Porfiri. La Civiltà Contadina, e la Tradizione. E la Cattolicità.

28 Marzo 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, in maestro Aurelio Porfiri condivide con noi il ricordo di una persona cara e amica scomparsa, e la sua riflessione sulla civiltà di chi vive a contatto con la terra, coltivandola e traendone i frutti, i suoi legami con la tradizione e la cattolicità. Buona lettura.

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La civiltà contadina e la tradizione

In questi giorni è morta una persona a me molto cara, una signora che conoscevo fino da quando ero bambino e che ha vissuto tutta la sua vita in un paesino di campagna vicino Roma dove con il marito viveva coltivando i campi. Devo dire che sono sempre rimasto edificato dalla signorilità di questi amici contadini, un senso di generosità e ospitalità che non sempre poi ho riscontrato nei colti urbanizzati. Forse perché quest’ultimi sono colti, ma non coltivati, non hanno cioè avuto quella crescita armoniosa in un contesto tradizionale che significa anche vivere certi valori e basarsi su certi fondamenti.

Non denigri certamente la vita di città, ma bisognerebbe riflettere sulle tradizioni contadine e su quello che possono insegnarci. Non è poco. Specialmente riguardo il senso di identità legato alla terra, la tradizione. Il filosofo contadino Gustave Thibon diceva: “Tu disprezzi le regole, le tradizioni e i dogmi. Non vuoi opporre nessuna cornice dottrinale a tuo figlio o al tuo discepolo: pretendi di trasmettere loro le tue virtù solo con l’irraggiamento del tuo esempio, con il puro scambio affettivo. Benissimo. Gli versi da bere un vino prezioso – solo che ti dimentichi di fornirgli una coppa! E di sicuro la coppa senza il vino non è che un nido di polvere e di ragnatele. Ma il vino senza la coppa? Scorre giù inutilmente sul suolo e, mescolato con la terra, produce il fango peggiore. Guarda, dunque, i «mistici» che divorano oggi il cuore degli uomini!”. E quanti hanno trovato una via alla mistica nel contatto con la natura, che è tanta parte della vita contadina?

Eppure oggi si pensa di poter abitare una modernità che possa fare a meno del sacro. E questo non è un problema soltanto nella società, ma lo è nella Chiesa stessa. Ed è un problema che ha radici antiche. Cosa diceva padre Ernesto Balducci, ricordando don Lorenzo Milani? “La Chiesa sembrava imprigionata dalla civiltà contadina: i riti, i linguaggi, le processioni, la mentalità, tutto sapeva di tempo antico. Tempo antico che ha il buon odore delle cose genuine, ma non ha certo la spinta adatta – non aveva e non ha – per accogliere i problemi nuovi che alla coscienza si pongono in virtù della transizione industriale. Proprio là, ai piedi del colle, c’era la civiltà industriale che cresceva; a poca distanza c’era Prato. I ragazzi della parrocchia erano inghiottiti dalla città che allora faceva quattrini vilipendendo leggi divine e leggi umane, leggi non scritte e leggi scritte. Il lavoro minorile era un fatto diffuso. Don Milani aveva quella purezza di sguardo che gli derivava dal non avere un retroterra di educazione cattolica. Egli aveva la possibilità del gesto schietto, immediato ed un linguaggio libero, che per noi che abbiamo passato una lunga trafila di cancelli di seminario è sempre un linguaggio difficile. Don Milani ha potuto, per questo, immediatamente avvertire l’ambiguità di una presenza di Chiesa in cui tutto l’apparato si appoggiava, come per gravitazione spontanea, sulla civiltà contadina moribonda. I problemi nuovi che emergevano dal mondo industriale, avevano risposte arcaiche, generiche, moralistiche, non sufficientemente misurate sulla severità del problema posto dalla lotta di classe” (Io e don Milani).

Ecco, sacrifichiamo tutto all’altare della civiltà industriale accendendo il fuoco sacrilego del marxismo, della lotta di classe! Come al solito si è identificato un problema vero ma dandogli del tutto una risposta errata. Il problema non era che la Chiesa fosse imprigionata dalla civiltà contadina, come diceva padre Balducci, ma che essa si facesse insipida nella civiltà industriale, rendendosi via via più ininfluente.

Il contadino vive a contatto con la terra, con le radici, si adatta ai ritmi della natura. Non è una bella metafora della tradizione? Pur nel nostro essere cittadini, dovremmo vedere la civiltà contadina con profondo rispetto.

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5 commenti

  • Pater Luis Eduardo Rodríguez Rodríguez ha detto:

    Se gradisce, volontieri vorrei offrire dei Santi Sacrifici per la sua cara amica. Può scrivirmi il nome qui:
    marinourbano@gmail.com
    È potente l’ apostolato per l’anime dei defunti. Se già è in Cielo, lo stesso non si perderà la più potente eficacia d’ ogni Santo Sacrificio. Ed anche se sicuramente già lo fa altro Sacerdote legato a quella famiglia, mai sono molte, se anche io m’ aggiungo.
    Grazie.

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    Contadini… nessuna categoria mai fu più sottovalutata vilipesa sbeffeggiata… da tempi immemori perfetti idioti sputiamo addosso a chi ci dà da mangiare…!!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • Forum Coscienza Maschile ha detto:

    Concordo in pieno con Aurelio Porfiri, il contatto con le realtà contadine ci fa capire in un attimo quanto profondamente decadente sia la nostra società. Anche se si dice cristiana: perché noi cristiani non ci separiamo realmente dal mondo, solo dagli altri cristiani che incontriamo un’ora a settimana.
    Poi, tutti di nuovo a riconnetterci al mondo, magari pigiando sul cellulare con le orecchie tappate da cuffie.
    Se questa è la Tradizione, meglio coltivare rape.
    Oppure, cercare di ricreare con intelligenza quelle realtà scomparse, ma il senno non appartiene alla moltitudine, diceva Le Bon

  • Alessandro Artini ha detto:

    salve, ringrazio il maestro Aurelio Porfiri perchè con queste poche righe mi ha riportato alla mia infanzia .. ho pensato spesso a quel mondo un pò sospeso nel tempo che era il mondo dei miei nonni fatto di lavoro nei campi e con gli animali e di processioni benedizioni e ringraziamenti al Signore, mi sono domandato spesso perchè e come sia scomparso così velocemente ed ho trovato un legame con il vento post conciliare che secondo me lo ha cancellato.. insieme alla messa di sempre anche il contadino è stato considerato vecchio e antiquato.. non adatto al mondo moderno..ma noi siamo stati impoveriti di tutta la ricchezza che proveniva da quei 2 mondi … urge un ritorno alla terra e alla tradizione anche per la nostalgia delle cose belle
    grazie maestro Porfiri

  • Davide Scarano ha detto:

    Il tema del rapporto tra città e campagna ovvero tra Uomo e macchina porta in se mille implicazioni. Vorrei brevemente ricordare quella elettorale, che è tra le più importanti per le nostre vite. Ricordo ad esempio che nelle ultime elezioni in Polonia il voto nazionalista – conservatore ha vinto nelle campagne, mentre quello liberale – europeista ha vinto nelle città, l’esempio degli USA appare ancora più calzante, stante le vittorie dei candidati liberal – democratici nella metropoli delle metropoli cioè New York in cui è ambientato il celebre libro “Il falo’ delle vanità”. Non saprei immaginarmi in una vita contadina, forse perchè sono cresciuto in una piccola città, osservo però che l’idea di affrancarsi dalla fatica e dalla fame, che ha tanto contribuito allo sviluppo urbano, ha trovato come brusco ed improvviso contrappasso il lockdown, che rappresenta la morte delle relazioni autenticamente umane.