EUCARESTIA E COVID 19. GERMANIA, IL TAGLIERE PER LE OSTIE….

14 Maggio 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, e buoni vecchi troll (e anche nuovi, non discriminiamo…). Si avvicina la data fatidica in cui anche in Italia, con tutte le regole di cui abbiamo parlato, potranno ripartire le messe con i fedeli. E naturalmente si è posto, si pone e si porrà il problema dell’eucarestia. In bocca, sulle mani (ma in realtà la comunione sulle mani sembra presentare maggiori rischi di contagio di quella sulla lingua) guanti, con i guanti senza guanti, con le mani igienizzate ogni volta…

È un problema non nuovo. E come potete vedere dall’articolo di Korazym.org che rilanciamo più in basso, anche in passato ci fu questo problema; e si provò ad affrontarlo.

In Germania, a Bottrop invece si è presa un’altra direzione.

Leggete l’articolo che abbiamo tradotto. Il collegamento originale, in tedesco, è questo.

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“Dopo la decisione del team di gestione di crisi della parrocchia di San Giuseppe a Bottrop di tenere nuovamente le funzioni nelle chiese di San Giuseppe e di Liebfrauen a partire da domenica prossima, il feedback dei fedeli è stato “molto al di sotto delle aspettative”, ha detto il presidente del consiglio parrocchiale.

A causa della situazione attuale, il team di gestione della crisi ha deciso di aprire le chiese di San Giuseppe e Liebfrauen per le funzioni di culto il prossimo sabato e domenica. Dopo un lungo periodo di astinenza dal culto, era importante per il team di gestione della crisi celebrare non solo le funzioni della Parola, ma anche la Santa Messa. Questo significava definire le zone di distanza nelle chiese, determinare l’ingresso e l’uscita e anche reinventare la distribuzione della Santa Comunione secondo le norme igieniche richieste. A questo scopo, ci saranno delle barre di legno con tacche a distanze adeguate per dare l’ostia.

A tutti i fedeli viene chiesto di indossare una maschera per la bocca e il naso e di portare il proprio libro di preghiere per la preghiera personale. Le messe si tengono il sabato alle 17 a San Giuseppe e Liebfrauen, la domenica alle 10 a Liebfrauen e alle 11.30 a San Giuseppe. Prerequisito per la partecipazione è la previa registrazione personale per telefono.

L’offerta del servizio online della chiesa di San Francesco proseguirà e sarà ancora raggiungibile attraverso il sito web della parrocchia. Il servizio si svolge la domenica alle ore 11.00. Il regolamento è valido fino al 29 maggio 2020.

E come potete vedere dalla foto, questa è la soluzione trovata per distribuire la comunione…

 

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 E questo invece è l’articolo, veramente impressionante dal punto di vista della documentazione, di Korazym.org, un sito che come ben sanno i lettori di Stilum Curiae consigliamo di visitare…

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Alcuni giorni fa, un tweet di Propaganda Live (“Marco Alici ha realizzato la pinza disegnata da @makkox e l’ha inviata a Don Dino Pirri che l’ha testata”) dell’8 maggio 2020 ha provocato come al solito un’interminabile serie di commenti irripetibili da parte di non credenti e miscredenti, ignoranti incalliti.

Saremo curiosi di sapere se Don Pirri – che cura anche una rubrica su TV2000, che dice di se stesso: “Sono un prete felice!” – è rimasto anche felice come prete, leggendo le parodie blasfeme.

Siamo alle solite. Coloro che si considerano “moderni” e “precursori-che-leggono-i-segni-dei-tempi” e si inorridiscono a sentire soltanto la parola “tradizione”, sono degli ignoranti stratosferici e degli analfabeti funzionali sempliciotti. Sì, perché la possibilità di utilizzare le “pinzette eucaristiche” non è una “trovata” originale da baraccone, “inventata” da Makkox, “realizzata” da Alici, “testata” da Pirri e trasmessa da “Propaganda Live”, perché appartiene alla storia e alla tradizione della Chiesa e si trova nel rituale della comunione o “Ordo amministratori sacram comunionem”.

 

Charles Rohault de Fleury, Pinze liturgiche nel XIII sec., 1884. Le aste normalmente erano di 1 m, mentre nel 1720 un sacerdote di Marseille proponeva una lunghezza di 2,60 m.

Accanto ad un significato liturgico, queste pinzette, nel corso della storia della Chiesa, svolgono un’importante funzione di prevenzione sanitaria nei periodi di pestilenza, di lebbra, di epidemia. Per evitare il contagio e, al contempo, non far mancare ai fedeli la consolazione dell’eucarestia, nascono pinze e cucchiai eucaristici di varie lunghezze. Un utilizzo, quest’ultimo, dettato da esigenze di natura sanitaria, che rappresenta una soluzione anche per la soddisfazione dei bisogni spirituale in questa attuale pandemia da coronavirus. Quindi, riproducendo oggi la “pinzetta eucaristica” si vuole raccogliere dall’eredità della storia l’insegnamento di un importante utensile liturgico per le emergenze sanitarie del tempo presente.

Ritornando al Protocollo circa la ripresa delle celebrazioni liturgiche, sottoscritto tra Governo e Conferenza Episcopale Italiana il 7 maggio 2020 – senza voler entrare in merito, di cui abbiamo già scritto [Protocollo circa ripresa celebrazioni con il popolo. Rischio di una vera e propria spaccatura nella Chiesa in Italia – 8 maggio 2020] – al paragrafo 3.4. si legge la necessità che, durante il rito di comunione, la particola consacrata sia dal celebrante o dall’eventuale ministro straordinario offerta “senza venire a contatto con le mani dei fedeli”.

Nel documento di lavoro della Chiesa ambrosiana, firmato da Don Mario Antonelli, Vicario episcopale per l’Educazione e la celebrazione della fede, in vista della Fase 2, dopo la grande quarantena, è presentata una serie di ipotesi sulle quali è in corso un confronto inter-ecclesiastico, tra i quali di “distribuire la comunione con una pinzetta”.

Nell’intervista “L’unione con Cristo non cancella la nostra umanità in tutta la sua forma, comprese le nostre fragilità”, rilasciata il 5 marzo 2020 per il sito del Patriarcato Latino di Gerusalemme, Mons. Pierbattista Pizzaballa, Amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini, già Custode di Terra Santa. Egli rispondendo alla domanda di Saher Kawas: “Cosa direbbe alle persone che dicono che cambiare la pratica liturgica di ricevere la Comunione sulla lingua, anche se è permessa in certe condizioni, come lo scoppio di un virus, è un segno di mancanza di fede?”, ha risposto: “Nel museo della Custodia di Terra Santa sono ancora visibili le pinze usate dal sacerdote durante le pestilenze per dare la comunione agli appestati. Questo costituisce una mancanza di fede? Certo che no. Si è trattato di prudenza, un mezzo per non contaminare gli altri. La fede non sostituisce la ragione. Dio ci ha dato un cervello, un’intelligenza da usare e sviluppare, per conservare la nostra vita e quella degli altri che ci sono stati affidati. Usare la nostra intelligenza non è contro la fede. La fede senza ragione è come un’anima senza corpo. Abbiamo bisogno di entrambi”.

Dando una sguardo alla storia, si scopre che la Chiesa, da sempre, in tempi di pestilenza si è avvalsa di pinzette e strumenti eucaristici similari. Inoltre, una semplice ricerca su Google, rivela che vengono prodotti ancora oggi, per far fronte all’emergenza di natura sanitaria provocato da Covid-19.

Il quadro di Caruana rappresenta una scena della peste bubbonica che ha devastato le isole maltesi dall’aprile 1813 al gennaio 1814, uccidendo oltre 4.500 persone su una popolazione di 100.000. Nella scena centrale, un prete amministra la Santa Comunione ad una ragazza morente usando un paio di tenaglie o tenaglie a pelo lungo, un ricordo tangibile della peste.

La “pinzetta eucaristica” ha innanzitutto un significato liturgico, da rintracciare nella dignità del sacramento. Dalla voce “Utensili liturgici” di M. Di Berardo in Treccani.it si apprende:

Fra gli utensili liturgici mancano invece attualmente di riscontri oggettuali noti [a questo ha rimediato il coronavirus, V.v.B.), per il periodo medievale, le pinze eucaristiche (lat. forcipes, tenacula, furcheta), il cui impiego – corrispondente in senso lato a quello della fistola (Braun, 1932, p. 265) – dovette probabilmente entrare nell’uso solo in epoca tarda ed essere circoscritto a celebrazioni solenni o alla stessa liturgia pontificale: il ricorso a pinze “ad recipiendum hostiam in calice” (Hoberg, 1944, p. 475) ritorna infatti più volte sia negli elenchi dei tesori papali del periodo avignonese – con varianti terminologiche o distinzioni relative ai materiali, come per es. nel caso di tenacula de argento dell’inventario del 1315-1316 sotto Clemente V (1305-1314; ivi, p. 22) o delle “furchete de auro pro recipienda ostia” dell’elenco del 1353 relativo a Innocenzo VI (1352-1362; ivi, p. 215) – sia, in ambito romano nel Liber de caeremoniis Sanctae Romanae Ecclesiae, della seconda metà del sec. 14̊, nel quale è specificamente documentato da parte del suo autore Pierre Ameil (m. nel 1401) l’uso di servire “cum tenaculis de auro hostias consecratas” (PL, LXXVIII, col. 1332).

Sul sito Liturgicalartsjournal.com si trova un’interessante articolo con delle foto di particolari oggetti liturgici destinati all’amministrazione della Santa Comunione: la fistula, il cucchiaio e le pinze.

Amministrazione del Viatico ad un appestato con la fistola, Catechismo di Heidelberg del 1455, Universitätsbibliothek, Heidelberg.

Mentre viviamo l’odierna pestilenza del XXI secolo con crescenti preoccupazioni riguardo alla trasmissione di malattie attraverso le specie della Santa Comunione, è interessante esaminare le diverse forme di ricezione della Santa Comunione con gli utensili che la Chiesa latina ha impiegato nel corso dei secoli. Mentre il loro aspetto era dovuto agli scrupoli durante la manipolazione del Santissimo Sacramento e acquisivano un carattere cerimoniale, dimostrarono praticità per l’amministrazione della Santa Comunione ai fedeli durante i periodi di pestilenza o quando questi non erano in grado di consumare l’ostia.

La cannuccia liturgica o fistula, variamente chiamata calamo, cannula, arundo, calamus, pipa, pugillaris, sipho o sumptorium è l’unico utensile sopravvissuto nell’uso cerimoniale fino al XX secolo. L’uso della fistola sembra aver avuto origine nella tarda antichità nella corte papale, dove era in uso almeno dal tempo di Papa San Gregorio Magno. È esplicitamente menzionato nelle rubriche dell’Ordo Romanus del VII secolo, dove il vescovo comunica con esso il Sacro Sangue. L’uso di questo strumento si estese durante il periodo carolingio in Italia, Francia, Germania, Inghilterra e Polonia, nonché per gli ordini cistercense e certosino. Divenne il metodo prevalente per amministrare il Sangue del Signore ai fedeli fino al XIII secolo, quando l’usanza che le persone che ricevessero entrambe le specie fu interrotta. È interessante notare che è anche menzionata nell’edizione del 1970 dell’Ordinamento Generale del Messale Romano nello stabilire che il Sangue Prezioso possa essere sorbito direttamente dal calice oppure usando un cucchiaio o un tubetto. La fistula potrebbe anche essere usata come una pipetta in modo che, anziché aspirare il Sangue del Signore, esso possa essere lasciato cadere nella bocca del comunicante nei casi in cui questi non potesse essere in grado di deglutire altro che liquidi. Anche Papa Paolo VI si è comunicato mediante la fistula.

Il cucchiaio eucaristico fa la sua apparizione probabilmente un po’ più tardi rispetto alla fistula, intorno all’VIII secolo. I riferimenti storici al suo uso sono più scarsi, ma è stato chiaramente impiegato, come lo è oggi nei riti orientali, per la Comunione per ‘intenzione. Il cocleare non deve essere confuso con il cucchiaino, che serve per aggiungere l’acqua al vino all’Offertorio. Mentre il suo uso durante la Messa è sbiadito contemporaneamente alla pratica della comunione sotto entrambe le specie (conservato invece nelle Chiese ortodosse), è stato conservato per l’amministrazione del Viatico, comunemente sotto forma di un Ostia o di una particella disciolta nell’acqua. Mentre la maggior parte delle volte il prete potrebbe usare un cucchiaio della casa, alcuni esempi di cucchiai realizzati per questo scopo specifico sono sopravvissuti. Erano, come gli altri vasi, fatti di argento e la tazza del cucchiaio era dorata.

Probabilmente i più oscuri di questi utensili, le pinze eucaristiche sono state inizialmente utilizzate per immergere particelle di Ostia nel calice. Mentre la loro origine è probabilmente antica, vediamo che diventa comune nella corte papale di Avignone durante il XIV secolo, probabilmente limitato alle celebrazioni più solenni. Fonti contemporanee, tra cui il Liber de Cæremoniis, le chiamano anche tenacula o furcheta e dichiarano chiaramente il loro uso eucaristico. L’uso liturgico delle pinze non sembra essere passato a Roma dopo lo scisma d’Occidente, ma erano ancora usati per dare la Santa Comunione ai lebbrosi od appestati. Allo stesso modo, altri strumenti sono stati creati per i periodi di pestilenza. Un utensile comune era il cucchiaio da ostia (manche à Hostie, Hostienloffel) costituito da una lunga asta con un piccolo disco piatto all’estremità. François Ranchin, un prestigioso medico francese del XVII secolo, specifica che avrebbe dovuto essere una bacchetta di metallo lunga almeno 20 pollici, con una lunetta alla fine, dove sarebbe stata collocata l’ostia.

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14 commenti

  • wisteria ha detto:

    L’unica obiezione che mi viene in mente è questa: come si garantisce che le ostie non siano infette da prima, visto che basta uno starnuto di chi le prepara?
    Una volta portate davanti all’altare e consacrate, se vengono distribuite con pinzatte, non vedo che rischio ci sia.

  • Speranza ha detto:

    Complimenti, don Dino Pirri! Hai fatto carriera. Da semplice parroco di campagna a testatore di pinzette eucaristiche, di cui non ho ben capito se sei soddisfatto o meno, visto che un tempo la tradizione ti faceva venire l’orticaria, così che in un raduno per catechisti, non so neanche a che proposito, così graziosamente ti esprimesti: ” …Se c’è ancora qualche fessacchione a cui piace la messa in latino…”. Non lo dimenticherò mai.

  • Luigi ha detto:

    Grazie dott Tosatti. Confesso che ignoravo completamente le soluzioni dei nostri antenati in caso di epidemie e pestilenze. Come al solito invece noi ci perdiamo in mille soluzioni che non sono soluzioni. Anche questo ci ricorda quanto la Chiesa ha completamente dimenticato il suo passato, la sua tradizione millenaria. (Oddio mi perdoni! Ho scritto la parola “tradizione” proibita dal nuovo corso miserikordioso!!)

  • Marco Matteucci ha detto:

    Secondo voi questa si può ancora definire UNA CELEBRAZIONE EUCARISTICA?
    Quella dispensazione del Pane Santo disceso dal Cielo che da la Vita Eterna?
    Mi sembra piuttosto uno squallido servizio “fai da te”,
    una consumazione self service di solo pane.
    “quello che mangiarono i padri vostri e morirono” (Gv. 6 58).
    Una terribile pantomima del Sacrificio di Cristo sulla Croce, la squallida ostentazione profana di una Liturgia Sacramentale con “fede a perdere”, indegnamente e colpevolmente dispensata a dei poveri fedeli ignari,che vengono trascinati nell’errore dal disamore e dall’irriverenza dei loro cattivi pastori.

  • Miki ha detto:

    Sempre meglio il tagliere che toccarle coi guanti da cesso. Ci sono già delle patene e pissidi in legno, questa ha i taglietti per metterci le ostie, può essere una buona idea. Il fedele prende la particola e la porta alla bocca, ma per voi tradizionalisti il fatto che il fedele tocchi l’ostia con la mano è SACRILEGIOOOO.

    • Milli ha detto:

      Si però.. questi guanti sono stati definiti con i termini più volgari, un guanto di lattice (o vinile, nitrile, talcato e non) è un oggetto come un altro e protegge le mani. Io li uso sempre per lavoro e non li ho mai considerati da cesso o preservativi, ci vuole un po’ di malizia, ecco.
      Spiegatemi perché una pinza di metallo può toccare l’ostia e un guanto no.
      Se potessi lo chiederei a Nostro Signore….

  • Adriana ha detto:

    L’Ostia ( consacrata , si spera ) è ancora una “cosa utile” alla sopravvivenza di S.Marta…Perciò , prima di eliminarla del tutto ,la distribuiscono allegramente come un ” TUC dietetico ” e igienizzato .

    • Sherden ha detto:

      A me dà l’impressione di “signore, vuole un’assaggino? prenda pure, è gratis…”
      Povero Nostro Signore Gesù Cristo, a cosa ti hanno ridotto: non bastavano i proclami dei (pseudo)pastori gongolanti perché una tua figlia ti ha rinnegato, ora ti mettono pure al bancone da pizzicagnolo

  • Milli ha detto:

    Ma usando le pinzette non c’è ugualmente il rischio che dei frammenti dell’ostia (o l’ostia intera) possano cadere?
    E se le pinzette ad ogni somministrazione venissero disinfettate, non si sarebbe parimenti il rischio di contaminare l’ostia facendoci assumere anche il disinfettante stesso ( con buona pace di Trump)?
    Ma allora, c’è un elenco per cui certi elementi possono venire a contatto con l’ostia e altri no, esempio:
    metallo e tessuti sì e legno e lattice no, oppure vale sempre e solo la mano del sacerdote?
    Qui ci vorrebbe un po’ più di chiarezza, io ho un po’ di confusione.

    • Adriana ha detto:

      Confusione…a partire dalla boutade di Trump che intendeva irridere i consigli dei medici progressisti ,ma che i media nostrani hanno diffuso come consiglio serio .

      • Milli ha detto:

        Trump dovrebbe stare attento a fare battute, lo sa che i giornalisti non attendono altro. Però sembra che qualcuno negli Usa ci ha provato a bere il disinfettante.
        Mio figlio direbbe che gli americani medi sono stupidi (ho usato un termine pubblicabile 😅).

  • Quirico ha detto:

    Onestamente….se andavano bene le pinze di un metro, perché usare i guanti di lattice (che all’epoca non esistevano) sarebbe per alcuni sacrilego?
    Secondo me l’importante è che prima di buttarli nella spazzatura si mettano nel purificatoio per sciogliere i resti della Particola. Altri problemi non ne vedo…

  • Maria Michela Petti ha detto:

    I “ministri” della Chiesa tedesca stanno dimostrando una “creatività” insuperabile… in materia…
    D’altronde: non è questa la conditio sine qua non da cui ripartire per quell’innovazione caldeggiata dal papa?

  • Sherden ha detto:

    Mah, il tagliere sembra un oggetto fai-da-te da ipermercato (c’è anche il “prendi due paghi uno”?).