VIGANÒ: TROPPI ERRORI AL VAT II PER NON RENDERLO SOSPETTO.

4 Luglio 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il recente intervento dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò in tema di Concilio Vaticano II hanno creato discussione e polemica. John Henry Westen, direttore di LifeSiteNews, ha posto alcune domande all’arcivescovo. Ecco domande e risposte. 

§§§

Caro Arcivescovo Viganò,

 

Spero di avere un chiarimento da lei sui suoi ultimi testi riguardanti il Concilio Vaticano II.

 

Nel suo testo del 9 giugno ha affermato che è innegabile che dal Vaticano II in poi si sia costituita una chiesa parallela, sovrapposta e contrapposta alla vera Chiesa di Cristo.”

 

Nella successiva intervista con Phil Lawler, egli le ha chiesto: “Qual è la soluzione? Mons. Schneider suggerisce che un futuro Pontefice debba ripudiare gli errori; Ella trova questa proposta inadeguata. Ma allora come si possono correggere gli errori, in modo da mantenere l’autorità di insegnamento del Magistero?

 

Lei ha risposto: “Toccherà ad un suo Successore, al Vicario di Cristo, nella pienezza della sua potestà apostolica, riprendere il filo della Tradizione là dove esso è stato reciso. Questa non sarà una sconfitta, ma un atto di verità, di umiltà e di coraggio. L’autorità e l’infallibilità del Successore del Principe degli Apostoli ne usciranno intatte e riconfermate.”

 

Da ciò non è chiaro se Ella crede che il Vaticano II sia un concilio invalido e quindi debba essere completamente ripudiato, o se crede che, pur essendo un concilio valido, esso contiene molti errori per cui sarebbe più proficuo per i fedeli dimenticarlo, e riferirsi al Vaticano I e altri concili per il loro sostentamento. Credo che questo chiarimento sarebbe utile.

 

In Cristo e nella sua amata Madre,

JH

 

 

 

 

 

 

 

1 Luglio 2020

In festo Pretiosissimi Sanguinis

Domini Nostri Iesu Christi

 

 

 

Caro John-Henry,

 

La ringrazio per la Sua lettera, con la quale mi dà l’opportunità di chiarire quanto ho già avuto modo di esprimere sul Vaticano II. Questo delicato argomento sta coinvolgendo eminenti personalità del mondo ecclesiastico e non pochi laici eruditi: confido che il mio modesto contributo possa aiutare a sollevare la coltre di equivoci che grava sul Concilio, portando così ad una soluzione condivisa.

 

Ella parte dalla mia constatazione iniziale: «It is undeniable that from Vatican II onwards a parallel church was built, superimposed over and diametrically opposed to the true Church of Christ», per poi citare le mie parole sulla soluzione dell’empasse nel quale ci troviamo oggi: «It will be for one of his Successors, the Vicar of Christ, in the fullness of his apostolic power, to rejoin the thread of Tradition there where it was cut off. This will not be a defeat but an act of truth, humility, and courage. The authority and infallibility of the Successor of the Prince of the Apostles will emerge intact and reconfirmed.»

(“Sarà per uno dei suoi Successori, il Vicario di Cristo, nella pienezza della sua potenza apostolica, a ricongiungere il filo della Tradizione là dove è stato tagliato. Non sarà una sconfitta, ma un atto di verità, di umiltà e di coraggio”. L’autorità e l’infallibilità del Successore del Principe degli Apostoli emergeranno intatte e riconfermate”, N.d.R..)

Lei ha affermato che non è chiara la mia posizione – “whether you believe Vatican II to be an invalid council and thus to be complete repudiated, or if you believe that while a valid council it contained many errors and the faithful would be better served by having it forgotten about.” (“se credete che il Concilio Vaticano II sia un Concilio non valido e quindi completamente ripudiato, o se credete che, pur essendo un Concilio valido, contenga molti errori e che i fedeli sarebbero meglio serviti facendolo dimenticare, N.d.R.) Io non ho mai pensato e tanto meno affermato che il Vaticano II sia stato un Concilio Ecumenico invalido: esso infatti è stato convocato dall’autorità suprema, dal Sommo Pontefice, e ad esso hanno preso parte tutti i Vescovi del mondo. Il Vaticano II è un Concilio valido, sorretto dalla stessa autorità del Vaticano I e del Tridentino. Tuttavia, come ho già scritto, esso è stato fatto oggetto fin dal suo nascere di una grave manipolazione da parte di quinte colonne penetrate in seno alla Chiesa che ne hanno pervertito gli scopi, confermati dai risultati disastrosi che sono sotto gli occhi di tutti. Ricordiamo che nella rivoluzione francese, il fatto che gli Stati Generali siano stati convocati legittimamente il 5 maggio 1789 da Luigi XVI, non ha impedito che degenerassero nellaRivoluzione e nel Terrore (l’accostamento non è fuori luogo, visto che l’evento conciliare fu definito dal Card. Suenens il 1789 della Chiesa).

Nel suo recente intervento, Sua Eminenza il Card. Walter Brandmüller sostiene che il Concilio si ponga in continuazione con la Tradizione e a comprova di ciò ha rilevato: «È sufficiente dare uno sguardo alle note del testo. Si può così constatare che all’interno del documento vengono citati addirittura dieci concili precedenti. Tra questi, il Vaticano I viene portato come riferimento 12 volte, il Tridentino ben 16. Già da questo si evince che, per esempio, un “distacco da Trento” va escluso in maniera assoluta. Ancora più stretto appare il rapporto con la Tradizione, se si pensa che, tra i pontefici, Pio XII viene citato 55 volte, Leone XIII in 17 occasioni e Pio XI in 12 passi. A loro si aggiungono poi Benedetto XIV, Benedetto XV, Pio IX, Pio X, Innocenzo I e Gelasio. L’aspetto più impressionante è tuttavia la presenza dei Padri nei testi di Lumen Gentium. I Padri, ai cui insegnamenti fa riferimento il concilio, sono addirittura 44. Tra loro spiccano Agostino, Ignazio di Antiochia, Cipriano, Giovanni Crisostomo e Ireneo. Vengono inoltre citati i grandi teologi, ovvero i dottori della Chiesa: Tommaso d’Aquino in ben 12 passi, insieme ad altri sette nomi di peso.»

 

Come ho fatto notare nel caso analogo del Conciliabolo di Pistoia, la presenza di contenuti ortodossi non esclude la presenza di proposizioni eretiche né ne attenua la gravità, né la verità può esser usata anche per nascondere un solo errore. Al contrario, le numerose citazioni di altri Concili, di atti magisteriali o dei Padri della Chiesa possono proprio servire a celare, con un intento doloso, i punti controversi. A tal proposito è utile ricordare le parole del Tractatus de Fide orthodoxa contra Arianos, citate da Leone XIII nell’Enciclica Satis Cognitum:

 

«Niente vi può essere di più pericoloso di questi eretici, i quali, mentre percorrono il tutto [della dottrina] senza errori, con una sola parola, come con una stilla di veleno, infettano la pura e schietta fede della divina e dell’apostolica tradizione». Commenta Leone XIII: «Tale, appunto, fu sempre il modo di comportarsi della Chiesa, e ciò anche per l’unanime giudizio dei santi Padri, i quali considerarono sempre eretici e scomunicati tutti coloro che, anche per poco, si allontanarono dalla dottrina proposta dal legittimo magistero.»

 

Sulle colonne de L’Osservatore Romano, in un articolo del 14 aprile del 2013, il Cardinale Kasper ha ammesso che «in molti luoghi [i Padri conciliari] hanno dovuto trovare formule di compromesso, in cui, spesso, le posizioni della maggioranza (conservatori) si trovano accanto a quelle della minoranza (progressisti), progettate per delimitarle. Pertanto, gli stessi testi conciliari hanno un enorme potenziale di conflitto, aprono la porta a un’accoglienza selettiva in entrambe le direzioni.» Ecco da dove derivano le rilevanti ambiguità, le patenti contraddizioni e i gravi errori dottrinali e pastorali.

 

Si potrà obbiettare che il prendere in considerazione la presunzione del dolo in un atto magisteriale dovrebbe essere respinta con sdegno, dal momento che il Magistero deve esser finalizzato a confermare i fedeli nella Fede; ma forse è proprio il dolo a far sì che un atto si riveli non magisteriale e ne autorizzi la condanna o ne decreti la nullità. Sua Eminenza Brandmüller chiudeva il suo commento con queste parole: «Sarebbe opportuno evitare quella “ermeneutica del sospetto” che accusa l’interlocutore in partenza di concezioni eretiche.» Certamente condivido questo auspicio in astratto e in generale, ma ritengo opportuno formulare un distinguo per inquadrare meglio il caso concreto. Per far ciò, è necessario abbandonare quell’atteggiamento un po’ troppo legalista che considera tutte le questioni dottrinali inerenti la Chiesa come riconducibili e risolvibili principalmente sulla base di un riferimento normativo: non dimentichiamo che la legge è al servizio della Verità, e non il contrario. E lo stesso vale per l’Autorità che di quella legge è ministra e di quella Verità custode. D’altra parte, quando Nostro Signore affrontò la Passione, la Sinagoga aveva disertato la propria funzione di guida del popolo eletto nella fedeltà all’Alleanza, come parte della Gerarchia sta facendo da sessant’anni.

 

Questo atteggiamento legalista è alla base dell’inganno dei Novatori, i quali hanno escogitato un modo semplicissimo per attuare la Rivoluzione: imporla in forza di autorità con un atto che la Chiesa docente adotta per definire verità di Fede con valore vincolante per la Chiesa discente, ribadendo quell’insegnamento in altri documenti altrettanto vincolanti, seppure in grado diverso. Si è insomma deciso di apporre l’etichetta “Concilio” ad un evento concepito da alcuni con lo scopo di demolire la Chiesa, e per farlo i congiurati hanno agito con intenzione dolosa e con finalità eversive. Lo dice candidamente padre Edward Schillebeecks op: «Nous l’exprimons d’une façon diplomatique, mais après le Concile nous tirerons les conclusions implicites». «Ora lo diciamo in modo diplomatico, ma dopo il Concilio ne trarremo le conseguenze implicite» (De Bazuin, n.16, 1965).

 

Non ci troviamo quindi dinanzi ad una “ermeneutica del sospetto”, ma al contrario dinanzi a qualcosa di ben più grave di un sospetto, corroborato dalla valutazione equanime dei fatti, oltre che dalle stesse ammissioni dei protagonisti. Al riguardo, chi di loro è più autorevole dell’allora Cardinale Ratzinger?

 

«Sempre più cresceva l’impressione che non ci fosse nulla di stabile, che tutto può essere oggetto di revisione. Sempre più il Concilio pareva somigliare a un grosso parlamento ecclesiale, che poteva cambiare tutto e rivoluzionare ogni cosa a modo proprio. Evidentissima era la crescita del risentimento nei confronti di Roma e della Curia, che apparivano come il vero nemico di ogni novità e progresso. Le discussioni conciliari venivano sempre più presentate secondo lo schema partitico tipico del parlamentarismo moderno. Chi veniva informato in questo modo, si vedeva indotto a prendere a sua volta posizione per un partito. […] Se a Roma i vescovi potevano cambiare la Chiesa, anzi, la stessa fede (così almeno pareva), perché solo ai vescovi era lecito farlo? La si poteva cambiare, e, al contrario di quel che si era sino ad allora pensato, questa possibilità non pareva più sottratta alla capacità umana di decidere, ma, secondo tutte le apparenze, era posta in essere proprio da essa. Ora, però, si sapeva che il nuovo che i vescovi sostenevano, lo avevano appreso dai teologi; per i credenti si trattava di un fenomeno strano: a Roma i loro vescovi parevano mostrare un volto diverso da quello di casa loro» (cfr. J. Ratzinger, La mia vita, Edizioni San Paolo, 1997, pp. 99).

 

È doveroso a questo punto richiamare l’attenzione su un paradosso ricorrente anche nelle questioni del mondo: il mainstream chiama “complottisti” coloro che svelano e denunciano il complotto che il mainstream stesso ha ideato, per deviare l’attenzione dal complotto e delegittimare chi lo denuncia. Analogamente, mi sembra che vi sia il rischio di definire “ermeneutici del sospetto” quanti svelano e denunciano la frode conciliare, come se fossero persone che immotivatamente accusano «l’interlocutore in partenza di concezioni eretiche.» Occorre invece comprendere se l’azione dei protagonisti del Concilio possa giustificare il sospetto nei loro confronti, se non addirittura renderlo doveroso; e se il risultato ottenuto da costoro legittimi una valutazione negativa per l’intero Concilio, per alcune sue parti o per nessuna. Se ci ostiniamo a pensare che chi ha concepito il Vaticano II come evento eversivo rivaleggiava in pietà con Sant’Alfonso e in dottrina con San Tommaso, dimostriamo un’ingenuità che mal si concilia con il precetto evangelico, ed anzi sconfina se non nella connivenza, certamente con la sprovvedutezza. Non mi riferisco ovviamente alla maggioranza dei Padri Conciliari, che certamente erano animati da pie e sante intenzioni; parlo invece dei protagonisti dell’evento-Concilio, dei cosiddetti teologi che fino al Vaticano II erano stati colpiti da censure canoniche e allontanati dall’insegnamento, e che proprio in forza di ciò furono scelti e promossi e aiutati, sicché le patenti di eterodossia valsero loro un motivo di merito, mentre l’indiscussa ortodossia del Card. Ottaviani e dei suoi collaboratori al Sant’Uffizio fu motivo sufficiente per dare alle fiamme gli schemi preparatori del Concilio con il consenso di Giovanni XXIII.

 

Dubito che dinanzi a mons. Bugnini – giusto per fare un nome – un atteggiamento di prudente sospetto sia censurabile o che manchi di Carità, al contrario: la disonestà dell’autore del Novus Ordo nel perseguimento dei propri scopi, la sua appartenenza alla Massoneria e le sue stesse ammissioni nei diari dati alle stampe, ci mostrano che i provvedimenti presi da Paolo VI nei suoi riguardi furono sin troppo clementi e inefficaci, poiché tutto quello che egli fece nelle Commissioni conciliari e alla Congregazione dei Riti rimase intatto e divenne, nonostante ciò, parte integrante degli Acta Concilii e delle riforme collegate. Ben venga, dunque, l’ermeneutica del sospetto, se serve per dimostrare che i motivi di sospetto ci sono e che spesso questi sospetti si concretizzano in certezza del dolo.

 

Torniamo al Vaticano II, per mostrare quale sia la trappola nella quale sono caduti i buoni Pastori, indotti in errore assieme al loro gregge da una astutissima opera di inganno di persone notoriamente infette di modernismo e non di rado traviate anche nella condotta morale. Come scrivevo poc’anzi, la frode risiede nel ricorso ad un Concilio come contenitore di una manovra sovversiva, e nell’utilizzo dell’autorità della Chiesa per imporre la rivoluzione dottrinale e morale, liturgica e spirituale che è ontologicamente contraria allo scopo per il quale un Concilio viene indetto e l’autorità magisteriale viene esercitata. Ripeto: l’etichetta “Concilio” apposta sulla confezione non ne rispecchia il contenuto.

 

Abbiamo assistito ad un nuovo e diverso modo di intendere le stesse parole del lessico cattolico: l’espressione “concilio ecumenico” data al Tridentino non coincide al significato che ne danno i fautori del Vaticano II, per i quali “concilio” allude alla conciliazione e “ecumenico” al dialogo interreligioso. Lo “spirito del concilio” è “spirito di conciliazione, di compromesso”, così come l’assise fu solenne e pubblica attestazione di dialogo conciliante col mondo, per la prima volta nella storia della Chiesa.

 

Scriveva Bugnini: «Dobbiamo togliere dalle nostre preghiere cattoliche e dalla liturgia cattolica ogni cosa che possa essere l’ombra di una pietra d’inciampo per i nostri fratelli separati, ossia i protestanti» (cfr. L’Osservatore Romano, 19 Marzo 1965). Da queste parole comprendiamo che l’intento della riforma, frutto della mens conciliare, era di attenuare la proclamazione della Verità cattolica per non urtare gli eretici: ed è esattamente quello che è stato fatto non solo nella Santa Messa – orribilmente deturpata in nome dell’ecumenismo – ma anche nell’esposizione del dogma di documenti di contenuto dottrinale; il ricorso al subsistit in ne è chiarissimo esempio.

 

Si potrà forse discutere sui motivi che possono aver determinato questo evento unico e così gravido di conseguenze per la Chiesa; ma non possiamo più negare l’evidenza e fingere che il Vaticano II non sia qualcosa di diverso dal Vaticano I, nonostante gli eroici, numerosi e documentati tentativi, anche autorevolissimi, di interpretarlo a forza come un normale Concilio Ecumenico. Una persona di buon senso vede già un’assurdità nel voler interpretare un Concilio, dal momento che esso è e deve essere norma chiara ed inequivocabile di Fede e di Morale. In secondo luogo, se un atto magisteriale pone dei seri e motivati argomenti di coerenza dottrinale con quelli che lo hanno preceduto, è evidente che la condanna del singolo punto eterodosso scredita in ogni caso l’intero documento. Se a ciò aggiungiamo che gli errori formulati o lasciati obliquamente intendere tra le righe non si limitano ad uno o due casi, e che agli errori affermati corrisponde una mole enorme di verità non ribadite, ci possiamo chiedere se sia doveroso espungere l’ultima assise dal catalogo dei Concili canonici. La sentenza sarà emessa dalla Storia e dal sensus fidei del popolo cristiano ancor prima che da un documento ufficiale. L’albero si giudica dai suoi frutti, e non basta parlare di primavera conciliare per nascondere il rigido inverno che attanaglia la Chiesa; né inventarsi preti sposati e diaconesse per rimediare al crollo delle vocazioni; né adattare il Vangelo alla mentalità moderna per raccogliere più consensi. La vita cristiana è una milizia, non una simpatica scampagnata, e questo vale a maggior ragione per la vita sacerdotale.

 

Concludo con una richiesta a quanti stanno proficuamente intervenendo nel dibattito sul Concilio: vorrei che cercassimo anzitutto di proclamare a tutti gli uomini la Verità salvifica, poiché da ciò dipende la loro e la nostra salvezza eterna; e che solo secondariamente ci occupassimo delle implicazioni canoniche e giuridiche poste dal Vaticano II: anathema sit o damnatio memoriae, cambia poco. Se davvero il Concilio non ha cambiato nulla della nostra Fede, prendiamo in mano il Catechismo di San Pio X, torniamo al Messale di San Pio V, rimaniamo dinanzi al Tabernacolo, non disertiamo il Confessionale, pratichiamo con spirito di riparazione la penitenza e la mortificazione. Da qui scaturisce l’eterna giovinezza dello Spirito. E soprattutto: facciamo in modo che a quel che predichiamo diano solida e coerente testimonianza le nostre opere.

 

 

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

 

 

 

 

 

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22 commenti

  • Michel Berthoud ha detto:

    Magistrale ed esaustiva risposta dell’arcivescovo Viganò alle domande di John Henry Western. Monsignor, colgo l’occasione per Ringraziarla per quello che stà facendo.

  • Tonino T. ha detto:

    IT] 🇮🇹
    4 luglio 2020
    ▶️ VIGANÒ: TROPPI ERRORI AL VAT II PER NON RENDERLO SOSPETTO.
    https://www.facebook.com/groups/1240854762763713/permalink/1544224322426754/

  • Enrico ha detto:

    Altro uomini, altra tempra, altro che chiacchiere!

  • Enrico ha detto:

    Inutile girarci attorno: se oggi abbiamo una Chiesa che in molte occasioni prende vie ereticali di matrice gnostica e si ispira a quel vago umanitarismo che tanto piace al mondo e che, non a caso, le procura l’applauso di chi è sempre stato nemico della Chiesa stessa, è perché il Concilio Vaticano II, a differenza di tutti quelli che lo precedettero, pretese, in fin dei conti, di fondare una Chiesa nuova. È vero che ciò non venne mai proclamato e che anzi si parlò della necessità del rinnovamento senza intaccare il depositum fidei, ma i circoli modernisti di fatto utilizzarono il Concilio per introdurre una discontinuità. E lo strumento retorico a cui si fece ricorso fu l’espressione, del tutto inedita, “spirito del Concilio”, concetto che permise di fatto di introdurre sconvolgimenti, ben al di là di quanto era scritto nei testi.
    Aldo Maria Valli

  • Gederson Falcometa ha detto:

    Alcune citazioni veramente interessante:

    “La tatica delle formule antiche conservatte con un senso differente, le professioni di fede mantenutte sotto il benefficio di correzioni dottrinarie sottointese, la ferma volontà di restare là dove si era, grazie a equivoci, per fare benefficiare le nuove idee col prestigio che porta una catedra di insegnanza, un abito ecclesiastico, una reputazione d’orthodossia” (L. de Grandmaison, Études 1908. t. XCVII. p. 303, apud J Rivière, op. cit., p. 221).

    “Le scienze storiche non hanno soltanto rivoluzionatto nostra conoscenza del passato, ma anche, nella “foulée” lo spirito degli Storiatori e la coscienza dei credenti. In questo senso, siamo tutti dei modernisti. Che coloro che lo dubitano o lo contestano che rileggano i documenti pontificii, il Decreto Lamentabili e l’ enciclica Pascendi (1907). Il fatto è che il lungo giuramento anti modernista istituito da Pio X nel 1910. è stato abolito o abbreviato, e ridotto a poche linee da Paolo VI dopo poco più di mezzo secolo” (Émile Poulat, Permanenza ed Atualità del Modernismo “Avant Propos” della terza edizione del libro Histoire, Dogme et Critique dans la Crise Moderniste, Paris, Albin Michel, p. XVII, Septembre del 1995.)

    “Blondel intimidato, Rousselot censurato, Laberthonnière imbavagliato, Lagrange e Huby messi in sospetto… Egli hanno seminato nelle lacrime. Ma non dubitiamo: nella primavera incerta del post Concilio (Vaticano II), è stato il suo grano quello che cresce insieme alla cizania” (Xavier Tilliette, Maurice Blondelet la controverse Christologique, in Le Modernisme, opera editata dall’ Institut Catholique de Paris, ed. Beauchesne, Parigi, 1980. P. 160).

    “Nella enciclica Humani Generis (1950), prossegue Tamayo, comparabile per la sua intolleranza ed anti modernismo al Syllabus, Pio XII condanna severamente i teologi che intentavano svilupare la riflessione cristiana in dialogo con la modernità. Condanna l’evoluzionismo, i movimenti storici-critici, il ritorno alle fonti del cristianesimo, etc. Qualch’uni di loro sono stati espulsi delle loro catedre ed incluso esiliati etc.(Chenu, Congar, de Lubac…). Or bene, gli stessi teologi, condannati da Pio XII ed l’Humani Generis, sono stati chiamati 10 anni dopo per Giovanni XXIII, per che liderassero e fondamentassero la riforma della Chiesa del punto di vista teologico. Il ConcilioVaticano II è stato un Concílio piutosto di teologi che di Vescovi, ancora che abbia avuto un componente pastorale importantissimo. Una parte dei documenti e dei contenutti di questi documenti del Vaticano II sono stati presi ed estrati delle opere di teologi come Rahner, Haering. González Ruiz, Congar, Chenu,etc. E tuttavia, gli stessi teologi chiamati da Giovanni XXIII come periti del Concilio, sono caduti sotto sospetto nel pontificato di Giovanni Paolo II e sono stati condannati una altra volta, sin che, fino ad oggi, sia stata fatta la loro riabilitazione. Il caso più emblematico è stato quello di Hans Kung, teologo di Giovanni XXIII, e quasi venti anni dopo, espulso della catedra di teologia di Tubinga. Una Università civile! Quarant’ anni dopo del Vaticano II (il quadragesimo anniversario si celebra al primo d’ottobre del 2002) diventa necessaria una nuova Riforma che riprenda lo spirito del Vaticano II e che vada ancora più in là, nel intento di rispondere ai nuovi problemi” (Juan J. Tamayo, Las grandes líneas de la reforma de la Iglesia. Il grossetto ed il sottolineato sono miei. http://perso.wanadoo.es/laicos/2002/854T-JuanjoTamayo.htm ).

    “Nei prossimi tre anni ci sarebbero delle difficoltà, peró, alla fine del Concílio [Vaticano II] le speranze accolte prima del ottobre di 1962 sono state superate di molto. Non solo la terminologia scolastica, considerata da tanto tempo come obvia, è stata sostituitta per espressioni prese della Bíbia, dei Padri e del pensiero moderno, come anche inumerevoli temi della teologia rinovatrice sembrarono essere accettati, alla fine, per la Chiesaa Cattolica. Nella Costituizione sopra la Liturgia, si intende la eco della “teologia del mistero” di Dom Casel, centrata nella Pascua, e della teologia del sacramento e della parola, inspirata in lui. Nella Constituizione sopra la Chiesa, ritroviamo al popolo di Dio in contínuo avanzo attraverso la storia, guidato dai ministri unittis colegialmente, come simbolo di una umanità in ricerca della unidade. Nel Decreto del Ecumenismo, aparisce l’espressa conffermazione della ecclesialità delle chiese non unite a Roma, ed una ricerca ecumenica accenttuata per la relativizzazione delle esperienze religiose sopra la pienezza della Chiesa di Cristo. Il documento, non cosi bene fatto, sopra la formazione sacerdotale già non ha prescritto un programa unifforme di studi, considera la teologia bíbica come la base ed il pensiero moderno come importante mezzo aussiliare della educazione, e limita la rifferenza alla scolastica ad un semplice “soto il magistero di San Tomaso”. Nella Dichiarazione sopra la Libertà Religiosa si riconosce il valore inviolabile delle convinzioni vitali pessonali”(Padre T. M. Schoof, O . P. , La Nueva Teologia Catolica, Ediciones Carlos Lohlé, Buenos Aires- Mexico, 1971, pp. 300-301. Il).

    “La Nuova Teologia, più tardi, si ha domandato, perplessa, come era stato possibile percorrere una tale distanza in tre anni. Non solo si aveva fatto posto alla sua interpretazione; il suo nucleo era stato riconosciuto ed incluso come un autentico svilupo” (Padre T. M. Schoof, La Nueva Teologia Catolica, Ediciones Carlos Lohlé, Buenos Aires- Mexico, 1971, pp.314).

    “Posizioni analoghe si ritrovano oggi nel giudizio sul Vaticano II. Si considera che, ben lontano d’ aver chiuso la crise modernista, il Concilio [Vaticano II] ha fatto ritornare il Modernismo per lo scorcione [le biais] del movimento confuso delle riforme liturgiche, cattechetiche, teologiche, che lui ha slanciato” (P. Colin, L’áudace et le Soupçon, Desclée de Brouwer, Parigi, 1997, p. 29).

    “Nel Vaticano II, si tentò conciliare il metodo storico critico con l’autorità della Chiesa. E questa conciliazione è impossibile: o si accetta l’autorità infalibilmente docente della Chiesa, o si ammette il metodo storico critico. E questa incompatibilità é stata acusata dal proprio Cardinale Ratzinger, antico perito Conciliare:

    “La Costituzione sulla Divina Rivelazione — [la Dei Verbum] — ha cercato di stabilire un equilibrio tra i due aspetti dell’interpretazione, l’ “analisi” storica, e la “compreensione” d’insieme.. Da una parte ha sottolineato la legitimità ed anche la necessità del metodo storico, riconducendolo a tre elementi essenziali: l’attenzione ai generi litterarii; lo studio del contenuto storico (culturale, religioso, ecc.); l’ esame di ciò che si usa chiamare “Sitz im Leben”. Ma il documento del Concilio vuole al tempo stesso mantenere fermo il carattere teologico dell’esegesi e ha indicato i punti di forza del metodo teologico nell’interpretazione del testo; il pressuposto fondamentale sul quale riposa la compreensione teologica della Bibbia è l’unità della Scrittura. A questo pressuposto corrisponde come cammino metodologico “l’analogia della fede”, cioé la compreensione di singoli testi a partire dell’ insieme. Il documento aggiunge altredue indicazzioni metodologiche: la Scrittura è una cosa sola a partire dall’ unico popolo di Dio che ne è stato il portatore attraverso tutta la storia. Conseguentemente, leggere la Scrittura come una unità significa leggerla a partire della Chiesa come la vera chiave d’interpretazione. Da un lato ciò significa che aspetta nuovamente alla Chiesa, nei suoi organismi istituzionali, la parola decisiva nell ‘interpretazione della Scrittura”

    “Ma questo criterio teologico del metodo è incompatibilmente in contrasto con l’orientamento metodologico di fondo dell’esegesi moderna; è precisamente, anzi, ciò che l’esegesi tenta di eliminare ad ogni costo. Questa concezione moderna può essere descritta in questo modo: o l’interpretazione è critica, o si rimette all’autorità; le due cose insieme non sono possibili. Compiere una lettura “critica” della Bibbia significa traslaciare il ricorso ad una autorità nell’interpreetazione.”(…).

    “Da un tale punto di partenza, il compito assegnato dal Concilio all’esegesi — d’ essere cioé contemporaneamente critica e dogmatica– apare in sé contradittorio; essendo queste due richieste inconciliabili per il pensiero teologico moderno. Personalmente sono convinto che una lettura attenta del testo intero della “Dei Verbum” permeterebbe di trovare gli elementi essenziali per una sintesi tra il metodo storico e l’ “ermeneutica” teologica. Il loro accordo tuttavia non è immediatamente evidente.”

    “Cosi la ricezione post-conciliare della Costituzione ha praticamente lasciato cadere la parte teologica della Costituzione stessa come una concessione al passato, compreendendo il testo unicamente come approvazione ufficiale ed incondizionata del metodo storico-critico. Il fatto che, in questo modo, dopo il Concilio, siano praticamente scomparse le differenze confessionali tra la esegesi cattolica e protestante, lo si può attibuire a tale ricezione unilaterale del Concilio. Ma l’aspetto negativo di questo processo è che, anche in ambito cattolico, lo iato tra esegesi e dogma è ormai totale e che la Scrittura è divenuta anche per essa, una parola del passato che ognuno si sforza a suo modo di tradurre nel presente, senza poter troppo fare affidamento alla zattera su cui è salito. La fede cade allora ad una sorte di filosofia della vita che ciascuno, per quanto gli è dato, cerca di distillare dalla Bibbia. Il dogma, deprivato del fondamento della Scrittura, non rege più. La Bibbia, che si è separata dal dogma, è divenuta un documento del passato; appartiene essa stessa al passato”. (Cardinale Joseph Ratzinger, “L’Interpetazione biblica in Conflitto – Problemi del fondamento ed orientamento dell’esegesi contemporanea” pp 3-4. http://wwwratzinger.it/miscellanea/interbiblconflitto.htm . Il grossetto è mio).

    Questa critica travolgente non è di un “integrista”, ma del Cardinale Ratzinger.

    Dunque, la tentativa di conciliazione fatta per la Dei Verbum tra il metodo storico critico e l’ autorità dogmatica della Chiesa non ha riuscito se non a distruggere la teologia cattolica identificandola con la protestante, e producendo un iato insormontabile tra esegesi e dogma. Di modo che — lo dice il Cardinale Ratzinger — “il dogma non regge più”.

    È stato il nuovo conccetto di rivelazione del Vaticano II la causa di che “il dogma non rege più””. JEAN GUITTON ED IL MODERNISMO NEL CONCILIO VATICANO II: Risposta al parere del’ Istituto Paolo VI di Brescia (Italia)

    “Il Vaticano II è stato una specie di conffermazione di quello che i teologi avevano fatto avanti il Concilio: Rahner, Chenu, Congar e gli altri (…) i teologi ch’erano stati condannati, alontanati delle cattedre d’ insegnanza, mandati in esilio, [è stata] la loro teologia che ha trionfato nel Vaticano II” (Padre Schillibeeckx, in “Jesus”, maggio di 1993).

    “Poichè vi è sempre del nuovo nel mondo, non è possibile cogliere l’essere in riposo, in una definizione puramente statica” (…) “La filosofia, fin dal suo inizio, tende al movimento incessante e non cerca fissità se non nell’orientazione del suo cammino”( DP p. 233). “Né in noi, né fuori di noi, se non per una finzione indispensabile praticamente, ma filosoficamente illegitima non si giunge per via speculativa a degli oggetti fissi, distiniti e irredutibili, a degli atomi di coscienza e di sostanza” (DP p. 232, apud Francesco Bertoldi, Il Dibattito sulla verità tra Blondel e Garrigou-Lagrange, in Sapienza, vol. XLIII, fasc.3, pp.293-310. http://www.culturanuova.net ).

    “Ma tutti noi dobiamo persuadirci ripetutamente di che l ‘efusione assimilatrice della bontà divina solo può operare e trionfare in noi attraverso di un pesante tributo e di una dilatazione crocificante. È sempre il mistero del Verbum caro factum est e del caro verbum facta. Uno solo è possibile per l’altro. Il mondo è senza dubbio divinizzato: in tutte le parti possiamo, dobbiamo fare la peregrinazione ai Locali Santi. Noi respiriamo l’aere che Lui ha respirato, e c’ è qualcosa di Lui che circola in noi: tutto questo, però, solo ha senso ed efficacia in funzione della vocazione sopranaturale, della grazia offerta e consentita, senza che tutto questo divino inserito nella criatura non solo non proffita (caro nihil proficit), come è privativo in indebitante “nel vuoto” ed in condannazione (…)” (Lettera di Maurice Blondel al Padre Auguste Valensin — 5 dicembre 1919 — in Blondel e Teilhard de Chardin – Correspondência comentada por Henry de Lubac, Moraes Editores, Lisboa, 1968, p. 21-22. Il ).

    “Essenzialmente, io considero come voi che la Chiesa (come tutte le realità viventi, al fine di un certo tempo) arriva in un periodo di “mutazione” o di “riforme necessarie”. Dopo due mille anni, questo è inevitabile. L’umanità è in via di cambiamento. Come il cristianesimo potrebbe non farlo? Più precisamente io considero che la Riforma in questione non è un semplice affare d’instituzioni o di costumi, ma di Fede. Or bene, questo gesto fondamentale di gestazione di una nuova fede per la terra, solamente, io credo (ed immagino che anche voi siete della mia opinione), soltanto il cristianesimo lo può fare. Io ne sono convinto: è di una nuova cristologia stesa alle dimenzioni organiche del nostro nuovo universo che si prepara a sortire la religione di domani. Questo affermato (ed è in questo che noi divergiamo: ma la vita non procede per via di tasteggiamenti?), questo posto, io non vedo ancora un miglior modo per me di promuovere quello che io anticipo che di lavorare alla riforma a partire di dentro. Molto sinceramente (e senza volere criticare il suo gesto!), io non vedo che nel tronco romano il sostentacolo biologico assai vasto ed assai differenziato per operare e sopportare l’ aspetatta trasformazione. Lavoriamo ognuno al suo posto. Tutto quello che monta, converge. .Molto cordialmente suo”(Lettera di Teilhard de Chardin, apud Itinéraires n0 91, pp.114-—143 e apud Savoir et Servir, n0 56, p. 75. E gli chiedo che non mi giudichi partidario di queste riviste che ho citato).

    “Se i rifformatori del secolo XVI avessero restati nella Chiesa, forse sarebbero arrivati a una soluzione più tardiva, ma sicuramente più sana, che quella che è stata realizzata a Trento”(Hilaire Bourdon- pseudonimo di Georges Tyrrell- in The Church and the Future, apud Jean Rivière, Le Modernisme dans l’Église, Lib. Letouzey et Ané, Paris, 1929, p. 8).

    “Lo stesso Padre Charlier afferma, a questo rispetto, che la rivelazione non è una comunicazione di verità che possono attuare come dei principi d’una scienza comune, dedutiva, ma che è una realità: “Dio che si dá a noi per mezzo di Cristo nel mistero della incarnazione, del qualle mistero la Chiesa è solo una continuazione”(L. Chrlier, Essai sur le Problème Théologique, Thuilles, Paris, 1938, p. 69), Questa realità della rivelazione si svilupa, da che è stata datta alla Chiesa, e questo crescimento è la fonte della nostra cognoscenza progressiva” (Padre T. M. Schoof, La Nueva Teologia Catolica, Ediciones Lohlé, Buenos Aires, 1971, p. 248).

    “Quando leggo i documenti concernenti al Modernismo, tale come è stato definito da San Pio X, e che li confronto con i documenti del Concílio Vaticano II, io non posso lasciare di restare sconcertato. Perché quello che è stato condannato come una eresia nel 1906 è stato proclamato ormai come dovendo essere e como essendo la dottrina ed il metodo della Chiesa. Detto d’altro modo, i modernisti nel 1906 mi paiono come precurssori. Miei maestri hanno fato parte d i loro [i modernisti]. Miei genitori mi hanno insegnato il Modernismo. Come San Pio X ha potuto respingere quelli che adesso a me appariscono come precursori?” (Jean Guitton, Portrait du Père Lagrange, Éditions Robert Laffont, Paris, 1992, p. 55 – 56).

    “La parola aggiornamento, che è stata scelta [da Giovanni XXIII] come consegna per la colocazione della Chiesa al giorno, non può lasciare di provocare un certo solletico se si pensa nel poco che si distingue del senso della parola tabu Modernismo” (Padre T. M. Schoof, La Nueva Teologia catolica, Ediciones Caros Lohlé, Buenos Aires, 1971, p. 279, Il grossetto è mio).

    • Gianfranco ha detto:

      Testi del genere, saturi di errori e praticamente incomprensibili, non dovrebbero essere ammessi alla pubblicazione.

  • gigi ha detto:

    Troppi errori sul Covid per non renderlo sospetto…

  • Autonuova? ha detto:

    Trovo che le parole del vescovo Viganò in questa sua risposta sono illuminanti. La ringrazio, Eccellenza!

    • Gederson Falcometa ha detto:

      Riporto qui il commento che ho fatto sul blog Chiesa e Postconcilio:

      Ho letto velocemente il testo della Nuova Bussola Cotidiana. La prima domanda che se può fare sugli problemi di interpretative del Concilio è:

      Quale l’importanza che i Papi conciliari gli ha datto?

      Non abbiamo nemmeno una Lettera Enciclica sui problemi di interpretazione del Concilio. Il massimo che abbiamo su questi problemi è un’omelia di Benedetto XVI alla Curia Romana di diciembre 2005. Ora, per un problema così grave se doveva aspettare qualcosa in più di un’omelia alla Curia Romana. In ciò che disse rispetto alla trattazione della questione per il Papa la cosa se è fermato nell’omelia. Adesso quale il grado di autorità di un’omelia alla Curia Romana? Molti gli hanno ricevuto come una definizione dogmatica. Però, sembra che la sua autorità sia minima sia per il modo di presentare il problema sia per la mancanza di sviluppo del problema dalla parte del Papa.
      La rinuncia di Benedetto XVI mostra chiaramente che il problema interpretativo non è in alcun modo separato dal problema del linguaggio. Um linguaggio oscuro genera automaticamente dei problemi interpretative. Ovviamente Se i Papi conciliari avessero dato la dovuta importanza ai problemi interpretativi, sarebbero apparsi proprio nelle dimissioni di Benedetto XVI e nella maggior parte degli atti e dei documenti di Francesco? Il peggior cieco è colui che non vuole vedere. La rinuncia di Benedetto XVI è prova provata che i problemi interpretative è anche un problema di linguaggio che mai è stato risolto da nessuno Papa conciliari che non hanno nemmeno gli datto la dovuta importanza. Pertanto, l’evidenze dicono il contrario da quanto afferma Luisella Scrosati quando scrive “…le eventuali ambiguità o incertezze dei documenti conciliari sono state chiarite dal magistero successivo di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Come sempre è accaduto”.

      L’allora cardinale Ratzinger ha scritto nel libro “Principles of Catholic Theology, p. 391” dopo parlare di “continuo processo di decadenza, avvenuto fondamentalmente sulla base delle richieste del Concilio, e che quindi ha screditato il Concilio agli occhi di molte persone” ha scritto:

      “Questo vuol dire che il Concilio in se debba essere revocato? Certamente no. Vuole solo dire che la vera accettazione del Concilio non è in realtà mai veramente cominciata. Ciò che ha rovinato la Chiesa dopo il Concilio non è stato il Concilio stesso, ma il rifiuto di accettarlo… l’obiettivo quindi non è quello di sopprimere il Concilio, bensì di scoprire il vero concilio e di approfondirne le sue vere intenzioni alla luce dell’esperienza corrente””.

      Qui è notevole che l’ermeneutica della riforma nella continuità non esisteva. Così vediamo, ad esempio, l’interpretazione che Benedetto XVI ha datto alla libertà religiosa nell’omelia 22 diciembre 2005 alla Curia Romana:

      “ Il Concilio Vaticano II, riconoscendo e facendo suo con il Decreto sulla libertà religiosa un principio essenziale dello Stato moderno, ha ripreso nuovamente il patrimonio più profondo della Chiesa”.

      Se nell’anno in che il libro “Principles of Catholic Theology” l’obiettivo era quello di scoprire il vero Concilio, è assurdo pensare che questa interpretazione (e altri) sono stati scoperte dopo l’anno 1988?

      L’ermeneutica della riforma nella continuità è la scoperta del vero Conclio o un METODO di approfondirne le sue vere intenzione alla luce [non della tradizione] ma dell’ESPERIENZA corrente?

      Il vostro pedagogo Mario Casotti nel libro “L’educazione cattolica” presenta pedagogia tradizionale e la nostra moderna. Il libro è disponibile sull’internet nel sito Totus Tuus Ebook, dove se può leggere questa presentazione:

      “A partire dalla pedagogia originatasi dalla Rivoluzione francese le preoccupazioni circa il metodo con cui insegnare cominciarono a farsi valere con particolare intensità, e si giunse (confondendo il problema del metodo con quello del contenuto o del fine) fino a condannare, in nome della pedagogia, ogni insegnamento religioso come freddo, meccanico ed antiquato. Anche i pedagogisti cattolici cominciarono a trascurare questo importantissimo aspetto dell educazione e a concentrare le loro ricerche intorno al metodo. Non che l’educazione cristiana, nella classica forma, venisse meno: però essa si ritrasse all’ombra delle chiese e dei conventi, lasciando il campo della cultura libero alle disquisizioni metodiche.

      Sarebbe appena una coincidenza il fatto dalla Chiesa dal Concilio fino ad oggi avere se concentrato sul metodo*? Aggiornamento, pastorale, inculturazione, dialogo, ecc sono una concentrazione sul metodo. La pastorale, ad esempio, è un metodo senza contenuto (l’araba fenice, come ha detto Mons. Brunero Gherardini) significa appena un mezzo per un fine (è qualcosa senza una chiara definizione). In quanto se concentra sul metodo, il contenuto rimane nel buio. Questo è chiaro nella rinuncia di Benedetto XVI, come è chiaro che se “l’obbietivo è quello di scoprire il Concilio” è necessario uno metodo per questo fine (e questo è stato l’ermeneutica della reforma nella continuità che ognuno deve ancora scoprire). Come ho detto prima, il massimo che abbiamo sul trattamento degli problemi di interprettazione del Concilio è il discorso alla Curia Romana, e questo ci presenta appena un metodo, dove se vede l’esempio di alcune applicazione. Allora sembra che per qualcuni Benedetto XVI ha fatto con il dicorso 22 diciembre 2005 alla Curia Romana una definizione ex cathedra Petri. Siamo arrivati a questo assurdo di vedere la dogmatizzazione del metodo con un discorso… o la dogmatizzazione del metodo è avvenuta con la sostituizione del dogma per la pastorale fatta dal Concilio o dall’Insegno per il dialogo nella Ecclesiam Suam? In ogni modo Benedetto XVI sembra avere continuato la tradizione del metodo, come possiamo vedere nella diagnose dell’ermeneutiche, nella riforma della riforma della liturgia, nell’atrio dei Gentili, nella nuova evangelizzazione, ecc.

      Se consideriamo tantissimi cambiamenti e che la Chiesa doveva abbatere i bastioni**, sarà che abbiamo ancora il katechon (che se può capire anche come uno bastioni) che è l’ostacolo che ritiene l’Anticristo?

      *Benedetto XVI há parlato durante il suo pontificato di uno analfabetismo religioso e in una Messa crismale ha riconosciuto:

      “Nell’incontro dei Cardinali in occasione del recente Concistoro, diversi Pastori, in base alla loro esperienza, hanno parlato di un analfabetismo religioso che si diffonde in mezzo alla nostra società così intelligente. Gli elementi fondamentali della fede, che in passato ogni bambino conosceva, sono sempre meno noti. Ma per poter vivere ed amare la nostra fede, per poter amare Dio e quindi diventare capaci di ascoltarLo in modo giusto, dobbiamo sapere che cosa Dio ci ha detto; la nostra ragione ed il nostro cuore devono essere toccati dalla sua parola”. MESSA CRISMALE. Ogni annuncio deve misurarsi sulla parola di Gesù: “La mia dottrina non è mia” – https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/messa-crismale

      ** L’allora cardinal Ratzinger nel libro “Principles of Catholic Theology” ha detto:
      “Il fatto è, come disse Hans Urs von Balthasar già nel 1952, … che essa [la Chiesa] deve abbandonare molte delle cose che le hanno fin qui dato sicurezza e che ha considerato come date per scontato. Essa deve abbatere gli antichi bastioni ed affidarsi solamente allo scudo della fede”.

  • Belzunegui ha detto:

    Bravíssimo Viganó !! Grazie mille !!

  • Enrico ha detto:

    Presentando alla stampa il documento Istruzione «Donum Veritatis» sulla vocazione ecclesiale del teologo – redatto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e resa pubblica il 24 maggio 1990, il Cardinale Joseph Ratzinger ha affermato che gli insegnamenti dei Pontefici contro il modernismo, il liberalismo e l’evoluzionismo sono ormai desueti.

    Secondo il futuro Benedetto XVI, queste condanne erano valide solamente per i tempi in cui furono scritte, per scopi pastorali. Si tratta di un’asserzione positivamente modernista. Il testo che stiamo presentando è stato estratto dall’Osservatore Romano del 27 giugno 1990 (pag. 6), che ha pubblicato l’intervento del Cardinale in un articolo intitolato «Rinnovato dialogo tra Magistero e Teologia».

    Ed ecco annullato con un colpo di spugna l’insegnamento dei Papi precedenti bollandolo come «superato» e quindi «scaduto (come se fosse yogurt).
    Questo modo di pensare è stato condannato da Papa Pio XII (1876-1958) nell’Enciclica Humani generis (del 22 agosto 1950) come storicismo, ossia l’errore di chi ritiene che il Magistero sia un qualcosa di valido solo per l’epoca in cui viene formulato. Altro che «Papa tradizionalista» o «Papa restauratore»!

    http://www.crisinellachiesa.it/articoli/autorita/ratzinger_antimodernismo/ratzinger_gli_insegnamenti_antimodernisti_sono_obsoleti_pagina.htm

    Ratzinger: teologo storicista, modernista, liberale, evoluzionista, quindi novatore, cioè ossesso, come Roncalli & Company, dalla novità, dal cambiamento, ovviamente (grande furbata!) secondo la balla colossale dell’“ermeneutica della continuità”.
    Insomma un disastro su tutta la linea con la ciliegina sulla torta: il “papa emerito”.

    • carlone ha detto:

      Non credo per che lei abbia inteso correttamente…come suo solito….
      Lo sapeva anche la mia nonna…quando il Papa dice no , o , è contrario , si può intenderli come un dogma , quando dice sì o, è a favore ,non esclude che un bene maggiore possa trovarsi , e , nel qualcaso superare la propria posizione o quella del Papa precedente.
      Ricorda il pesce e la canna da pesca ?
      Quale miglior soluzione ?
      Non ha proprio parlato di cio che è ” desueto” .

  • alessio bianchi ha detto:

    p.s.
    dalla lettera al duca di norfolk ,
    sulla definizione del vaticano I
    do infallibilotà pontificia
    Aessio.

  • Boanerghes ha detto:

    https://www.lanuovabq.it/it/cancellare-il-vaticano-ii-un-grave-errore

    Mons. Viganò,
    Io mi accosto con frequenza al confessionale, ho il catechismo di S. Pio X unitamente al compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica voluto da Ratzinger, ho il messale del Vetus Ordo, ritengo che la S. Messa attuale non metta al centro come dovuto il Sacrificio Eucaristico, ma non sono lefebriano.
    Nel suo articolo non fa nomi e cognomi di tutti coloro che hanno remato contro la verità durante il Concilio Vaticano II.
    E soprattutto non tiene conto dei pontificati di S. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
    Sono stati due strenui difensori della Sacra Tradizione.
    Il modernismo esisteva da parecchio tempo prima.
    Così Lei appoggia indirettamente, ma non tanto, l’operato di Mons. Lefebre, che se pur lecito, è sfociato nella disobbedienza.
    Ritengo sia da ricercare una soluzione diversa.

  • alessio bianchi ha detto:

    scrive il grande Newman:
    ma papa Onorio, quando scomunicò
    Atanasio , il solo vescovo che
    proclamava Gesù vero Dio e vero
    uomo era forse infallibile?
    Newman da Cardinale non
    volle risiedere a Roma.
    Saluti . Alessio .

  • Alessandro ds ha detto:

    Per ha ragione Schneider. Bisogna semicemente non accettare e no leggittimare con la “ricezione” delle parti contrastanti con i decreti Ex Cathedra precedenti.
    Grande uomo Schneider, un vero soldato di Cristo.

    • Silvano ha detto:

      Peccato che chi sa leggere contrasti non ne trova 🤣

      • Alessandro ds ha detto:

        Non è vero, tanto per citarne uno a caso, il primo che mi viene in mente andando a memoria senza avere i documenti sotto al naso, ad esempio è la “salvezza al di fuori della chiesa cattolica”, contrastante con il “concilio di firenze, documento -cantate domino- “,
        Ed è solo la prima che mi è venuta in mente, andando a memoria.