VIGANÒ E L’ENCICLICA: LA FRATELLANZA CONTRO DIO È BLASFEMA.

7 Ottobre 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha risposto ad alcune domande puntuali di LifeSiteNews relative all’ultima enciclica, Fratelli Tutti. Le domande facevano riferimento a punti specifici del testo. Buona lettura. 

§§§

274. A partire dalla nostra esperienza di fede e dalla sapienza che si è andata accumulando nel corso dei secoli, imparando anche da molte nostre debolezze e cadute, come credenti delle diverse religioni sappiamo che rendere presente Dio è un bene per le nostre società.

 

La proposizione «Come credenti delle diverse religioni sappiamo che rendere presente Dio è un bene per le nostre società» è volutamente equivoca: «rendere presente Dio» non significa nulla in senso stretto (Dio è presente di per Sé). In senso lato, se si intende «rendere presente Dio tramite la presenza di una o più religioni» in antitesi all’«allontanamento dai valori religiosi» di cui al punto 275 come pare suggerire il testo, la proposizione è erronea ed eretica, perché pone sullo stesso piano la divina Rivelazione del Dio vivo e vero con le “prostituzioni”, come la Sacra Scrittura chiama le false religioni. Sostenere che la presenza delle false religioni sia «un bene per le nostre società» è altrettanto eretico, perché non solo offende la Maestà di Dio, ma giunge a legittimare l’azione dei dissidenti, attribuendole un merito anziché la responsabilità nella dannazione delle anime e per le guerre di religione mosse contro la Chiesa di Cristo da eretici, maomettani e idolatri. Questo passo è inoltre offensivo perché implica surrettiziamente che questo «bene per le nostre società» sia stato genericamente acquisito «imparando anche da molte nostre debolezze e cadute», mentre in realtà le «debolezze e cadute» sono attribuibili alle sette e solo indirettamente e per accidens agli uomini di Chiesa.

Faccio infine notare che l’indifferentismo implicitamente promosso nel testo di Fratelli tutti, nel quale si definisce «un bene per le nostre società» la presenza di qualsiasi religione e non «la libertà e l’esaltazione di Santa Madre Chiesa», nega di fatto i diritti sovrani di Gesù Cristo, Re e Signore dei singoli, delle società e delle nazioni. Pio XI, nell’immortale Enciclica Quas primas, proclama: «Non può dunque sorprenderci se Colui che è detto da GiovanniPrincipe dei Re della terra” (Ap 1, 5), porti, come apparve all’Apostolo nella visione apocalittica scritto sulla sua veste e sopra il suo fianco: Re dei re e Signore dei dominanti” (Ap 19, 16). Da quando l’eterno Padre costituì Cristo erede universale (Eb 1, 1), è necessario che Egli regni finché riduca, alla fine dei secoli, ai piedi del trono di Dio tutti i suoi nemici (1Cor 15, 25)»[1]. E poiché i nemici di Dio non possono essere nostri amici, la fratellanza dei popoli contro Dio è non solo ontologicamente impossibile, ma teologicamente blasfema.

277. La Chiesa apprezza l’azione di Dio nelle altre religioni, e «nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che […] non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini». (Dich. Nostra aetate, 2)

 

Il riferimento al documento conciliare Nostra aetate è la conferma del nesso ideologico del pensiero ereticale bergogliano con le premesse poste dal Vaticano II. Nelle false religioni non vi è nulla di vero e santo “ex se”, dal momento che gli eventuali elementi di verità che esse possono conservare sono comunque usurpati, e utilizzati per celare l’errore e renderlo più dannoso. Nessun rispetto può esser accordato alle false religioni, i cui precetti e le cui dottrine vanno rigettati e respinti integralmente. Se poi tra questi elementi di verità e santità Bergoglio vuole includere ad esempio il concetto di un Dio unico che dovrebbe avvicinare i Cattolici a quanti professano una religione monoteistica, andrebbe chiarito che vi è una differenza sostanziale ed ineludibile tra il vero Dio Uno e Trino e il dio misericordioso dei Maomettani.

 

Altri bevono ad altre fonti. Per noi, questa sorgente di dignità umana e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo.

 

L’unica fonte cui sia possibile abbeverarsi è Nostro Signore Gesù Cristo, per il tramite dell’unica Chiesa che Egli ha istituito per la salvezza delle anime. Chi cerca di dissetarsi ad altre fonti, non placa la propria sete e quasi certamente si avvelena. È inoltre discutibile che il concetto eterodosso di dignità umana e di fraternità di cui parla “Fratelli Tutti” possa esser trovato nel Vangelo, che anzi contraddice palesemente questa visione orizzontale, immanentista e indifferentista teorizzata da Bergoglio. Infine, la precisazione «per noi» è fuorviante, perché relativizza ad un personale modo di vedere le cose l’oggettività del messaggio evangelico e conseguentemente lo destituisce della sua autorità, che nasce dall’origine divina e soprannaturale della Sacra Scrittura.

 

279. […] C’è un diritto umano fondamentale che non va dimenticato nel cammino della fraternità e della pace: è la libertà religiosa per i credenti di tutte le religioni.

 

La libertà religiosa per i credenti di tutte le religioni non è un diritto umano, ma un abuso privo di qualsiasi fondamento teologico ed ancor prima filosofico e logico. Questo concetto di libertà religiosa – che sostituisce la libertà dell’unica Religione, la “libertà della Religione Cattolica all’esercizio della propria missione” e la “libertà del fedele di aderire alla Chiesa Cattolica senza impedimenti dallo Stato” con la licenza di aderire a qualsiasi credo, a prescindere dalla sua credibilità e credendità (che si deve credere) – è eretico ed inconciliabile con la dottrina immutabile della Chiesa. L’essere umano non ha alcun diritto all’errore: la libertà dalla coercizione magistralmente spiegata da Leone XIII nell’Enciclica Libertas praestantissimum non fa venir meno l’obbligo morale di aderire liberamente solo al bene, poiché dalla libertà di questo atto dipende la sua moralità, ossia la sua capacità di meritare il premio o il castigo. Lo Stato può tollerare l’errore, in determinate situazioni, ma non potrà mai legittimamente porre l’errore sullo stesso piano della verità, né considerare equivalenti o ininfluenti tutte le religioni: l’indifferentismo religioso è condannato dal Magistero, così come il relativismo religioso. La Chiesa ha la missione di convertire le anime alla vera Fede, strappandole dalle tenebre dell’errore e del vizio. Teorizzare un presunto diritto all’errore e alla sua diffusione è inoltre un’offesa a Dio e un tradimento dell’autorità vicaria dei Sacri Pastori, che questa devono esercitare per lo scopo per il quale essa è stata istituita, e non per diffondere l’errore e screditare la Chiesa di Cristo. È inaudito che il Vicario di Cristo (dimenticavo: Bergoglio ha rinunciato a questo titolo!) possa riconoscere alle false religioni un qualche diritto, dal momento che la Chiesa è Sposa dell’Agnello, e sarebbe blasfemo solo pensare che Nostro Signore possa avere più spose.

 

«Dio non guarda con gli occhi, Dio guarda con il cuore. E l’amore di Dio è lo stesso per ogni persona, di qualunque religione sia. E se è ateo, è lo stesso amore. Quando arriverà l’ultimo giorno e ci sarà sulla terra la luce sufficiente per poter vedere le cose come sono, avremo parecchie sorprese!» (Dal film Papa Francesco. Un uomo di parola. La speranza è un messaggio universale, di Wim Wenders, 2018)

 

L’uso di espressioni ad effetto prive di chiarezza di significato è uno dei modi cui ricorrono i Novatori per insinuare errori senza formularli chiaramente. La proposizione «Dio non guarda con gli occhi, Dio guarda con il cuore» può essere tutt’al più una espressione commovente, ma priva di un qualche valore dottrinale. Induce anzi a credere che in Dio conoscenza e amore siano dissociati, che l’amore di Dio sia cieco e che di conseguenza l’orientamento delle nostre azioni non abbia alcun valore ai Suoi occhi.

La proposizione «l’amore di Dio è lo stesso per ogni persona, di qualunque religione sia» è gravemente equivoca ed ingannevole, più insidiosa di un’eresia palese. Essa induce a credere che la libera risposta e l’adesione dell’uomo all’amore di Dio sia irrilevante rispetto al suo destino eterno.

Nell’ordine naturale, Dio crea ogni persona con un atto di amore gratuito: l’amore di Dio si estende a tutte le sue creature. Ma ogni persona umana è creata in vista dell’adozione filiale e della gloria eterna. Dio concede ad ogni persona le grazie soprannaturali necessarie perché possa conoscerLo, amarLo, servirLo, obbedire alla Sua legge inscritta nel suo cuore e giungere ad abbracciare la Fede.

Nell’ordine soprannaturale, l’amore di Dio nei confronti di una persona è proporzionale al suo stato di Grazia, ossia alla misura in cui quest’anima corrisponde al Dono di Dio mediante la Fede e le opere, meritando il premio eterno. Nei piani della Provvidenza l’amore verso il peccatore – ivi compreso l’eretico, il pagano e l’ateo – può concretizzarsi nella concessione di maggiori grazie che tocchino il suo cuore e lo portino al pentimento e all’adesione alla vera Fede.

«Quando arriverà l’ultimo giorno e ci sarà sulla terra la luce sufficiente per poter vedere le cose come sono, avremo parecchie sorprese»: questa proposizione insinua che quello che la Chiesa insegna possa in qualche modo esser smentito nel giorno del Giudizio Universale. Tra coloro che avranno «parecchie sorprese» ci saranno in realtà quanti credono di poter adulterare la Fede e la Morale con i farneticamenti dei Modernisti e l’adesione alle ideologie perverse del secolo, e si vedrà che quello che la Chiesa ha sempre predicato e che l’anti-chiesa ostinatamente nega corrisponde esattamente a quanto Nostro Signore ha insegnato agli Apostoli.

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

5 Ottobre 2020

 


[1] Pio XI, Enciclica Quas primas, 11 Dicembre 1925,

§§§ 




 

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3 commenti

  • DON PIETRO PAOLO

    Ho ascoltato con attenzione l’esortazione pacata ed equilibrata del prof. Roberto che se di guerra parla, quasi una chiamata alle armi, certamente non è quella fatta con l’armi che spargono il sangue dei nostri consimili, nostri fratelli nella natura umana. È certamente una guerra di difesa difficile da combattere perché le forze ostili non stanno fuori di noi. La stessa guerra ideologica è sostenuta dalle potenze del male che vogliono distruggere il Regno di Dio e del Suo Cristo. Scriveva S. Paolo agli Efesini: “la nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.” (6, 12). Per questo, mentre l’apostolo ci esorta ad indossare L’armatura spirituale, descritta proprio in questa sua epistola, giustamente il Mattei dice che la vittoria non dipende dai combattenti ma viene data dall’Alto. Le preghiere di S. Pio V e di tante anime sante di allora, certamente avranno contribuito a piegare il Cielo a venire in aiuto alla Chiesa minacciata di distruzione. E, come allora, le preghiere umili di quanti sospirano e piangono per lo stato sofferente della Chiesa odierna saranno ascoltate da Colui che regge ogni cosa e ci ha promesso che il male non preverrà mai. LUI HA GIÀ VINTO.
    Tuttavia mi chiedevo: allora, per la battaglia di Lepanto, le “potenze cristiane si riunirono” e, come cause seconde, riuscirono a vincere i nemici di Cristo. Oggi, quanti sono i cristiani che si schierano insieme per sconfiggere il comune nemico? In questo stesso blog, credo e voglio pensare che quasi tutti abbiamo come fine il trionfo del Regno di Cristo e della Chiesa, ma quello che spesso trionfa è l’invettiva contro l’altro è la sterile accusa contro questo o contro quell’altro. Basta vedere quante disquisizioni cavillose si sono fatte sul concetto di fraternità. Forse è causa di quella dissonanza cognitiva di cui parla il prof. Comunque, Nostro Signore ci ammonisce che “Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi” (Mc 3, 24-25).
    Il processo di deformazione e la responsabilità storica della perdita dello spirito militante non è da attribuire al Concilio in se stesso, ma alla sua applicazione. Scrivevo in altri interventi che il “dialogo” con i non cattolici non deve farci perdere la nostra identità Cattolica e la nostra fede. lamento il fatto che non c’è più il trattato dell’apologetica. In ogni caso, se una persona vive un’autentica “vita” nello Spirito, anche senza studi particolari, certamente sarà un combattente imbattibile. Ritorno a dire che è impensabile, improponibile, assurdo e impossibile chiedere la cancellazione del Concilio. Bisogna essere realisti. Se facciano tutti una ragione. Semmai si può proporre una riformulazione di alcuni punti che sono stati oggetto di fraintendimenti.
    Finisco con l’esprimere la mia gratitudine a Maria SS. , Madre di Dio e della Chiesa. Dio l’ha voluta anche come Madre Nostra e, se ci ha salvato a Lepanto e in tante altre battaglie, ci salverà sicuramente anche adesso. Rifugiamoci nel suo sacratissimo e Immacolato Cuore e la vittoria ci è assicurata. Viva Maria, regina degli Angeli e Nostra Signora delle vittorie.

  • CATTOLICO

    vittoria dei cattolici.i protestanti avevano già in cominciato ad appropriarsi dei beni ecclesiastici

  • ENRICO NIPPO

    Per LUCA ANTONIO.

    Battaglia di Lepanto, vittoria dei Cristiani sui Mussulmani, classico esempio di ordalia: giudizio di Dio.

    Battaglia fisica, con in ballo la vita e la morte. Tempi di guerra che richiedeva animi guerrieri.

    Ora, se guardiamo ai nostri tempi … beh, lasciamo perdere 🥵

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