OGGI LE ESEQUIE DEL GRAN MAESTRO DI MALTA. I GIOCHI PER IL FUTURO.

5 Maggio 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, avranno luogo questa mattina alle 11.00 a Roma, presso la chiesa della Villa Magistrale dell’Ordine di Malta all’Aventino, le esequie in forma privata del defunto Gran Maestro, fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, scomparso nella notte dello scorso 29 aprile. Saranno trasmessi in streaming

Qualche giorno fa  abbiamo dipinto un po’ il panorama che si prospetta da ora in avanti (v. qui): il governo dell’Ordine è passato, a norma di diritto, al Gran Commendatore (l’ottantenne portoghese fra’ Ruy Gonçalo do Valle Peixoto de Villas Boas) che ha assunto la carica di “Luogotenente interinale” al quale spetta il dovere di convocare, in un arco di tempo da uno a tre mesi, il “Consiglio Compìto di Stato” che dovrà provvedere all’elezione di nuovo Gran Maestro. E abbiamo fornito anche l’elenco dei cavalieri professi eleggibili secondo i requisiti richiesti dalla costituzione dell’Ordine.

Il contesto d’insieme non è molto rassicurante però. Voci di ambienti vicini all’Ordine segnalano incertezze e imbarazzi per come lo stretto entourage da cui era circondato Dalla Torre sta gestendo la circostanza.

Naturalmente era prevedibile che la pandemia mondiale avrebbe fatto sentire le sue ripercussioni sulle antiche procedure protocollari legate alla morte di un Gran Maestro dell’Ordine di Malta (che ricordiamo è, insieme, il superiore di un ordine religioso e un capo di stato coll’altisonante e antico titolo di “Altezza Eminentissima”), ma gli addetti ai lavori ci fanno notare che gli organi di informazione ufficiali non si faranno ricordare per lo stile perfetto per il quale si è sempre distinto, anche solo nell’immaginario collettivo, quell’ambiente, dando prova di vistoso pressapochismo.

Ci riferiamo alle varie comunicazioni veicolate in questi giorni, nelle quali non vi è alcun riferimento alle consuete “esequie di Stato” (che per sottolineare la duplice natura dell’Ordine sono sempre state officiate a un mese dalla morte, lasciando che il funerale con la salma presente fosse riservato ai membri religiosi e ai dignitari) ma si parla solo di messe “solenni”, come del resto fa notare anche Il Messaggero (v. qui), citando come fonte diretta la nota diffusa dall’ambasciata dell’Ordine in Italia, guidata dall’ambasciatore Stefano Ronca. Qualcuno lamenta uno stile diplomatico un po’ incerto, ma evidentemente pure certi ambienti avranno perso l’antico smalto.

D’altra parte, come spesso accade, le istituzioni riflettono le persone che le incarnano, e l’entourage dei collaboratori del defunto Gran Maestro non sembra distinguersi positivamente, e non solo per cause che possono apparire “formalistiche”.

Eh già, perché pare che la scomparsa di Dalla Torre sia avvolta in misteriose trame di palazzo. Sembra, infatti, che proprio mentre il Gran Maestro, nella tarda mattina di martedì 28 aprile scorso, a seguito di complicazioni del suo già precario stato di salute aggravatosi nelle ultime settimane, si trovava steso sul letto d’una clinica privata romana (l’ARS medica, famosa per la ginecologia), sia giunta una comunicazione a mezzo mail a tutti coloro i quali sono detti “capitolari” recante tre allegati: il primo era una lettera del Gran Commendatore nella quale si chiedeva di pregare per la salute del Gran Maestro (sulla falsariga di quella fatta circolare nel pomeriggio, dopo che si erano diffuse voci su una presunta morte); il secondo, il più importante, la convocazione ufficiale di un Capitolo Generale Straordinario dell’Ordine nei giorni 6, 7 e 8 novembre 2020, firmata appunto dal Gran Maestro, per l’approvazione della famigerata riforma; ed in fine il terzo allegato, una lettera del Gran Cancelliere (Boeselager) che comunicava di aver consegnato alla Santa Sede (dunque nelle mani del card. Becciu, delegato speciale del Papa) la bozza della “riforma costituzionale” dell’Ordine; nella sua lettera di accompagno Boeselager non nascondeva, peraltro, la questione di alcune problematicità non solo connesse alle incertezze della pandemia, ma anche alla eventualità in cui la  Santa Sede  avesse sollevato obiezioni sostanziali sul testo definitivo.

Fin qui, naturalmente, sembrerebbe filare tutto liscio. Se non fosse, però, per un dettaglio crediamo da non sottovalutare: la lettera con la quale il Gran Maestro convoca il Capitolo Generale porta la data del 28 aprile, la stessa del ricovero, anticamera della sua morte.

Ora non sfugge a nessuno che sia quantomeno anomalo che un settantacinquenne ammalato di tumore che viene ricoverato d’urgenza, e che di lì a qualche ora spirerà, abbia modo di firmare una lettera così importante negli stessi frangenti in cui sopravviene una crisi, né ci sarebbe ragionevole motivo per datare un atto così rilevante con una data successiva alla firma.

Ma anche se fosse, ammesso e non concesso che l’abbia firmata quella mattina e poi si sia sentito male (e questo non può saperlo nessuno se non i suoi stretti collaboratori e il suo medico che ne ha curato il ricovero), con la nota prudenza e le tanto elogiate doti di uomo buono e saggio (così come tutti lo descrivono nei numerosi articoli apparsi in questi giorni), avrebbe mai potuto uno come fra’ Giacomo Dalla Torre compiere un atto di tale incidenza morale, sapendo comunque che non era certo improbabile che le sue condizioni di salute non gli avrebbero potuto garantire di restare in vita fino a novembre? Avrebbe potuto, uno come lui, vincolare così tanto il suo successore, dal momento peraltro che quella bozza di riforma non è mai stata condivisa con gli altri cavalieri professi? La circostanza comunque puzza di intrigo di palazzo. Oltretutto nella nota ufficiale con l’annuncio della morte di Dalla Torre non è indicata l’ora esatta del decesso (come di solito è d’uso fare) ma solo uno sbrigativo e generico “dopo la mezzanotte”.

Vien da chiedersi a che pro fare un’uscita così imprudente. Naturalmente possiamo solo fare delle ipotesi, e quella che appare più credibile è un’azione interna della stanza dei bottoni che tenta di salvare il salvabile, non avendo più un paravento istituzionale (che godeva di certa considerazione in Vaticano) che potesse consentire la gestione della situazione generale.

Tanto per chiarire: il capitolo generale è il momento più importante per la vita di ogni ordine religioso; in esso si discute, si decide, si indirizza la vita e il carisma dell’ordine; si affrontano cioè tutte quelle questioni di “governance” dell’Ordine. A maggior ragione per un capitolo generale “straordinario”, nel quale si deve discutere di una riforma sostanziale, occorre riflessione e prudenza, e la cosa non può ridursi ad un meeting di tre giorni, soprattutto quando i membri consacrati dell’ordine sono pochi e non hanno ordinariamente vita comune, essendo quello di Malta un ordine religioso laicale; a ciò si aggiunga che la presenza dei religiosi a detti capitoli è de factoin numero decisamente inferiore ai membri “secolari”, il che già è una vistosa anomalia dal punto di vista del diritto canonico.

In quest’ottica, dunque, il colpo di coda del palazzo potrebbe essere stato orientato a gelare gli animi di coloro che auspicano una riforma fedele che non snaturi l’istituzione (che, al contrario, si dovrebbe approvare a scatola chiusa) e, d’altra parte, a tentare di commuovere la “recognitio” della Santa Sede orientandola verso uno spiccio placet presentando la bozza come una sorta di “pia volontà” del defunto e tanto stimato Gran Maestro, chiaramente strumentalizzandone la prematura morte. C’è da dire che tale lettura, effettivamente, sarebbe in linea anche con molti degli unisoni commenti “istituzionali” seguiti alla prematura scomparsa di Dalla Torre, dipinto da tutti come colui che sognava la riforma dell’Ordine più di qualsiasi altra cosa.

Al netto di ciò va anche segnalato che già da qualche tempo sembra non scorra più buon sangue tra il governo di via Condotti e Oltretevere; o forse, in realtà, non c’è mai stato. D’altra parte, è pure vero che nonostante lo stile sia stato quello innegabile di un commissariamento, l’approccio del card. Becciu, superato il sospetto iniziale per un mondo a lui estraneo, si è via via orientato a sottolineare il carattere religioso dell’Ordine, richiamando in più di un’occasione (in ultimo nell’omelia della messa nell’ultima festa di san Giovanni Battista, patrono dell’Ordine, il 24 giugno) la necessità di aderire e testimoniare con coerenza i doveri religiosi “senza strumentalizzare le opere di carità”: una chiara bacchettata a un certo stile che indubbiamente contraddistingue l’azione politica del Gran Cancelliere.

Boeselager, infatti, sin da quando era Grande Ospedaliere (cioè “ministro della sanità” dell’Ordine), si è sempre distinto nel tentativo di includere lo SMOM in una certa area della geopolitica, affrancandolo (e spesso con comportamenti non molto ortodossi) dalle classiche posizioni etiche cattoliche ed allineandolo ideologicamente all’asse filomondialista (dichiarando anche apertamente, di recente, un esplicito favore nei confronti del controverso “global compact” naturalmente in chiave filo-immigrazionista), tentando spudoratamente di ammiccare così alle note posizioni papali in materia, ma creando di fatto una strumentalizzazione tanto delle opere di carità (che dovrebbero essere opere di fede, e non di politica) quanto dell’istituzione stessa, sempre più sfrondata nel suo carattere identitario quasi millenario e sempre più prossima all’omologarsi ad una ONG, attraverso un processo di invadente laicizzazione (e dunque di secolarizzazione) a discapito del nucleo religioso, progressivamente estromesso dal governo.

Quando però alle questioni ideologiche si sommano i flussi di denaro, il gioco si fa pericoloso. Ed evidentemente confinare i religiosi a mero aspetto decorativo e folkloristico non è piaciuto molto a Becciu, che nel frattempo avrà compreso che la natura religiosa dell’Ordine, oltre a essere un carattere identitario, è anche la causa stessa della sua “sovranità”, e non un pittoresco retaggio medievale.

Siamo effettivamente molto curiosi di sapere cosa dirà il Delegato Speciale stamani all’omelia nella messa funebre per Dalla Torre.

Intanto, si segnala che il Bollettino della Sala Stampa vaticana di sabato scorso, 2 maggio, riportava la notizia che nella mattinata il Santo Padre aveva ricevuto il card. Becciu “Delegato Speciale presso il Sovrano Militare Ordine di Malta”: il fatto che sia stato indicato espressamente tale titolo (e non anche quello principale di prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi) non lascia molto spazio alla fantasia circa gli argomenti che saranno stati oggetto di colloquio.

D’altra parte, in ogni caso, adesso tutto si gioca sulle procedure, argomento sul quale l’“asse filo-tedesco” è sempre stata molto imprudente, arrogante e prepotente. Tuttavia il ruolo che svolgerà Becciu nella sua funzione di Delegato speciale del Pontefice è fondamentale, innanzitutto per il richiamo al rispetto delle regole in una procedura canonica di elezione del superiore di un ordine religioso.

Potrebbe, infatti, essere chiaro interesse dell’attuale esecutivo, approfittando magari dell’infelice congiuntura della pandemia e delle conseguenti difficoltà logistiche, bypassare la normativa vigente e insistere affinché si arrivi al famigerato “capitolo generale straordinario” di novembre con l’attuale ottantenne Luogotenente interinale e, presentandolo in modo strumentale come “l’eredità” del compianto Gran Maestro, come “l’ultimo grande atto del suo governo”, come il “suo desiderio più grande”, far passare la riforma come fosse un “legato mortis causa”, procedendo poi (cambiate le regole) alla elezione di un uomo più gradito, fugando così il pericolo di avere un Gran Maestro scomodo, perché estraneo alla propria cordata.

Altra ipotesi perseguibile dall’asse tedesco – meno eclatante ma non per questo meno strumentalizzata – potrebbe essere l’elezione di un “Luogotenente di Gran Maestro” (il cui mandato dura un anno) innocuo e gradito per traghettare comunque l’Ordine verso la riforma (sempre alle stesse condizioni).

Comunque vadano le cose, però, per una curiosa eterogenesi dei fini, il ruolo di Becciu (e dunque della Santa Sede) sarebbe adesso dirimente, perché prima di tutto vigilerebbe sul rispetto delle procedure senza sconti non necessari né manovre sottobanco, e poi, insistendo nel richiamare il dovere di salvaguardare il carattere religioso dell’Ordine, permetterebbe che la scelta si orienti tra i candidati aventi le caratteristiche dell’eleggibilità (che son pochi come abbiamo visto, ma ci sono), nell’osservanza delle regole canoniche.

Fantasia? Complottismi? Si suole dire che “La politica è un gioco sottile dove niente è prevedibile… perché tutto è possibile.”.

Aspettiamo, e stiamo a guardare.

§§§

dalla torre




 

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5 commenti

  • Tridentinus ha detto:

    Non per difendere (perché forse non lo merita) l’entourage del fu Gran Maestro, ma tradizionalmente, alla morte degli ultimi Capi dell’Ordine i funerali di Stato si sono tenuti sempre “in die trigesima” e “absente cadavere”, dando invece alla Messa esequiale una dimensione più “intima” (o, se non più intima come fu per Fra’ Angelo de Mojana, più “per la famiglia dell’Ordine” come fu per Fra’ Andrew Bertie). Quanto alle riforme condivido pienamente l’articolo, ma forse non è da trascurare la comprensione di chi oggi in Vaticano possa pesare di più tra i Cardinali Becciu (la cui posizione è quella ben narrata qui) e Parolin (amico dell’attuale Gran Cancelliere von Boeselager).

  • Maria Michela Petti ha detto:

    Di questi tempi, caratterizzati dal prevalente instaurarsi delle tendenze materialistiche, tutto viene omologato allo spirito corrente, con buona pace dei principi ispiratori di fondazioni di altre epoche, aventi come bussola e orizzonte la nobiltà degli intenti e dei programmi di azione.

  • P. Luis Eduardo Rodrìguez Rodríguez ha detto:

    Nell’ opera rock “EVITA” (anni ’80) si usò come parodia per rappresentare la corsa al potere con un gioco che magari tutti abbiamo giocato da bambini. Non ho trovato il pezzo originale ma per rinfrescare includo questo link. Mi ricordo il ritornello che si ripeteva in quella opera anche se l’ originale dal Regno Unito, sulla vita di chi ispira ogni giorno al berORGOGLIO, l’ amante più prestiggiosa di Perón. Dunque mentre personaggi cupi e tetri giravano intorno le sedie che scomparivano ad ogni giro, cantava il ritornello: “Non ci sono regole né ci possono esserci, per giocare per il potere”. In spagnolo: “No hay reglas ni las puede haber para jugar por el poder”.

    https://youtu.be/YX_zNSkhv60

  • Gian ha detto:

    Ricorda l’episodio della morte del “commissario” (si chiamava Volpi?) dei Francescani dell’Immacolata, che si diceva fosse morto (di nascosto), ma benché morto era ancora vivo perché scriveva lettere e compiva atti (prodigio bergogliano?).
    Quello vuole mettere le sue manacce dove c’è il malloppo.