Testo Giuridico di 300 Pagine: le Dimissioni di Benedetto Sarebbero Invalide?
5 Marzo 2021
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, in questi giorni abbiamo presentato numerosi commenti relativi alla singolare “intervista” che Benedetto XVI avrebbe concesso al Corriere della Sera. Ci sembra interessante allora rilanciare questo articolo di Andrea Cionci, che si basa su un lavoro minuzioso di un’avvocatessa latino-americana. Fermo restando che agli effetti pratici, fino a quando il principale protagonista non rivendicasse il suo ruolo, non ci sarebbe nessuna conseguenza. Buona lettura.
§§§
AVVERTENZA: quanto segue, sulle prime, vi sembrerà una sorta di romanzo alla Dan Brown, oppure un guazzabuglio tecnico-giuridico. Se non siete lettori già prevenuti e ostili, che ci relegheranno subito fra i terrapiattisti, seguiteci con un po’ di apertura mentale. Ne vale davvero la pena. Da parte nostra cercheremo di semplificare all’estremo la questione, anche con esempi “terra-terra”.
Un papa emerito davvero irritante…
“Il papa è solo uno”, dice Ratzinger da otto anni, ma non spiega quale dei due sia. I media mainstream cercano di fargli dire a tutti i costi che il papa è Francesco, ma non ci riescono. Qui.
Insomma, fa proprio venire i nervi questo “papa emerito”: continua a vestirsi di bianco, a fregiarsi del titolo di Pontifex pontificum, a impartire la benedizione apostolica, a scrivere libri, a rilasciare interviste, a intervenire su questioni morali e di vita ecclesiastica. In breve, continua fastidiosamente a comportarsi come se fosse rimasto papa, sebbene in ritiro spirituale. E non ammette MAI che il solo papa è Francesco. Dice semplicemente e sibillinamente che di papa CE N’E’ SOLO UNO, come nell’ultima intervista al Corriere: Qui
Provocazioni capricciose e inutili, dunque, tanto per il gusto di mandare dallo psicanalista un miliardo di cattolici? Perfino il card. Pell si è accorto che Benedetto non può continuare con queste ambigue “stramberie”. Tuttavia, cerchiamo di ricordare chi era Ratzinger: per alcuni troppo tradizionalista, per altri cripto-modernista, ma umanamente tutti lo riconoscevano come uomo mite e umile, filosofo rigoroso, teologo sapiente.
Ora, dunque, si sarebbe trasformato in un anziano stravagante, dispettoso e vanesio? Riflettiamoci.
La tesi choc, ma non troppo
C’è una sola ipotesi che fa quadrare tutti i conti e ve la riassumiamo secca secca: la chiave del mistero dei due papi è da ricercare nel modo strategico e intelligente con cui Benedetto ha scritto dimissioni appositamente invalide e in come si è comportato dopo le dimissioni.
SCAVARE LI’!
Concentratevi su questo: anche se, sulle prime, vi sembrerà un rompicapo, c’è una logica e la scopriremo con chi è del mestiere.
Il “movente”
Ma subito uscirà l’obiezione: perché Benedetto avrebbe dovuto architettare tutto questo?
Magari, come sostengono in molti, perché assediato da una fronda interna (l’arcinota Mafia di San Gallo) e/o da pressioni internazionali, come quando Obama bloccò il codice Swift dei conti vaticani: qui.
Secondo alcuni, la Chiesa cattolica “vecchio stile” era l’ultimo ostacolo a disegni mondialisti e sovranazionali volti a creare, oltre al resto, una nuova religione sincretista ed eco-massonica. Qui.
Quindi, l’escamotage delle dimissioni invalide era l’unica cosa che Ratzinger, rimasto ormai solo e accerchiato, soverchiato da media ostili, potesse fare per salvare la Chiesa.
Da otto anni, col suo comportamento, Benedetto sta cercando di farci capire che il papa è LUI e SOLO LUI, con azioni e parole.
Fantasie? Parliamone.
Esce il primo testo giuridico che conferma tutto
Questa tesi era stata in parte già avanzata da noi qui in un articolo dove ci si concentrava sugli strani errori di latino nella Declaratio di dimissioni di Ratzinger: servivano ad attirare l’attenzione su un documento scritto appositamente invalido.
Stavolta a confermare l’ipotesi esce il primo TESTO GIURIDICO dedicato alla questione: “Benedict XVI: Pope “Emeritus”?, un volume di quasi 300 pagine edito in inglese, spagnolo e portoghese, disponibile anche in ebook, opera dell’avvocatessa colombiana e già docente universitaria di diritto civile e commerciale Estefania Acosta qui
Cosa conta davvero fra le varie questioni
Il libro affronta tecnicamente, tutte le obiezioni che sono state portate avanti fino ad oggi contro l’elezione di Bergoglio del 2013: dall’intervento della Mafia di San Gallo – con le clamorose dichiarazioni del card. Danneels – al possibile stato di scomunica di Bergoglio, fino alla sua ventilata appartenenza alla massoneria etc. etc.
L’avvocato Acosta ne scarta parecchie, ne ridimensiona alcune e altre ancora le riconosce come vere, ma non dirimenti dal punto di vista giuridico
La presentazione del libro spiega COSA CONTA davvero per la Acosta: “Questo è il primo libro ad offrire, con rigore accademico e in modo sistematico, la prova canonica che Benedetto XVI non ha mai validamente rinunciato all’ufficio di Romano Pontefice per cui rimane l’unico e vero Papa della Chiesa cattolica, alla quale tutti i cattolici devono fedeltà e obbedienza sotto pena di scisma. In conseguenza di questa e di altre irregolarità precedenti e concomitanti all’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio nel conclave del 2013, “Francesco” è davvero un anti-Papa, cioè occupa illegittimamente la Cattedra di Pietro e, quindi, riconoscerlo come Papa è, per lo meno, una oggettiva negazione della verità”.
Indagine su come sono “costruite” le dimissioni.
L’avvocato Acosta spiega la faccenda così: “Nel libro si dimostra come il testo della Declaratio scritto da Ratzinger sia stato preparato con cura, in modo che, sulle prime, non si notasse che Benedetto non si stava affatto dimettendo dall’incarico di Pontefice. Infatti, vediamo come nelle dichiarazioni successive alle sue dimissioni, Benedetto fornirà vari indizi affinché questa realtà possa essere scoperta attraverso un’attenta analisi del testo, che – non a caso – è pieno di errori di latino per attirare l’attenzione. Gli ulteriori indizi sono anche il fatto che Benedetto continua a vestire di bianco (giustificandosi con la frase surreale che “non ha più talari nere nell’armadio” n.d.r.); poi ha voluto mantenere la residenza in Vaticano, il nome, la benedizione apostolica e continua a ripetere insistentemente che “il papa è uno solo” senza dichiarare quale dei due sia”…
(… battendo la mano sul bracciolo, come a dirci “Zucconi!”, n.d.r.).
“Attenzione, – continua la Acosta – la chiave dell’invalidità delle dimissioni non risiede nel fatto che Benedetto sia stato “forzato”. Benedetto ha agito liberamente nel senso che sapeva bene quello che stava facendo, sapeva che avrebbe continuato ad essere il Papa perché non si stava dimettendo dall’ESSERE il Papa (munus) ma semplicemente dichiarava di rinunciare al FARE il papa (ministerium) ovvero a svolgere (peraltro solo alcune) delle azioni pratiche che svolge il pontefice. E questo invalida le sue dimissioni, come vedremo, poiché “essere” e “fare” sono indivisibili per il papa. Per questo Ratzinger ha, coerentemente, appena dichiarato al Corriere della Sera: “Otto anni fa ho compiuto la mia scelta IN PIENA CONSAPEVOLEZZA E HO LA COSCIENZA A POSTO”.
Tutto programmato, dunque, ma non nel senso in cui lo vogliono vedere i media conformisti. Probabilmente, Benedetto ha seguito tale strategia per lasciare che la “deep Church”, come la chiama Mons. Viganò, si rivelasse per quella che è, e per le sue intenzioni. Ha adottato la tattica di Bergoglio, “aprendo processi e non occupando spazi”: lascia che le cose si evolvano da sole e sulla progressiva consapevolizzazione dei fedeli, non essendogli possibile proclamare autonomamente una verità che verrebbe zittita dai guardiani del politicamente corretto.
Il nodo-chiave giuridico evidenziato dalla Acosta
Il punto fondamentale è che non si può ESSERE papa SENZA ANCHE FARE COMPLETAMENTE il papa perché munus (essere) e ministerium (fare) sono indivisibili, cosa ribadita anche dal Segretario della Nunziatura apostolica Mons. Sciacca nel 2019, (n.d.r.).
Ratzinger dichiara nelle sue dimissioni – che, siccome l’esercizio pratico (ministerium) che comporta ESSERE il papa (munus) gli è divenuto gravoso, allora lui rinuncia A FARE alcune cose da papa(come “annunciare il Vangelo e governare la barca di Pietro”). Non gli è mai pesato ESSERE il papa. Gli pesavano solo alcune delle cose pratiche che fa il papa.
Ma questa sua dichiarazione NON comporta che egli NON SIA PIU’ il papa.
Siccome Munus e ministerium sono indivisibili, per non essere papa, non deve nemmeno fare niente da papa.
Capite? Se il papa vuol dimettersi non può tenere il munus (l’ESSERE) e rinunciare solo alle cose gravose del ministerium (il FARE). Troppo comodo. Per questo le dimissioni di Ratzinger sono abilmente e consapevolmente costruite come un NONSENSE GIURIDICO.
Quindi Benedetto NON SI E’ MAI DIMESSO perché le dimissioni sono INVALIDE e il papa E’ ANCORA LUI, e SOLO LUI dato che, come continuano a ripetere tutti: il papa E’– SOLO – UNO”.
E infatti, a riprova, Benedetto XVI continua “fastidiosamente” a vestirsi di bianco, a firmarsi Pontifex pontificum, etc.
Il card. Pell protesta per la sua condotta e i media mainstream tentano di metterci una pezza, come sopra.
Una metafora banale
Vi gira la testa? Comprensibile, ma proviamo con un esempio terra-terra, per non stressarci troppo. Immaginiamo un tizio di nome Carlo che dice:
“Sapete: le cose da fare che comporta ESSERE IL MARITO di Lucia mi sono diventate molto gravose, per cui dichiaro di rinunciare a farle, ergo non SONO più il marito di Lucia”.
Questa frase non autorizza Carlo a non ESSERE più il marito di Lucia anche se non FA più alcune cose da marito, le più gravose.
Finché non si fa un divorzio legale con la perdita di tutti i diritti e doveri maritali, Carlo è marito di Lucia e la stessa non può sposarsi con Franco il suo nuovo amante.
Se Franco dichiara di essere legittimo marito di Lucia, senza che il divorzio con Carlo sia avvenuto, Franco mente ed è perseguibile per legge.
E’ sottile, ma provatevi ad andare in tribunale con vostra moglie e a dichiararvi già divorziati come propone Carlo: vediamo cosa vi risponde il giudice.
Conclusioni
In soldoni, Ratzinger, non ha “sbagliato casualmente” a scrivere le dimissioni perché queste sono costruite secondo una logica giuridica non casuale; lui continua coerentemente a essere il papa e a farlo “a mezzo servizio”, cosa legalmente impossibile. Quindi se lui dice che il papa è uno, implicitamente ci dice che le sue dimissioni sono invalide e che è stato costretto a questo escamotage.
Adesso, al di là dell’aspetto tecnico, dove ci si può anche smarrire un attimo se non si è giuristi, lo scenario tratteggiato, per quanto incredibile, fa sì che tutti i pezzi del puzzle trovino il loro incastro e infatti, il mite Benedetto – unico Vicario del Logos incarnato rimasto in terra – a parte velare il suo linguaggio, ha sempre detto la verità, comportandosi coerentemente con la sua dichiarazione e col suo stile di uomo e di religioso. Un trucco? No. Del resto, doveva pur fare, o no, qualcosa per difendere la Chiesa da chi lo pressava per mandarlo via? Colpa degli “altri” se, accecati dalla smania di potere, non si sono accorti che la Declaratio non era giuridicamente valida e costituisce, oggi, per loro una sorta di bomba atomica a orologeria.
Conclude Acosta: “Ratzinger è ambiguo per non mentire, sapendo che in certi casi e a certe condizioni l’ambiguità è moralmente giustificata. Ecco perché non risponde mai chiaramente, ecco perché le sue risposte sono enigmatiche, ecco perché le sue “dimissioni” sono altrettanto “codificate”: sembrava che avesse rassegnato le dimissioni dall’essere il papa ma in realtà, quello che fa è “rinunciare” ad alcune funzioni pratiche che secondo lui corrispondono al papa. E quella “rinuncia” frazionaria, incompleta o parziale non è valida perché contrasta con la legge divina: va contro l’istituzione del Papato che poggia su un solo capo, cosa che Gesù ha fatto scegliendo come papa solo Pietro, e va contro la pienezza dei poteri di cui, per diritto divino, gode il pontificato”.
***
Adesso vediamo se qualcuno dei conservatori raccoglierà l’input, magari anche recedendo (con un pizzico di buona volontà) da qualche granitica posizione e rischiando qualcosa, e vediamo se i modernisti bergogliani sapranno rispondere a tono e smontare questa ricostruzione.
Probabilmente arriveranno le solite accuse sprezzanti di complottismo, i muri di indifferenza, gli attacchi personali, o magari risposte inutili del tipo: “Il papa è il papa”. Purtroppo, proprio questo è il dubbio.
Tali reazioni sarebbero ancora più controproducenti rispetto ai già pesanti, ultimi autogol del pensiero mainstream, tutto dalla parte di Bergoglio.
Non c’è bisogno di attaccare, noi siamo aperti. Vi sia un dibattito e vinca il migliore su base tecnico-giuridica, purché lo scambio sia fra persone corrette, lucide, intellettualmente oneste e interessate alla Verità.
P.S.
Copiamo integralmente il testo della Declaratio in latino e poi in italiano. Attenzione, come già segnalato nello scorso articolo linkato all’inizio, il Vaticano ha tradotto nelle lingue, compreso l’italiano, la parola munus sempre con ministero. Confrontate con la versione latina. A voler pensare bene, perché per il Papa, munus e ministerium sono indivisibili. A pensar male, per tentare di nascondere il meccanismo giuridico innescato da Benedetto. Ma in entrambi i casi “a guadagnarci” è lui.
Fratres carissimi Versione originale latina di Benedetto XVI:
Fratres carissimi
Non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vita communicem. Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad MUNUS Petrinum aeque administrandum.
Bene conscius sum hoc MUNUS secundum suam essentiam spiritualem non solum agendo et loquendo exsequi debere, sed non minus patiendo et orando. Attamen in mundo nostri temporis rapidis mutationibus subiecto et quaestionibus magni ponderis pro vita fidei perturbato ad navem Sancti Petri gubernandam et ad annuntiandum Evangelium etiam vigor quidam corporis et animae necessarius est, qui ultimis mensibus in me modo tali minuitur, ut incapacitatem meam ad ministerium mihi commissum bene administrandum agnoscere debeam. Quapropter bene conscius ponderis huius actus plena libertate declaro me MINISTERIO Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20, sedes Romae, sedes Sancti Petri vacet et Conclave ad eligendum novum Summum Pontificem ab his quibus competit convocandum esse.
Fratres carissimi, ex toto corde gratias ago vobis pro omni amore et labore, quo mecum pondus ministerii mei portastis et veniam peto pro omnibus defectibus meis. Nunc autem Sanctam Dei Ecclesiam curae Summi eius Pastoris, Domini nostri Iesu Christi confidimus sanctamque eius Matrem Mariam imploramus, ut patribus Cardinalibus in eligendo novo Summo Pontifice materna sua bonitate assistat. Quod ad me attinet etiam in futuro vita orationi dedicata Sanctae Ecclesiae Dei toto ex corde servire velim.
Traduzione italiana, proposta dal sito ufficiale vaticano
Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il MINISTERO (Munus!) petrino. Sono ben consapevole che questo ministero (munus!), per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al MINISTERO di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.
Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio.
Traduzione inglese proposta dal sito ufficiale vaticano
Dear Brothers,
I have convoked you to this Consistory, not only for the three canonizations, but also to communicate to you a decision of great importance for the life of the Church. After having repeatedly examined my conscience before God, I have come to the certainty that my strengths, due to an advanced age, are no longer suited to an adequate exercise of the Petrine MINISTRY (Munus!). I am well aware that this ministry, (munus!) due to its essential spiritual nature, must be carried out not only with words and deeds, but no less with prayer and suffering. However, in today’s world, subject to so many rapid changes and shaken by questions of deep relevance for the life of faith, in order to govern the barque of Saint Peter and proclaim the Gospel, both strength of mind and body are necessary, strength which in the last few months, has deteriorated in me to the extent that I have had to recognize my incapacity to adequately fulfill the MINISTRY entrusted to me. For this reason, and well aware of the seriousness of this act, with full freedom I declare that I renounce the ministry of Bishop of Rome, Successor of Saint Peter, entrusted to me by the Cardinals on 19 April 2005, in such a way, that as from 28 February 2013, at 20:00 hours, the See of Rome, the See of Saint Peter, will be vacant and a Conclave to elect the new Supreme Pontiff will have to be convoked by those whose competence it is.
Dear Brothers, I thank you most sincerely for all the love and work with which you have supported me in my ministry and I ask pardon for all my defects. And now, let us entrust the Holy Church to the care of Our Supreme Pastor, Our Lord Jesus Christ, and implore his holy Mother Mary, so that she may assist the Cardinal Fathers with her maternal solicitude, in electing a new Supreme Pontiff. With regard to myself, I wish to also devotedly serve the Holy Church of God in the future through a life dedicated to prayer.
§§§
Ecco il collegamento per il libro.
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Tag: acosta, benedetto XVI, cionci, dimissioni, ratzinger
Categoria: Generale
A un giurista si può solo contrapporre un altro giurista, che di Chiesa e di diritto canonico e non solo civile, ne sa di più. Per tagliare la testa al toro vi inoltro quanto detto dal Vescovo Sciacca intervistato da A. Tornielli proprio sull’argomento.
Sciacca: “Non può esistere un papato condiviso”
Le domande aperte dopo la rinuncia di Benedetto XVI: il segretario della Segnatura apostolica, noto canonista spiega che la distinzione tra «munus» e «ministerium» non regge nel caso del Pontefice
ANDREA TORNIELLI Pubblicato il 16 Agosto 2016 Ultima modifica 06 Luglio 2019 21:07
«C’è un solo Papa. Benedetto XVI è l’emerito». Lo scorso giugno, durante il volo di ritorno dall’Armenia, Francesco aveva risposto in modo chiaro e preciso a una domanda sulle teorie riguardanti la possibilità di un ministero papale «condiviso». La clamorosa e storica decisione della rinuncia di Papa Ratzinger, il primo Pontefice a dimettersi per vecchiaia, e l’interpretazione di alcune parole sue e dei suoi collaboratori, hanno alimentato negli ultimi tre anni una ridda di ipotesi. Ci sono stati studiosi che hanno proposto temerarie chiavi di lettura: Benedetto XVI non avrebbe affatto rinunciato al munus petrino ma soltanto al suo «esercizio attivo». Teorie che di fatto avvallano l’idea dell’esistenza di due Papi, e di un ministero di Pietro «allargato», cavalcate dalla fronda più agitata e sede vacantista degli avversari di Francesco. Vatican Insider ha chiesto un commento su questo al vescovo Giuseppe Sciacca, segretario della Segnatura apostolica e uditore generale della Camera Apostolica, cioè l’esperto giuridico dell’ufficio che gestisce la Sede vacante.
Che cosa pensa del papato «allargato» e della distinzione tra munus petrino ed esercizio del ministero, che prefigura l’esistenza di due Papi, uno che esercita il ministero e l’altro, l’emerito, che non l’esercita più conservando però ancora il «munus»?
«Vorrei cominciare col dire che la distinzione tra munus e ministerium è impossibile nel caso del Papa».
C’è però chi fa notare che se ne può trovare eco nella costituzione conciliare Lumen gentium, là dove si distingue tra il munus episcopale e il suo esercizio…
«La distinzione che si trova in Lumen gentium distingue tra munus ed esercizio della potestas in materia di ufficio episcopale. Questa distinzione nell’ufficio episcopale si fonda sulla duplicità della trasmissione del potere: sacramentale, quanto all’ordine sacro e alla consacrazione episcopale che su quello si incardina (munus); giuridica, quanto alla conferimento della missione canonica e la conseguente libertà nel suo esercizio (potestas). Grazie a questa distinzione – che corrisponde, in sostanza, a quella classica, tra potestas derivante dall’ordine sacro e potestas di giurisdizione – si concepisce anche la figura del vescovo titolare che, in forza della consacrazione episcopale, riceve integra la pienezza dei poteri, e non solo quello di santificare, bensì anche gli uffici di insegnare e di governare, attivati, epperò, questi ultimi dalla missio canonica, se e quando conferita dal Pontefice. Ancora, in forza della suddetta distinzione tra potestas ordinis e potestas iurisdictionis, si ammette la figura del vescovo emerito, il quale, perduta la potestas iurisdictionis conserva il munus episcopale che era stato trasmesso per via sacramentale, non più libero tuttavia nell’esercizio dopo l’avvenuta rinuncia. In verità, la ratio che ha motivato la previsione legale del canone 185 del vigente Codice, che istituisce la figura dell’emeritato per chiunque abbia ricoperto nella Chiesa un ufficio, e poi “per raggiunti limiti d’età o per rinuncia accettata lo lascia”, la definirei “personalistica” o “affettiva”, poiché non si vuol “cancellare” o dimenticare quella parte di vita consumata in quel determinato servizio e in qualche maniera vi si rimane legati seppur nominalmente, anche se privi del munus regiminis a quell’ufficio connesso. E comunque il titolo e l’istituto dell’emeritato non mancano di dar vita a una qualche duplicazione o moltiplicazione d’immagine. Il parroco emerito si aggiunge a quello effettivo, e così il vescovo emerito, il professore emerito a quello ordinario, etc. Infatti non è senza significato, parlando del vescovo emerito, che il Codice di diritto canonico preveda la possibilità per lui di conservare l’abitazione nella diocesi, la facoltà di partecipare, con voto deliberativo, ai concili particolari e il diritto ad essere sepolto nella chiesa cattedrale».
Questa stessa distinzione può essere applicata al Vescovo di Roma?
«No, a mio avviso, tutto ciò non può essere riferito all’ufficio del Pontefice».
E perché non si applica, secondo lei?
«Anzitutto perché la successione petrina, in ragione del potere singolarmente concesso a Pietro da Cristo, è assolutamente e irrinunciabilmente singolare, per divina costituzione della Chiesa. Recita il canone 331: “Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori…”. Il Pontefice è dunque “successore di Pietro” e non solo, in modo organico, assieme ai vescovi, “successore degli apostoli”. Ciò comporta l’unicità della successione petrina, che non ammette al suo interno alcuna ulteriore distinzione o duplicazione di uffici, seppure non più liberi nell’esercizio. O una denominazione di natura meramente “onorifica” o nominalistica, anche se vien fatto, legittimamente, di dover ricordare come, nell’ordinamento canonico, numquam fit qaestio de meris nominibus, mai si fa questione di meri nomi, corrispondendo infatti sempre il nome a qualcosa (nomen est omen)».
Che cosa pensa allora della tesi secondo la quale Benedetto XVI avrebbe rinunciato al ministerium petrino ma non al munus?
«L’impossibilità di applicare al Papa la distinzione prevista nel caso del vescovo emerito risulta evidente dalla diversa modalità di trasmissione della successione apostolica per i vescovi, e della successione petrina per il Pontefice. Si legge infatti nel canone 332: “Il Sommo Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l’eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell’accettazione. Che se l’eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato vescovo”. Ciò significa che la modalità della trasmissione della successione petrina è esclusivamente giuridica e conferisce la pienezza della suprema giurisdizione. La norma è di diritto divino, e dunque non soggiace a nessun’altra ermeneutica. All’interno della pienezza della giurisdizione (potestas) non si dà più alcuna ulteriore sottodistinzione tra munus e exercitium muneris, tra il munus e il suo esercizio. Il Vescovo di Roma è individuato nel suo ufficio in ragione della sola elezione in conclave e il suo ufficio non è un “ottavo sacramento” – nel senso di un episcopato speciale, come accennato a suo tempo da Karl Rahner, che comunque lasciò immediatamente cadere siffatta originalissima idea – né è in alcun modo trasmesso per via sacramentale. L’ufficio del romano Pontefice si incardina sul munus episcopale precedentemente e indipendentemente conferito. Nel caso l’eletto non fosse ancora vescovo, è richiesta immediatamente la sua consacrazione».
Dunque la doppia modalità di trasmissione per i vescovi del munus episcopale da un lato, della potestas dall’altro, non si applica al Papa?
«Il munus petrino è solo ed esclusivamente un primato di giurisdizione. Non si può rinunciare al solo esercizio di questo primato, conservando “qualcosa” di residuale, quasi che la potestà pontificia conferisca all’eletto in conclave un qualche carattere sacramentale speciale e permanente anche dopo la rinuncia».
Al Papa che decide di rinunciare, allora, che cosa resta?
«Gli rimane il munus episcopale, che aveva a suo tempo ricevuto sacramentalmente quando è stato ordinato vescovo. La rinuncia all’ufficio petrino è lo strumento giuridico che porta alla perdita della giurisdizione pontificia, la quale, come abbiamo visto, per via giuridica era stata conferita. Nessuna distinzione interna a questa rinuncia può essere individuata o argomentata. La rinuncia, se viene posta in essere, riguarda tutta e sola la giurisdizione, e non il munus episcopale, che ovviamente, permane. Si tratta del sacro carattere di cui parlano i concili Tridentino e Vaticano II, indelebilmente impresso con l’ordinazione episcopale».
Eppure il Codice di diritto canonico, al canone 332, parla anche di munus petrinum…
«Ma questo non può in alcun modo essere interpretato come una volontà del legislatore di introdurre, in materia di diritto divino, una distinzione tra munus e ministerium petrino. Distinzione che peraltro è impossibile».
Che ne pensa allora della denominazione di «Papa emerito»?
«L’espressione di “Papa emerito” o “Pontefice emerito” sembrerebbe configurare una sorta di potestà pontificia distinta da un suo ulteriore tipo di esercizio. Un esercizio non individuato, mai definito in alcun documento dottrinale, e di impossibile comprensione, che sarebbe stato oggetto di rinuncia. Argomentando in questo modo, parte della potestà pontificia rimarrebbe all’emerito, anche se, si dice, interdetta nell’esercizio. Ma l’interdizione dall’esercizio di ciò che per sua natura è essenzialmente libero nell’esercizio (potestas) è un nonsenso. Appare perciò evidente l’irrazionalità di questa tesi e i possibili errori interpretativi che ne derivano».
Lei avrebbe preferito il titolo di «Vescovo emerito di Roma» per il Papa che rinuncia?
«No, ritengo che questa soluzione sarebbe altrettanto problematica, seppure qualche autorevole canonista l’abbia sostenuta: Papa, Pontefice o Vescovo di Roma sono infatti sostanzialmente sinonimi. Il problema non è il sostantivo, “Papa” o “Vescovo di Roma”, ma l’aggettivo “emerito”, che porta a una sorta di duplicazione dell’immagine papale».
Quale ipotesi avrebbe preferito o vorrebbe suggerire?
«Innanzitutto vorrei premettere: non sono tra quelli che si augurano che la rinuncia al papato diventi una consuetudine. Anzi! Come pura ipotesi di lavoro, se volessimo prefigurare per il Pontefice rinunciante una possibile previsione legislativa per il futuro, la soluzione più congrua mi sembrerebbe quella del conferimento del titolo di “Già Sommo Pontefice”. Oppure quella di prevedere il reinserimento del rinunciante nel collegio cardinalizio, nell’ordine dei vescovi, da parte del nuovo Papa. E per sottolineare la “singolarità” del nuovo titolare, nell’ipotesi in cui tutte le sedi suburbicarie fossero occupate, inserirlo – ad personam – tra i patriarchi orientali che sono membri del collegio cardinalizio. Salvo meliori iudicio, come sempre siamo soliti concludere i pareri che noi consultori diamo ai dicasteri».
Facciamocene una ragione: di Papa ne abbiamo uno solo, Papa Francesco. L’ha detto anche il Papa “emerito”, Ratzinger. Che il Signore benedica e protegga il Papa in questa difficile missione in Iraq e la Vergine Madre lo accompagni e lo copra con il suo manto.
Ho chiesto a Marco Tosatti, in altra circostanza, di farci sapere se Viganò durante la Santa Messa pronuncia “cum papa Francisco” o meno; ma ancora non ho avuto risposta. Sarebbe illuminante e propedeutico ai suoi seguaci.
Intanto buona Quaresima: un po’ più di silenzio (esteriore, interiore e “mentale”) e più preghiera, penitenza e carità. Rileggiamoci e meditiamo un po’ di più in questo periodo la parabola del Padre misericordioso del Figliuol prodigo, forse ci farà bene e ci preparerà meglio alla Pasqua di Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. IL VANGELO SIA IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO.
Mi fa piacere che un autorevole giurista confermi il fatto che parlare di “papa emerito” sia semplicemente un nonsenso. Il Card. Nasalli Rocca, Maestro di Camera di molti Papi, nel suo libro autobiografico “Accanto ai Papi”, racconta, a proposito dell’ipotesi che Pio XII venisse fatto prigioniero da Kappler, che il papa avesse preparato un documento di rinuncia e dicesse, appunto, “Non avranno Pio XII, ma soltanto il card. Pacelli”.
Il resto sono le fantasie teologico-canonistiche, sia detto senza ingiuria, di Benedetto XVI e, sia detto come volete, di quel bel personaggio che risponde al nome del card. Cocco Palmerio.
E se provassimo per un attimo ad immaginare come la massoneria abbia ricattato Papa Benedetto?
Sono dei bravi attori davanti ai riflettori dei media, sorridono, parlano di misericordia, dialogo e fratellanza, ma pronti a tutto quando, lontani dai palcoscenici, devono portare avanti i loro piani, le macchinazioni per cui sono stati ingaggiati.
Non c’era un processo riformista da compiere, quanto assediare lo stato petrino per svuotarlo di ogni traccia del suo passato, subordinandolo al gioco sinistro di élite mondiali schierate contro Dio e convinte di poter riprogrammare il mondo profanando la sua creazione.
Loro sono anche più convinti di noi del disegno divino che investe la Cattedra Apostolica di Pietro, così come conoscono la forza dell’Eucarestia, solo che mentre noi speculiamo sulla legittimità o meno tra un membro della mafia di San Gallo ed il Papa che continua a vestire di bianco, questi hanno in mente di sdradicarne la storia e il mandato. Sono così ciechi però da non comprendere il senso di quel mandato, che si puo concepire solo nella luce dello Spirito Santo, come l’Incarnazione del Verbo, l’Immacolata Concezione…
Il mistero della Chiesa trova fondamento nel Verbo Incarnato, compie la seconda creazione attraverso la Croce e restituisce l’Ordine Creato nella Resurrezione. La Chiesa è affidata a Pietro, poggia sulla sua roccia, Lui ha le chiavi con cui legare o sciogliere, e questo sarà indipendentemente da quello che noi pensiamo!
La Chiesa senza Pietro scompare.
Potrà piacerci o meno un Papa, la sua effettiva elezione lo vincola al mandato petrino, che non è statico ma missionario, e che non gli appartiene perché Vicario di Cristo in terra.
La massoneria avrebbe potuto eliminarlo rapidamente dalla faccia della terra il nostro Papa, non lo ha fatto, ha preferito muovere diversamente le pedine di questa folle scacchiera, forse ritenendo più importante svilirne la funzione…
Papa Benedetto sapeva cosa si stessero proponendo di fare, ha fatto della sua fede la ratio, la rete che gli è stata tesa l’ha districata nel modo migliore, ha scelto di salvare il Munus, e così facendo ha preservato Pietro e chi verrà dopo di lui, degno Custode di quelle chiavi.
Rileggendo la sua dichiarazione: ” ….. sed non minus patiendo et orando.
Ah sì… a pensarci bene, anche Gesù aveva confidato in segreto a Pietro che per il suo mandato (e per quello dei suoi successori, naturalmente) si dovesse fare una netta distinzione tra “Munus” e “Ministerium”. Con quest’ultimo in posizione nettamente subordinata rispetto al primo, come per es. nella distinzione tra Sostanza e Forma o tra Spirito e Materia.
Cosicché, come chiarì meglio Gesù, per qualsiasi evenienza avversa – sia che si fosse trattato delle prossime persecuzioni di Imperatori romani o delle future lontane minacce di quei lupastri di massoni – la cosa più importante dovesse essere la salvaguardia del “Munus”. Per il resto, Il “Ministerium”, nessun vincolo… cessione, abdicazione o camuffamento compresi.
Forse lei, e i suoi bravi maestri, avete ragione…
Appartengo alla larga schiera dei fedeli smarriti.
Da un lato abbiamo Bergoglio che ha fatto di tutto per cambiare le leggi di Dio secondo i desiderata del mondo e, come argomenta Aldo Maria Valli, non conferma i fedeli nella fede preoccupandosi di fare il cappellano dell’Onu e non il papa: Amoris Laetitia, Dichiarazione di Abu Dabhi, Pachamama, ambigue interviste a Scalfari o in aereo…
Dall’altro abbiamo Ratzinger che nel 1983 modifica il Diritto canonico specificando che la rinuncia al papato è valida se si rinuncia al “Munus” -all’ufficio Petrino conferito da Gesù a San Pietro-, e non soltanto al “Ministero” (non sono cavilli legulei da azzeccagarbugli, da prefetto per la dottrina Ratzinger agiva con rigore); scrive la rinuncia in latino rinunciando esplicitamente solo al “Ministero”, non si cura delle traduzioni errate nelle lingue volgari che trascurano tale distinzione, lascia che venga indetto il conclave per l’elezione di un Pontefice nella pienezza dei poteri, come deve essere in caso di rinuncia completa e valida; rilascia interviste in cui alterna ovvietà (il pontefice è uno solo, ma non ne esplicita il nome) ad affermazioni delicatamente beffarde come la presunta mancanza di talari scure al posto di quella papale bianca; mantiene l’anello piscatorio, benedice e si firma come pontefice…
Da semplice fedele non posso non notare tali incongruenze, noi possiamo solo pregare -la preghiera è azione-, convertirci e fare penitenza.
Spero solo che il Signore faccia chiarezza quanto prima e che il comportamento di Ratzinger sia stato motivato da conoscenze o indicazioni soprannaturali che noi non possiamo conoscere e valutare: commento di suor Lucia al III segreto di Fatima o simili; altrimenti le contraddizioni tra quanto specificato da Prefetto per la dottrina nel 1983, l’atto della rinuncia e i penosi 8 anni di pontificato di Bergoglio sono inquietanti e dolorosi anche se affrontati con fede (insufficiente a spostare le montagne, nel mio caso).
“NON PRAEVALEBUNT”
300 pagine per interpretare una dichiarazione di dieci righe? Caspiterina…
Ho letto l’articolo, concordo con quanto scritto da altri sopra, Ratzinger si è dimesso e ha invitato i cardinali ad eleggere il nuovo pontefice. Le cose mi paiono chiarissime . Il papa è, ahimé, Bergoglio e Ratzinger ha l’enorme responsabilità di aver affidato la Chiesa ad un simile personaggio.
“Probabilmente, Benedetto ha seguito tale strategia per lasciare che la ‘deep Church’, come la chiama Mons. Viganò, si rivelasse per quella che è, e per le sue intenzioni. Ha adottato la tattica di Bergoglio, ‘aprendo processi e non occupando spazi’: lascia che le cose si evolvano da sole e sulla progressiva consapevolizzazione dei fedeli”.
Ma, se questo fosse un modo corretto di agire, perché la Chiesa avrebbe dovuto darsi pena di controbattere gli ariani, i catari, i dolciniani, i luterani, i calvinisti e compagnia briscola? Bastava lasciare che le cose si evolvessero da sole e che i fedeli ne diventassero consapevoli. Se Benedetto avesse ragionato in questo modo (ma non lo credo proprio), sarebbe stato un pessimo papa: anzi avrebbe indicato che un papa nemmeno serve, tanto tutto si aggiusta per conto suo.
Se anche Ratzinger non avesse dato dimissioni fasulle, ci pensa Bergy a ricordare ogni giorno che lui non è il Papa: non si firma come Pontifex, ha rifiutato il titolo di vicario di Cristo, porta la Pachamana in Vaticano e fa costruire statue celebrative di Lutero. Già tutto questo basta e avanza.
MI dispiace ma le conclusioni di questa avvocata non tornano!
Premetto che non ho letto il testo e che mi baso su quanto letto nell’articolo del blog. Ma dalle spiegazioni non esce nulla di quanto afferma.
Una obiezione su tutte: se Ratzinger ha fatto questo sotterfugio – a mio avviso grave quanto quello della mafia di san Gallo! – con la chiara (per l’avvocata) intenzione di rimanere papa, perchè allora avrebbe richiesto nella Declaratio il conclave per eleggere un nuovo pontefice?
Se Ratzinger è in senno (come afferma l’avvocata) non avrebbe mai invocato il nuovo conclave sapendo benissimo che avrebbe creato la situazione eretica di due papi.
Quindi non torna…
Propendo invece per il giudizio impietoso che molti rivolgono a Ratzinger il quale, con le sue dimissioni ha fatto entrare in scena quello che l’ha sostituito e che sta distruggendo la Chiesa. Si è dimesso come un amministratore di azienda a cui qualcun altro si avvicenda.
Come ho scritto in altro post, ribadisco: si accusa tanto Bergoglio di ambiguità, gli si rammenta la frase gesuana sul parlare chiaro “si=si e no=no”. Ma il papa dimesso non fa esattamente lo stesso, con questa sua presunta falsa dimissione?
Francamente spero che Ratzinger sia invece privo di senno per senilità e quindi innocente per la situazione attuale. Perchè se non lo fosse sarebbe ora di basta! La Chiesa ha già sofferto abbastanza perchè non si aggiunga confusione a confusione e quindi sofferenza a sofferenza!
Se fosse invece consapevole sarebbe, a mio avviso una vergogna perchè ci ha lasciato, come un pastore che se ne va e lascia le pecore in balia del lupo…lupo che poi è venuto; e anche vergogna perchè, vedendo da lontano il suo gregge divorato dai lupi, non muove dito.
Grazie dottor Tosatti, l’articolo è molto interessante.
L’unico aspetto che mi permetterei di approfondire è l’uso della parola “dimissioni”.
A me risulta che l’atto compiuto da Benedetto XVI sia di “rinuncia” perché, a differenza delle “dimissioni”, in questo caso non è previsto che nessuno abbia il potere di accogliere (o di respingere) tale atto. La differenza, giuridicamente, non è da poco.
Ho solo una domanda: la giurista ha comparato l’analisi precisa e puntigliosa e le relative conclusioni con il Codice di Diritto Canonico, l’unico che conta per gli ecclesiastici e per le questioni inerenti alla Chiesa e al suo ordinamento, anche se capita – e non di rado, come in ogni consesso umano – che le Norme vigenti siano spesso trasgredite?
Ne abbiamo avuto conferma anche da recenti scandali riguardanti il Vaticano in cui sono coinvolti cittadini non di questo Stato, che hanno sollevato contenziosi ancora irrisolti con organi giuridici italiani, in primo luogo.
Ricordo anch’io che mons. Sciacca, canonista, è stato il primo – dopo di lui si è fatto sentire a distanza di tempo il card. Pell – ad avanzare rilievi sulle dimissioni di Ratzinger e a richiamare la necessità che in materia si proceda a fissare norme precise e inequivocabili. Non mi risulta, però, che mons. Giuseppe Sciacca sia mai stato segretario di Nunziatura; dal 2016 è segretario del Supremo tribunale della Segnatura apostolica.
“…con piena libertà, dichiaro di rinunciare al MINISTERO di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.”
Leggo e rileggo, ma queste parole mi paiono pesanti come macigni. E chiarissime: deve essere convocato un conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Dov’è l’ambiguità? Dove il trucchetto per far capire che no, è tutto finto? Ma a che gioco avrebbe giocato? Se io dico: “Mi ritiro da questo incarico, rinuncio, perciò chiamate un altro ad occupare il mio posto che si è reso vacante”, parlo ambiguamente e voglio sottintendere il contrario? Non credo, a meno che io non sia andato fuori di senno.
I cavilli dell’avvocatessa saranno sottili, ma forse per la mia pochezza o forse perché mi sto smarrendo non essendo giurista, non riesco proprio a capirli.
una bella conferenza quaresimale, vero catechismo cattolico doc ( mons. Viganò, prof. Franceaco Lamendola: due giganti nella vera fede cattolica!) :
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/archivi/video-di-francesco-lamendola/9957-fratelli-tutti-nella-piana-di-ur
(ma come assomiglia a Stanlio, talvolta, il nostro Bergoglio : la stessa espressione di disorientamento totale, di totale estraneità dalla realtà, di cui faceva finta di non capire un’acca, il bravissimo Stan laurel, un comico che ha attraversato, ineguagliato, decenni e generazioni di ammiratori, insieme al suo grande amico e compagno Oliver Hardy, il simpaticissimo Ollio)
Ahahahahah! Non avete proprio niente da fare😃 Parlando seriamente, mi dispiace un po’ che Tosatti abbia fatto come me il liceo classico😩 Non fa onore alla nostra scuola, che dovrebbe distinguersi per insegnare a fare ragionamenti seri e logici (poi è da vedere se Tosatti crede davvero a queste baggianate o le pubblica per divertirsi😄). Su cosa poi dovrebbe pensare la categoria dei laureati in giurisprudenza stendiamo un velo pietoso😩 Comunque Tosatti, Lei dovrebbe sapere che quel testo non è affatto “pieno di errori di latino”: ce ne sono due, quelli segnalati da Luciano Canfora l’indomani della rinunzia. Le presunte decine di errori di cui parla il fra Bugnolo sono baggianate sesquipedali, da far ridere i polli, tipo segnalare come “errore” di latino il fatto che un genitivo sia messo dopo il nominativo, o che il Papa si esprima con la prima persona singolare invece che plurale😅 Per tacere di tutte le altre assurdità raccontate in questo articolo😩
Ma lei sente davvero il bisogno di tutti questi emoticon? Guardi che si può scrivere anche senza usarli. Cinque anni di classico buttati in vacca.
Sinceramente per come scrive in italiano non credo che il sig.Tosatti abbia fatto il classico…
😅🤭🤣😂
Gabri,
giustamente tu dici che ce n’è… “da far ridere i polli”…
Peccato che i polli, invece di ridere, mangiano avidamente il becchime avvelenato e ci rimettono le penne, senza nemmeno rendersene conto.
Ma chi se ne frega dei polli! L’importante è emergere in qualche modo dagli oscuri abissi dell’anonimato, usando il mezzo più efficace: il sensazionalismo. Così gira il mondo oggi… colpevole l’ignoranza di chi legge (o ascolta), ma soprattutto di chi scrive (o parla).
Il maestro dell’arte nel caso specifico? Un certo Antonio Socci, colui che cadde dalle stelle alle stalle, e come gallo nel pollaio confonde ormai lo splendore pulsante delle galassie con il baluginare di stelline e cuoricini delle sue affezionate pollastrelle su FB.
Dove peraltro, se qualche galletto insubordinato osa alzare anche minimamente la cresta, viene sottoposto all’antico rito espiatorio della torsione del collo.
Come dire: chi si accontenta gode.
Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. (Luca 12,2)
DEO GRATIAS
“la chiave del mistero dei due papi è da ricercare nel modo strategico e intelligente con cui Benedetto ha scritto dimissioni appositamente invalide e in come si è comportato dopo le dimissioni”.
Davvero la mente umana è un abisso.
papa si papa no… non so
intanto i vescovi e cardinali sono eletti da b.
per questo dobbiamo ringraziare di più b. o r.?
per una Chiesa prona al mondo a chi dire grazie?
e per la pachamama ?
e per astana a venire?
,,,,non mi è chiaro cosa farmene di un papa non papa.
Se giuridicamente le cose stessero così tutti gli atti di Francesco sarebbero invalidi perché in tale ipotesi non sarebbe mai esistito papa Francesco ma solo il cardinale Bergoglio vestito da papa. Quindi, tra gli altri, anche i suoi atti di nomina sarebbero invalidi.
Invece, nell’ipotesi che Benedetto avesse validamente rinunciato sarebbe stato eletto validamente Bergoglio e i suoi atti sarebbero stati validi e, pertanto, non resi radicalmente nulli dalla constatazione dell’invalidità della Rinuncia di Benedetto.
A rafforzare le considerazioni giuridiche contenute nell’articolo vi è poi l’incertissima questione se vi possa essere un papa “emerito”, come afferma Antonio Socci.
Infatti, il papato è un ministero e non un sacramento, come invece l’episcopato (vertice dell’Ordine Sacro).
Al sigillo sacramentale dell’episcopato non si può rinunciare ma solo al suo esercizio pratico.
Per questo, fino al caso di Benedetto XVI si pensava che potessero possono esserci vescovi emeriti ma non papi emeriti.
Se quest’ultima conclusione dovesse essere confermata, anche a posteriori, come vera, ne conseguirebbe che Francesco non è mai stato papa, nemmeno nel caso in cui sopravvivesse a Benedetto, perché eletto da un conclave nullo in quanto nulla sarebbe la rinuncia dal solo ministero di papa e non dal “munus”.
Quindi il Papa di Ratisbona sarebbe un seguace della taqqya a fin di bene ? Ma al fine di quale bene?
Da qualche parte ho letto le sue affermazioni -se fedeli al dettato o no, lo ignoro- a proposito della “bellezza” e della ” grazia” dello Spirito di avere 2 papi in contemporanea.
Questi giochini -papali e avvocatizi- fanno rimpiangere la “Settimana Enigmistica”.
L’ho sempre pensato,ma finalmente si comincia a parlarne anche in altri lidi (non solo dal coraggioso don Minutella)
Una scelta,quella di Benedetto, a mio avviso dettata dallo Spirito Santo, che ha avuto come effetto il disvelarsi di tutta quella “combriccola modernista”che cova come serpe in seno alla Chiesa di Gesù Cristo vol tentativo di distruggerla…in modo da poter chiaramente distinguere il grano dalla zizzania, perché sia chiaro a tutti “quelli che vogliono vedere” chi segue veramente Cristo e chi no…e nel momento del raccolto non venga distrutto il buon grano!
Era tempo. Un avvocato ha capito l’ovvietà dell’ovvio. Lo dico dal dicembre 2013 in 5 lingue in tutto il nostro povero pianeta. Per questo sono stato escluso da tutti i blog soi disant cattolici del mondo. Dio volente, con più 8 anni la stessa ovvietà sarà capita anche da qualche prelato. Speriamo che ci sia allora ancora l’ umanità.
Le intenzioni sono di certo buone, ma così si rende Benedetto XVI il peggior papa della storia, e non credo che lo sia.
“Quindi, l’escamotage delle dimissioni invalide era l’unica cosa che Ratzinger, rimasto ormai solo e accerchiato, soverchiato da media ostili, potesse fare per salvare la Chiesa”: scherziamo? Il papa che fa trucchetti per non dimettersi dimettendosi (e intanto un altro governa la Chiesa al suo posto…)? “Per salvare la Chiesa”? Scappando? E che esempio ci darebbe in questo modo? Di fronte agli empi fatevi da parte, ma la mattina davanti allo specchio, quando siete sicuri che nessuno vi sente, criticateli? Diciamo piuttosto che le dimissioni sono state un errore. Diciamo che le posizioni di Bergoglio ne rendono alquanto dubbia la legittimità. Ma con questa storia del papa che non si è dimesso e dissemina indizi come Pollicino per farcelo capire non si va da nessuna parte.
Io ci andrei molto piano a trarre queste conclusioni. Come dice lei il tempo è galantuomo e col tempo la verità uscirà tutta allo scoperto. Fino ad allora io trovo ingiusto accusare Benedetto per la sua scelta perchè non possiamo sapere con quali armi o argomenti o chissà che sia stato indotto a questo gesto. Tempo al tempo e preghiamo tutti perchè la Verità sia nota.
AM.
Ringrazio di vero cuore per la pubblicazione di questo articolo che – finalmente ! – mette in luce quanto è realmente accaduto in Vaticano.
Come si suo dire “IL TEMPO E’ GALANTUOMO !” e prima poi la verità viene a galla. Uniamoci con un sentito e accalorato pensiero di preghiera per il Santo Padre BENEDETTO XVI° , persona veramente straordinaria e santa !.
Carlo D.Agosto
Senza dimenticare che per portare avanti questa spinosa faccenda, il “povero” Don Alessandro Minutella ha rimediato ben 2 scomuniche …una in più di Lutero!
E TANTA DENIGRAZIONE E INDIFFERENZA DA PARTE DI TUTTI COLORO CHE SI DICHIARANO DEVOTI DI CRISTO. HAHHO SOTTERRATO VIVO IL PAPA VERO E VANNO A MESSA IN UNIONE CON UNO CHE PAPA NON E’
Viva Cristo RE!