DDL Zan: Bloccare senza Se e senza Ma Questo Attentato alla Libertà.

7 Maggio 2021 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la cosiddetta sinistra (Pd, Cinque Stelle) sta cercando di forzare tutto quello che può per far passare il DDL, il disegno di legge più liberticida che abbia visto la luce in decenni di storia repubblicana; per aprire le porte delle scuole alla teoria “gender”, far guadagnare qualche milione a circoli e circoletti e associazioni LGBTQ ecc. e aprire la via all’utero in affitto. Rilanciamo qui un articolo estremamente interessante apparso su AtlanticoQuotidiano a firma di Andrea Venanzoni, che mette il luce, da un punto di vista laico, liberale e non confessionale, perché bisogna opporsi con tutte le forze a questo attentato alla libertà di pensiero, opinione ed espressione. Buona lettura. 

§§§ 

 

La polarizzazione del dibattito sul ddl Zan sembra aver eradicato qualunque ipotesi di analisi seria, e tecnica, sul testo: è scomparsa – sommersa da accuse di omofobia, da un lato, e di distruzione della famiglia, dall’altro, di razzismo e odio elevato a sistema versus limitazione della libertà di espressione – la possibilità di riflettere sine ira et studio sugli eventuali problemi che quel testo di legge potrebbe ingenerare laddove approvato.

Si sono costituiti due fronti, contrapposti, irriducibili alla discussione tra loro.

E se un dibattito viene ridotto ai minimi, e farseschi, termini di un kitsch mediatico di starlette che si pittano il palmo delle mani, in una consistenza mantrica da stakanovismo post-sovietico virato alle cause di cui nulla si sa e di cui nulla si è letto, e dall’altro lato la difesa della libertà di espressione, quella vera, quella autentica, profonda, sostanziale, viene sub-appaltata all’oltranzismo cattolico, cessa di essere dibattito, e diventa solo teatrino, scaramuccia rusticana al coltello per accontentare le rispettive claque.

Il ddl Zan, diciamolo subito, è un testo di legge pericoloso. Sì, pericoloso: ha una impostazione generale regressiva e panpenalistica, culturalmente orientata a rispondere a un problema, reale o potenziale che davvero sia, mediante la criminalizzazione generalizzata.

Arriviamo da decenni di retorica sulla necessità di fuggire dalla pena, di de-criminalizzare la società, di superare la sfera punitiva, e poi quello stesso mondo “culturale” che si atteggia a progressista sforna provvedimenti meramente segnaletici, simbolici, sloganistici, più tesi, si direbbe, ad una captatio benevolentiae nei confronti di un certo mondo elettorale piuttosto che mirante al contrasto reale di un fenomeno grave ma dai contorni, in chiave di definizione giuridica, liminali e confusi.

 

È noto come l’attuale disegno di legge origini dall’intreccio e dall’incrocio di cinque precedenti testi, ciascuno dei quali con differenti sensibilità concettuali sottese e con una serie di presupposti non del tutto omogenei gli uni con gli altri, finendo per integrare una mera, incoerente, sommatoria tra i vari, piuttosto che una razionale sintesi. Un testo unico complessivo, ma frammentario e oleografico del contrasto alla violenza di genere.

E d’altronde, già leggendo la serie di definizioni contenute in apertura del ddl appaiono concetti che esulano del tutto dall’orizzonte del diritto innervandosi invece nelle prospettive della psicologia, della antropologia, della sessuologia, concetti accademici su cui ferve dibattito e scarseggia univocità definitoria.

Primo grave problema, visto che il ddl Zan prevede sanzioni di natura penale e il diritto penale è governato da una serie di principii garantistici tra cui figura la determinatezza della fattispecie e della norma incriminatrice: in questa prospettiva la evanescenza delle definizioni, dei beni giuridici sottesi e protetti è maglia larga che finisce per irradiare la sfera di punizione al di là della mera attitudine criminale materiale, l’atto di violenza, per involgere, al contrario, anche espressioni concettuali ed opinioni vertenti su aspetti non univoci.

Cosa è mai, infatti, l’identità di genere se non un concetto su cui ferve un acceso dibattito in sede accademica? Davvero si può trasformare in presupposto concettuale di una sanzione penale un elemento su cui manca sostanziale concordia e univocità tra gli esperti e gli studiosi e su cui la Corte costituzionale, pur richiamata da Zan, non ha preso posizione strutturata?

Si tratta di una potenziale deriva molto grave perché si rimetterebbe poi la specificazione concreta all’aula del tribunale, trasformando il giudice in una sorta di demiurgo capace di infliggerci una pena, grave, sulla base di idee personali prive di una rispondenza organicamente e coerentemente giuridica.

D’altronde, leggendo in maniera spassionata e priva di pregiudizi la lettera d) dell’articolo 1 si sperimenta un fremito di paura nell’apprendere che una persona potrebbe essere chiamata a rispondere di un reato in riferimento a “percezione” e “manifestazione di sé” della “vittima”: discriminare non in senso fattuale e sulla base di presupposti acclarabili, anche in termini di evidenze probatorie, bensì sulla base di elementi da foro interiore, psichici, soggettivi, inconoscibili dal lato del presunto “aggressore”.

Che cosa potrà mai significare in termini di punizione penale e di integrazione della fattispecie di reato discriminare sulla base della percezione che l’altro ha di sé stesso in riferimento al genere?

Se un uomo, in maniera apparentemente convincente, dichiara di identificarsi con una donna, senza alcuna apparenza biologica o transizione e io nego questo aspetto, magari perché gestisco una palestra solo femminile e non posso farlo accedere, potrei finire sotto la scure della inquisizione penale perché, magari, la persona per altri motivi suoi depressivi finisce per uccidersi? Sarei io l’istigatore di quel suicidio?

Oppure, senza dover arrivare a questa tragedia, se dovesse lamentare semplici disturbi dettati dalla mia “negazione” del suo percepirsi una donna, essendo ai miei occhi un maschio biologico e non potendo sapere io in maniera reale se lui davvero si percepisce come una donna, ne potrei comunque dover rispondere?

O ancora, per quanto paradossale possa apparire, sostenere il fondamento naturale della famiglia, come in fondo stabilisce anche l’articolo 29 della Costituzione, potrebbe arrivare ad integrare, nella confusione redazionale della norma incriminatrice, presupposto per farmi finire a doverne rispondere davanti gli inquirenti?

La Relazione che accompagna il ddl e che dovrebbe, condizionale davvero d’obbligo, spiegare la matrice e le scelte anche semantiche e concettuali adottate nella formulazione lessicale del testo non solo non aiuta a dipanare le nebbie ermeneutiche ma addirittura le aumenta e le complica: alla lettura infatti sembra di trovarsi al cospetto di uno di quei saggi post-strutturalisti da università californiana dentro cui si pasturano critical legal theories e costrutti che non sarebbero dispiaciuti a Deleuze e Derrida, e mi viene da chiedere come potrebbe tradursi in prassi giuridica e sanzionatoria, rispettosa dell’ordito costituzionale e della libertà, un concetto come “dimensione multipla o intersezionale della discriminazione”.

In fondo, l’articolo 4 del ddl, sotto l’apparente e suadente tutela del pluralismo delle opinioni spara ad alzo zero contro le opinioni sgradite, mediante una clausola introdotta dal “purché” a mente della quale viene punita l’espressione di frasi, concetti, scritti che potrebbero istigare o portare empiricamente ad atti discriminatori.

Siamo nel campo indefinito, ombroso, evanescente delle fattispecie istigatorie, concettuali: e come si sa, è un terreno molto sdrucciolevole visto che la tenuta processuale e penale del discrimine che separa libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente tutelata, da effettiva istigazione o discriminazione è più che labile.

L’odio stesso è una emozione, un sentimento, la sua giuridificazione un abominio. Noi possiamo punire la estrinsecazione materiale dell’odio quando esso si manifesta nella violenza concreta, empirica, misurabile e valutabile per tale, non se rimane una espressione concettuale e filosofica controversa. Diceva Karl Kraus che l’odio deve rendere produttivi, altrimenti è meglio amare: forse oggi rischierebbe pure lui l’incriminazione.

In questo senso, sembra riecheggiare un triste passato in cui romanzi, poesie, canzoni venivano portati in giudizio in quanto ritenuti ispiratori di fatti delittuosi.

Gli anni grigi e preoccupanti di Tipper Gore, della PMRC, degli adesivi ‘explicit lyrics’ appuntati sulle copertine degli album musicali, il processo contro gli AC/DC ritenuti, con la loro canzone Night Prowler, istigatori dei terribili delitti del serial killer The Night Stalker, al secolo Richard Ramirez. Un pernicioso puritanesimo di Stato pronto a far soccombere sotto il suo maglio qualunque, per quanto spigolosa, complessità.

Gran parte di quelli che oggi garruli, giulivi e festanti si dipingono ‘ddl Zan’ sulla mano, possono avere in cantina e nel repertorio qualche canzone o qualche scritto che potrebbe fungere da detonatore istigatorio di atti di violenza o di discriminazione. La fattispecie penale non è retroattiva, certo, ma loro quelle canzoni continueranno a proporle nei concerti, e comunque, è accaduto negli Stati Uniti, anche il mero album, il mero romanzo, pur riferiti al passato, potrebbero essere ritenuti istigatori e propulsivi dell’atto delittuoso nel contingente.

Immaginiamo una violenta aggressione e che l’arrestato dichiari in maniera reiterata di essere stato ispirato da una certa canzone, è possibile che l’artista si vedrebbe entrare nel cuore del processo per approfondimenti sul nesso di effettiva sussistenza della condotta istigatoria.

Intere discografie hip hop, hardcore e metal finirebbero al macero, può ben immaginarsi. Ma anche romanzi e saggi. Molti scritti proprio da omosessuali.

Certe scene di “Querelle de Brest”, di Fassbinder, o di “Tenderness of the Wolves”, di Lommel, potrebbero essere ritenute ispiratrici di delitti o di feroci discriminazioni, per non parlare poi di certi passaggi delle opere di un Jean Genet o di William Burroughs, questo ultimo addirittura ‘reo’ di aver scritto un romanzo “Queer” che rappresenta, con gli occhialini del politicamente corretto psicotico dell’oggi, una sorta di summa discriminatoria per il linguaggio scelto, essendo invece chiaramente e ovviamente l’esatto contrario di quanto verrebbe considerato oggi.

Fassbinder, Genet, Lommel e Burroughs per loro fortuna sono morti prima di assistere a questo surreale scempio, ma immaginiamo un autore vivente che potrebbe essere chiamato a rispondere penalmente di qualche sua pagina particolarmente controversa e indigesta per le vestali del politicamente corretto, a seguito della commissione di un fatto violento ‘omofobo’ ispirato a parole proprio da quelle pagine.

La patina dolciastra e semplificatrice del mondo immaginato da questo disegno di legge finirebbe per problematizzare e far finire sotto il metaforico tappeto gente come Cèline, Bukowski, Bunker, il Friedkin di “Cruising”, eradicando la bellezza cruenta dell’arte, la quale per essere davvero arte deve far male e far pensare, non essere accomodante.

Che vi piaccia ammetterlo o no, c’è arte eruttata dal ventre squarciato della storia proprio grazie all’odio, alla ferocia, al voler mancare di qualunque prospettiva compromissoria.

Al contrario, il grigio spirito di normalizzazione porterebbe molti ad auto-censurarsi per non incorrere in problemi di ordine legale, perché non si sa mai, ‘quel verso’ potrebbe aver ispirato l’aggressione omofoba commessa da un tale che non abbiamo mai visto né incontrato.

Vero è che il ddl Zan riproduce tutti gli schemi fallaci e altamente problematici che hanno ispirato altre norme sloganistiche, come ad esempio il pessimo ddl Gambaro in tema di contrasto alle fake news: alla fin della fiera, con quel disegno di legge si sarebbe istituita una autentica verità di Stato, come non si mancò di rilevare assai criticamente in dottrina, punendo qualunque forma espressiva dissonante rispetto ad una narrazione istituzionale approvata, come avviene nelle dittature, dal potere pubblico.

Insegnava Marc Bloch, il celebre storico francese fucilato dai nazisti e che alla propaganda di guerra e alle false notizie ha dedicato un bellissimo libro, “La Guerra e le false notizie”, come la vera resistenza al falso, anche crudele, sia la conoscenza, il dibattito vero e informato. Perché se concediamo allo Stato la comoda giustificazione del proteggerci, sarà poi assai plausibile ritenere che lo Stato stesso inizierà a imporre una sorta di racket delle idee, tollerandone alcune per mera convenienza (magari elettorale o di consolidamento del proprio status) e mettendone al bando altre.

In questo senso, ‘magistrale’, in negativo, la connessione che il ddl Zan opera con la legge Mancino, la legge recante la normativa contro l’istigazione all’odio razziale e già sottoposta anche questa a forte vaglio critico all’epoca per motivazioni similari a quelle espresse sino ad ora: lo schema concettuale è assai simile, si assommano e si fondono tra loro tutti gli elementi inaccettabili, e indifendibili, quali omofobia, neonazismo, odio razziale, per lasciar intendere che quelle norme non colpirebbero la libertà ma soltanto chi la libertà minaccia.

Criticate la legge Mancino e vi troverete additati quali nostalgici del Terzo Reich, nella stessa misura, è questo il giochino, analizzate in maniera critica e puntuale il ddl Zan e verrete descritti come feroci omofobi.

D’altronde, non sentiamo già ripetere “non vengono punite le opinioni ma solo l’omofobia”, o peggio ancora “solo gli omofobi devono averne timore”, uno stanco mantra privo però di sostanza e verità per tutte le motivazioni che abbiamo visto sopra?

Ma possibile, dico io, che a nessuno sia venuto in mente che il problema non è di politica criminale, bensì di politica culturale? Atteggiamenti retrivi e ignoranza non possono avere come sbocco fisiologico la galera. Bruciamo ogni scuola, ogni accademia, allora, perché ogni problema potrà essere affrontato (risolto non credo) dalle manette, da un processo e da qualche anno passato a rieducarsi dietro le sbarre.

Avete davvero innalzato metaforiche barricate per espungere dal nostro ordinamento l’osceno reato di plagio, in forza del quale venne condannato il filosofo Aldo Braibanti sulla base di asserzioni lombrosiane che colpivano appunto il pensiero, i comportamenti, le scelte e non i fatti, per poi riprodurne integralmente lo schema, solo rovesciato nel segno?

La mancanza di rispetto e di tolleranza, le idee ritenute a torto o a ragione ‘oscene’, non si combattono con la polizia e con la magistratura, ma col dibattito, civilizzando la stessa politica che da un lato predica continenza espressiva, rispetto, tolleranza e poi dall’altro si accapiglia in guerriglia verbale da lotta nel fango: date il buon esempio, invece di sbatterci in un inferno di repressione.

E datelo anche voi sostenitori del ddl Zan il buon esempio, incapaci di accettare che qualcuno la possa pensare in maniera diversa da voi, senza per questo dover essere dipinto come un disgustoso intollerante, e coperto di insulti, minacce, ingiurie in ogni profilo di social network.

Chi oggi usa violenza, la vera, reale, crudele violenza, lo sapete benissimo anche voi, è già punito dal nostro ordinamento. Quella che voi chiedete è una battaglia di cultura, educazione e di rispetto che però non si può portare avanti con il bastone della legge e il gelo di un carcere.

Dato che vi piace tanto parlare di ‘modelli tossici’, ecco, prendiamo la tossicodipendenza: il carcere ha migliorato davvero la situazione?

Non mi sembra. Proibizionismo, repressione, anzi, hanno notevolmente aggravato la situazione, ed è paradossale che le medesime forze politiche che a parole si sono proposte di superare la criminalizzazione della anomia sociale e di riportarla nell’alveo di una società inclusiva, adesso vogliano replicare quel modello repressivo, profondamente, intimamente sbagliato, contro chi viene frettolosamente rubricato come “omofobo”.

E questo, chiaramente, vale anche, a contrario, per chi oggi difende la libertà di parola assoluta e poi magari invoca la galera per il tossicodipendente o per chi detiene ridicole quantità di cannabis. Dimostrate coerenza, se vi riesce. Tutti.

Si dirà: esagerazioni. Se uno esprime una mera opinione, non andrà incontro a nulla e il ddl Zan mira a punire solo la vera, reale violenza. No, è una posizione sbagliata, superficiale o peggio puramente strumentale. Perché una volta approvato, divenuto legge, modificato il codice penale, una denuncia darà avvio ad un procedimento penale avente ad oggetto la vostra opinione, la vostra frase, il vostro saggio o romanzo, e il nesso diretto che potrebbe aver innescato un effettivo atto violento omofobo magari commesso da un altro soggetto, questo sì davvero violento.

E chiunque abbia una minima familiarità con le indagini penali sa benissimo che esse stesse sono una pena, una condanna prima ancora del rinvio a giudizio.

Sottoposti a gogna mediatica, a stress emotivo, a spese economiche, potrete anche finire archiviati ma intanto sarete passati per mesi nel tritacarne: e poi, un giudice per le indagini preliminari potrebbe ritenere che la genericità di quei concetti espressi nella legge meriti approfondimento dibattimentale, laddove magari possa darsi un confronto tra tecnici, esperti, accademici per capire se l’identità di genere, una volta definita in chiave processuale, sia stata violata davvero dalla vostra opinione, e in che modo.

È il trionfo della stabilizzazione dell’emergenza: si legifera sulla spinta incalzante della emotività, senza davvero ragionare in termini penalistici e gius-filosofici, senza valutare concretamente l’impatto che una data norma finirà per produrre nel cuore della nostra società.

Ogni singola legge approvata in questo Paese nel nome di una emergenza vera o presunta ha ingenerato esiziali fenomeni libertidici, asimmetrie e distorsioni di vario ordine e grado che ci hanno portato, passo dopo passo, a rinunciare a frammenti sempre più consistenti della nostra libertà. Una deriva inaccettabile e che nessuno dovrebbe passivamente subire, perché come ha scritto Baudelaire “è degno della libertà soltanto chi sa conquistarla”.

§§§




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11 commenti

  • Januensis ha detto:

    Il tg3 delle14 ha dato notizia di una piccola manifestazione in Piazza De Ferrari di tutte le sigle di sinistra in appoggio al disegno di legge Zan. È stato dato diritto di parola al portavoce delle suddette organizzazioni. Il tizio ha chiesto a gran voce l’approvazione rapida del suddetto disegno di legge, parcheggiato al Senato senza motivo. Detta approvazione deve essere fatta senza ulteriori rimaneggiamenti del testo stesso. Il portavoce ha anche fatto il nome di un senatore che, a sentir lui, è nemico della suddetta legge. (Non era comunque il senatore Pillon).
    Se indicono manifestazioni vuol dire che cominciano a temere l’opposizione .Buon segno.

  • Lucy ha detto:

    Il ddl Zan è un altro passo verso l’opera di capovolgimento della realtà e della sua oggettivita che dovrebbe essere il limite alle ” percezioni ” e alla ” soggettività ” di cui questa legge è imbevuta.A proposito di “percezioni “è uscita una lettera di un avvocato al Presidente della Federazione Italiana Atletica Leggera ,al ministero per le Pari Opportunità e al sottosegretario con delega allo sport , lettera firmata da molte ” donne ” che praticano amatorialmente l’atletica leggera.È una petizione contro “la partecipazione di atleti transgender alle competizioni femminili ” , trans che NON hanno completato nessun processo di transizione a uomo a donna …..perchè così si attua una DISCRIMINAZIONE NEI CONFRONTI DELLE DONNE , DELLA LORO INDIVIDUALITÀ E DEL LORO DIRITTO DI ESSERE GARANTITE NELLE PARI OPPORTUNITÀ DEL LORO GENERE ” .Lamentano che ” l’unico metro di giudizio è ” UNA AFFERMAZIONE DI APPARTENENZA AL GENERE FEMMINILE “.
    Carlo Giovanardi fa notare come le donne che hanno firmato la petixione corrono il rischio di essere bollate come omofobe, transfobiche e di incitare all’odio Se passasse la legge Zan poi la petizione sarebbe materia di processo penale per le proponenti in quanto la legge all’art.1 prevede che oghuno può SENTIRSI uomo o donna anche senza aver concluso un percorso di transizione e all’art.4, cuore della legge che si cela sotto la foglia di fico di art.” salva idee”, che si possono liberamente esprimere convincimenti e opinioni PURCHÈ NON IDONEE A DETERMINARE IL CONCRETO PERICOLO DEL COMPIMENTO DI ATTI DISCRIMINATORI “.
    Il potenziale liberticida della legge è all’ 4 talmente chiaro che c’è da chiedersi CHI può votarla e CHI in campo religioso può esimersi dall’esprimere tutta la sua condanna e riprovazione .

  • stilumcuriale emerito ha detto:

    –Il ddl Zan, diciamolo subito, è un testo di legge pericoloso–
    Non sono un giurista e non ho confidenza col linguaggio dei giuristi. Tuttavia a buon senso, vorrei sottolineare la validità dell’approccio metodologico suggerito da Andrea Venanzoni.
    Il dibattito su una legge o una proposta di legge deve concentrarsi su un esame critico del testo e su una previsione su quelle che potrebbero essere le conseguenze sulla dinamica sociale del paese se venisse approvato. Non deve assolutamente trasformarsi in un processo alla persona che la propone e/o alle persone che l’appoggiano e a quelle che la contrastano.
    Detto questo, mi pare evidente che i danni che questa legge potrebbe fare a TUTTI sono molto superiori ai benefici che potrebbe dare a POCHI.

  • ZANZEN ha detto:

    scusi , senza tanti panegirici, il decreto ZAN è esclusivamente un attacco alla religione cattolica e un mezzo per intimidire i cattolici . Se lei è così bravo da immaginare una reazione antidiffamazione della religione cattolica , bene ,
    altrimenti meglio far silenzio. Oppure , volendo evitare di riferirsi al Papa , si rivolga al Card Ravasi chiedendogli di esprimere pubblicamente una opinione sulla legge ZAN.

  • Ultime notizie ha detto:

    Secondo la Verità di oggi il centrodestra ha presentato il suo disegno di legge contro l’omofobia. In tale decreto a firma di Ronzulli, Salvini, Binetti e Quagliarella aumenta le pene per gli atti di violenza omofoba , ma solo per gli atti e non per le opinioni. Cancellati anche i finanziamenti alle organizzazioni arcobaleno, finanziamenti pubblici che avrebbero permesso la propaganda transgender a spese nostre e sempre a spese nostre avrebbero foraggiato gli avvocati che avrebbero dovuto fare le denunce di tipo ideologico. CONTRO IL POPOLO INDIFESO.

  • Anonimo verace ha detto:

    Ottimo articolo anche se ad un livello giuridico superiore alla mia capacità di comprensione.
    Comprensibilissima però la parte finale in cui viene illustrata in maniera magistrale la portata ideologica del disegno di legge Zan. Richiama alla mente la letteratura relativa all’oppressione ideologica nell’ex unione sovietica e nei paesi a lei sottoposti. Erano accuse ridicole e sostanzialmente infondate quelle che permettevano ai giudici ideologizzati di spedire i dissidenti nei gulag.
    Noi i giudici ideologizzati li abbiamo già. Ma per poter procedere ad una rieducazione ideologica del popolo hanno bisogno di una legge conforme alle loro esigenze. E poiché temono che gli italiani non li votino più, cercano di procurarsi in anticipo gli strumenti utili per combattere per via giudiziaria gli avversari politici.
    Il disegno di legge Zan darebbe ai magistrati il potere di demolire per via giudiziaria gli avversari politici in perfetto stile sovietico.

  • Paolo Giuseppe ha detto:

    Non capisco le preoccupazioni espresse nell’articolo. Siamo o no in mano ad una Magistratura illuminata, a-politica, preparata? La nostra Magistratura saprà gestire al meglio tutte le situazioni che sarà chiamata a giudicare in riferimento alla legge Zan (tra pochi giorni sarà legge).
    Basta vedere i luminosi esempi che ci vengono proposti: caso Palamara, caso Amara/Davigo, processi a Salvini per sequestro di persona, ecc.
    D’altra parte Mattarella, presidente del CSM, vigila attentamente in silenzio. E’ la conferma che va tutto bene, altrimenti avrebbe battuto i pugni sul tavolo, o no?

  • SforzaItalia ha detto:

    caro Tosatti, poiché i sostenitori della legge ZAN , sono anche ( magari in segreto) in partiti come la LEGA e Forza Italia ( soprattutto ) , lei vedrà risorgere tra poco il modello democrazia cristiana , che cercando il minore dei mali ,proporrà una legge Zan con modifiche accettabili per evitare quelle oggi proposte e cercare un compromesso. Un partito come Forza Italia che ha una esponente come la Brambilla ( l’animalista) e una infinità di deputate ultrafemministe da far paura , volete non abbia una schiera di genderiste. ?

  • IRRAZIO ha detto:

    Scusi Tosatti, questo articolo lo troverà interessante lei , lo StilumCurialeEmerito e magari io , ma è inutile ,non serve a nulla. Lo riconosca . Iil problema dovrebbe esser affrontato in una ottica diversa. Perché PD e 5Stelle sostengono il decreto Zan ? perché ci credono ? No certamente . Hanno solo bisogno di qualche riferimento imbecille di ” lotta politica” per conquistare un segmento di imbecilli pronti a votarli. IL riferimento deve esser imbecille al massimo e secondo loro vincente perché conoscono l’imbecillità del loro gregge . E su questo gregge si cimentano i per riprendere posizione politica. Perciò EnricoLetta propone subito lo JusSoli ed altre sciocchezze di cui è consapevole. Per far politica oggi, senza idee e ideali , o si fa lobby economica o morale, Queste furbe e astute nullità hanno deciso di fare lobby immorale , contro la vita, la famiglia ,le nascite, ecc. Il problema oggi è che basterebbe che un Fedez qualsiasi da una TV dicesse che l’insegnamento gender nelle scuole è ignobile ,per vederlo cancellare . Inventiamoci dei Fedez e delle Ferragni . Immaginate un articolo come questo quante persone lo leggerebbero , quante lo capirebbero , quante si farebbero convincere : tre persone ( me incluso) .

    • Alta portineria ha detto:

      Enrico Letta appartiene da sempre alla nomenclatura che governa l’Italia. Fin dai tempi del ventennio. Poteva sembrare il suo rientro in appoggio a Draghi, ma così non è. Abbiamo due soli candidati al Quirinale: Cartabia e Draghi. Ora ogni atto di Letta è a sostegno delle donne a capo di ogni organizzazione (vedi Pd) . Quindi Letta lotta a favore della Cartabia , non di Draghi.

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Un momento ! L’articolo è stato riprodotto e ripubblicato da Stilum Curiae ma l’originale è in AtlanticoQuotidiano che probabilmente ha un pubblico diverso.