Korazym, Traditionis Custodes: un Appello ai Vescovi, Siate Generosi.

8 Gennaio 2022 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante offrire alla vostra attenzione questo articolo pubblicato da Korazym.org, sul tema di Traditionis Custodes, e delle risposte ai Dubia da parte della Congregazione per il Culto Divino. Buona lettura.

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Le ragioni del tentativo di annientamento della liturgia tradizionale e dalle periferie di Traditionis custodes, una supplica ai vescovi di essere generosi e buoni pastori di tutti

Condividiamo di seguito due contributi in riferimento alla Lettera apostolica in forma di Motu Proprio Traditiones custodes promulgata da Papa Francesco il 16 luglio 2021 per “ristabilire in tutta la Chiesa di Rito romano una sola e identica preghiera che esprima la sua unità, secondo i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II e in linea con la tradizione della Chiesa”, accompagnata da una sua Lettera ai vescovi di tutto il mondo per spiegare le ragioni che l’hanno portato a prendere la decisione di “abrogare tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti al presente Motu Proprio, e di ritenere i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, come l’unica espressione della lex orandi del Rito romano”, seguita dalle Responsa ad dubia emanate il 18 dicembre 2021 dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del su alcune disposizioni della Traditionis custodes del Sommo Pontefice.

Il primo contributo Le ragioni del tentativo di annientamento della liturgia tradizionale a firma di Rubén Peretó Rivas è stato pubblicato il 22 dicembre 2021 da blog cattolico argentino Caminante Wanderer.

Il secondo contributo Dalle periferie di Traditionis custodes, una supplica ai vescovi a firma di Mons. Charles Pope è stato pubblicato il 5 gennaio 2021 sul sito del quotidiano National Catholic Register del gruppo cattolico statunitense EWTN: «Dobbiamo pregare che i vescovi prendano decisioni attente, coraggiose e pastorali sull’attuazione del Motu proprio». Mons. Charles Pope è attualmente decano e parroco nell’Arcidiocesi di Washington, dove ha fatto parte del Consiglio presbiteriale, del College dei consultori e del Consiglio del personale presbiteriale. Oltre a pubblicare un blog quotidiano sul sito web dell’Arcidiocesi di Washington, ha scritto su riviste pastorali, ha condotto numerosi ritiri per sacerdoti e fedeli laici e ha anche condotto studi biblici settimanali al Congresso degli Stati Uniti e alla Casa Bianca. Mons. Pope scrive: «Come pastore d’anime, non riesco a trovare parole per esprimere il dolore e la rabbia (giusti, prego) che provo per il trattamento dei cattolici che sono attaccati alle forme più antiche della liturgia e dei sacramenti. Non ho visto un tale linguaggio o durezza diretti contro nessun altro gruppo, dentro o fuori la Chiesa. Il tono è singolare e scioccante. Coloro che amano la MTL sono miei fratelli e sorelle nel Signore e da tempo ammiro la loro tenacia e ortodossia. Molti di loro hanno famiglie numerose e prendono molto sul serio la fede. Per loro il cattolicesimo non è solo una fede, ma anche una cultura sia antica che nuova. Sono pronti per la battaglia di vivere la fede in un mondo sempre più secolare. Non sono un segmento particolarmente ampio della Chiesa negli Stati Uniti, ma sono uno dei pochi segmenti della Chiesa in crescita e fiorente. Amano la fede e la Messa, e mi addolora che vengano trattati in modo così brusco e duro».

Le ragioni del tentativo di annientamento della liturgia tradizionale
di Rubén Peretó Rivas
Caminante Wanderer, 22 dicembre 2021

Coloro che conoscono il diritto canonico, assicurano che la Traditiones custodes è un documento molto discutibile dal punto di vista giuridico, e ancor più discutibili sono le risposte della Congregazione per il Culto Divino sui presunti dubbi che avrebbero ricevuto dai vescovi in merito all’applicazione della Traditiones custodes. Sembra che si tratti di leggi dettate da un tiranno che si considera al di sopra di ogni ordinamento giuridico e, quindi, con il diritto di fare ciò che vuole. Tuttavia, l’aspetto più grave di questa situazione non è la questione canonica ma l’enorme danno e dolore che provoca a decine di migliaia di anime che non vengono ascoltate e prese in considerazione, ma semplicemente emarginate e condannate a una più o meno rapida estinzione.

La domanda a cui cerco di rispondere in questo articolo è perché lo fanno. E in primo luogo è necessario avvertire chi sono gli autori di questa strage del mondo tradizionale, e sebbene il responsabile ultimo sia Papa Francesco, i diretti responsabili sono altri. Al Pontefice non interessa la liturgia – riformata o tradizionale – e la prova è che durante i primi otto anni del suo pontificato non prese nessuna decisione restrittiva. Piuttosto il contrario. La responsabilità, a mio avviso, viene dal gruppo di studiosi di Sant’Anselmo, che insieme alla Scuola di Bologna, sono gli eredi dello “spirito conciliare” in materia liturgica. Al combattivo ed emblematico Prof. Andrea Grillo, che dal 2017 opera all’ombra di Domus Sanctae Marthae, come si è commentato su questo blog, che ha previsto quanto accaduto in questi mesi [QUI e QUI], si unisce Mons. Vittorio Viola, OFM, uscito dalle viscere di Sant’Anselmo e Segretario della Congregazione per il Culto Divino, Don Corrado Maggioni, fino a pochi mesi fa Sottosegretario del medesimo Dicastero, e parecchi altri [vedi QUI]. Si tratta di una piccola élite di illuminati che riconoscono come capostipiti Mons. Annibale Bugnini e il suo segretario, Mons. Piero Marini, responsabili degli abituali eccessi liturgici che hanno popolato il Pontificato di Giovanni Paolo II.

Ma perché lo fanno? Perché imbarcare la Chiesa in una guerra già finita? Le ragioni sono molteplici.

1. Come ogni élite illuminata, hanno una forte tendenza all’ideologizzazione, e ogni ideologo è assolutamente convinto della verità delle proprie idee, e leggi e manipola la realtà secondo esse. È inutile offrire argomentazioni, è inutile iniziare una discussione, ed è inutile mostrarla i fatti della realtà. Se non è conforme alle sue idee, peggio per lei. Non c’è esempio migliore per illustrare questo fenomeno che non il marxismo. Poco importava che la collettivizzazione e le altre misure che l’élite bolscevica escogitava per favorire la liberazione del proletariato russo fossero respinte dallo stesso proletariato e fallissero più e più volte. Le misure sono state imposte ad ogni costo, anche se si trattava dei gulag dove morirono milioni di persone. Per l’ideologo, la realtà non conta.

Colpisce che sia la Traditiones custodes che il documento recentemente pubblicato [Responsa ad dubia] parlino ancora della “ricchezza” della riforma liturgica del Vaticano II. Questo tipo di affermazione è tipico di un ideologo incapace di valutare la realtà. Questa riforma è stata concepita per promuovere una più attiva partecipazione dei fedeli alla vita liturgica della Chiesa. Cinquant’anni dopo, quello che vediamo è che le chiese sono vuote, che la frequenza dei fedeli alle funzioni liturgiche è diminuita drasticamente, concentrandosi soprattutto sulle persone anziane, e che i seminari, dove si formavano i ministri del culto, si sono svuotati. Sarebbe un errore affermare che la conseguenza di questa catastrofe sia stata la riforma del Vaticano II. È probabile che se tale riforma non fosse avvenuta, la realtà sarebbe simile o peggiore di quella che vediamo. Non lo sappiamo. Tuttavia, ciò che possiamo affermare con certezza seconda la logica è che la riforma liturgica promossa dal Vaticano II non è stata efficace nell’impedire l’allontanamento dei fedeli cattoliche dalla liturgia. E questa non è che una valida deduzione da dati evidenti. Non può essere negato. Oppure, gli unici che possono negarlo sono gli ideologi che, innamorati della loro idea, si dimostrano incapaci di confrontarla con la realtà.

2. Traditionis custodes e le Responsa ad dubia, non fanno altro che confermare il fallimento di questa riforma. Infatti, che a cinquant’anni dalla sua applicazione, si sia dovuto ricorre a misure draconiane per impedire a decine di migliaia di fedeli, per lo più giovani, di frequentare le funzioni tradizionali, implica che i presunti benefici di tali riforme non fossero tali poiché se ciò fosse stato il caso, nessuno ricorderebbe più la Messa tradizionale. Che i seminari e le case religiose delle comunità tradizionaliste siano stracolmi e, invece, che il resto languisca e scompaia, sono eloquenti segni di fallimento.

In breve, la seconda ragione per cui fanno ciò che fanno è la loro incapacità di riconoscere e accettare il fallimento; una profonda mancanza di umiltà che li porta a preferire annientare i fedeli tradizionalisti piuttosto che riconoscere che quei benefici della riforma non erano altro che sogni ad occhi aperti causati dai vapori derivanti dall’ottimismo fatuo del dopoguerra.

3. Al di là del fatto che gli ideologi che stanno dietro a tutte queste misure sono riconosciuti liturgisti, la verità è che essi dimostrano una profonda carenza nella loro concezione dei sacramenti. Questi non sono più intesi come canali di grazia assolutamente necessari e indispensabili per la salvezza delle anime, ma piuttosto come luogo privilegiato per l’esercizio del potere. Si preferisce lasciare i fedeli senza sacramenti piuttosto che consentire loro l’accesso ad essi celebrati secondo il rito che i cattolici hanno seguito per più di 1.500 anni e che è stato avallato come valido e mai abrogato da Papa Benedetto XVI.

Quanto accaduto negli ultimi due anni con la scusa della pandemia di coronavirus mostra la preoccupante tendenza dell’episcopato mondiale ad imporre la propria autorità in modo spietato, privando sacerdoti e fedeli dei loro diritti più elementari, come l’accesso ai sacramenti. Il “ministero” episcopale è stato ridotto a un semplice e puro esercizio del potere, del tutto indifferente alla dimensione spirituale della funzione propria del vescovo.

4. Una quarta ragione è una concezione positivista del diritto liturgico. Per i positivisti, la liturgia diventa legge per decisione dell’autorità competente. Ed è questo l’atteggiamento che vediamo non solo nei legislatori romani, ma anche in gran parte dei vescovi del mondo che, di fronte alla pretesa dei loro fedeli, dicono: «È ciò che ordina il Papa». Tuttavia, questa non è la concezione cattolica della legge, che suppone che sia sancita in vista della salvezza delle anime e trova la sua legittimità nell’uso costante che diventa consuetudine. L’autorità, quindi, non crea la liturgia né la usa, ma semplicemente la purifica in modo che tutti i suoi elementi siano conformi alla fede. La riforma liturgica del Vaticano II è stata attuata in un quadro di interpretazione positivista del diritto, così come lo sono la Traditiones custodes e le Responsa ad dubia. E poi, se la tradizione e il bene delle anime cessano di essere presi in considerazione e si appellano solo al peso della legge, tutti i mezzi saranno adeguati per far valere l’autorità e applicare la severità di quella legge.

I tentativi di annientare la liturgia tradizionale sono, a mio avviso, perpetrati da una piccola élite illuminata che, dai loro laboratori sull’Aventino, decide ciò che è meglio per il popolo di Dio. Sarebbe conveniente che qualcuno li avvertisse che Papa Francesco aderisce alla “teologia del popolo”, di taglio peronista, secondo la quale Dio si rivela nella voce del popolo. Non sarebbe il caso, allora, di ascoltare la voce di Dio che si esprime nella porzione di popolo che preferisce la liturgia tradizionale? O è che questa rivelazione dovrebbe essere ascoltata solo quando coincide con i preconcetti di quelli che sono al potere?

Tutto questo assomiglia molto, come ho già riferito, alla cricca di ideologi che cercarono di applicare il marxismo in Unione Sovietica. Hanno fallito, anche se hanno condannato il popolo russo a settant’anni di sofferenza. E anche in questo caso falliranno. Le imposizioni di un gruppo di illuminati potranno niente contro la pietà e la memoria del popolo fedele.

Dalle periferie di Traditionis custodes, una supplica ai vescovi
Dobbiamo pregare che i vescovi prendano decisioni attente, coraggiose e pastorali sull’attuazione del motu proprio
di Mons. Charles Pope
National Catholic Register, 5 gennaio 2021

Come molti di voi sapranno, poco prima di Natale è stato emesso un documento esplicativo (Responsa ad dubia) che cerca di rispondere ad alcune delle tante domande scaturite dalla Traditionis custodes, un Motu proprio di Papa Francesco sulla Messa Tradizionale Latina (MTL) [Vetus Ordo Missae].

Molti buoni autori l’hanno già commentato, sollevando preoccupazioni e interrogativi sia canonici che liturgici. I miei pensieri su questo sono dal punto di vista di un pastore diocesano che ha servito coloro che amano la MTL e che ha anche servito coloro che apprezzano l’attuale ordine della Messa. Mi piacciono entrambe le forme per ragioni diverse.

Il tono duro delle Responsa ad dubia

Come pastore d’anime, non riesco a trovare parole per esprimere il dolore e la rabbia (giusti, prego) che provo per il trattamento dei cattolici che sono attaccati alle forme più antiche della liturgia e dei sacramenti. Non ho visto un tale linguaggio o durezza diretti contro nessun altro gruppo, dentro o fuori la Chiesa. Il tono è singolare e scioccante. Coloro che amano la MTL sono miei fratelli e sorelle nel Signore e da tempo ammiro la loro tenacia e ortodossia. Molti di loro hanno famiglie numerose e prendono molto sul serio la fede. Per loro il cattolicesimo non è solo una fede, ma anche una cultura sia antica che nuova. Sono pronti per la battaglia di vivere la fede in un mondo sempre più secolare. Non sono un segmento particolarmente ampio della Chiesa negli Stati Uniti, ma sono uno dei pochi segmenti della Chiesa in crescita e fiorente. Amano la fede e la Messa, e mi addolora che vengano trattati in modo così brusco e duro.

A dimostrazione di questa durezza, si consideri come l’Arcivescovo Arthur Roche, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e autore dei Responsa, ha spiegato le regole per la celebrazione della MLT in una chiesa parrocchiale: «Inoltre, tale celebrazione [la MTL] non è opportuno che venga inserita nell’orario delle Messe parrocchiali essendo partecipata solo dai fedeli aderenti al gruppo. Infine, si eviti che vi sia concomitanza con le attività pastorali della comunità parrocchiale. Resta inteso che nel momento in cui dovesse essere disponibile un altro luogo, tale licenza sarà ritirata. In queste disposizioni non vi è alcuna intenzione di emarginare i fedeli che sono radicati nella forma celebrativa precedente: esse hanno solo lo scopo di ricordare che si tratta di una concessione per provvedere al loro bene (in vista dell’uso comune dell’unica lex orandi del Rito Romano) e non di una opportunità per promuovere il rito precedente».

Mentre il buon arcivescovo afferma che non vi è alcuna intenzione di emarginare i cattolici devoti alla MTL, l’emarginazione è l’effetto reale di un tale editto. Come è possibile leggere la citazione precedente come tutt’altro che come una seccata tolleranza nel migliore dei casi, o un netto rifiuto nel peggiore dei casi?

In effetti dice: “Noi preferiamo davvero che tu stia in luoghi isolati, ma se devi usare una delle nostre parrocchie, deve essere chiaro: tu non sei veramente ‘noi’. Non puoi apparire nel nostro programma, non puoi celebrare la tua MTL in un momento in cui qualcuno di noi potrebbe essere nei paraggi e, sebbene accettiamo di averti qui ora, non appena viene trovata ‘un’altra sede’ ti verrà chiesto di andartene immediatamente”.

In altre parole: “Via ai margini con te”. E tutto questo in un tempo di Francesco, che parla spesso di andare ai margini e nelle periferie con un messaggio d’amore.

Come pastore d’anime, sussulto davanti a questo tipo di linguaggio rivolto ai buoni cattolici che amano l’antica liturgia della Chiesa che ha nutrito la maggior parte dei nostri santi e antenati. I dissidenti e persino gli attivisti per l’aborto sono trattati meglio di così. Francamente, sono sopraffatto dal dolore e non so cosa dire ai cattolici che leggono cose come la citazione sopra. È scioccante, triste, emarginante e persino disumanizzante. San Paolo diceva: “Fate spazio nei vostri cuori per noi… viviamo e moriamo insieme a voi!” (2 Corinzi 7:2-3).

Non si tratta del Vaticano II

Ci sono stati recenti dibattiti online sul Concilio Vaticano II e sulla sua posizione autorevole nella Chiesa di oggi [“Chi non accetta il Concilio Vaticano II è fuori della Chiesa”. “Provocare lo scisma”, respinto al mittente – 2 febbraio 2021Nella situazione senza precedenti in cui si trova la Chiesa, è lecito per un cattolico discutere sul Concilio Vaticano II? – 19 luglio 2020 e Cinquanta studiosi, giornalisti e opinion-leaders di tutto il mondo sul “fatto ineluttabile della revisione critica del Concilio Vaticano II” – 15 luglio 2020]. Sono consapevole che questo ha giustamente riguardato alcuni nella gerarchia. E, tra i cattolici più anziani, a volte può esserci la tendenza a legare la MTL con preoccupazioni per “il Concilio” – ma la maggior parte dei cattolici a cui piace la MTL che conosco, sono giovani adulti nati molto dopo il Concilio Vaticano II. Quando chiedo loro perché a loro piace il MTL, la maggior parte di loro parla della sua tranquillità e riverenza. Dicono che dà loro il tempo di pregare e incontrare il Signore. Facciamo bene ad ascoltarli e non semplicemente a respingere le loro percezioni.

Ci sono alcuni che denigrano degli aspetti del Concilio e dei cambiamenti liturgici che ne sono seguiti. Ma francamente, la Messa che è uscita nel 1970 è andata ben oltre ciò che i Padri del Concilio prevedevano – infatti, la MTL assomiglia molto di più a quello di cui parlava il Concilio rispetto alla forma ordinaria che abbiamo oggi. I Padri conciliari, pur concedendo più vernacolo, stimavano e davano ancora un posto d’onore al latino, al canto gregoriano, alla polifonia sacra e all’organo. Non ha mai parlato di cose come la Messa rivolta al popolo o della Comunione nella mano. Quindi è semplicistico e sbagliato identificare la forma attuale della Messa con il Vaticano II o affermare che coloro che amano la MTL respingono così il Concilio.

Anche i cattolici che sono tradizionali fanno bene a evitare di collegare eccessivamente l’attuale Messa con il Concilio. Molte cose sono successe nei cinque anni tra la fine del Concilio e la promulgazione del nuovo Messale nel 1970. Entrambe le parti farebbero bene a studiare quel periodo e a riflettere su ciò che era autentico e su ciò che potrebbe essersi allontanato da ciò che i Padri conciliari avevano stabilito. Il Vaticano II, mentre non è un concilio di decreti e anatemi, merita il nostro rispetto e studio. Certo, si è svolto in un periodo tumultuoso, ma le sue riflessioni complessive meritano un’attenta considerazione da parte di tutti i fedeli.

I vescovi sono messi in una posizione difficile

Questa attenzione romana sulla MTL mette anche i nostri vescovi in una posizione molto difficile, insistendo sul fatto che devono affrontare con la mano pesante un problema che potrebbe non esistere nemmeno nella loro diocesi. Finora, molti vescovi hanno trattato in modo cortese e gentile i cattolici tradizionali e hanno esercitato riserbo. Ma queste ultime linee guida accendono il fuoco su di loro e sicuramente subiranno una crescente pressione da parte di Roma per agire con forza. E sebbene la Traditionis custodes abbia indicato che il vescovo locale è il capo liturgista e moderatore della liturgia, le Responsa romani sembrano richiedere che i vescovi chiedano il permesso a Roma di nominare i sacerdoti a cui è “permesso” di celebrare la MTL.

Inoltre, riguardo al luogo della celebrazione della MTL, può un prefetto romano negare il diritto canonico di un vescovo di dispensare dalle norme disciplinari per il bene dei fedeli? Un vescovo dovrebbe davvero chiedere il permesso a Roma per esercitare un diritto che già ha? (vedi Canone 87).

Possiamo solo pregare affinché i vescovi prendano decisioni attente, coraggiose e pastorali che potrebbero metterli in tensione con la Congregazione per il Culto Divino.

Flessibilità pastorale vs. “taglia unica”

Chi può dire che gli ambienti non parrocchiali come le parrocchie personali siano il luogo migliore per la MTL e per gli altri sacramenti? Nella mia stessa arcidiocesi abbiamo deciso decenni fa che la migliore politica fosse quella di incorporare il MTL in alcuni ambienti parrocchiali approvati. Non pensavamo che fosse salutare o saggio isolare i cattolici tradizionali in chiese specializzate. Era nostro istinto tenerli vicini al cuore della Chiesa e sotto la cura di un pastore che celebrava entrambe le forme della Messa. Non abbiamo parrocchie personali gestite dalla Fraternità Sacerdotale di San Pietro o altri gruppi.

È così anche in molte altre diocesi. E, date le loro dimensioni, un ambiente non parrocchiale potrebbe non essere fattibile per fornire adeguatamente i siti necessari per assistere i fedeli. Pertanto, in diocesi come la mia, riteniamo saggio e pratico utilizzare l’ambiente parrocchiale per la celebrazione della MTL.

L’Arcivescovo Roche ha un punto di vista molto diverso. Ma il vescovo locale non è meglio attrezzato per sapere cosa c’è di meglio nella sua diocesi e situazione? Perché deve esserci una soluzione a “taglia unica”? Possiamo solo pregare che i nostri vescovi seguano una linea pastorale. Da decenni conviviamo pacificamente con la MTL qui negli Stati Uniti. Non c’è bisogno di misure così dure. Si tratta principalmente di giovani, buoni e devoti cattolici. Per amore di Dio e per la cura delle anime, siate buoni pastori generosi e vescovi di tutti noi.

«Vediamo in tanti posti, in tanti luoghi, il clericalismo, questo essere sopra gli umili, sfruttarli (…) mai approfittare del proprio ruolo per schiacciare gli altri» (Papa Francesco – Angelus, 7 novembre 2021).

 

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7 commenti

  • daouda ha detto:

    E’ inutile asserire che lo svuotamento delle Chiese sia dovuto al novus Ordo poiché non c’è controprova. Siamo sicuri che al 68 e tutte le derive culturali il vetus ordo avrebbe resistito? Visto che lo si è notato, mettendo le mani avanti, è altrettanto stupido far gonfiare il petto ai tradizionalisti perché le liturgie del 62 sono piene giacché esse si fanno forza dell’effetto “riserva indiana”. E’ talmente lampante…
    Scrivere questo è guardare obiettivamente la realtà, ben sapendo che il rito del 62 NON E’ il rito aposolico romano intonso ed ininterrotto, ma una sua simulazione riformistica nata come transitoria e propedeutica al rito paolino del 69 dunque anch’esso ben poco tradizionale.
    Viene anche da interrogarsi su come come sia possibile valutare e porre un’affermazione del genere: “possiamo affermare con certezza secondo la logica è che la riforma liturgica promossa dal Vaticano II non è stata efficace nell’impedire l’allontanamento dei fedeli cattolici dalla liturgia”. Una frase del genere non solo è idiota ma svela molto del recondito pensiero di chi ha malcompreso la stessa Salvezza posta in essere dal Signore visto che l’interesse è smaccatamente utilitarista oltre che politicante.
    Ugualmente avere delle liturgie del 62 piene non significa affatto avervi gente e fedeli che abbiano a cuore la Chiesa. Questa è una petitio principii. Non solo fra i tradizionalisti sono presenti deviazioni incresciose, ma va ribadito che la loro fedeltà alla Rivelazione è del tutto supposta ed artata visto che appunto il rito romano del 62 è simulatorio della reale ritualità romana, tanto che essi si fanno vanto di difendere qualcosa che invece anch’essi negano, seppur in minore gravità rispetto l’invenzione di sana pianta del novus ordo.
    La pretesa inoltre che si lascino i fedeli senza sacramenti od uffici divini e liturgie è irricevibile giacché nessuno impedisce di frequentare il novus ordo e e le liturgie che ovunque pullulano a meno che non si voglia ritenere implicitamente il novus ordo protestantizzante, illecito od addirittura invalido, con ciò dimotrando che si è allora degli eretici camuffati e porgendo il fianco alla strategia di Francesco.
    La miopia infatti si basa su una finzione: il rito del 62 è solo di 7 anni più giovane del rito 69, e poco c’entra con il rito romano apostolico ininterrotto ed intonso.
    Per ritornare a Benedetto XVI ecco il più grande fraintendimento. Come Pio V non abrogò i messali precedenti, ma impose la sua riforma, così fece Paolo VI. Asserire che il messale simulatorio del 62 ( le cui derive dipendono dall’adeguamento del 1920 alla sovversiva riforma del breviario da parte di Pio X come anche dalla riscrizione delle rubriche del 1960 ) non è mai stato abrogato è un’ovvietà, ma ciò non toglie che lo status giuridico del rito del 62 ( e solo quello giacché il reale rito romano è stato del tutto bandito e dimenticato ) è indultista e ciò lo ha ribadito lo stesso papa tedesco. L’inabrogazione del messale e lo status indultista non c’entrano niente l’uno con l’altro, ed i tradizionalisti sfruttano tale torbida “imboccata” del fu papa Benedetto XVI per aizzare i fedeli poco avveduti.
    L’ilarità della situazione è nel vedere come, quando il papa è della fazione opposta o non garba, allora il vescovato è esautorato dei suoi propri poteri mentre se il papa fosse stato Pio X o Pio XII, altrettanto nefandi liturgicamente, la cosa non dà preoccupazioni.
    Non interessa ad alcuno la piena autonomia del vescovo in relazione ad una corretta comprensione della communio gerarchica, ma quando serve si tira per la giacchetta il papismo od il sinodalismo, ignorando bellamente i concili ecumenici che sono alquanto chiari, e contraddetti, da ben prima del Concilio Vaticano II, molto prima.
    Ora se al punto 4 si dice forse l’unica cosa corretta in questo articolo, va aggiunto che non solo il problema è il positivismo giuridico rispetto alla liturgia, ma bisogna colpire meglio il bersaglio difatti: è la liturgia e sono i sacramenti che fondano la dottrina, la morale, l’ascesi contemplativa ed il diritto. Inoltre và ribadito che la liturgia ha in sè un principio di intangibilità che ad esempio Pio V rispettò e Paolo VI invece no ( ma anche Pio X, Pio XII e Giovanni XXIII non rispettarono ).
    Ora è evidente la discriminazione e il doppio pesismo come l’emarginazione che si scaglia contro i tradizionalisti lasciando fare quel che gli pare a tutti gli altri che poi d’altronde abusano realmente la liturgia ( in questo caso novus ordo però ).
    Ma il discorso è ancora una volta viziato da un fraintendimento che il tradizionalista non vuole accettare giacché continua a cincischiare sul fatto che Benedetto XVI ha dichiarato non abrogato il messale del 62 ( cosa ovvia giacché si abrogano le leggi che tengon in vigore i messali, mica i messali stessi! ) quando però ne conferma lo status indultista.
    Difatti la lex orandi della Chiesa è una ed una sola. Una data scuola liturgica NON PUO’ avere due riti papalleli in forme diverse con calendari e lezionari diversi. Il fatto che ciò sia è un’anomalia ed appunto la situazione è solo concessoria e guardacaso in sè stessa da sempre considerata a scadenza, a tempo, come ammesso nei documenti da Giovanni Paolo II almeno implicitamente.
    Cosa ci sarebbe di nuovo con Francesco? In cosa egli non sarebbe in piena continuità con i predecessori? Solo perché quest’ultimo ha chiuso di più, è cattivo? E gli altri che comunque sia viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda e si sono dimostrati più magnanimi ma ugualmente nella falsità?
    E’ inutile girarci intorno.
    Nell’ambiente tradizionalista si considera la santa messa novus ordo protestantizzante, vagamente illecita se non invalida ed ugualmente si ha orrore rispetto al Concilio Vaticano II. Dispiace che ci si cerchi di smarcare da ciò, ma è proprio alla luce di queste derive che Francesco ha colpito strategicamente. E’ un pastore degno di questo nome chi agisce col doppiopeso e subdolamente? No, ma l’assist lo hanno servito i tradizionalisti stessi.
    Inoltre i tradizionalisti vivono di per sè una situazione del tutto paradossale: fanno finta essere tradizionali quando seguono un rito , quello del 62, che è simulatorio ed un attacco al rito romano stesso. Sono pregni di eresie devianti risalenti alla deriva sacerdotalista e sentimentalista, seguono qualsivoglia deriva devozionalista approntata dai gretti e sovversivi gesuiti fin dai primordi, ammiccano al chiliasmo per via del loro ingenuo affidamento ad ogni apparizionismo e veggenza assegnando alle ispirazioni private più peso che alla linearità escatologica della sacra Scrittura e continuano nella loro deriva prettamente feudalista nella concezione gerarchica della santa Chiesa che avrà nell’ultramontanismo il proprio apice antiecclesiologico, giungendo a rendere la rivelazione un corollario della politica che è ciò a cui realmente tengono piuttosto che allo Spirito. Sono tradizionali e fedeli alla Rivelazione loro che si vantano di essere perseguitati ma non sono nient’altro che l’ala destra della sovversione, dirimpettaia e complementare di quella modernista, che ha governato da vari secoli ed ora piange perché sono 70 anni che è stata esautorata?
    Per quanto riguarda la santa messa scaturita dal post Concilio Vaticano II l’analogia con quel che è medesimamente accaduto rispetto la riforma di Pio V sul tridentino si impone, dunque niente di strano se non che Pio V ha compiuto una riforma che ha custodito la liturgia legittimamente, Paolo VI invece ha fatto l’opposto biecamente.
    Se dunque di certo un vescovo si ritrovi illegittimamente a dover chiedere il permesso di esercitare un diritto che già ha, quel che deve risultare chiaro è che la concessione di Benedetto XVI che dava ai semplici chierici/sacerdoti di poter da sè premurarsi di celebrare nel rito del 62, questa anch’essa era una concessione normativa sovversiva ed anticanonica del ruolo del vescovo.

    saluti

    • Maria Cristina ha detto:

      Daouda , Dunque lei cosa ritiene auspicabile ? Andare avanti col attuale Novus Ordo e con la Liturgia simil-protestante ? Tornare a un Vetus Ordo ancor piu’ lontano nel tempo , forse pre-tridentino ? Sarebbe forse possibile?
      Non si capisce il suo pensiero : criticando egualmente le due strade liturgiche, la modernista e la tradizionalista,per lei egualmente da combattere perche’ sbagliate , lei quale terza strada propone?o non ne propone nessuna ?

      • daouda ha detto:

        Se i tradizionalisti si svegliassero e smettessero di essere uno strumento di divisione oltre che di propagazione delle storture liturgiche, potremmo tornare a lodare DIO degnamente. Ma tal cosa vale ugualmente per i progressisti, e non succede né con gli uni né con gli altri, DIO sà meglio perché.
        Quindi le mie critiche puntano a questo, da una parte e dall’altra, perché come le ripeto c’è del buono anche nell’altro lato ed i tradizionalisti non sono meno devianti d’altronde dei moderenisti.
        Per quanto riguarda il breviario, l’ufficio divino pre divinu afflatu è difficilmente utilizzabile ( la riforma per problemi strutturali andava indubbiamente fatta, ma ciò non toglie che Pio X fece un atto sovversivo visto che l’ha fatta fare molto malamente ) mentre la santa messa pre Pio XII si potrebbe facilmente compiere, e non avrei problemi a sentirla in volgare, anzi.

        Per il resto è DIO stesso, il Tentropo, che ha parlato di grande apostasia, come poi confermato da Paolo apostolo. Cosa posso risponderle io? Posso almeno solo farle presente che i supposti difensori della Rivelazione sono altrettanto compari di quelli a cui appioppano ogni nefandezza.
        Di conseguenza fare il meglio che si può secondo le proprie possibilità, e rimettersi a DIO. Quando si cede alla tentazione di considerare il novus ordo come un rito illecito od invalido, subito andare a messa novus ordo e vincendo tale tentazione e rimediarvi, e vivere la liturgia nel miglior modo che si possa come esempio rispendente innanzi a tutti!
        Ovviamente ciò non significa dimenticare che il rito del 69 è un’invenzione e che è preferibile la simulazione del 62. Ma consiglio tale espediente quando si incappi in critiche che minano il valore sacramentale del rito del 69 e fanno sfociare nella superbia di credersi migliori perché si crede di seguire un rito tradizionale. No. Il Rito del 62 è pur se migliore una simulazione che nacque come parentesi propedeutica a quest’altro.
        DIO non si offende se si va al novus ordo, si offende semmai se si giudicano i fratelli che nella loro ingenuità vanno al novus ordo perchP ci si ritiene araldi di una supposta Fedeltà alla Tradizione che oltretutto non c’è.

        Spero di essermi spiegato, io non sono nessuno per dare consigli a lei, questa però è una cosa che ho provato io stesso sulla mia pelle. D’altronde cosa faccio di utile? Ne parlo certo, ma io stesso faccia a faccia trovo difficoltà e non posso permettermi di offendere la sensiilità di nessuno perché una persona troppo polemico e spesso taccio.
        Ma è troppo comodo attaccare Francesco, che è lassù, e non farlo con chi abbiamo innanzi tutti i giorni. E’ comodo scegliersi il papa da criticare, qundo Pio X e Pio XII liturgicamente almeno sono stati pessimi.
        Il Signore nostro Messia ha detto nel santo Vangelo secondo Matteo: “Egli propose loro un’altra parabola dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo, che seminò buon seme nel suo campo. Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano, e se ne andò. Quando poi il grano germogliò e mise frutto, apparve anche la zizzania. E i servi del padrone di casa vennero a lui e gli dissero: “Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c’è della zizzania?”. Ed egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. Allora i servi gli dissero: “Vuoi dunque che andiamo e la estirpiamo?”. Ma egli disse: “No, per timore che estirpando la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano. Lasciate che crescano entrambi insieme fino alla mietitura; e al tempo della mietitura io dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio”»
        Attendiamo dunque il tempo della mietitura, perché se il Signore avesse voluto rimediare, avrebbe già fatto ciò alla sua mirabile incarnazione. E Paolo aggiunse a proposito nella lettera ai Corinzi “Così sarà pure la risurrezione dei morti; il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile”. La politica sarebbe dovuta rimanere un mezzo, ma per molti pseudo spirituali è divenuta un fine che però non ha perdonato, ci ha accalappiato e ci si è ritorta contro. E’ anche questo troppo comodo: denunciare i complotti di un mondo infame che certo ci sono, ma sono stati primariamente possibili per via del tradimento dei chierici , anno dopo anno.
        Attendiamo dunque il Signore e non preoccupiamoci perché LUI ha vinto il mondo!

      • ex : ha detto:

        Mah! Intanto la «controprova» non c’è su quello che lui ha affermato. Cioè: che «non c’è controprova» sul fatto che «lo svuotamento delle Chiese sia dovuto al novus Ordo»). Infatti, non c’è “controprova” perché… c’è la “prova”.

        Deve essere giovane (e non aver letto niente su questo), per dire una cosa del genere, contro l’esperienza di coloro che in quella circostanza erano adulti o giovani: col N.O. le chiese in pochissimi anni, si potrebbe anche dire “mesi”, si svuotarono. Mentre prima erano talmente gremite che spesso per la calca il fedele che entrava in chiesa riceveva l’acqua Santa da qualcuno più vicino alla pila, che gliela “passava” dopo averne bagnato la mano. Gesto usuale allora e sconosciutissimo in sèguito, non ne parliamo adesso, ché la pila con l’Acqua Santa ce l’hanno proprio tolta del tutto per sostituirla con il flacone del disinfettante»

        Certo, coloro che amano andare ad indagare nella coscienza altrui, e dare patenti agli altri di vera o falsa religiosità, potrebbero dire (e molti di costoro infatti lo dicono) che ciò dimostra che non erano cattolici sinceri quelli che abbandonarono col nuovo rito la frequenza delle Messe. Noi che non pratichiamo questo sport possiamo solo testimoniare il fatto, e del resto nel tempo sono stati scritti anche articoli od altri lavori che lo confermano, citando statistiche di frequenza sul prima e dopo la rivoluzione (non riforma) liturgica: prima del N.O. la quasi totalità dei Cattolici frequentavano la Messa festiva (e la quasi totalità degl’Italiani si dichiarava cattolica); dopo… beh! Non c’è bisogno di fare statistiche, è sotto i nostri occhi.

        Questi sono i fatti; su questo tutte le considerazioni, per quanto dotte o pseudo tali stanno – come si suo dire – a zero.

        • daouda ha detto:

          Ripeto: il 68, il consumismo anni 80, sarebbero stai comunque colpi duri da digerire, colpi duri per una religiosità che iniziò un’inesorabile declino da prima dell’illuminismo ed è stata via via incalzata dall’implementazione tecnologica imperante.
          Il difetto dell’ala destra tradizionalista è appunto questo: aver creduto alla società cristiana quando le aristocrazie hanno sempre coltivato l’occultismo ed i plebei la supertizione. Si può credere il contrario, ma rimane la storia a parlare.

          Per il resto non che la quantità sia poco importante, ma è sempre da correlarsi a qualità ed intensità. Lo scrive lei stesso: alla prima occasione, chi rimase? Chi inoltre protestò davvero? I tradizionalisti ignorano le proteste contro la sovversione del breviario contro Pio X perché non gli conviene, ugualmente ignorano che dalla fine degli anni 40 le innovazioni che sfociarono nel novus ordo erano a chiazze già presenti. Questo gioco a chi vuol fare il più puro è ridicolo, quando i loro stessi predecessori ben poco fecero.
          Io non sto qui a dar patenti che non posso dare , non sono qui a sperare un ritorno ad un passato per l’ecumene cristiana, che non può tornare. Forse qualcuno potrà riuscirci, onore a lui e benedetto il nostro DIO se ciò accadrà!
          Ma è evidente che se apostasia deve essere, DIO sà meglio il perché, ed i tradizionalisti sono parte di questo, non i fronteggiatori del disastro.
          Non mi si dica dunque che chi è favore del rito del 62 e dei breviari successivi alla divinu afflatu è una persona che ha a cuore la Rivelazione ed il deposito liturgico, giacché è una menzogna. E stiamo parlando solo di liturgia, figurarsi il resto…

          • Giorgio ha detto:

            Complimenti Sig. ADOUDA, la sua risposta è il solito dire e non dire, un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Dice di non poter dare giudizi e intanto le sue affermazioni sono sferzate qualunquistiche rivolte soprattutto ai “tradizionalisti”, ignorando come tanti che La Tradizione fa parte essenziale del Credo Cattolico! Le sue affermazioni che negano le gravissime infiltrazioni protestanti nel n.o. mi sembrano affermazioni di chi non conosce la teologia. Mi scusi la franchezza ma quando io ho studiato Teologia (primi anni sessanta) i docenti ci misero in guardia contro queste cose e, a sangue freddo dopo lo tsunami delle novità liturgiche, mi sono reso conto che i Docenti di allora sono rimasti Maestri lungimiranti e inascoltati, e chi ha “occhi per vedere” non può vedere il disastro attuale. Si sa che i novatori stravolsero la liturgia della Messa (per rispetto al suo contenuto si scrive con la M maiuscola!) per venire incontro soprattutto ai luterani. Io non ho mai sentito parlare di un luterano convertito al cattolicesimo, mentre i cattolici (cosiddetti) sono passati in massa al luteranesimo. Nella sua cultura Lei conoscerà certamente quanti anglicani, per di più personalità di grande livello, passarono al Cattolicesimo, quasi in massa, a cavallo del 900! Con l’apertura al mondo, protestante o meno, è stata la Chiesa a passare in massa dall’altra sponda. Chi “ha occhi per vedere” non può non vedere tutto questo. Io, nonostante la mia formazione pre n.o. ho sempre frequentato la Messa e ho sperimentato che si tratta di una liturgia che non attira ma allontana da Dio. Ho sempre detto ai sacerdoti con i quali è stato possibile fare un discorso serio che io non ho perso la Fede grazie alla mia formazione, altrimenti sarei scappato come tanti. Le dico solo un fatto particolare: il sacerdote che celebra la Messa alla quale io non posso fare a meno di partecipare, molto spesso ringrazia i fedeli perché sono venuti a Messa! A Lei il commento!

          • daouda ha detto:

            Dire e non dire signor Giorgio? Chiunque può valutare. Qualunquismo singor Giorgio? Appuri da sè la realtà perché chiunque può vedere da sè che l’abuso dell’autorità papale iniziò da ben prima del Concilio Vaticano II, chiunque può appurare che Pio X distrusse il breviario tradizionale e rimaneggiò malamente la musica sacra, chiunque può appurare che l’innovazionismo del Codex benedettino adeguandosi alla riforma napoleonica ha pratiamente soppiantato il dirito consuetudinario, i canoni apostolici, i concili ecumenici e la sacra Scrittura, chiunque può verificare le nefande distorsioni apportate da Pio XII, oltre a quelle di Giovanni XXIII per arrivare al nefandissimo Paolo VI. Chiunque può cogliere che l’indultismo di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI è totalmente in linea con l’opera di Francesco ed è sempre stata una tolleranza temporanea. Già è qualcosa dunque se si inizia a riflettere sui cosidetti alfieri e supposti difensori della Rivelazione riguardo al fatto che non siano semmai essi stessi dei traditori o perlomeno dei benemeriti ignoranti che nascondono sotto il tappeto, per bieca utilità politica ed ideologica, quel che a loro non conviene! Me lo chiama dire e non dire questo?
            Lei mi accusa di negare le infiltrazioni protestantizzanti? A parte che avrebbe dovuto comprendere da sè che ho dichiarato tal rito inventato di sana pianta, apparte che ho fatto presente che esso è molto linearmente affine a qualsivoglia messa bassa e meramente ed indegnamente letta che il tradizionalista medio ama, apparte che ho più volte dichiarato la sua scialbezza ed assenza di ieraticità, ma se vuole perder tempo con me sulla NON protestantizzazione del rito paolino del 69, quando capiterà ne si parlerà/scriverà, perché di certo non mi rimangio le parole e la maggior parte delle critiche al novus ordo vengono da parte di gente poco edotta ( tanto per dire: gente che ad esempio esalta gli esercizi ignaziani non comprendendone il pericolo e la distorsione antitradizionale ). Che il novus ordo alla luce di vari recuperi del Concilio Vaticano II calchi la mano su altre cose su cui invece ci si era chiusi precedentemente, è evidente, e ciò anche se qualcuno può trovarlo lodevole comunque sia confligge con la scuola liturgica romana. Il novus ordo è deficitario ma rimane un rito valido, le cui accuse sono sovente frutto dell’iper istituzionalismo giuridista e della tipica teologia sacerdotalizzante/clericalizzante dei misinterpretatori di Trento, genericamente gente pregna di razionalismo o peggio, sentimentalismo d’accatto.
            Di certo, visto che scorgo che la sua premura, riguardo al fatto che esso abbia sporto il fianco a tali intepretazioni e deviazioni, in sè come anche contestualmente, io non lo nego, e su questo concordo con lei, si figuri. Quindi poi se la sua ulteriore premura è solo quella di mettere in guardia dal rito paolino, mi trova ancora con lei.
            Il problema è che allora non ha capito nulla di quel consiglio che ho dato, come non ha focalizzato affatto il nocciolo della questione: il rito del 62 non è che una menomzione ed una simulazione dell’integralità del rito liturgico apostolico romano. Il rito del 62 è nato per far spazio al rito del 69, ne era una tappa!
            E’ meglio il rito del 62 che quello del 69? Senza dubbio, ma non ci voleva un genio per capirlo.