. Io credo che possano colmare il gap traendo ispirazione dagli economisti distributisti del 20° secolo Hilaire Belloc e GK Chesterton e dal loro appello per una ridistribuzione dei “mezzi di produzione”. Nel caso della catechesi, i formatori devono ridistribuire i “mezzi di formazione” ai genitori.

Il processo di ridistribuzione si compone di quattro passaggi fondamentali:

    1. Riconoscere la necessità di una ridistribuzione;
    2. Rendere i genitori gli “eroi” della formazione del proprio figlio e riprogettare di conseguenza i programmi;
    3. Costruire relazioni e incrementarle;
    4. Affidare tutto allo Spirito Santo (in realtà, questo è il primo e l’ultimo passo, mentre tutto il resto sta in mezzo)

Riconoscere la necessità di una ridistribuzione

All’inizio del XX secolo, i pensatori cattolici Chesterton e Belloc introdussero una teoria economica nota come distributismo.

John Médaille definisce il distributismo, dicendo:

il suo principio chiave è che la proprietà dei mezzi di produzione dovrebbe essere il più possibile diffusa, piuttosto che risultare concentrata nelle mani di pochi proprietari (capitalismo) o nelle mani dei burocrati statali (socialismo).

Il capitalismo tende a limitare a pochi soggetti i mezzi di produzione, mentre il socialismo collettivizza. Le misure socialiste sono spesso utilizzate come correttivi delle tendenze capitaliste. Chesterton e Belloc osservarono questo fenomeno in Inghilterra quando il governo introdusse forme di socialismo per equilibrare il capitalismo (ad es. leggi sul salario minimo, leggi sulla responsabilità e così via). Oggi  assistiamo all stessa tendenza negli Stati Uniti. Chesterton e Belloc hanno spiegato che queste tendenze socialisteggianti istaurano uno stato servile. Per entrambi iIl distributismo funge da risposta alternativa alle insicurezze del capitalismo ed alla burocrazia in espansione del socialismo.

Come dice VN Lukas nel suo articolo del 1934 su The Distributist,“se il distributismo rappresenta qualcosa, significa decentramento del controllo e, in via prioritaria, come possedere i mezzi di produzione in modo indipendente”. Il distributismo non ha tanto a che fare con la ridistribuzione dei profitti, ma riguarda i mezzi di produzione e la ridistribuzione, nel modo più ampio possibile, di questi mezzi di produzione.

Cosa c’entra il distributismo con il mondo della formazione giovanile e della catechesi?

Rispondere a questa domanda richiede un breve e veloce richiamo storico.

In generale, i cattolici in America hanno istituito strutture durature di catechesi per infondere la fede nei bambini cattolici immigrati in arrivo da paesi protestanti. I solidi sistemi scolastici cattolici e i programmi di educazione religiosa, gestiti in gran parte da congregazioni religiose, sono serviti come mezzo principale per preservare la fede e trasmetterla alla generazione successiva per tutto il XIX e il XX secolo.

Per un bel po’ di tempo questo tipo di infrastruttura catechistica ha avuto successo. 

I genitori affidavano i loro figli ai fratelli o alle sorelle che li avrebbero formati nella fede, e poi, a casa, continuavano l’affiancamento dei piccoli. I genitori erano coinvolti, in misura maggiore o minore, nella formazione diretta dei loro figli anche se, aneddoticamente, credo che il coinvolgimento fosse abbastanza marginale. Tuttavia questo livello di coinvolgimento dei genitori ha funzionato perché esisteva un forte sottostrato di cultura cattolica e il divario tra la vita di un bambino a casa e la vita di un bambino a scuola era relativamente minimo. L’etica generale era la stessa.

Dopo il Concilio, però, le cose sono cambiate. In realtà, secondo Ratzinger (e molti altri), le cose stavano già cambiando negli anni ’50: le ricadute del secondo dopoguerra si sono scontrate con il Vaticano II. Negli anni postconciliari, l’accurata struttura che era stata costruita si è sgretolata, le congregazioni religiose, con la loro ricca vita sacramentale e una solida cultura di base sono apparse improvvisamente instabili. All’inizio degli anni ’80, l’allora cardinale Joseph Ratzinger commentava che la Chiesa stava assistendo allo sgretolamento dei due pilastri su cui storicamente si reggeva la catechesi: la famiglia e la parrocchia. Il crollo della famiglia appare evidente: dal controllo delle nascite al divorzio senza colpa, alla rivoluzione sessuale, alla ridefinizione del matrimonio, e così via. Le macerie giacciono intorno a noi, e il baratro dello scollamento, nel post Vaticano II, tra la fede e la normale vita dei cattolici è apparsa evidente.

Sul fronte delle parrocchie, le comunità religiose collegate sia alla vita delle parrocchie che a quella delle scuole parrocchiali, hanno subito perdite enormi. Nel mondo della catechesi si è costituita una nuova élite catechistica, cavalcando la teologia sistematica e la filosofia educativa moderna di Karl Rahner. Mentre le congregazioni religiose lasciavano sguarniti i presìdi di catechesi nelle parrocchie e nelle scuole, nuovi professionisti laici, formati nei metodi di Gabriel Moran e Thomas Groome se ne fecero carico e il futuro della catechesi in America rimase in bilico e appeso a un filo. Una piccola minoranza ha cercato di continuare a trasmettere la fede nella sua pienezza, mentre la catechesi più diffusa ha seguito lo stesso corso della principale corrente teologica: orizzontalizzando la fede, adorando gli dei dell’autotrascendenza e dell’autocostruzione e, infine, considerando l’uomo come se fosse Dio.

Nel selvaggio West della catechesi parrocchiale, era necessario porre in atto una sorta di regolamentazione. Così, sono stati istituiti meccanismi diocesani sotto forma di uffici di istruzione religiosa, commissioni, comitati, standard curriculari, corsi di studio superiori e processi di certificazione per affrontare questioni di correttezza della catechesi a causa di un corpo catechistico svuotato e della creatività sfrenata dei nuovi rinforzi. Tutto questo ha avuto l’effetto di dare un timbro di approvazione al progetto Rahneriano, burocratizzandolo.

Poiché la cultura cattolica si è erosa e le famiglie se la sono cavata male, offrendo sempre minori basi di cultura cattolica in ambito casalingo, le parrocchie hanno risposto offrendo sempre di più attraverso la programmazione giovanile e con uno scarso coinvolgimento dei genitori (che al massimo ricevono uno o due rimproveri per la scarsa partecipazione alla Messa ). Oppure, in alcuni casi, le parrocchie hanno semplicemente continuato a offrire quello che offrivano prima, ma i genitori, intanto, erano svaniti quasi completamente dalla scena. Quando il coinvolgimento dei genitori è diminuito, tutto l’insieme della formazione alla fede si è ridotto (forse), alla lezione di religione nella scuola cattolica, alla scuola domenicale e alla messa. 

La nostra programmazione era pensata per rendere facile ai genitori accompagnare i propri figli nelle scuole cattoliche o nei programmi di educazione religiosa per poi chiamarsi fuori e lavarsi le mani dell’intera faccenda. Formazione cattolica? Fai una verifica! Far contenta la nonna? Fai una verifica! In modo quasi generalizzato, la Chiesa – nelle sue parrocchie e scuole – ha, consapevolmente o meno, avocato a se stessa tutti i mezzi di formazione, nonostante si continui ad enfatizzare l’importanza del ruolo dei genitori come formatori primari dei propri figli (vedi, ad esempio, CCC § 2221, e seguenti, formazione materiale e spirituale, Battesimo dei lattanti).

Una redistribuzione è necessaria e urgente.

Rendi i genitori gli “eroi” e progetta i programmi di conseguenza

Sono stato nel ministero abbastanza a lungo da ascoltare molte lamentazioni contro  i genitori per la loro mancanza di cure o lo scarso coinvolgimento nella formazione alla fede dei loro figli. In alcuni casi, sono persino dipinti come i cattivi responsabili di questo triste stato di cose. 

Mentre la mancanza di coinvolgimento contribuisce certamente ad aumentare le difficoltà, denigrare i genitori è ingiusto e inutile. 

La maggior parte dei genitori di oggi ha ricevuto una scarsissima formazione dalla Chiesa e sono stati educati in un contesto di confusione culturale. I genitori non sono i cattivi e i catechisti parrocchiali e gli insegnanti devono smetterla di assumere il ruolo di eroe.

La Chiesa non si stanca mai di informare i genitori che sono i primi educatori dei loro figli, sono loro gli “eroi” della formazione alla fede dei loro figli. Dati statistici [1] confermano l’importanza del ruolo genitoriale. Ma la maggior parte dei genitori non sa, semplicemente, come formare i propri figli nella fede e sono insicuri anche per tentare di farlo. Questo rende difficile qualsiasi sforzo di redistribuzione, ma chiarisce anche il ruolo del catechista. I genitori hanno bisogno di una guida e il catechista, o l’insegnante della parrocchia, possono essere quella guida. In altre parole, una ridistribuzione dei “mezzi di formazione” richiede una riconfigurazione dei ruoli. 

I genitori non sono cattivi e ignoranti, ma sono gli eroi ostacolati da numerose difficoltà, e i catechisti e gli insegnanti non sono gli eroi, devono essere le guide per sostenere ed affiancare i genitori, dare loro un progetto e aiutarli a individuare i vari aspetti per attuare una formazione fruttuosa.

A dire il vero nell’ultimo decennio c’è stata una focalizzazione sulla famiglia con un movimento che l’ha rimessa al centro nel campo della catechesi. Questi sforzi sono nobili, anche se carichi di sfide. L’origine di questo cambiamento, a quanto pare, deriva da editori e catechisti che si sono messi al lavoro sviluppando testi e piani di lavoro da consegnare ai genitori perché li attuassero quasi interamente da soli. Se vogliamo usare un paragone, è come voler aiutare il vicino a fare lavori elettrici, limitandoci a consegnargli una serie di utensili elettrici con il minimo indispensabile di istruzioni operative. In una situazione del genere, tutti i tipi di risultati sono possibili: insicurezza, dubbio, paura, tentativi, tentativi falliti, lesioni, finanche qualche tentativo coronato da successo. L’uso di utensili elettrici con poca o nessuna formazione può essere una cosa goffa e persino pericolosa.

Lo stesso ragionamento vale per i programmi di catechesi. I genitori hanno bisogno di ben più di un incontro informativo dove si riceve una sfilza di materiale alieno e si  viene caricati di aspettative.

Da quello che ho sentito dai colleghi, i risultati sono andati come potreste sospettare (a parte, ovviamente, alcune brillanti eccezioni). Un altro modello ha previsto di riunire le famiglie con una certa frequenza (ad esempio, una volta al mese) per un momento di socializzazione con altre famiglie, prima di dividere i partecipanti per fascia di età. I genitori hanno ricevuto una speciale sessione di formazione con altri genitori, mentre i bambini erano con i catechisti. Tutti hanno ricevuto le medesime informazioni, ma in modo adeguato all’età, ed i genitori sono tornati a casa con le corrette risorse per continuare la formazione per il resto del mese. Questo modello ha dimostrato di avere più successo, perché offre di più ai genitori. Discuterò nel seguito, nel caso di studio, un terzo modello.

Conclusione: una ridistribuzione dei mezzi di formazione richiede che i catechisti diventino guide e che i genitori agiscano da protagonisti (eroi) della formazione alla fede dei loro figli. 

I programmi parrocchiali devono essere radicalmente ricalibrati per attuare un tale cambiamento, dando ai genitori un progetto e il sostegno di cui hanno bisogno.

Costruire relazioni

I nostri programmi esistono per essere al servizio della nostra gente, e non il contrario.

A volte possiamo fissarci così tanto sulla programmazione che dimentichiamo che ci sono persone reali dall’altra parte, persone vere servite da essa. E, inutile dirlo, tutte quelle persone sono diverse tra loro. Hanno bisogni unici, situazioni uniche, passati unici e domande uniche. Raggiungere queste unicità e guidare bene i genitori richiede di impegnarsi nel disordine delle relazioni. I catechisti devono interagire frequentemente con i genitori. Questo richiede tempo, ma è necessario per preparare i genitori al successo.

Renderà anche migliori i tuoi programmi, perché avrai un’idea migliore di coloro che servi. (Se è utile, ho scritto su questo argomento in un precedente articolo di CWR.)

Affidare tutto allo Spirito Santo

Chi mi conosce, lo sa bene: solo lo Spirito Santo può ispirare una parrocchia o una scuola a compiere passi (grandi o piccoli che siano) verso una ridistribuzione dei “mezzi di formazione”. E solo lo Spirito Santo può guidarli fino al loro completamento.

Man mano che la cultura diventa più post-cristiana e le famiglie si sgretolano sotto il suo peso, mi sembra che il detto “Dio non ha nipoti” diventi più vero. Visto che le nostre strutture per annunciare il Vangelo arrugginiscono, i dirigenti della Chiesa devono rispondere con un’apertura radicale allo Spirito Santo e realizzare con audacia le Sue ispirazioni. 

Sappiamo, a questo punto, che aspetto ha il fallimento perché è tutto intorno a noi.

Parte della soluzione, ed è solo una parte di essa, sta in una ridistribuzione dei “mezzi di formazione” ai formatori primari dei bambini in modo da dare loro un progetto e un sostegno.

In conclusione: un caso di studio

Prendiamo un caso reale a titolo di studio. Ho assistito a una sorta di ridistribuzione nella nostra parrocchia di origine (St. Gertrude a Cincinnati, Ohio), e ho fatto parte della ridistribuzione in diversi modi.  [2] A St. Gertrude, la pandemia ha accelerato un processo in corso da anni, spostando il nostro modello di formazione alla fede che è stato incentrato sul bambino e focalizzato sulla famiglia. Per noi questo significava investire nella Catechesi del Buon Pastore (CGS- Catechesis of the Good Shepherd) di Sofia Cavalletti e adeguare tutta la formazione sacramentale alla Prima Confessione e alla Prima Comunione. Invece di partecipare a un breve incontro informativo per ciascuno dei sacramenti, i genitori ora si impegnano ad entrare nel CGS (ambiente predisposto ad hoc) con i loro figli per sessioni multiple incentrate sulla formazione sacramentale. In questo format, i bambini e i genitori ascoltano lo stesso insegnamento, hanno conversazioni significative, pregano e lavorano insieme nello stesso ambiente. In soli due anni, ho sentito innumerevoli storie di genitori sull’esperienza dei loro figli e sulla loro. I genitori e i loro figli incontrano Cristo insieme.

Per i bambini più grandi, la Chiesa di Santa Gertrude ha implementato un programma chiamato Family Faith  [Famiglia Fedele]. Progettato per gli alunni dal quarto al sesto anno, Family Faith incorpora elementi della Catechesi del Buon Pastore e della pastorale giovanile cattolica, con un ciclo di studi basato sulla Bibbia che incorpora ciascuno dei pilastri del Catechismo.A differenza di programmi simili sopra menzionati (al punto 3 del piano), Family Faith unisce i genitori con i loro figli, in modo che si impegnino insieme nell’esperienza di formazione. Durante le sessioni, i catechisti forniscono insegnamenti prima di affidare le cose ai genitori per condurre conversazioni, studi biblici e attività con i loro figli. Dicevo sempre alla gente che stavamo solo cercando di mettere i genitori in condizione di riuscire a formare i loro figli: “stiamo solo lanciando loro la palla”. Nei due anni in cui è esistito il programma, ho visto i genitori pregare con i loro figli, introdurre argomenti di conversazione significativi e acquisire fiducia nella comprensione e nella navigazione della Bibbia.

In entrambi i casi, CGS e Family Faith, i nostri catechisti hanno messo in atto uno sforzo intenzionale di costruzione di relazioni. Questo inizia con l’accoglienza di ogni famiglia al suo arrivo, il rimanere coinvolti con loro durante le sessioni e durante i  tempi di socializzazione integrati in ogni sessione e poi le chiamate, le e-mail e i messaggi di follow-up durante l’anno.

Sono arrivato a credere che sia giunto il momento per una redistribuzione di questo tipo, che sposti radicalmente alcune strutture dell’annuncio, perché questi genitori sono pronti. La pandemia ha accelerato un processo che era già in atto. I genitori che si impegnano con noi oggi non sono gli stessi genitori che ho visto nell’educazione religiosa dieci anni fa: molti erano disimpegnati, scettici ed era frustrante lavorare con loro. Questi genitori sono ora molto più collaborativi, desiderosi, entusiasti e coinvolti. Ce ne sono anche di meno entusiasti. Quasi tutti i nostri programmi si erano ridotti nell’ultimo decennio a seguire le stesse linee di tendenza di molte parrocchie dell’arcidiocesi.

Era il momento giusto per una ridistribuzione e le grandi strutture, un tempo feconde, avevano bisogno di essere rinnovate con la potatura, per poter crescere di nuovo. Il tutto mi ricorda l’ormai famosa osservazione di Ratzinger:

[La Chiesa] non potrà più abitare molti degli edifici che ha costruito in prosperità . . . Essendo una piccola società, [la Chiesa] farà richieste molto più grandi alle iniziative dei suoi singoli membri . . . E quindi mi sembra certo che la Chiesa stia affrontando tempi molto difficili. La vera crisi è appena iniziata . . . Ma sono altrettanto certo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morta, ma la Chiesa della fede. Potrebbe benissimo non essere più il potere sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa; ma lei godrà di una nuova fioritura e sarà vista come la casa dell’uomo, dove troverà vita e speranza oltre la morte.

Con un gruppo di genitori più piccolo, più concentrato e più serio, ora è il momento di una ridistribuzione dei mezzi di formazione e, si spera, per grazia di Dio, può contribuire a quella nuova fioritura della fede.

Note di chiusura:

  [1] Qualcuno sicuramente salterà in ballo a questo punto e sosterrà che Gesù o lo Spirito Santo sono i veri eroi. Concordo. Ma è anche vero che l’annuncio del Vangelo è mediato – gli evangelisti, i “grandi incaricati”, lo chiariscono molto bene – e il tramite più prossimo per la maggior parte di noi è la famiglia.

  [2] Dopo quasi 14 anni di ministero, recentemente mi sono dimesso dal mio ruolo per “ridistribuire” il tempo che trascorrevo donandomi al ministero anche di notte e nei fine settimana e ritornando alla mia famiglia.

Traduzione di Vincenzo Fedele

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