OMOFOBIA, DDL ZAN INACCETTABILE. JUSTITIA ET PAX PER DOTTRINA SOCIALE.

26 Giugno 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questa dichiarazione del Coordinamento Nazionale Justitia et Pax per la Dottrina Sociale della Chiesa, che raccoglie trentatré associazioni e centri culturali in tutta Italia. Si tratta del DDL sull’omofobia, che come sa chi legge Stilum Curiae consideriamo un gravissimo attacco alla libertà di pensiero, opinione ed espressione che dovrebbe essere tutelata dalla Costituzione. 

§§§

Non deve diventare illecito dire la verità

La legge Zan “contro l’omofobia” è inaccettabile

Dichiarazione

del Coordinamento Nazionale Justitia et Pax per la Dottrina sociale della Chiesa

 

La proposta di legge Zan mira a punire coloro che esprimano forme di intolleranza nei confronti delle persone ad orientamento omosessuale, transessuale o bisessuale. Essa riprende e sviluppa la proposta di legge Scalfarotto già presentata nelle precedenti legislature. Su queste finalità della proposta di legge facciamo tre valutazioni di merito.

Alla base di questa legge c’è quanto Benedetto XVI chiamava “tolleranza negativa”, la quale, secondo lui, avrebbe preparato la strada a nuove forme di totalitarismo: “La vera minaccia di fronte alla quale ci troviamo è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa”. Tolleranza negativa comporta per esempio di non ammettere che si dica in pubblico che la famiglia è solo quella naturale tra uomo e donna per non essere intolleranti verso altre forme di famiglia. Vorrebbe anche dire di impedire di affermare in pubblico che la vera sessualità umana è quella tra uomo e donna per non discriminare altre forme di esercizio della sessualità. Quando questo venisse disposto per legge diventerebbe illecito dire la verità. Non solo la Chiesa cattolica non potrebbe più proporre gli insegnamenti biblici in materia, ma ogni cittadino non potrebbe più fare riferimento ad una natura umana eticamente normativa, ad una verità fonte di divieti morali assoluti, ad un ordine delle cose che richiede di essere rispettato. Non si vieterebbe solo la libertà di esprimere una opinione ma quella di dire la verità. Essa lederebbe direttamente la libertà di espressione, religiosa e di insegnamento, ma soprattutto eliminerebbe il fondamento stesso, oltre che l’esercizio, della libertà, ossia la verità, senza della quale la libertà diventa pura opinione infondata.

Ogni legge è espressione della pubblica autorità. Questa è legittimata ad attribuire un valore pubblico a taluni comportamenti solo se promuovono il bene comune. Quando una legge disciplina normativamente una qualche realtà comportamentale o relazionale anche la riconosce come meritevole di tutela giuridica in quanto ordinata al bene comune. Il bene comune è infatti il fine ultimo e vero dell’autorità politica, quello che anche la legittima. Stabilito questo fondamento dell’attività politica e giuridica, occorre poi chiedersi quale debba essere il criterio con cui l’autorità politica può procedere a riconoscere o non riconoscere pubblicamente determinati comportamenti. Il criterio in questione è quello della natura dell’uomo e dell’ordinamento naturale e finalistico della convivenza sociale. Questa non è, infatti, frutto di convenzione, di decisione volontaristica del potere o di semplice prevalenza di voti ma è connaturata con la natura umana e con la sua naturale socialità, intesa non come una inclinazione soggettiva polivalente e indifferente ai contenuti ma come espressione di un fine pienamente umano da raggiungere. Ogni negazione dell’ordine naturale delle relazioni umane ordinate al bene è da considerarsi una forma di violenza.

Una volta stabiliti questi criteri fondamentali, ne risulta che non ogni comportamento sessuale è meritevole di disciplina e tutela pubblica, ossia di passare dalla forma dell’esercizio de facto alla forma dell’esercizio riconosciuto come buono dall’autorità politica perché utile o addirittura indispensabile al bene comune. Una volta accolto sul piano politico il principio che ogni atteggiamento sessuale ha il diritto di transitare dal piano fattuale al piano del riconoscimento pubblico, si perderà qualsiasi possibilità di dire di no ad atteggiamenti come la pedofilia, l’incesto, la poligamia/poliandria (magari nella versione post-moderna del poliamore) o l’utero in affitto che purtroppo il sistema giuridico di qualche Paese ha già contemplato come diritti. Quando viene a mancare il criterio, la deriva negativa è inarrestabile.

Alla base della legge Zan c’è quindi un errore politico, un errore etico e un errore antropologico. Viene fatta coincidere la dignità della persona con l’espressione di una libertà intesa come autodeterminazione priva di criteri ossia priva di ragioni. L’autorità politica non può fare propria una simile concezione, perché il principio di autodeterminazione assoluta è dissolutivo della coesistenza sociale, della politica e del diritto. Se la politica dovesse riconoscere e tutelare qualsia forma di autodeterminazione individuale rinuncerebbe alla propria natura e legittimerebbe qualsiasi percorso. La dignità della persona sta nella sua essenza di uomo, essenza che diventa normativa anche per la sua libertà. La politica non dovrebbe accettare e fare proprio, proponendolo così anche come esempio politicamente tutelato, un esercizio sistematico della libertà contrario alla normatività che promana dall’essenza dell’uomo stesso. Ciò equivarrebbe a dividere la libertà dal bene da cui invece è sostanziata.

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6 commenti

  • massima riciclata ha detto:

    Una fede giusta non serve a nulla quando la vita è corrotta.

    Sembra, secondo internet che detta massima debba attribuirsi a San Giovanni Crisostomo.

    • contabile ha detto:

      Tutti noi sappiamo quanto gli interessi monetari del Vaticano (e della Chiesa tutta) stiano a cuore a Bergoglio.
      Per incrementare gli utili bisogna aumentare le entrate e diminuire le spese. Ora, ogni eventuale processo di risarcimento danni, in caso di abuso di qualche chierico corrotto , può costare, in termini monetari, parecchio caro alla gerarchia . Ma se lo Stato promulga una legge per cui si vieta sostanzialmente di dire la verità, l’eventuale peccato può essere “coperto” e l’eventuale abuso non risarcito.
      Per questo l’approvazione di questa legge è importante per la chiesa. Sia coloro che credono nella Bibbia, in quanto parola di Dio, sia gli atei devoti, verrebbero così messi finalmente a tacere.
      Non è un caso se il capo del Governo non è stato eletto dagli italiani, ma nominato dalla Segreteria di Stato vaticana.

  • stefano raimondo ha detto:

    Dopo la teoria del genere l’istinto primordiale risorgerà nei luoghi più impensati.

  • Ateo Devoto ha detto:

    Una stupida considerazione relativa alla posizione in merito de l’Avvenire e la CEI, già dibattute nei giorni scorsi: ritengo che questa sia una falsa contrapposizione, il classico cerchiobottismo.
    Inizialmente si manifestano perplessità, tanto per dare il classico contentino, far vedere che esistono posizioni critiche, poi si comincia con timide aperture in modo da far digerire il DL Zan al pubblico cattolico.
    Ritengo comunque che ciò sia già stato ben compreso da tutti qui dentro.