Nuovo Libro: Joseph de Maistre – Il Padre del Pensiero Controrivoluzionario.
24 Febbraio 2021
Marco Tosatti
Carissimi Stilumcuriali, con piacere diamo notizia dell’uscita di un libro su Joseph de Maistre, edito da Historica-Giubilei Regnani. Qui sotto trovate il comunicato del lancio, e la prefazione, scritta da Marcello Veneziani. Buona lettura.
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DE MAISTRE, IL PARADOSSO DI DIO di Marcello Veneziani
I cavalieri dell’apocalisse del pensiero moderno sono Karl Marx il rivoluzionario, Friedrich Nietzsche il sovrumanista, Max Stirner l’anarchico e Joseph de Maistre il reazionario. I primi due sono riconosciuti universalmente, il terzo da pochi, l’ultimo da pochissimi. Tra i pochissimi, i giovani autori di questo libro a più mani dedicato al Conte savoiardo a duecento anni dalla sua morte, il 26 febbraio del 1821. Eppure ha poco senso affrontare la modernità e dimenticare l’antimoderno per eccellenza.
Con de Bonald e Donoso Cortés, de Maistre fu uno dei padri laici della tradizione cattolica, come li definì Barbey d’Aurevilly in opposizione ai tre “idoli” Voltaire, Rousseau e Franklin. De Maistre fu l’anti-Voltaire, dalla prosa ironica e tagliente, come la lama del boia di cui egli scrisse un memorabile elogio. Nessuno più di lui portò alle estreme conseguenze il cattolicesimo e la lotta all’empietà e all’ateismo nel nome della Tradizione e della controrivoluzione. Si contrappose in modo speculare all’illuminismo e rovesciò in senso positivo le loro critiche alla superstizione, ai pregiudizi e all’oscurantismo. Sgomenta il vigore con cui il Conte savoiardo stabilisce nessi implacabili tra fede e salute, tra pecca- to e malattia, tra sofferenza ed espiazione. A volte sembra che per lui il mondo sia governato da un severo codice penale; il suo Dio implacabile somiglia più al Dio del Vecchio Testamento che a Gesù̀ Cristo.
Nella sua visione apocalittica le forze morali e immorali, divine e diaboliche, muovono l’universo e decretano salvezze e dannazioni;
ogni atto compiuto si ripercuote sull’ordine divino del mondo, dispone al paradiso o all’inferno.
È fin troppo perfetta la simmetria del suo pensiero con quello degli illuministi e dei progressisti, notava Thomas Molnar, un rovesciamento speculare a cui si aggiunge il gusto sottile di scandalizzare i salotti del pensiero, non solo atei, ma anche certe sacrestie; ma la sua lucida vis polemica non ha nulla da invidiare a quella di Voltai- re. Forse una radice comune c’era e non si esauriva nel bel mondo frequentato pure da de Maistre per la sua attività politica e diplomatica; c’era di mezzo la matrice massonica. Che in de Maistre si coniugava con un impianto teocratico e iniziatico.
Nell’acuto ritratto che ne fece un nichilista reazionario, tragico e brioso come E.M. Cioran, de Maistre è visto come un don Chisciotte della Provvidenza e un Machiavelli della teocrazia: idealismo assoluto e realismo cinico sono gli estremi del suo cattolicesimo integrale. Di de Maistre mi occupai vent’anni fa in Di padre in figlio. Elogio della tradizione che pubblicò Laterza.
Per de Maistre l’ordine preesiste al disordine che ne è la caduta; ma sorge col caos anche la mano riparatrice, la restaurazione. Per lui le tradizioni antiche sono tutte vere come ogni credenza universale e costante. Universale è anche la preghiera: gli uomini hanno pregato sempre e ovunque; magari sbagliando ma l’origine della preghiera è divina. Chi avversa la Tradizione soffre di teofobia. A differenza del tradizionalismo popolare, quello demaistriano non crede affatto che vox populi sia vox dei, anzi per lui c’è un nesso non solo lessicale tra demos e demoniacus. La Tradizione e ogni retta autorità̀ discendono per lui da Dio, non dal popolo. È la Tradizione discesa dall’alto che forgia il comune sentire, non l’inverso. Ogni vera tradizione è divina; se è umana è destinata al naufragio. Per conservare si deve consacrare. Le leggi traggono forza dal non detto, ciò che resta avvolto “in un’oscurità̀ venerabile”. Le leggi scritte sono più deboli di quelle impresse da Dio nella mente e nell’anima.
In questa luce i pregiudizi sono necessari e vitali, sono per la vita
- M. Veneziani, Di padre in figlio. Elogio della tradizione, Laterza, Bari 2002.
Marcello Veneziani
profana quel che sono i dogmi per il sacro; ma i pregiudizi non sono idee false, bensì principi che precedono il giudizio. Lo ha sostenuto anche il padre dell’ermeneutica Hans-Georg Gadamer. Ma quando i pregiudizi perdono la loro universalità, come possono sopravvivere? Edmond Burke, conservatore e realista, credeva ai pregiudizi ma considerava anche la possibilità del loro tramonto; per de Maistre invece, sarebbe stata l’autorità a garantire la loro vigenza. È la dif- ferenza tra un conservatore e un reazionario, fra un tradizionalista realista e un tradizionalista teocratico.
Allo stesso modo, per de Maistre la superstizione è preziosa e ne- cessaria come un avamposto della religione. Anche Giambattista Vico difese la superstizione come un male minore rispetto all’ateismo, per- ché da filologo ritenne che nella superstizione vi fosse un nucleo di verità superstiti, seppur degradate. Anche per Mircea Eliade la super- stizione è ciò che resta di una credenza nello scorrere del tempo.
Verso de Maistre ebbero un debito occulto vari autori atei e progressisti, da Marx alla Scuola di Francoforte (lo notò anche Giovan- ni Sartori mentre Isaiah Berlin lo paragonò a Tolstoj). Mi sovviene infine un’immagine: la tesi di laurea su de Maistre discussa da Al- fredo Cattabiani all’Università di Torino, gettata a terra con sdegno “liberale” dal prof. Norberto Bobbio. Per riparare all’oltraggio, po- chi anni dopo Cattabiani, in veste di editore, pubblicò il capolavoro demaistriano, Le serate di Pietroburgo2.
La morte di de Maistre nel 1821 coincise con quella di Napoleone e con la prima repressione anti-risorgimentale a Napoli, con gli au- striaci che nel nome della Santa Alleanza scesero a difendere i Bor- bone e a cancellare la costituzione concessa ai “liberali”.
La lezione di de Maistre restò un fiume carsico, imbarazzante anche per la Chiesa; ma trovò non pochi, sorprendenti innamorati, come il poeta maledetto Baudelaire, il nichilista Cioran o l’ex so- cialista Giuseppe Rensi. Continuò a scorrere, sotto traccia, lungo il tempo come un dono aspro e vigoroso del Passato. Un passato di cui non c’era memoria storica ma traccia nei cieli.
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Tag: de maistre, veneziani
Categoria: Generale
La mia insufficiente cultura mi impedisce di dibattere sulla figura di De Maistre e, più in generale, sul pensiero filosofico tutto, anche perchè ho frequentato un istituto tecnico. Purtuttavia reputo utile ed interessante offrire la mia testimonianza. Lo scrivente ha avuto la fortuna di aver goduto del pluralismo educativo, stretto tra il Professore di italiano e storia, che amava definirsi reazionario, oltre che Maestro, e l’insegnante di diritto ed economia di impronta marxista. Osservo però che le armi erano impari: mentre il professore di italiano ci sorprendeva e ci catturava con la bellezza della letteratura e del pensiero umano tutto -negli anni adolescenziali mi fu consigliata la lettura della “storia dell’arte” di E. H. Gombrich, o l’ascolto della V di Beethoven per illustrare il romanticismo, chi insegnava diritto ed economia offriva ai propri studenti la lettura del quotidiano “Repubblica”.
Passiamo adesso alla rivoluzione francese: ricordo che il mio prof mi fece leggere -e presentare alla classe- Pierre Gaxotte, la rivoluzione francese. Ricordo anche che non capii, o almeno non capii appieno, la continuità e la discontinuità esistenti tra rivoluzione emodernità e tra borghesaia e terrore. Quel che vorrei sottolineare è che la storia del pensiero filosofico, anzi la Storia tout court, ha senso solo se esiste una unità di misura che ne consenta la comprensione. Tale unità non può che essere il rispetto e la dignità della persona umana, alla luce del diritto naturale, non certo del positivismo giuridico. Alla luce di ciò ciascuno può e deve divenire “filosofo di se stesso”.
Non facciamo nomi a vanvera. Potrei essere d’accordo a cancellare il nome di Voltaire ma sarei altrettanto felice di cancellare il nome di Barbey d’Aubreville, comunque si scriva. Ho letto un suo libro. Libro horror, horror ottocentesco ma sempre horror. Ovvero parte di quella disinformazione a cui fa riferimento una certa apologetica quando non è in grado di rispondere alle critiche degli avversari.
“il suo nome. comunque si scriva…”; ho letto ” un suo libro”…; roba “horror”…e vuole eliminarlo!
Avrà scorso (non letto) “Les diaboliques” di Barbey d’Aurevilly e vi avrà colto i suoi incubi personali. E’ sicuro
di non aver scambiato quelle scene con gli zombies di Cesare Romero?
“Per lui (de Maistre) le tradizioni antiche sono tutte vere come ogni credenza universale e costante. Universale è anche la preghiera: gli uomini hanno pregato sempre e ovunque; magari sbagliando ma l’origine della preghiera è divina. Chi avversa la Tradizione soffre di teofobia. A differenza del tradizionalismo popolare, quello demaistriano non crede affatto che vox populi sia vox dei, anzi per lui c’è un nesso non solo lessicale tra demos e demoniacus. La Tradizione e ogni retta autorità̀ discendono per lui da Dio, non dal popolo. È la Tradizione discesa dall’alto che forgia il comune sentire, non l’inverso. Ogni vera tradizione è divina; se è umana è destinata al naufragio”.
Già lo sento Rudy (e pure Mario): Veneziani e de Maistre … scomunicati! 😂😂
E poi, che goduria la mazzata alla democrazia!!!😄😄
W il Re!
Avevo già sentito parlare di De Maistre. Non ho letto però il suo libro più famoso, cioè LE SERATE DI SAN PIETROBURGO. Trovo però carente la parte storica della presentazione.
Non viene detto quel poco che anche un piemontese ignorante sa, ma Marcello Veneziani piemontese non è.
De Maistre era l’ambasciatore dei Savoia a S. Pietroburgo. Ma nel frattempo un certo Bonaparte scese in Italia e conquistò il ducato di Savoia. L’ambasciatore ebbe una sorte migliore del nostro nuovo martire Luca Attanasio. Restò a S. Pietroburgo, senza stipendio dovendosi arrangiare per mettere insieme il pranzo con la cena. Ma una sera, mentre usciva dal palazzo imperiale si aprì una porticina segreta e il conte savoiardo fu convocato alla presenza dell’imperatore (o era una imperatrice ?). Così il nostro passò al servizio dell’Impero, fintanto che la buriana napoleonica non fosse cessata.
Ho controllato : si trattava di un imperatore Alessandro primo. Salito al trono nel 1801 dopo l’uccisione di suo padre Paolo per una congiura di palazzo. E che fu prima amico e poi avversario acerrimo di Napoleone.
Ho letto la biografia di Alessandro scrtta da Maurizio Paleologue e pubblicata da A. Mondadori nel 1938. Guidò la resistenza della Russia durante l’invasione napoleonica.
Andrebbe ristampato.
Grazie per le preziose informazioni storiche. Mentre le leggevo pensavo che sì, il saggio da lei citato andrebbe ristampato poi, curiosamente, un pensiero si è affacciato : ma Alessandro primo i russi l’hanno ” ristampato”, si chiama Putin. Dopo aver sentito il suo discorso di Davos non ho alcun dubbio.
I russi hanno fatto di peggio : hanno santificato l’intera famiglia imperiale e hanno dipinto l’icona corrispondente. Quando, se si studia il periodo che precede la rivoluzione si vede che a corte accadevano cose turpi, prodotte dalla presenza invadente di Rasputin.
La sorella di Alessandra, Elisabetta, viveva a Mosca, dove aveva costruito un monastero femminile, dopo che il consorte era stato dilaniato da una bomba dei rivoluzionari qualche anno prima della rivoluzione e lei era uscita di corsa dal Cremlino per andare in piazza a raccogliere i pezzi del corpo del marito. Lei sì che è santa. Il suo corpo è sepolto a Gerusalemme, nella Chiesa Russa che aveva inaugurato insieme al marito : in quel giorno aveva detto che la Chiesa era così bella che avrebbe voluto essere sepolta lì.
In quanto ai problemi della famiglia imperiale, sembra che Nicola II abbia affermato che era meglio sopportare 1, 10, 100 Rasputin piuttosto che una sola crisi isterica di Alessandra.
Bei libri verdini, in quell’ ottima collana “drammi e segreti della storia” . Del diplomatico francese Le consiglio, se già non lo conoscesse, “La Russia degli Zar durante là Grande Guerra “, una testimonianza impressionante di come il popolo russo passò dall’ esaltazione nel ’14, all’ abbattimento morale. Io l’ho in edizione Salani 1929.
P.s. per6, che zozzone quello zar….