Benedetta De Vito: Ma Che Fine Hanno Fatto i Giornalisti in Italia? Quelli Veri, Dico.
26 Marzo 2021
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Bendetta De Vito compie una mesta riflessione sullo stato della categoria professionale a cui appartiene, i giornalisti. Tutto quello che c’è da dire è che mi sembri sia persino troppo gentile e misericordiosa. Non siamo mai stati una categoria onorevolissima, nell’insieme; ma purtroppo da quello che si vede stiamo toccando livelli da sonda petrolifera. L’informazione così come ci viene propinata oggi dai grandi giornali e dalle televisioni farebbe venire l’acquolina in bocca a Goebbels e ai direttori della Pravda…Mesta lettura, amici miei.
§§§
Per diventar giornalista professionista, scrissi, tanti anni orsono, una tesina intitolata “I gatti di Gasparo Gozzi e le patate di Gianpietro Talamini”. Erano cinque paginette dedicate al giornalismo veneziano, essendo Gozzi il fondatore della “Gazzetta veneta” e Talamini quello del “Gazzettino”, dove allora lavoravo.
Che c’entravano i gatti con le patate, è spiegato in riassunto così: i gatti di Gozzi somigliano, secondo lui e anche secondo me, ai giornalisti. E Talamini era un vero giornalista. Un cadorino, che, per far camminare la sua barchetta in laguna, vendeva patate del Cadore, stipate nelle stanze della redazione.
E prima di continuare e di arrivare dalla buccia al sodo, ecco in dono per voi la descrizione, deliziosa, che Gozzi fa dei suoi gatti-giornalisti: “Il gatto solo ha conosciuto, come Aristotile, la via del mezzo, e tanto si rese domestico quanto può bastare al suo mantenimento, e tanto rimase selvatico, quanto può fare che gli uomini non gli comandino liberamente”.
E questi, sissignore, erano i giornalisti di una volta, quelli che, come il mio amato caporedattore Giampiero Rizzon, mi hanno insegnato il mestiere, insieme al dizionario e alla grammatica italiana. Quelli di un tempo, certo, perché i giornalisti di oggi, ai tempi della psico-pandemia, mi sembrano dei ripetitori automatici delle veline che qualcuno scrive (e male) per loro.
E torniamo, se avrete la pazienza di leggermi un poco, ab ovo. Ho preso la tessera rossa, da professionista, quando già la redazione romana del Gazzettino stava chiudendo la porta, lasciandomi, senza più scrivania, sola e smarrita, in Piazza San Silvestro.
Per anni, per più di vent’anni, seduta al mio banco, con lo sguardo in delizia alla torre campanaria di San Silvestro in Capite, nel suo girotondo di maioliche color sfumature del mare, avevo scritto in qualità di “pubblicista part time”, pezzi belli e brutti su tutto ciò che mi veniva richiesto, dal Csm al pacchetto anti-racket, fino dalla Biennale di architettura. Per sostenere l’esame di Stato, però, avevo studiato molto, pur già donna fatta e madre, mancando ai miei studi la giurisprudenza.
Ma il giornalismo: lavorare nel rumore, sentire la gente per la strada, scrivere per i gondolieri, no, quello lo avevo imparato sul campo, stando tra notizie, agenzie e colleghi, fin da ragazza ancora da laureare. Sapevo, io, che per dare una notizia, bisognava approfondire, aver le prove, fonti credibili. E ci vuole tempo. Sentiamo Sergio Lepri, mitico ex direttore dell’Ansa, che mette tutto in ordine: il giornalista è mediatore tra la fonte e il lettore. Il giornalista raccoglie le notizie, le controlla, le seleziona e le offre al lettore.
Capirete voi che questo processo non si può fare in un fiat. Tutto ciò premesso e ben inamidato, sbigottita assisto da un anno e più a tutto il contrario, in spregio del manuale di deontologia. Cioè allo spettacolo dei miei colleghi che, mi pare, con gran superficialità, snocciolano dati, cifre, elenchi senza chiedere, ad esempio, di verificare le cartelle cliniche di chi muore, di guardare le carte, di leggere i bugiardini di farmaci e vaccini. Di verificare, insomma, studiare, meditare, verificare e selezionare le notizie.
Niente, tutto in fretta e furia, sparato con il megafono e con i macabri toni della paura. Quando mostrano le terapie intensive, o due letti e tanti palombari intorno oppure panoramiche pietose (e i diritti del malato?) su persone di cui dobbiamo credere che siano lì per il Covid…
Intanto, nelle nostre città paralizzate da Moloch che soffia fiato di Malefica, e che dovrebbero essere percorse solamente da ambulanze in corsa, che portano i pazienti in ospedale a farsi intubare, non si sente mai ronzare una mosca e tantomeno suonare una sirena. E questo, per me, davvero un mistero. Si vede che, a forza di fare gli inutili corsi (obbligatori) sui massimi sistemi per la formazione continua, si è perduto il nocciolo della professione che è, alla fin fine, fiutar la notizia, seguirla e trovar gli appoggi per sostenerla. E usar occhi, orecchie, cervello e cuore. Più che giornalisti, mi sembra, e dico sembra, che siano tutti uffici stampa del governo, del comitato scientifico, dei vari ministri. O di chissà chi altro.
E cosa quanto mai sorprendente, nel vomitar paura in forma di numeri, i telegiornali sono diventati, sissignore, tutti uguali, identici, spiccicati. Tutti quanti tgCovid. Giornali in uniforme, come me ai tempi verdi quando frequentavo l’Istituto Mater Dei e le anime belle di sinistra criticavano la gonna blu, la camicetta bianca e il basco in testa. Bei tempi, devo dire, quando il Tg1 era della diccì, del Psi il Tg2 e il tg3, TeleKabul, cioè dei comunisti.
Oggi, no, tutto è monocorde, monoparola, un verbo che non è il Verbo. Oggi, un tiggì vale l’altro perché niente sfugge al controllo del brodo nero del terrore, servito a tutte le ore. Un virologo, ad esempio, intervistato alle 13 45 al Tg1 te lo ritrovi al Tg4, alla sera, a dir le stesse cose, oppure cambiate un poco. Che fa tanto nel diluvio di parole al vento nessuno più si accorge di nulla. Sono i giornalisti come dei fedeli, devoti alla Parola che viene loro data dal Comitato Scientifico, gran sacerdote della verità (!), tutta umana, di cui si fanno eroici promotori.
Mentre spengo televisore e radio, sento in me una voce (che amo) che mi chiama. Sì sì, perché mi meraviglio, è quel che accade a me, da quando dodici anni orsono, il Signore mi ha chiamata, obbligandomi a lasciar tutto ciò che facevo e che ho ripreso a fare soltanto ora che di anni ne sono passati due sporte piene.
In che senso, chiedete? Nel senso che anche i giornalisti di cui ho scritto sono come me: hanno fede! Solo che io ho fede nel Signore e da Lui soltanto mi lascio condurre. Loro, invece, han fede nella scienza, nella politica, nei vaccini, nelle cose del mondo. In tutto il latinorum che siede sotto l’arcobaleno di Satana.
Quando l’Italia fu chiusa, lo scorso anno, han creduto che, in estate tutto sarebbe tornato come prima.
Poi han creduto e ci han fatto credere che a Natale ci saremmo abbracciati.
Poi che il vaccino, fatto arrivare nel nostro Paese, in pompa magna, proprio nel giorno in cui nasceva il Santo Bambino, cioè il vero e unico Salvator mundi fosse la panacea. E invece forse uccide.
Poi han creduto nei tamponi, nelle varianti, nel lockdown, nell’orrido “tutto andrà bene”. E ora siamo di nuovo prigionieri e ci tocca anche celebrare il giorno della memoria.
Sai che risate si fa la scimmia, l’altro, il Capo loro!
Vabbè, tenendo in braccio Casper, lui sì un gatto giornalista, corro alla mia Santa Messa quotidiana e al Signore lascio il giudizio che non spetta, per fortuna, a me su tutto ciò che sta avvenendo intorno a noi.
§§§
Ecco il collegamento per il libro.
STILUM CURIAE HA UN CANALE SU TELEGRAM
@marcotosatti
(su TELEGRAM c’è anche un gruppo Stilum Curiae…)
E ANCHE SU VK.COM
stilumcuriae
SU FACEBOOK
cercate
seguite
Marco Tosatti
SE PENSATE CHE
STILUM CURIAE SIA UTILE
SE PENSATE CHE
SENZA STILUM CURIAE
L’INFORMAZIONE NON SAREBBE LA STESSA
AIUTATE STILUM CURIAE!
ANDATE ALLA HOME PAGE
SOTTO LA BIOGRAFIA
OPPURE CLICKATE QUI
Questo blog è il seguito naturale di San Pietro e Dintorni, presente su “La Stampa” fino a quando non fu troppo molesto. Per chi fosse interessato al lavoro già svolto, ecco il link a San Pietro e Dintorni.
Se volete ricevere i nuovi articoli del blog, scrivete la vostra mail nella finestra a fianco.
L’articolo vi ha interessato? Condividetelo, se volete, sui social network, usando gli strumenti qui sotto.
Se invece volete aiutare sacerdoti “scomodi” in difficoltà, qui trovate il sito della Società di San Martino di Tours e di San Pio di Pietrelcina
Condividi i miei articoli:
Tag: bdv, covid, de vito, giornalisti
Categoria: Generale
Continua a raccontarci Benedetta, è bello seguire l’onda delle parole che ancora fotografano la bellezza di un mondo segreto, scrutato nelle tinte che solo pochi sanno cogliere per sensibilità e tradurre in linguaggio. Si deduce leggendo la maieutica che ha generato questa scrittura: un laboratorio di suoni, sguardi, storie da ricercare e ricomporre con la passione di chi sperimenta il rapporto sempre intrinseco tra vita e parola.
Non poteva arrestarsi questo percorso, doveva per forza approdare alla Rivelazione nel mistero della Parola, perché l’amore per la verità non si arresta, spesso corre su sentieri imprevisti, dove può capitare di fare lezioni di volo …..
Di altre categorie meglio tacere, il vuoto è tale da non lasciare traccia alcuna della propria esistenza, ombre confuse che replicano all’infinito lo stesso pensiero e nella medesima assordante robotica voce , estinti senza saperlo.
Viva Benedetta!
Da quando avevo 30 anni ho smesso di leggere romanzi e di dar credito ai giornali. Ho letto soltanto opere scientifiche di prima mano evitando i racconti dei racconti delle descrizioni del pensiero di altri. Così ho fatto anche nei riguardi della fede. E, dico la verità, ne sono soddisfatto e contento. E ringrazio il Signore di avermi dato il dono di una mente scientifica.
Allora raccomando alla sua mente scientifica la lettura dei grandi giornali dell’ Occidente: sono tutti convertiti alla Scienza. Niente discussioni, niente domande, niente dubbi: la Scienza in tempi di pandemia esige una fede cieca, assoluta e totale. L’apoteosi del positivismo.
“Meglio vale godersi una rosa che esaminarne la radice al microscopio.”
Oscar Wilde
Meglio ancora fare entrambe le cose. Solo così potrai ammirare la bellezza del creato e l’intelligenza, la sapienza, del Creatore.
Pappagallo ermetico
Un Pappagallo recitava Dante:
“Pape Satan, pape Satan aleppe…”.
Ammalappena un critico lo seppe
corse a sentillo e disse: – È impressionante!
Oggiggiorno, chi esprime er su’ pensiero
senza spiegasse bene, è un genio vero:
un genio ch’è rimasto per modestia
nascosto ner cervello d’una bestia.
Se vôi l’ammirazzione de l’amichi
nun faje capì mai quelo che dichi.
(Trilussa)
Grande Trilussa. Ma quella di cui lui parla è solo una specie di quelli che non si spiegano bene. C’è anche la specie di quelli che non si spiegano perchè loro per primi non hanno capito. E poi c’è la razza dei divulgatori : mestiere difficilissimo in cui, salvo poche eccezioni, primeggiano i teorizzatori dell’ovvio.
Chapeau! Osservazione degna di un’invidiabile (senza cattiveria) mente scientifica.
cara Benedetta, che domanda ! han fatto la fine dei Vescovi. (quelli veri ) . Son scomparsi .
Ciò detto , la invito a seguire il TG2 , unico TG diretto da un cattolico ( si dice ) GennaroSangiuliano e segua , dopo il Tg della sera , alle ore 21 ,il TG2Post condotto da una specie di soubrette ( tal Moreno) che fa rimpiangere LilliGruber e fa cambiar canale e andare a sentire la Palombelli .
Anch’io nutro una certa stima per il tg2. Ho letto di Sangiuliano anche qualche pagina della biografia di Putin e quello che ho letto mi è piaciuto. Ha scavato bene nei primi anni di vita del nostro anche se non riesce a capire quando possa essere avvenuta la conversione di Putin dall’ateismo alla fede. Sembra comunque che la vocazione di Putin ad entrare nel KGB sia stata una vocazione precoce, e che l’abbia coltivata cercando di fare studi adeguati a questa sua vocazione. Tra questi anche studi storici. Sto pensando che, proprio dagli studi storici gli sia giunta non la fede autentica nel modo in cui l’intendiamo noi ma bensì una chiarissima visione della religione come instrumentum regni.
Sono piuttosto anziano e soffro di narcolessia. Se guardo il tg delle 20.30 mi addormento regolarmente davanti al successivo approfondimento e ringrazio il Signore di non essere caduto dalla sedia.