De Mari, Siero in Gravidanza. Calpestato il Principio di Sicurezza. (Talidomide…).

12 Marzo 2022 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici  e nemici di Stilum Curiae, mi sembra importante portare alla vostra attenzione questo articolo molto ricco e documentato apparso sul sito della Silvana De Mari Community, a cui va il nostro grazie.  Buona lettura e condivisione.

 

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Calpestato il principio di sicurezza, come fu calpestato per la talidomide

Posted: 11 Mar 2022 10:46 PM PST

Sieri ANTI-COVID IN GRAVIDANZA

 

Domenica 6 febbraio ero davanti all’ospedale Sant’Anna di Torino dove sono cominciati le inoculazioni dei cosiddetti vaccini anticovid specifiche per donne in gravidanza.  Con me c’erano la dottoressa Corgnati del sito Line Italia Piemonte (trovate l’intervista su questa pagina fb), che mi stava intervistando e, ad ascoltarmi, una ventina di persone, silenziose e ordinate, del gruppo di protesta La variante torinese. Solo per noi due macchine della polizia e una macchina della Digos. Qualsiasi cosa pensiate di questi sieri in Italia in questo momento è sbagliato. Le stesse case produttrici affermano che in questa fase iniettarli è completamente inutile. Questi sieri dovrebbe avere il compito di causare la formazione di anticorpi contro la proteina Spike e solo contro questa proteina.  La proteina della versione attualmente in circolo è completamente diversa da quella originaria. L’inoculazione non serve. Quindi si stanno inoculando farmaci senza alcuna utilità in donne incinte. Questo sarebbe molto grave anche se i farmaci inoculati fossero sicuramente innocui e sicuri. Locatelli ha dichiarato che iniettare i sieri a donne in gravidanza è sicuro. Questa affermazione è falsa. Si stanno inoculando in donne incinte farmaci inutili e la cui sicurezza è molto lontana dall’essere provata.

Per diretta ammissione delle Big Pharma, come pure degli organi statali, comunque, non esistono tuttora dati certi circa gli effetti che l’inoculazione di queste sostanze può provocare durante la gravidanza e l’allattamento.

Tra i temi più controversi in tema di vaccinazione anti-Covid c’è sicuramente quello relativo all’utilizzo di questi preparati in gravidanza. La giustificazione dell’inoculazione per questa condizione ripete un copione ormai ampiamente noto: come per varie manifestazioni patologiche anche la gravidanza, come pure l’allattamento, pur non essendo malattie, vengono infatti considerate condizioni di fragilità, tali per cui viene fortemente raccomandata la vaccinazione anti-Covid. Ci sarebbe già da discutere sul fatto che gravidanza e allattamento predispongano a contrarre la malattia e che la malattia debba necessariamente svilupparsi in forma grave. Per diretta ammissione delle Big Pharma, come pure degli organi statali, comunque, non esistono tuttora dati certi circa gli effetti che l’inoculazione di queste sostanze può provocare durante la gravidanza e l’allattamento.

Il 18 febbraio 2021 la Pfizer-Biontech comunica ufficialmente l’inizio della sperimentazione in fase 2 e 3 – ormai è noto come le fasi di sperimentazione anzichè susseguirsi vengano condotte contemporaneamente – (cosa non si fa quando si è in emergenza!), allo scopo di valutare la sicurezza, la tollerabilità e l’immunogenicità del loro preparato in donne gravide a partire dai 18 anni, allo scopo di prevenire la malattia da COVID-19[1]. Ci sono subito due considerazioni da fare: la prima consiste nel fatto che evidentemente le gravide sono cavie, dato che non si dispone di dati precedenti relativi all’utilizzo in tali condizioni della tecnologia a mRNA in campo infettivologico; la seconda considerazione fa capo alla dichiarazione di Pfizer circa lo scopo della vaccinazione che sarebbe quello di prevenire della malattia, cosa ampiamente smentita dai fatti, permettendo il cosiddetto vaccino tutt’al più un decorso meno grave della malattia, non certo la sua prevenzione. Comunque, secondo la casa produttrice, oggetto dello studio randomizzato in monocieco (solo l’osservatore), sono state circa 4.000 donne gravide sane, a partire dal diciottesimo anno di età che si trovavano tra la ventiquattresima alla trentaquattresima settimana di gestazione. Un numero certamente insufficiente per poter considerare valida una fase di sperimentazione.

In Italia l’Istituto Superiore di Sanità ammette che le donne in gravidanza e allattamento non sono state incluse nei trial di valutazione dei vaccini Pfizer-BioNtech mRNA (Comirnaty), Moderna e AstraZeneca per cui non si dispone di dati di sicurezza ed efficacia relativi a tali soggetti[2].

Il professor Mario Romano Mignini Renzini, Professore a contratto all’Università degli Studi Milano-Bicocca, Responsabile del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita della Casa di Cura La Madonnina e dell’Unità Operativa di Ginecologia presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza ha dichiarato, confermando quanto affermato nei foglietti illustrativi delle case produttrici, che “La problematica principale legata ai vaccini per il Covid-19 in gravidanza e allattamento, è relativa alla mancata sperimentazione sulle due categorie in questione in relazione alle quali, dunque, non vi sono a disposizione dati definitivi riguardanti efficacia e sicurezza”[3].

La stessa EMA – Agenzia Europea per i Medicinali – riferisce che gli studi dei vaccini Covid sugli animali non hanno evidenziato effetti pericolosi in gravidanza, ma i dati sono molto limitati.

Se queste sono le premesse non pare che il ricorso alla vaccinazione di donne in gravidanza, vista l’importanza del tema, sia stata fin dall’inizio affrontato con le dovute cautele, trattandosi invece di una vera e propria sperimentazione. Ricorda qualcosa la tragica vicenda della talidomide, lo psicofarmaco della ditta tedesca Chemie Grünenthal, introdotto nel 1957 per contrastare l’insorgenza della nausea, tipica del primo trimestre di gravidanza? Il farmaco era stato considerato ultrasicuro e efficace con un rapporto rischio/beneficio elevatissimo, dopo che comunque era stato sperimentato per ben tre anni su animali, peraltro non in stato di gravidanza. Risultato: terribili effetti teratogeni nel feto con comparsa di focomelia, la nota malformazione congenita caratterizzata dall’assenza o dal ridotto sviluppo delle ossa lunghe di braccia e gambe. Non si vuole qui stabilire un parallelo tra talidomide e vaccini anti-Covid ma semplicemente ribadire che in mancanza di un adeguata fase di sperimentazione, non si dovrebbe somministrare un preparato frutto di una tecnologia mai precedentemente adottata. Nonostante la talidomide avesse inizialmente superato i test di sicurezza sugli animali, quelli effettuati non erano test adeguati e la molecola non era stata sperimentata su animali gravidi.

Peraltro, una nota del Ministero della Salute del 3 novembre 2021 recitava letteralmente: «Si raccomanda la vaccinazione anti Sars-CoV-2/Covid-19, con vaccini a mRna, alle donne in gravidanza nel secondo e terzo trimestre. Relativamente al primo trimestre, la vaccinazione può essere presa in considerazione dopo valutazione dei potenziali benefici e dei potenziali rischi con la figura professionale sanitaria di riferimento»[4].

Ma cosa dice a questo proposito la letteratura scientifica? Ovviamente, come per altre condizioni, pur dichiarando che non si dispone di dati sufficienti, la maggior parte degli articoli scientifici magnificano le mirabili doti dei preparati a mRNA quando somministrate in donne gravide e sottolineano l’indispensabilità della inoculazione, data la particolare fragilità del loro stato. Peccato però che, quando vengono letti attentamente i risultati degli studi, si scoprano fatti a dir poco inquietanti. Un articolo importante pubblicato sul prestigioso The New England Journal of Medicine del giugno 2021[5] riporta, basandosi su dati del VAERS (Vaccine Adverse Event Reporting System) che in quasi 4.000 donne gravide arruolate per l’indagine (3986 per la precisione), vaccinate in diverse epoche di gravidanza, 827 portarono a termine la gravidanza e tra queste ben il 14% (13,9% per la precisione) esitarono in aborto (aborto spontaneo in 104 (12.6%),1 feto nato morto (0.1%), e altro che comprendeva aborto indotto e gravidanza ectopica in10 (1.2%); 96 (92.3%) dei 104 aborti spontanei si verificarono prima della tredicesima settimana), le restanti 712 (86,1 %), la maggior parte delle quali vaccinate nel terzo trimestre, diedero alla luce neonati vivi; tra i neonati invece si sono registrate nascite pretermine nel 9,4%, bassa crescita per età gestazionale nel 3,2 % dei casi, mentre non si sono verificate morti. Tra i 221 eventi avversi in gravidanza riportati dal VAERS, l’evento avverso maggiormente segnalato è stato l’aborto spontaneo in ben 46 casi (20,81%). A questo punto e con una sperimentazione largamente insufficiente possiamo ancora parlare di sicurezza? Ma c’è di più. Una comunicazione rapida di autori neozelandesi[6], comparsa a breve distanza dall’articolo appena citato, notava come il suddetto lavoro, sponsorizzato dal potente organo del CDC (Centers for Disease Control and Prevention) statunitense, a supporto della tesi della assoluta sicurezza dei preparati, a una attenta analisi, dimostrava al contrario ben poche assicurazioni particolarmente per le inoculate nei primi stadi della gravidanza. Lo studio infatti riportava statistiche erroneamente rassicuranti, in quanto la maggior parte delle donne erano state sottoposte a inoculazione dopo che era stata definita l’epoca della raccolta dei risultati (le 20 settimane di gestazione). Gli Autori quindi hanno ricalcolato i rischi relativi dopo la correzione del dato relativo all’epoca della inoculazione, rilevando un’ incidenza complessiva di aborti spontanei maggiore da 7 a 8 volte maggiore rispetto ai risultati dello studio considerato (p < 0.001) considerato anche il valore medio dell’incidenza di aborti spontanei nel periodo considerato. Gli Autori concludono affermando che, alla luce di questi risultati, sono state decise politiche a impatto importantissimo utilizzando dati inaffidabili e discutibili.

Ha suscitato notevole scalpore una tavola rotonda dal titolo “Covid 19: una seconda opinione” organizzata dall’ex senatore del Wisconsin Ron Johnson lo scorso 24 gennaio 2022, ripresa in un video ancora disponibile[7]. Durante l’evento, cui hanno partecipato eminenti esponenti del mondo scientifico quali Jay Bhattacharya, Harvey Risch, Pierre Kory, Aaron Kheriaty, Peter McCullough e Robert Malone e numerosi avvocati, sono stati riportati dati allarmanti derivati dal rapporto sugli eventi avversi dei vaccini anti-Covid da parte del DOD, il Dipartimento della Difesa statunitense. Ebbene, in base ai dati raccolti dal Defense Medical Epidemiology Database (DMED), è emerso che, durante i primi 10 mesi del 2021 si è registrato un aumento del 300% di aborti spontanei tra le forze armate su una media di cinque anni. Dal 2016 a tutto il 2020, si registravano infatti 1.499 aborti spontanei all’anno, mentre da gennaio a ottobre 2021 gli aborti spontanei sono stati 4.182. Qualche virologo o giornalista italiano ha per caso ripreso e diffuso la notizia? Silenzio assoluto.

[1] https://www.pfizer.com/news/press-release/press-release-detail/pfizer-and-biontech-commence-global-clinical-trial-evaluate

[2] https://www.epicentro.iss.it/vaccini/covid-19-target-gravidanza-allattamento

[3] https://www.grupposandonato.it/news/2021/luglio/vaccino-covid-gravidanza-allattamento-cosa-ce-da-sapere

[4] https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=271

[5]  Shimabukuro TT et al.: Preliminary Findings of mRNA Covid-19 Vaccine Safety in Pregnant Persons. N Engl J Med

. 2021 Jun 17;384(24):2273-2282. doi: 10.1056/NEJMoa2104983. Epub 2021 Apr 21

[6] Brock AR, Thornley S.: Spontaneous Abortions and Policies on COVID-19 mRNA Vaccine Use During Pregnancy.  Science, Public Health Policy, and the Law, Volume 4:130–143, November 2021

[7] https://rumble.com/vt62y6-covid-19-a-second-opinion.html

 

https://www.facebook.com/watch/live/?ref=watch_permalink&v=360506599258479

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