SCANDROGLIO E LE LEGGI INGIUSTE. UN’INTERVISTA DI FONTANA.

31 Luglio 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, rilanciamo questa intervista estremamente interessante di Stefano Fontana al prof. Tommaso Scandroglio sul tema delle leggi ingiuste. L’intervista è apparsa sul sito dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa. Buona lettura.

 

GPII avrebbe voluto esplicitare meglio il n. 73 della “Evangelium vitae”

Intervista a Tommaso Scandroglio sulla lotta alle leggi ingiuste

di Stefano Fontana

Ringrazio Tommaso Scandroglio di questa ampia e importante intervista su un tema di cui è esperto di livello mondiale: la lotta alle leggi ingiuste. L’ho raggiunto con alcune domande a seguito della recentissima uscita del suo libro “Legge ingiusta e male minore” (Phronesis Editore 2020 acquistabile qui ). Il nostro colloquio, come il lettore potrà vedere, tocca molti temi scottanti circa la posizione dei cattolici e della Chiesa su un tema vivo ed attuale di teologia morale e di impegno politico. Ricordo che ho fatto riferimento a due punti importanti del libro di Scandroglio in due brevi articoli pubblicati nel mio blog su La Nuova Bussola Quotidiana (vedi QUI QUI ).

Ricordo infine che il nostro Osservatorio si interessa da tempo al tema della lotta alle leggi ingiuste, a cui abbiamo dedicato il Quinto Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel Mondo (2013) dal titolo “La crisi giuridica ovvero l’ingiustizia legale” e il fascicolo 3 (2015) del “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” dal titolo “La lotta contro le leggi ingiuste su vita e famiglia”. Per ambedue rimando al nostro sito

*****

Professor Scandroglio, il primo capitolo del suo libro è dedicato a precisare con san Tommaso d’Aquino il concetto di legge naturale e i suoi rapporti con l’azione morale. Però l’impostazione metafisica del realismo tomista oggi è considerata superata sia da parte delle principali correnti di filosofia giuridica sia da parte della teologia morale cattolica. Questo rende il suo libro “inattuale”?

 

La verità può essere anche inattuale, ma rimane verità. Se, ad esempio, battersi contro l’aborto può apparire oggi anacronistico, ciò non toglie che l’aborto rimanga un assassinio. Ampliando il discorso, l’unica impostazione corretta, perché vera, della morale è quella di impronta metafisica, propria del personalismo ontologicamente fondato, perché la persona è costituita da un principio materiale (il suo corpo) ed uno meta-fisico (la sua anima). Dunque prima del giudizio morale occorre domandarsi chi è l’uomo, ossia come è “fatto” per scoprirne le sue reali esigenze. Dato che possiamo provare con l’uso della ragione che la persona è sinolo di materia e forma, ossia unione strettissima di un principio corporeo e di uno spirituale, va da sé che le azioni buone saranno quelle conformi alle esigenze materiali e soprattutto spirituali dell’uomo. Oggi si rigetta la metafisica anche in morale perché si considera la persona solo nel suo profilo fisico, si intende l’uomo come un centro di esigenze unicamente materiali. Lo sguardo sull’uomo – quindi il piano gnoseologico – condiziona l’etica. Pensare ad un uomo senza anima conduce ad una morale immanente, utilitarista e proporzionalista, mandando in soffitta la metafisica.

 

Il suo testo riguarda sia il diritto che la morale. La teologia morale cattolica oggi dà molta importanza alle “circostanze”. L’esortazione apostolica Amoris Laetitia sembra trasformarle addirittura in “eccezioni” alla norma. Le circostanze, intese come la storia e la situazione particolare di una persona o di una coppia, possono mutare la forma morale dell’azione e il discernimento personale può concludere che quelle circostanze sono addirittura  luogo di grazia. Può spiegarci, in breve, la corretta interpretazione del ruolo delle circostanze nell’azione morale? Sono solo accidentali o possono cambiare, in bene o in male, l’azione morale?

 

La qualificazione morale di un atto si deduce dal fine prossimo ricercato che informa l’azione materiale. Incidere con una lama tagliente la pelle di una persona è azione buona o azione malvagia? Dipende dal fine prossimo ricercato dall’agente: incidere per curare è azione (in genere) buona, incidere perché si vuole uccidere una persona innocente è azione malvagia. Ma attenzione al seguente aspetto: ogni nostro fine è calato in una circostanza concreta. Insegna Tommaso D’Aquino che vi sono circostanze essenziali ed altre accidentali in ordine al fine, ossia circostanze che incidono sulla essenza, sul fine dell’atto mutandone la coloritura morale ed altre invece ininfluenti. Ad esempio la circostanza di voler uccidere un ingiusto aggressore o una persona innocente fa cambiare il fine dell’atto, ossia la sua natura. Nel primo caso avremo come fine dell’atto, come oggetto dell’azione, “difesa”, nel secondo caso “assassinio”: la specie morale della prima azione sarà buona, la seconda malvagia. La circostanza invece che vedeva l’ingiusto aggressore o la persona innocente vestiti di rosso, non cambia – in ipotesi – la natura dell’atto, ossia l’atto rimane “difesa” e “assassinio”. Oggi si assiste sempre più al tentativo di mutare la natura di atti intrinsecamente malvagi in atti buoni richiamando circostanze che sono ininfluenti. Se Tizio, divorziato, ha un rapporto sessuale con una donna con cui è sposato civilmente, il rapporto sessuale configura sul piano morale “adulterio”. È la circostanza che vede Tizio sposato che assegna la natura di adulterio a quel rapporto sessuale. Definita la natura morale dell’atto sessuale, nessuna ulteriore circostanza può cambiarne la natura. Nessuna buona intenzione, nessun progetto a due, nessun figlio nato da questa relazione potrà mai far mutare la natura del rapporto sessuale da adulterino a coniugale. Nessuna circostanza sarà dunque in grado di cambiare l’oggetto dell’azione. In questa prospettiva il divieto di compiere atti adulterini non tollera eccezioni. Trattasi di un assoluto morale, ossia di un’azione intrinsecamente malvagia che tale rimane al di là delle condizioni in cui è calato l’atto.

 

Nel suo libro lei dedica un significativo spazio ai mala in se. Fino alla Veritatis splendor di Giovanni Paolo II la dottrina morale cattolica riguardante le azioni intrinsecamente cattive era chiara. In seguito però essa è stata messa in questione dallo stesso magistero pontificio al punto che uno dei dubia dei quattro cardinali riguardava proprio questo punto. Secondo lei la morale cattolica può fare a meno di questa dottrina? È possibile e auspicabile una sua revisione?

 

La dottrina cattolica non può fare a meno dei mala in se semplicemente perché dovrebbe mentire sulla natura dell’uomo. Il fondamento della morale naturale è il seguente: comportati in modo adeguato alla dignità della persona, ossia scegli quelle azioni che sono conformi, proporzionate alla intrinseca preziosità della persona che è sempre elevatissima. Ora alcune azioni non sono mai conformi a tale preziosità: l’assassinio, la menzogna, il furto, la tortura, la fecondazione artificiale, la contraccezione tra coniugi, etc. Uccidere una persona innocente non è mai azione consona alla preziosità della persona dell’assassino e dell’assassinato. La persona innocente non si merita di essere uccisa e così non è degno di una persona voler compiere un assassinio. I doveri negativi assoluti, cioè i mala in se, sono dunque come degli scudi che vogliono proteggere la persona da atti non congrui, non conformi alla sua dignità. Non sono delle regole astratte, ma sono divieti che discendono dalla comprensione profonda della preziosità della persona che è una realtà data e quindi da riconoscere come tale.

 

Un capitolo del suo libro si intitola “le leggi ingiuste non sono norme imperfette”. A quanto capisco, il principio vale sia per la legge morale che per la legge giuridica. Questa sua affermazione mi sembra molto importante perché oggi si ritiene proprio il contrario e questo è uno dei principali mutamenti della teologia morale cattolica. Una legge che riconosca e disciplini una relazione omosessuale non è considerata ingiusta ma solo imperfetta, perché la relazione oggetto della legge è considerata non come un male ma come un bene imperfetto. Ma in questo modo non sparisce il concetto di male morale e di ingiustizia giuridica (nonché il concetto di peccato in ambito religioso)?

 

Esattamente. Il concetto di imperfezione è applicabile solo alla gradazione che parte dal bene, passa dal meglio e approda all’ottimo. Solo l’azione buona è perfettibile, non quella malvagia. Una legge che concede sgravi fiscali per le famiglie numerose, al netto di altre circostanze che qui tralasciamo, è di per sé una legge astrattamente buona. Sicuramente perfettibile: se possibile, si potrebbero trovare più fondi, si potrebbero allargare il bacino di possibili beneficiari di questi sgravi, etc. Di contro una norma che legittima le unioni omosessuali è una legge intrinsecamente malvagia. Può essere più o meno malvagia, ma non è perfettibile e dunque non è una norma imperfetta: è semplicemente una norma ingiusta. Di fronte a norme come queste, se non si possono abrogare, è lecito intervenire per limitarne la portata negativa, ma tale intervento non configura un atto perfettivo – predicabile solo in relazione a norme giuste – bensì limitativo del male.

 

Nel suo libro lei esamina nello specifico i vari possibili atteggiamenti verso le leggi ingiuste, considerando criticamente soprattutto il criterio (sbagliato) del perseguimento del male minore. Di fatto abbiamo assistito ad una applicazione sistematica di questo concetto da parte dei parlamentari cattolici. Come spiega questo fenomeno così persistente, massiccio e con rarissime eccezioni, di fronte anche a leggi che con grande evidenza contraddicono la legge morale naturale?

 

Credo che la motivazione sia almeno duplice. In primo luogo la pessima formazione in filosofia morale. Votare una legge ingiusta è un male morale. Può essere una legge meno ingiusta di un’altra e quindi votarla sarebbe scegliere un male minore.  Ma non si può scegliere un male minore per un semplice motivo: mai si può compiere il male. Poco importa che sia minore di un altro: mai è lecito compiere il male, proprio perché il male, come accennato sopra, è ciò che non è conforme alla dignità della persona. Per ipotesi potrebbe accadere che votare questa legge meno ingiusta di un’altra provocherà meno danni rispetto alla legge più ingiusta che si vuole evitare che venga varata, ma l’uomo è sempre chiamato a compiere il bene, non sempre ad ottenere l’utile. Se l’utile deriva da un’azione malvagia, seppur piccolissima, noi abbiamo il dovere morale di astenerci da quella azione. Paolo VI nell’Humanae vitae scriveva: «non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (14). Ecco, questo semplice principio della legge naturale è assolutamente ignorato da molti cattolici, politici compresi, che hanno invece esaltato, anche esplicitamente, il principio del compromesso. Si tratta di una, tra le moltissime, lacune di carattere formativo presenti nei nostri rappresentanti in Parlamento e al governo, anche di estrazione cattolica.

 

La seconda ragione per cui molti politici cattolici o sedicenti tali si sono votati alla scuola del male minore, può essere rinvenuta in un errore di strategia. Mancando anche di una visione soprannaturale della storia, credono che le leggi sull’aborto, sul divorzio, sull’eutanasia, sulla fecondazione artificiale, sulle unioni civili siano imperiture, non abrogabili e non irriformabili. Non vogliamo ovviamente qui affermare che ciò avverrà dall’oggi al domani: occorre un impegno culturale che durerà decenni per invertire la rotta, ma ciò è possibile. Le recenti esperienze giuridiche di alcuni Stati lo confermano. Ora chi pensa di aver perso la partita per sempre, cerca di salvare il salvabile. Farebbe di tutto per portarsi a casa anche un solo punticino. Dunque non va molto per il sottile questionando su mali morali e beni possibili, su natura dell’azione e fini prossimi. Se per evitare i “matrimoni” omosessuali devo votare le unioni civili ecco che le voterò. Ma, anche al netto della valutazione morale e concentrando il nostro focus solo sul principio di opportunità o di efficacia – che sono comunque principi morali – questa strategia è perdente e la storia lo ha dimostrato ampiamente. Difendere la 194 per evitare le pillole abortive ci ha regalato l’aborto cosiddetto farmacologico. Votare e difendere la legge 40 sulla fecondazione artificiale per evitare l’eterologa, l’accesso a queste tecniche di coppie fertili ed altro, ci ha regalato proprio questi danni che volevamo evitare. Votare la legge Cirinnà per evitare l’omogenitorialità ha regalato ai magistrati la sponda ideale per introdurre proprio l’omogenitorilità. E gli esempi potrebbero continuare all’infinto. Perché è accaduto tutto questo? Perché accettate le premesse – sì all’aborto, sì alla reificazione del nascituro, sì alla legittimazione delle coppie omosessuali – si spalancano necessariamente le porte anche alle conclusioni contenute implicitamente nelle premesse. Accettata la ratio di una norma non si possono poi fermare quelle conseguenze giuridiche che discendono logicamente da quella stessa ratio. Accolto il male minore presto giungerà quello maggiore, semplicemente perché come il minore anche il maggiore è un male.

 

Lei è un profondo conoscitore di John Finnis, autorevolissimo filosofo del diritto che si rifà a san Tommaso. Su di lui ha anche pubblicato dei testi specifici [La legge naturale di John Finnis, Editori Riuniti, Roma 2008; La teoria neoclassica sulla legge naturale di Germain Grisez e John Finnis, Giappichelli, Torino, 2012. Sul tema della lotta alla legge ingiusta lei concorda con Finnis?

 

No. Finnis, sicuramente in buona fede, erra (così come spesso erra nella interpretazione di Tommaso). La questione è tecnica e rimando al libro per un approfondimento. Molto in sintesi il ragionamento di Finnis e di moltissimi altri autori di estrazione cattolica è il seguente: voto la legge ingiusta al fine di limitare i danni e non al fine di approvare l’iniquità contenuta nella legge. Gli effetti negativi prodotti dal voto a favore sarebbero solo effetti collaterali non voluti. Ma in realtà si compie un’azione malvagia – il voto ad una legge ingiusta – per un fine buono – limitare i danni. E mai è lecito compiere un male anche a fin di bene. Il percorso argomentativo del saggio mira sostanzialmente a validare la seguente tesi: votare a favore significa approvare, al di là delle intenzioni buone di chi vota a favore. Parimenti chi uccide una persona innocente per testare delle cure compie un assassinio per un fine buono. Costui non può informare l’azione materiale dell’uccisione dell’innocente con il fine prossimo “curare”, perché in realtà, anche se per ipotesi non ne è consapevole, il fine prossimo da lui scelto è oggettivamente “assassinio”. Dunque votare a favore significa dal punto di vista morale approvare – è addirittura tautologico sottolinearlo. In modo più analitico dovremmo dire che l’atto materiale di premere un pulsante o di alzare la mano è informato oggettivamente dal fine “approvare” – perché è questo il significato giuridico convenzionale assegnato a tali azioni e dunque il significato morale (trattasi di condizione che incide sulla essenza dell’atto) – e non può essere sostituito da nessun altro fine, come “limitare i danni”. Questo semmai sarà un fine secondo. In estrema sintesi, Finnis e molti altri individuano nella limitazione del danno di una legge ingiusta il fine prossimo che informa l’atto materiale del votare a favore e qualificano gli effetti negativi prodotti dal voto a favore come effetti meramente tollerati e non voluti; il sottoscritto, di contro, individua l’approvazione degli effetti negativi come fine prossimo che informa l’atto materiale del voto a favore e la limitazione dei danni come fine remoto.

 

Di grande interesse nel suo libro è la parte dedicata al paragrafo 73 della Evangelium vitae. Un paragrafo scabroso e famoso, diversamente interpretato e citato da molti a sostegno di interventi legislativi di presunta riduzione del danno che lei invece considera incompatibili con esso. Il cuore della sua analisi mi sembra essere che interventi migliorativi di una legge ingiusta che in una certa situazione non è possibile abolire e condotti nel senso di limitarne i danni non possono comportare l’approvazione di un male nemmeno minore. Mi permetta di chiederle a questo proposito: ma questo non è stato di fatto mai insegnato da chi avrebbe dovuto farlo. Se le cose non vengono insegnate e chiarite come aspettarsi poi che vengano seguite ed applicate?

 

Prima di rispondere alla sua domanda mi permetta di sottolineare un particolare snodo concettuale. Limitare i danni è un fine buono, ma tale fine deve essere soddisfatto per il tramite di un atto parimenti buono. Io potrei uccidere una persona innocente per evitare che periscano altre 100: limiterei sicuramente i danni ma attraverso un atto malvagio. E dunque, bene limitare i danni di una legge ingiusta quando è impossibile abrogarla o impedirne il varo, ma la limitazione del danno deve avvenire scegliendo un atto eticamente buono (nel mio testo indico concretamente molte soluzioni eticamente valide per limitare i danni) e votare una legge ingiusta, seppur meno ingiusta di un’altra, non è un atto buono. Ora tutti questi passaggi argomentativi sono impliciti nel n. 73 dell’EV, perché portato dottrinale cattolico di carattere morale dato per assodato. Però a seguito di molte manipolazioni di questo numero forse sarebbe stato bene esplicitare in modo più chiaro il senso di tale paragrafo. Questa era infatti l’intenzione di Giovanni Paolo II. Il compianto cardinal Elio Sgreccia, che fu presidente della Pontificia Accademia per la Vita regnante Giovanni Paolo II e che, così pare, insieme al cardinal Tettamanzi ebbe un certo ruolo nella estensione dell’Evangelium vitae, in un colloquio privato a casa sua mi raccontò che il Santo Padre avrebbe voluto esplicitare ancor meglio il numero 73. Non lo fece, così mi rivelò, per non entrare in rotta di collisione con la Conferenza episcopale polacca che solo due anni prima aveva dato il proprio appoggio a una nuova legge sull’aborto perché più restrittiva di quella precedente, varata nel 1956. Avendo io consultato, almeno credo, tutta la letteratura mondiale sul tema del voto ad una legge ingiusta al fine di limitarne i danni – produzione letteraria per la gran parte proveniente da ambiente cattolico –  posso affermare che la stragrande maggioranza degli autori, spesso assai ortodossi su altre tematiche, è in definitiva favorevole nel votare una legge ingiusta per evitarne un’altra peggiore che sta per essere approvata o per riformare in meglio una già vigente oppure per limitare le condotte inique già presenti nella società e non ancora disciplinate dalle norme giuridiche (è il famigerato caso della legge 40 sulla fecondazione extracorporea). Dunque, e veniamo alla sua domanda, non stupisce che la tesi sostenuta nel mio saggio non venga insegnata, né divulgata anche perché, oggettivamente, il percorso per giungere alle conclusioni che qui ha indicato in modo molto sintetico è assai accidentato e ricco di insidie.

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21 commenti

  • Ivan ha detto:

    ah Il prof . Scandroglio ….
    Questa intervista con i relativi rimandi e approfondimenti , dovrebbe essere divulgata nelle scuole di ogni ordine e grado ….. ma anche ad ogni amico /a che si interroga nel buio del relativismo ….una lama di luce nel buio

  • marzio ha detto:

    La “legalità” si è imposta al posto della “giustizia” come valore fondamentale, da decenni. Chi se ne riempiva continuamente la bocca era Fini, tanto per intenderci, con un’azione che di fatto blindava tutto il costrutto legislativo italiano, incluso l’aborto. La legge fatta dall’uomo e non la legge naturale voluta da Dio, al centro. Oggi, con lo stesso principio, appoggerebbe le unioni civili e domani l’eutanasia e la compressione della libertà di opinione e di religione come per l’omofobia. Analogamente, per lo stesso motivo, si ritenevano e si ritengono giuste leggi come il Patriot Act che giustifica la tortura (defiita eufemisticamentei water boarding per nasconderne con il solito uso di una lingua chissà perchè seducente il vero significato) o l’imprigionamento a Guantanamo di quelli che un tempo si sarebbero definiti prigionieri di guerra (quindi in possesso di una dignità che si vuole negare). Lo stesso, in fin dei conti, vale con il 41 bis che legalizza un rigore di carcerazione altrimenti ritenuto ingiusto. Gli stessi che sostengono questa tesi sono quelli più virulentemente ostili alla morale (sessuale) islamica, perchè oscurantista (si, sa, il velo delle donne, il burkini e fesserie successive) e, guarda caso, così simile a quella cattolica caduta in disuso dopo il Cincilio. A questi sarebbe facile opporre la considerazione che così facendo si riterrebbe del tutto lecita la lapidazione delle adultere e il taglio della mano ai ladri, previste dalla Sharia, che è pur sempre una legge contemplata da alcuni Stati, ma chissà perchè questa contraddizione non viene mai lumeggiata. Si impone, così, una forma paradossale di razzismo da parte di quelli che fanno dell’antirazzismo il loro apparente valore fondamentale, per il quale le culture diverse dalla nostra non avrebbero il diritto di legiferare in questi contesti. Molte di queste leggi ingiuste lo sono, poi, con riferimento alla vita (quella del nascituro, quella della famiglia che lo accoglie, quella della famiglia che lo educa, quella delle pari opportunità che negano la maternità come valore assoluto) e al centro di questa visione c’è quasi sempre la donna, strumento insostituibile della creazione continua. E’ la donna “femmina” il nemico immediato che vogliono combattere e il suo complemento rappresentato dall’uomo “maschio”, per questo criminalizzato a prescindere, per quello che è e non per quello che fa.

  • Enrico ha detto:

    Intervista dal contenuto davvero apprezzabile. Un contenuto, però, come spesso accade, minuziosamente analitico. Una costruzione razionale, logica, apparentemente inattaccabile (da quanto scritto in un commento, Scandroglio dice cose non condivisei).

    In ogni caso, c’è il rovescio della medaglia che presenta l’immagine di una “prigione dogmatica” auto-costruita:

    “Alcuni hanno paura della luce della ragione,
    altri hanno paura della luce irrazionale dell’anima.
    Si sentono sicuri solo nella prigione dogmatica
    che si sono costruiti,
    e lì si credono importanti davanti a se stessi
    e davanti agli altri.
    Presumono di sapere e potere lottando fra loro,
    rinunciando ad essere umani
    nel fondamento dell’intelligenza e del cuore.
    Uccelli in gabbia senza saperlo.
    Eppure la porta è sempre aperta,
    qualcuno è volato via e solo lui sa”.

    N. Nuruddin (sufi XV secolo).

    Volar via dalla gabbia … Chi se la sente?

    • stilumcuriale emerito ha detto:

      Qui fa un caldo che si sofocle. Bisogna andare al fresco perchè se no tucidide. Detto con un’arteria di umorismo.

    • Adriana ha detto:

      Mi verrebbe da dire : Vaclav Nijinsky .

      • Enrico ha detto:

        «La piroetta, nella danza classica, rappresenta (a differenza delle solite spiegazioni accademiche) la manifestazione di un’armonia dinamica, un equilibrio tra altezza e profondità, cielo e terra, gravità e peso».

        Gerhard Zacharias, Ballet 1962

        Quand’è che impareremo la piroetta? Però, non la si impara pensando e parlando bensì … ballando! 😍

    • stefano raimondo ha detto:

      Risuona molto intenso.

      Mi vengono in mente due citazioni.

      I simboli hanno una ragione di essere che la ragione non conosce. (Pascal)

      La verità non si conquista mediante il pensiero logico-discorsivo, ma si *intuisce* una volta raggiunto il grado di maturità necessario. Parlarne in pubblico è un sacrilegio. La verità è il monopolio segreto, gelosamente custodito, di una ristretta élite e l’accesso è iniziazione. Bisogna essere chiamati *eletti*. Il mezzo per comunicarla (per trasmettere l’inesprimibile) è l’immagine mitica. (Nicolaus Sombart, Jugend in Berlin. A proposito di Schmitt).

      • Enrico ha detto:

        Stefano, prendo l’occasione al volo per andare un pochino avanti.

        Per riprendere il discorso sul Samadhi/Zan Mai, cioè sulla Concentrazione, osserviamo come sia di fondamentale importanza comprendere che l’uomo e il mondo sono soggetti all’impermanenza, mujo nel linguaggio zen. Mujo definisce implicitamente la natura non sostanziale delle cose. Tutte le esistenze, sensibili e non sensibili, subiscono le trasformazioni generate dal tempo. Mujo è un concetto e ancor più una REALTA’ che vale per ogni tempo ed ogni luogo:

        “Ogni uomo è come l’erba
        e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.
        Secca l’erba, il fiore appassisce
        quando il soffio del Signore spira su di essi.
        Secca l’erba, appassisce il fiore,
        ma la parola del nostro Dio dura sempre.
        Veramente il popolo è come l’erba”.
        Isaia 40, 6-7-8.

        “Nasciamo senza portare
        nulla,moriamo senza poter
        portare nulla,ed in mezzo,
        nell’eterno che si
        ricongiunge nel breve
        battito delle
        ciglia,litighiamo per
        possedere qualcosa”.
        N.Nur-ad-Din (XII secolo)

        Dopo di che, ognuno, nessun escluds, dovrebbe chiedersi che cavolo stia combinando dentro questo battito di ciglia. 😜

  • Sig. Divertito ha detto:

    Vedo che gli illustri studiosi non hanno ancora capito la differenza tra le condizioni oggettive e le intenzioni (inefficaci per neutralizzare la malvagità oggettiva dell’atto ai sensi di Vetitatis Splendor) e le condizioni soggettive (efficaci a non imputare l’atto malvagio a titolo di colpa, ai sensi di Vetitatis Splendor e come da nn. 304-305 di Amoris Laetitia). Confusione grossolana buona per il pubblico di Tosatti 🤣🤣🤣

  • Marco Matteucci ha detto:

    NELLE CHIESE SARÀ SOPPRESSO IL MISTERO EUCARISTICO

    “Svegliatevi! gli eventi che si stanno approssimando rischiano di confondervi.
    che cosa sarà dei miei figli se permettete che vi turbino?

    La Mia Chiesa si sta avviando verso lo scisma a causa della continua trasgressione alla mia legge da parte di alcuni, che io chiamo i miei Figli Prediletti, i miei religiosi e le mie religiose, che stanno accettando quello che io ho definito peccato e abominevole ai miei occhi.”…

    La Chiesa vivrà la sua più grande crisi, l’ordine verrà messo da parte. Il Mio Pietro soffre.
    Voi figli miei, accompagnatelo con la preghiera. Io rimango con lui, rimarrò fino alla fine.
    Il Mio amato papa non vedrà il trionfo della Chiesa. Al contrario soffrirà a causa dei nemici della Religione Cattolica, che già oggi sono guidati dall’influenza di coloro che preparano la venuta dell’anticristo.
    La terra continua ad essere macchiata da innumerevoli crimini. Giorno dopo giorno cresce l’abominazione. Chiamo i Miei figli a proteggere gli innocenti, a tenere gli adolescenti lontani dalla contaminazione del mondo, dalle idee comuniste che emergono con forza in questo tempo, con il fine di preparare la loro offensiva…

    Se vuoi leggere tutto:
    https://reginadelcielo.wordpress.com/2020/07/31/nella-chiesa-ci-sara-la-soppressione-del-mistero-eucaristico/

  • Zorro ha detto:

    solo una nota per Scandroglio . Non ho condiviso il suo pezzo sulla NBQ di un paio di settimane fa sul moderatismo di Zamagni. Zamagni non è affatto un vecchio rincodemocristiano moderato che sogna un Ferrerò Rochè ( come dice Scandroglio) . Zamagni è un cattocomunistacattolicoadulto che sogna l’olio di ricino per i CattoTradizionalisti e la ghigliottina per i capitalisti .

  • fG ha detto:

    signori miei , con questa intervista viene anche rivalutato il pensiero del prof Roberto de Mattei .

  • pg ha detto:

    Tre appalusi, uno a Scandroglio evidentemente , uno a Fontana per la bella e chiara intervista e infine uno a Tosatti per averla messa su SC . Non c’è una virgola che metterei in discussione . PezzoGrosso.