L’Opinione. Aurelio Porfiri, la Vite e i Tralci. Che Significa per Noi?

3 Maggio 2021 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, vi offriamo questa riflessione del M° Porfiri sul Vangelo che è stato letto ieri alla messa. Nel vangelo di Giovanni che si legge per la quinta domenica di Pasqua Gesù usa l’immagine della vite e dei tralci. Cosa significa questo per noi? Aurelio Porfiri offre una interpretazione possibile. Buona visione, e buon ascolto.

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Ecco il collegamento per il libro in italiano.

And here is the link to the book in English. 


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4 commenti

  • IM ha detto:

    Non pigliamo esempio da chi ha fatto estirpare la vigna di Castelgandolfo. “Chi non e’ con me, e’ contro di me” dice questo estirpatore ma non sa che chi di estirpazione ferisce di estirpazione perisce. Signore, cura la tua vigna!!

    • Maria Michela Petti ha detto:

      Quella vigna era – e resterà nel ricordo – dell’ “umile operaio” che si era dichiarato tale nei confronti della Vigna del Signore.

  • Giorgio ha detto:

    Grazie Maestro Porfiri per queste considerazioni. Queste sono le mie stesse considerazioni e sono quelle che mi fanno considerare aberrante la trasformazione delle parole del Padre Nostro, da “non ci indurre in tentazione” a “non ci abbandonare alla tentazione”. Una Fede non messa a “dura prova/verifica” di quello che afferma e una fede (minuscolo) fatta di parole intrise solo di sentimentalismo puerile che non porta nessun frutto degno di tale nome! Il Padre Eterno, attraverso la quotidianità della vita – non certo spingendoci al male come i falsi buoni intendono il “non ci indurre in tentazione” – mette alla prova (tante volte a dura prova) la nostra Fede, ossia quello che noi diciamo di credere! E chi ha letto veramente il Vangelo sa che Gesù stesso è stato messo alla prova (Non abbandonato alla tentazione)!
    Una vite non potata è una pianta selvatica! Una costruzione (in qualsiasi campo) che non costa fatica, non è un’opera di valore ma una barzelletta, che ti fa ridere ma muore lì!

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Sì. In esilio volontario, e non solo spirituale, lontano da quella vite divelta dall’Egitto spopolato per trapiantarla in un terreno favorevole alla sua rifioritura. Perché di nuovo possa estendere i suoi rami e i suoi germogli oltre i confini di quel recinto dalla cinta ormai abbattuta, invaso da viandanti di ogni genere che ne fanno vendemmia. E: mentre il cinghiale del bosco la devasta e se ne pasce, a Colui che ci nutre “con pane di lacrime” e ci fa bere le stesse “lacrime in abbondanza”, quale nostro contribuito alla sua e nostra fertlità, si volge la supplica del Salmo 79 cui mi sono ispirata.
    «Risveglia la tua potenza
    e vieni in nostro soccorso…(3)
    …Dio degli eserciti, volgiti,
    guarda dal cielo e vedi
    e visita questa vigna,
    proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,
    il germoglio che ti sei coltivato.
    Quelli che l’arsero col fuoco e la recisero,
    periranno alla minaccia del tuo volto.
    Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
    sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
    Da te più non ci allontaneremo,
    ci farai vivere e invocheremo il tuo nome.
    Rialzaci, Signore, Dio degli eserciti,
    fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi». (15-20)