9 Maggio 1978. Come – per caso – ho Trovato il Cadavere di Aldo Moro.

9 Maggio 2021 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, chi scrive non si è sempre occupato di Vaticano, preti e religioni. Per più di dieci anni, fino al dicembre 1981, ho seguito altri sentieri: Parlamento, sindacati, diplomazia, scuola e università, all’epoca delle grandi battaglie dei “precari”…e cronaca. E il caso o la Provvidenza ha voluto che fossi l’unico giornalista testimone in presenza del ritrovamento del corpo di Aldo Moro. Uno scoop mondiale, direte voi. Eh sì. però, se osservate la prima pagina de La Stampa dell’epoca, vedrete che l’articolo in effetti è in prima pagina, ma non c’è niente che lo segnali. Questo perché il caporedattore dell’epoca, poveruomo, non mi aveva in simpatia, e disse ad Arrigo Levi, il direttore di allora, che non voleva appesantire la pagina…! Ha privato il proprio giornale di un elemento di richiamo prezioso rispetto a tutti gli altri. Difficile immaginare un comportamento meno giornalistico, ma tant’è…già allora i media non servivano mica a informare. All’epoca lavoravo sia per Stampa Sera (il quotidiano del pomeriggio) sia per La Stampa, e tutto accadde proprio mentre tornavo a casa per il pranzo, prima di di rientrare in redazione. Comunque, qui sotto potete leggere che cosa è realmente accaduto quella mattina del 9 maggio 1978. Buona lettura. 

§§§

 

ROMA — li cadavere del presidente DC era adagiato, supino, nel bagagliaio di una Renault R4 rossa, nel centro di Roma, in via Caetani, a poche decine di metri dalla sede della DC e del PCI. Il volto di Aldo Moro era emaciato, sofferente, e la barba lunga di qualche giorno ne accentuava il pallore. I suoi assassini lo avevano nascosto sotto una coperta marrone bruciato, che è stata alzata e abbassata infinite volte, seguendo un mesto rituale, per consentire a ministri, uomini politici e alti gradi delle forze dell’ordine di riconoscere il presidente della DC, che giaceva la testa reclinata sulla spalla sinistra, gli occhi socchiusi, le mani incrociate in grembo. Indossava gli stessi abiti del giorno del rapimento: un doppiopetto blu, una camicia a righe, una cravatta blu.

Quando, con estrema cautela, due vigili del fuoco hanno posato la salma sulla barella, facendola scivolare fuori della Renault, un poliziotto in borghese sulla mezza età è scoppiato a piangere. Il ritrovamento è stato «guidato». A quanto risulta, una telefonata anonima, pervenuta attorno alle 13 alla Digos, l’ex ufficio politico, ha avvertito un funzionario che in via Caetani c’era una Renault 4 «minata».

Chi scrive ha avuto la ventura di trovarsi a passare per via Caetani alle 13,15, e ha visto arrivare due auto: una «volante» della polizia, con a bordo un graduato di artiglieria, e una «Alfetta» gialla con agenti in borghese. Sono scesi tutti, e mentre gli agenti provvedevano ad allontanare i rari passanti, l’artificiere dava una prima occhiata alla Renault, che era parcheggiata di fianco alla staccionata che copre il fianco della chiesa di Santa Caterina dei Funari, in restauro.

Poi, con un colpo secco di martello, il graduato ha mandato in frantumi il vetro anteriore destro, e ha aperto la portiera. Un funzionario si è infilato in auto, e ne ha estratto una borsa da toilette scura. L’artificiere l’ha posata per terra e l’ha aperta. Dentro c’erano, si saprà più tardi, una catenella, la fede e l’orologio del presidente della DC. A questo punto il funzionario ha alzato la coperta appoggiata sullo schienale del sedile posteriore, e l’ha lasciata ricadere dopo aver gettato un rapido sguardo. Poi è uscito, visibilmente emozionato dalla vettura gridando all’equipaggio della volante: «Non fate passare nessuno, chiamate altre macchine, presto, fate presto».

E si è precipitato all’interno di palazzo Mattei, che ospita la discoteca di Stato ed alcune «dependences» universitarie, per telefonare. Ho cercato di avvicinarmi alla macchina, ma mi è stato impedito: «C’è il pericolo che esploda» è stata la giustificazione. Nel frattempo una guardia mormorava a fior di labbra ad un collega: «E’ Moro, ma non dirlo a nessuno», e incominciava a darsi da fare per bloccare il traffico di pedoni e auto, mentre giungeva una altra « auto civetta» e funzionari della Digos correvano ala Renault, scrutavano l’interno e tornavano febbrilmente a parlare al microfono delle autoradio. Ho cercato ancora di avvicinarmi alla Renault, ma esibire il tesserino professionale è servito solo a fare sì che il funzionario ordinasse ad una guardia di accompagnarmi qualche decina di metri più lontano. Sono corso a telefonare al giornale, per dare l’allarme, sulla base dei pochi elementi di cui disponevo, e ho fatto subito ritorno, per trovare la strada bloccata, da un’estremità all’altra.

Allora sono salito alla biblioteca di storia moderna, a Palazzo Mattei, e ho potuto seguire da una finestra, con alcuni studenti universitari che si trovavano nel palazzo, di cui la polizia ha subito chiuso i portoni, le successive frenetiche due ore. Via Caetani, normalmente tranquilla, nel giro di pochi minuti si è trasformata in un caotico turbinare di volanti, «pantere» dei carabinieri e auto della Guardia di Finanza. Un reparto della Celere è stato fatto arrivare per chiudere sia l’imboccatura dalla parte delle Botteghe Oscure sia quella di via dei Funari, allontanando a forza giornalisti, fotografi e curiosi che formavano uma folla vociante alle due estremità della strada, mentre la notizia del ritrovamento correva di bocca in bocca. Un clima di tensione estrema aveva contagiato anche i responsabili delle forze dell’ordine, mentre cominciavano a giungere sul posto gli alti gradi dei carabinieri e del Viminale. Al centro, in un’oasi di apparente quiete, la R4 rossa con il corpo del presidente DC. Alle 14,07 è arrivato Cossiga, preceduto dal capo della polizia, Parlato, e dal vicecapo Santillo. Il ministro dell’Interno si è avvicinato alla vettura e mentre un agente scopriva il volto di Moro si è fatto il segno della croce, imitato da alcuni dei presenti. Questa scena — il funzionario che scopre il volto della vittima della ferocia delle Br — si è ripetuta più volte, mentre giungevano sul posto il sottosegretario alla presidenza, Evangelisti, il questore di Roma, alti magistrati che seguono l’inchiesta, e alcuni parlamentari e uomini politici: l’on. Cervone, l’on. Pajetta, funzionari della democrazia cristiana.

Verso le 14,20 i fotografi della polizia hanno incominciato a inquadrare la vettura, e finalmente gli uomini della scientifica (ma quante mani già avevano toccato la vettura?) spennellano sul cofano e sui vetri la polvere per rilevare le impronte digitali. Alle 14,26 i cordoni di agenti e carabinieri si aprono per lasciare passare un sacerdote, minuto, con una stola violetta. Su un sottofondo di comandi concitati e di proteste da parte di chi vorrebbe vedere, il sacerdote si raccoglie qualche secondo in preghiera davanti al bagagliaio, ancora chiuso, della Renault e poi, con un gesto lento benedice la salma nascosta all’interno.

Intanto gli uomini della scientifica proseguono nel loro lavoro attorno all’auto. Alle 14,30 arriva anche il ministro della Giustizia, Bonifacio, subito dopo ci si prepara al momento più drammatico: il trasferimento della salma. Da via delle Botteghe Oscure, nereggiante di folla, si fa strada a fatica un’ambulanza rossa dei vigili del fuoco. Attorno alla R4 viene creata, a forza di «cordoni», un’area libera di una ventina di metri per parte, mentre tre artificieri, il maresciallo Circhetta, il sergente maggiore Casertano e il sergente maggiore Raso si preparano ad aprire la vettura con tutte le precauzioni, nel timore che contenga una bomba. Dalla finestra della biblioteca vedo gli artificieri attaccare con le cesoie il cofano, straziando le lamiere per «staccare» la batteria. La portiera del bagagliaio viene attaccata con lo stesso sistema. Le cesoie ritagliano rettangoli di carrozzeria per aprire un varco che permetta di scoprire eventuali ordigni, e giungere al vano dove giace il presidente DC. Questo lavoro, lento, cauto, va avanti per qualche decina di minuti, e intanto siamo costretti, gli studenti universitari e chi scrive, ad abbandonare il posto di osservazione: per ordine del Ministero la biblioteca deve chiudere. Scendo in via Caetani, infilandomi nel seguito del ministro dell’Interno, giusto in tempo per assistere all’apertura del cofano. L’ordine, ripetuto da più voci, è di allontanarsi, ma i cordoni misti di carabinieri e agenti vengono sottoposti a dura pressione dai loro stessi colleghi: non è mancato qualche scontro verbale, con toni accesi, frutto di una tensione crescente. I barellieri fanno fatica ad avvicinare la lettiga al retro della Renault, poi finalmente con uno scrollone lo sportello si apre, e un mormorio di sgomento e di pietà accompagna i gesti lenti dei vigili del fuoco che dolcemente fanno scivolare il corpo rigido sulla barella. Il presidente DC sembra assopito, ma un’aria sofferente è sul volto, coperto dalla barba lunga di qualche giorno. Sembra che dorma: solo il colorito della pelle, giallastro, e gli occhi, semiaperti, tradiscono l’atroce realtà. Sul pavimento del bagagliaio due bossoli, probabilmente calibro 9, e altri due sotto i sedili anteriori. Fra la camicia e la giacca sono stati trovati fazzoletti intrisi di sangue. Qualche traccia di sangue, con capelli dell’ucciso sulla gomma della ruota di scorta, ancora sangue e liquido organico sul pavimento. Nel risvolto dei pantaloni tracce di sabbia; un cappotto grigio e catene da neve, molto arrugginite, sul sedile posteriore. Alle 15 l’ambulanza dei Vigili del Fuoco riesce a farsi strada fra la folla, preceduta da quattro auto della polizia e dei carabinieri, e a partire per l’Istituto di medicina legale. Un poco più tardi un carro gru rimorchia in Questura la Renault rossa. Giunge un gruppo di giovani e al posto dell’auto mette una grande bandiera con lo scudo crociato della DC.

§§§




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20 commenti

  • Raffaele Vargetto ha detto:

    Caro don Ettore Barbieri, la società italiana pre-sessantotto, con i suoi limiti e difetti – che vi sono nel mondo dal peccato originale in poi – era certamente cristiana; quella succedutasi dopo – guarda caso, due anni dopo viene approvata la legge sul divorzio che sfascia matrimoni e famiglie e dà la prima picconata al matrimonio e alla famiglia come sono state volute da Dio; le successive sempre più gravi, saranno l’aborto e, oggi, le coppie omosessuali con l’intento di instaurare la tirannia omosessualista su tutti noi – a causa della violenza rivoluzionaria ingerisce dosi massicce di veleni ideologici tali che il suo tessuto umano e cristiano ne risentirà irreversibilmente. Stupisce negativamente che un sacerdote sottolinei in qualche modo positivamente il contenuto delirante dei ciclostilati brigatisti che sarebbero stati contro la società liberista. Ma, forse, l’ignoranza e il delirio ideologico di quei terroristi ha impedito loro di vedere le cause stesse della proliferazione del pensiero ideologico marxista-leninista proprio nel pensiero liberale, nel liberalismo, così come le mette in luce splendidamente il Sommo Pontefice Pio XI nella Lettera Enciclica “Divini Redemptoris” del 19 Marzo 1937, con cui viene condannato il comunismo ateo, che stava alla base delle teorie e della pratica dei brigatisti. Lei, don Barbieri – non so che età abbia – come sacerdote, anziché sottolineare inesistenti aspetti positivi di quei messaggi deliranti, avrebbe potuto o potrebbe, laddove vi fossero ex brigatisti non pentiti, far loro conoscere documenti della Chiesa, come quello da me menzionato, per portare luce, la Luce di Cristo ad anime tenebrose. Altrimenti rimangono tali e rischiano di rimanervi per l’eternità.

    • Don Ettore Barbieri ha detto:

      Immaginavo che non avrebbe capito nulla. Eppure la distinzione tra contenuti sbagliati e disponibilità a fare qualcosa oltre a guardare il proprio ombelico mi sembrava chiara.
      Si può generosamente combattere per cause sbagliate, anche criminali, lo sa? E quelle cause non diventano giuste per la generosità di chi le combatte.
      La società ante Sessantotto covava in sé quelle dinamiche che il Sessantotto ha fatto esplodere.
      Si è mai chiesto come mai nel giro di pochissimi anni si è potuti passare da una società che lei definisce cattolica alle aberrazioni degli anni Settanta? Sono impazziti tutti insieme?
      È la stessa favola del Vaticano II: vescovi nominati da Pio XII se non addirittura ancora da Pio XI sono diventati all’improvviso tutti modernisti? Molti di loro lo erano già prima di nascosto, per paura. Il Vaticano II ha solo esplicitato ciò che già era presente sottotraccia.
      Si stava meglio? Sì, un po’ come sta meglio un malato prima di conoscere la propria malattia.

  • Virro ha detto:

    Grazie di questa memoria, non nego la mia emozione

  • Non Metuens Verbum ha detto:

    una mia amica, che all’epoca lavorava con la Lega Missionaria Studenti basata all’interno dell’adiacente residenza dei gesuiti (Chiesa del Gesù), vide un insolito trambusto e si precipitò di corsa verso via Caetani, e se ne stette arrampicata sui bugnati del palazzo, a vedere tutto. Ancor oggi, quando ritrasmettono i video dell’epoca la riconosco, sullo sfondo, appollaiata in alto.

  • Tonino T. ha detto:

    A che ora e che giorno è stato ucciso Moro, e a che ora è stato ucciso il biondo sulla Reno rossa?

  • CARMELO ha detto:

    Il periodo del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro (non solo Aldo Moro, i morti furono decine), viene chiamato anche come “la notte della repubblica”. Secondo voi come dovrebbe essere chiamato il periodo che stiamo vivendo oggi (soppressione di gran parte delle fondamentali libertà costituzionali, la salute degli italiani devastata da delinquenti, incapaci e corrotti, coprifuoco, ministri che hanno giurato nelle mani del pdr di difendere la costituzione sotto processo per aver fatto il loro dovere, il “colpo di stato” della cupola della magistratura contro le istituzioni della repubblica e i rappresentanti del popolo, ecc.).
    E oggi sui giornali leggiamo di Mattarella che dice: “Occorre fare piena luce sugli anni di piombo, ora prendere tutti i latitanti”. Guarda al passato, al passato remoto, come uno che passa per caso nelle istituzioni, per non guardare al presente, dopo sei anni di presidenza della repubblica.

    • Don Ettore Barbieri ha detto:

      Gli anni 70 sono stati un periodo di grande violenza. Però, era ancora un’epoca in cui si moriva per qualcosa. Dal decennio successivo in poi, almeno in Italia, l’edonismo di massa ha spazzato via qualunque residua idealità giusta o sbagliata che fosse.

      • Marco Tosatti ha detto:

        E non parliamo del presente…

        • Raffaele Vargetto ha detto:

          Cosa vuol dire: “si moriva per qualcosa”? E’ riferito anche ai terroristi? Sono morti uccisi e massacrati, magistrati integerrimi, i quali, se potessero oggi parlare degli attuali loro colleghi corrotti, si vergognerebbero per lo stato comatoso in cui si trova la magistratura; e poi, tutori dell’ordine caduti per gli agguati loro tesi dai brigatisti rossi, imprenditori onesti rapiti e vessati dagli stessi brigatisti con lo scopo di autofinanziarsi e di umiliare i “nemici di classe”. Ricordiamoci del martire Luigi Calabresi, commissario di Polizia, ucciso il 17 Maggio 1972, uno dei primi servitori dello Stato, se non il primo, ucciso dai terroristi, in quel caso appartenenti a Lotta Continua, movimento compreso nella galassia dell’ultrasinistra del postsessantotto. La verità è che gli anni ” ’70 ” ,con la violenza scatenata nelle piazze dalle ideologie anticristiane, hanno minato e distrutto il tessuto cristiano ed autenticamente umano che consentiva alla società italiana di essere ancora cristiana. Una volta distrutta la convivenza civile e la tranquillità sociale, sulle macerie è stata edificata la società edonista e materialista, il cui apice stiamo vivendo oggi con la legittimazione della perversione morale di origine diabolica.

          • Don Ettore Barbieri ha detto:

            La società italiana prima del Sessantotto era cristiana? I terroristi nostrani agivano da soli o erano parte di un disegno più ampio in cui entravano a pieno titolo alcune istituzioni dello Stato? È meglio un ventenne degli anni Settanta che si dà alla guerriglia o alla lotta armata o un ventenne di oggi che non è in grado di farsi il letto e il cui ideale è postare su Instagram? Le mie domande sono al tempo stesso retoriche e provocatorie, nel caso non lo avesse capito.
            La violenza è “buona” quando vince: viviamo nella Repubblica italiana nata dalla guerra civile. Se avessero vinto i fascisti saremmo ancora nello Stato fascista.
            A me il terrorismo faceva schifo allora (ero bambino e avevo un compagno di classe figlio di un appuntato dei carabinieri che giustamente temeva per suo padre e aveva in odio i terroristi) e fa schifo oggi. Però, mi danno fastidio i facili manicheismi: tutto bene prima, tutto male dopo. I terroristi cattivissimi, tutti gli altri ottimi. Ci sono risoluzioni delle BR che descrivono perfettamente la società ordoliberista in cui siamo immersi oggi e che allora veniva preparata.
            La gioventù di quegli anni era quello che era, ma rischiava anche la propria vita a destra o a sinistra. Vogliamo ricordare i morti ammazzati tra militanti del MSI o del PCI o di altre organizzazioni di estrema destra o sinistra? Vogliamo ricordare anche i terroristi morti?
            Sbagliavano? Certo, umanamente e cristianamente. Però, il dare la propria vita, anche per cause sbagliatissime, è comunque un uscire da sé stessi.
            Oggi c’è qualcuno tra i giovani che oltre a riempirsi la pancia, fare sesso, ubriacarsi, drogarsi, divertirsi è capace di rischiare qualcosa, non dico la vita, ma qualcosa?

  • Maria Michela Petti ha detto:

    A distanza di 43 anni dal ritrovamento del corpo di quella vittima dell’esplosione di una “follia” sociale, si continua a sollevare – «seguendo un mesto rituale» – quella “coperta” diventata ormai un velo virtuale che avvolge i restanti, infiniti, giorni di una storia per la quale si reitera l’altrettanto “mesto” pragmatico ritornello delle “ombre” che (non si sa da chi e quando) dovrebbero essere diradate.

  • Americo Mascarucci ha detto:

    Perdonami Marco, ma neanche Arrigo Levi ci fa una bella figura….un direttore di giornale che ha un simile scoop fra le mani non lascia decidere il capo redattore…..cavolo, era Aldo Moro erano due mesi che non si parlava di altro e si preoccupa di non appesantire la pagina? Diciamo che dietro certi nomi blasonati forse non si nascondeva un’ adeguata “professionalita””. Sbaglio? Penso che fossi stato io quel caporedattore che non ti aveva in simpatia sarei finito a riordinare l’archivio

    • Marco Tosatti ha detto:

      Assolutamente. Hai ragione, ma purtroppo non era andata così. Ma la mia colpa di origine era stata quella di aver avuto come “sponsor” un giornalista che era stato capo della redazione romana, e poi era diventato vicedirettore che era cattolico, e il caporedattore era comunista e lo odiava. L’ironia della cosa è che magari in quel momento ero più ideologicamente vicino al caporedattore che al vicedirettore…ma la meschinità e la scarsa professionalità fanno aggio su tutto. Fino all’autolesionismo. E Arrigio era una persona deliziosa, ma dal punto di vista di governo…tanto che fu sostituito da un’altra tempra di direttore, Giorgio Fattori.

      • stilumcuriale emerito ha detto:

        Detto tra parentesi, la sua, amico Tosatti, è una metatestimonianza che va ben al di là dell’episodio riguardante Aldo Moro. Per chi nemmeno sa dove si trovano le redazioni dei vari giornali, la dice lunga su cosa succede là dentro. Buona domenica.

        • americo mascarucci ha detto:

          A differenza di Tosatti non ho lavorato in grandi giornali nazionali ma soltanto in redazioni di provincia, la redazione viterbese del Tempo alla fine degli anni novanta e poi nella redazione viterbese dei giornali del gruppo Ciarrapico (Ciociaria Oggi) che si chiamava “Nuovo Viterbo Oggi”. Eppure la prima pagina era il momento più importante della giornata, perché si discuteva il titolo di apertura. Se avevamo uno scoop e sapevo di averlo soltanto noi lo sparavamo a carattere cubitali e senza preoccuparci di chi lo avesse fatto di noi al di là delle antipatie o dei contrasti che potevano esserci fra colleghi….e se il giorno dopo un giornale concorrente aveva uno scoop e noi la semplice notizia uguale a tutti gli altri erano lavate di testa o “cazziatoni” come si usa dire in gergo giornalistico. Quindi è a mio giudizio assurdo che un direttore di giornale non abbia dato alcun risalto ad uno scoop come quello portato da Tosatti avvallando la scelta assurda di un caporedattore invidioso….oggi nell’era del web è finita la gara agli scoop o a dare i “buchi” agli altri ma se uno dei miei direttori si fosse accorto che su un caso di primissima importanza avevo uno scoop e non lo valorizzavo come meritava nella migliore delle ipotesi finivo a scrivere le brevi…..

          • stilumcuriale emerito ha detto:

            Da non giornalista, ma da persona con esperienza mi pare di poter dire che non sempre i comportamenti delle persone hanno una logica e si spiegano con la logica. Molto spesso entrano in gioco altri fattori, a volte non ben conosciuti nemmeno dal soggetto, che portano una persona ad operare in modo che a noi appare quantomeno strano. Ma se il fatto sussiste, una sua “logica” la deve comunque avere.

  • Milli ha detto:

    Grazie per la preziosa testimonianza, dott. Tosatti.
    Posso chiedere chi scattò quella foto?

  • : ha detto:

    E’ probabile che alcuni degli assassini saranno stati tra gli spettatori per godersi lo spettacolo. Forse anche tra gli “studenti” a stretto contatto con Lei.