CASO MORO. IL GEN. LAPORTA RISPONDE A DOMANDE E COMMENTI.

20 Marzo 2020 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, la ricostruzione che il generale Piero Laporta ha fatto su questo sito lunedì 16 marzo della strage di via Fani e del rapimento di Aldo Moro ha provocato molta discussione e reazioni, alcune pubbliche, altre private, manifestate personalmente a chi scrive. Nel frattempo il generale Laporta ci ha scritto questo seguito al suo primo contributo, un seguito che vuole rispondere a quesiti e domande. Buona lettura.

§§§

Caro Marco, sono stato sollecitato da più parti, a causa del precedente articolo, a spiegare perché volevano la morte di Aldo Moro.

Non è compito mio e non sono in grado di dare alcuna certezza. Il mio articolo è stato meramente tecnico, a smontare la narrativa ufficiale, per evidenziare le irrimediabili incongruenze da cui è afflitta la vulgata su via Fani. Ho portato una prova documentale, chi può smontarla si faccia avanti. Ho portato una prova a conoscenza di inquirenti e magistrati almeno dal 1990.

Quel terribile brano della lettera alla signora Moro non lascia scampo e conviene richiamarlo alla memoria: «Sempre tramite Rana, bisognerebbe cercare di raccogliere cinque borse che erano in macchina. Niente di politico ma tutte attività correnti, rimaste a giacere nel corso della crisi. C’erano anche vari indumenti di viaggio».

Aldo Moro, fine giurista, se fosse stato sull’auto che recava le sue borse, avrebbe avuto perfetta consapevolezza che esse erano state portate via dai suoi carcerieri oppure sequestrate dall’autorità giudiziaria.

Non c’era una terza possibilità.

Non era dunque affare del segretario Rana, recuperarle.

Dove è avvenuta la separazione di Aldo Moro dalla sua scorta? Non è affar mio stabilirlo. Ho un’idea precisa, ma non mi perdo in congetture.

Non c’è dubbio quindi che le borse sono andate da una parte, insieme alla scorta, mentre Aldo Moro è andato verso il carcere dei sicari brigatisti. Egli immaginava la sua scorta indenne in via Fani, per poi transitare davanti alla chiesa di santa Chiara, dove Aldo Moro si sarebbe soffermato a pregare in altre circostanze.

Perché massacrare la scorta, se avevano già rapito Aldo Moro?

Ovvio, perché non testimoniassero l’antefatto. Per comprendere quanto sia importante questo nodo si legga quanto riferisce il magistrato Gianfranco Donadio, il 4 marzo 2017, alla Commissione parlamentare d’inchiesta.

Perché una forza oscura si muove per uccidere Aldo Moro quando sembra a un passo dalla liberazione? Perché a buona parte delle autorità politiche e all’opinione pubblica si dette a bere la commedia di via Fani. Dimostrazione di “geometrica potenza” definì il massacro di via Fani, un Franco Piperno amico e sodale di Bettino Craxi.

Se Aldo Moro fosse tornato quindi vivo dalla prigionia, si sarebbe svelata la turpe commedia della “geometrica potenza”, delle finte linee umanitarie, degli ordini ai dirigenti di partito dalle centrali internazionali ed eseguiti fedelmente.

Se Aldo Moro fosse tornato vivo i vertici dei partiti italiani, tutti, e delle cancellerie internazionali avrebbero dovuto dare risposte che non potevano e non volevano dare.

In altre parole, Aldo Moro doveva morire e ciò fu deciso a un livello superiore ai vertici dello Stato e ai partiti italiani, gran parte dei quali consapevoli e codardi.

Ribadisco che non ho alcuna certezza sugli antefatti (quindi sui moventi), ma i fatti sin qui appurati certificano una complicità internazionale che supera le contrapposizioni ufficiali fra Nato e Patto di Varsavia.

Almeno dal 1973, anno della guerra dello Yom Kippur, preceduta dall’attentato a Enrico Berlinguer a Sofia, il 3 ottobre, c’è un gioco delle parti dei servizi segreti italiani, statunitensi, francesi, inglesi, tedeschi, israeliani e sovietici, insieme ai politici loro servi.

Chi ha tenuto segreto l’attentato a Berlinguer sino al 1991, poi non ha spiegato perché quell’attentato fu compiuto. Il compromesso storico? Non diciamo sciocchezze. Alexander Dubček prese solo qualche ceffone sebbene, solo cinque anni prima, ad agosto del 1968, avesse messo sossopra la Cecoslovacchia e il Patto di Varsavia.

Perché Berlinguer ha taciuto? Che cosa aveva fatto per meritare la morte? Che cosa dette in cambio per sopravvivere?

Nessun approfondimento è mai stato fatto, per esempio, sulla presenza a Roma, in via degli Orti d’Alibert, d’un capitano del GRU*, messo alle costole di Aldo Moro. Il figuro poi riapparirà nell’attentato a san Giovanni Paolo II. Ah, dimenticavo, costui abitava in un appartamento di proprietà del Vaticano. E qui entra in ballo un altro servizio segreto, quello vaticano, il quale evidentemente trovò non pochi ostacoli entro le Sacre Mura.

Via Caetani, dove ritrovarono il corpo di Aldo Moro, prendeva il nome dal palazzo nel quale era di casa Igor Markevitch, direttore d’orchestra ucraino, in forza al Kgb. Durante la Seconda guerra mondiale fu agente di collegamento coi servizi inglesi per conto dei sovietici, si infiltrò nella Resistenza italiana e nel 1948 divenne cittadino italiano, sposando la duchessa Topazia Caetani. Si imparentò pure con Hubert Howard, agente britannico, questi avendo sposato Lelia Caetani, cugina di Topazia. Secondo Ferdinando Imposimato, Markevitch fu “l’anfitrione di Firenze” durante il rapimento Moro.

I rapporti fra Igor e BR sono in un rapporto del Ros Carabinieri, secondo i quali Giovanni Senzani, ritenuto dagli americani vicino ai servizi francesi, presentò Markevitch a Mario Moretti.

Un rapporto del Sismi, nel 1980, descriveva Igor agente con un passato con MI6, Kgb e Mossad.

Come si può capire, la vicenda di Aldo Moro è un maleodorante verminaio, nel quale io mi limito ad additare una scollatura tecnica, un granello di sabbia di colore differente, sfuggito per 40 anni. Vogliamo indagare sul passato? Difficile dire se sia ancora utile.

La storia è maestra di vita; non ha tuttavia scolari, aggiungeva Antonio Gramsci. Allora dobbiamo tornare indietro per guardare avanti. Possiamo fare ipotesi, per quello che valgono, puntando sempre su denaro e potere, colonne di tutti i peggiori misfatti.

Se consideriamo quanto è avvenuto dalla morte di Aldo Moro ai giorni correnti, con la spinta oramai palese a sottomettere popoli ed economie al potere finanziario, di certo è importante ricordare che Aldo Moro, aggirando i limiti imposti da Fondo Monetario Internazionale (aumentando la massa di denaro circolante e finanziando gli investimenti) sostenne l’emissione delle banconote da 500 Lire, serie “Mercurio alato”, stampate dallo Stato italiano e non dalla Banca d’Italia.

Dopo il 16 marzo 1978, terminò l’emissione del biglietto di Stato che avrebbe finanziato il Belpaese senza aumentare il debito pubblico. Oggi possiamo comprendere quanto sgradite fossero tali manovre ai poteri “storti”.

Un’altra chiave di lettura la si può trovare nelle connessioni fra Stato, Pci, Dc e mafia, cominciate nel 1977, per la costruzione della base missilistica di Comiso, un crogiolo di corruzione, nel quale furono inghiottite le esistenze di Carlo Alberto Dalla Chiesa e di Pio La Torre.

Aldo Moro non avrebbe consentito quelle sconcezze né alla DC, né al Pci né ad altri. L’ostilità per il compromesso storico di Mosca e di Henry Kissinger sono quindi importanti, entrando tuttavia in un poliedro criminale che salda ulteriori complicità.

Ripeto, al di là dei fatti reali, non si può, è persino inutile cercare moventi.

Dico moventi, al plurale, perché – di questo possiamo essere certi – fu una consorteria trasversale, interna ed esterna all’arco costituzionale e agli schieramenti NATO e Patto di Varsavia, ad assicurare l’impunità ad assassini sedicenti comunisti, garantendo i depistaggi fino ai giorni correnti e la vita agiata agli assassini.

Quanti si dicono indifferenti alla sorte di Aldo Moro a causa dei cedimenti alla Jugoslavia, sono ingenerosi e non tengono conto dei fatti oggettivi. Quando si perde una guerra tutto finisce nelle mani del vincitore: economia, industria, servizi segreti, diplomazia, magistratura e forze armate. Per recuperare la sovranità tanto Alcide De Gasperi quanto Aldo Moro dovettero cedere dei pezzi. La Jugoslavia era divenuta importante per la NATO in caso di guerra col Patto di Varsavia. Aldo Moro non era responsabile di questo e neppure si può ascrivergli l’irresponsabile fuga dalle proprie responsabilità dell’alta borghesia lombardo piemontese, dei coté romano, milanese, fiorentino, bolognese e persino napoletano, A questi si sommò una porzione importante della Chiesa. Da qui forza il Pci, per poi perdere la propria identità. Oggi è evidente quanto l’accattocomunismo sia trascolorato in accattoglobalismo.

Aldo Moro teneva botta agli attacchi ma doveva cedere in alcuni settori – la Jugoslavia, per esempio – ben sapendo che al suo fianco operavano servi degli statunitensi, degli inglesi, dei francesi, dei tedeschi e dei sovietici. Uno di costoro, poi arrivato ai vertici dello Stato, servì almeno tre padroni.

D’altronde Aldo Moro non ebbe, su Osimo, alcun aiuto da parte di Enrico Berlinguer, l’unico al quale non ha indirizzato alcuna lettera dalla prigionia, né menzionato nel memoriale.

La storia non si fa coi se e i ma. Dobbiamo tuttavia chiederci se sarebbe stato così facile sottomettere l’Italia – dal 1981, quando Beniamino Andreatta e Mario Monti privatizzarono Banca d’Italia con una letterina – fino ai tragici giorni correnti, mentre l’Europa e il mondo si prendono gioco di noi. La storia non si fa con i se e i ma. Proprio per questo motivo si uccide chi può tradurre in realtà politiche e di fatto tanto i ”se” quanto i ”ma”. Lo si uccide e se ne distrugge la memoria. Questo hanno fatto dal primo momento con Aldo Moro, lo hanno diffamato per 40 anni e ancora insistono.

In conclusione Aldo Moro ha condiviso la sorte con Abraham Lincoln, coi fratelli Kennedy e con tanti altri poveri disgraziati – penso alle vittime del terrorismo, a tutte le vittime senza distinzione di schieramento – che hanno perso la vita per fare il bene comune o perché troppo giovani e troppo ingenui per non farsi ingannare dagli squali della politica.

Solo per questo penso sia importante continuare a scavare sulla morte di Aldo Moro. Per quanto mi riguarda, non ho alcun interesse personale, se non il ricordo dello sguardo di Aldo Moro che incrociò casualmente il mio, ad agosto 1968, durante una sua visita a San Giovanni Rotondo. Era un uomo profondamente buono e pulito, lo pensai allora, quando non avevo alcuna simpatia per la DC, ne sono ancora più convinto oggi, grazie alle lezioni che la vita mi ha dato. Dio abbracci Aldo Moro e aiuti l’Italia. (www.pierolaporta.it)

Piero Laporta


  • GRU (Glavnoe razvedyvatel’noe upravlenie – Direttorato dell’intelligence generale) è tuttora il servizio segreto militare russo, la cui missione è rimuovere gli impedimenti che ostacolano i piani militari strategici. Opera al di fuori dei confini della Russia (allora dell’URSS) e ha totale indipendenza dal KGB. Fu creato da Lenin e ha ramificazioni e residenture in tutto il mondo. Quella che a quel tempo “curava” l’Italia, era in Svizzera nella villa d’un noto magnate italiano, padrone di pezzi importanti della stampa. Per intenderci, Pietro Secchia e Sergei Antonov, il capo scalo della Balkan Air, mentore di Ali Agca, rispondevano al GRU.

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34 commenti

  • Angelo ligure Err. Corrige ha detto:

    Riccardo non ANDREA Dura.

  • Angelo ligure ot ha detto:

    Il figlio del giudice Coco non ha mai perdonato ne saputo chi ammazzo’ suo padre e gli uomini della scorta nel 1976, mi pare.
    Non so Marco dove fosse, ma conosce i luoghi.
    Salita santa Brigida, una traversa di Via Balbi.
    Strada frequentata tutti i giorni. Ho contattato il figlio di Coco per dirgli che seppur piccolo, quando passo da quella lapide un po’ dimenticata, faccio un pensiero. Mi ha ringraziato.
    Mi resta difficile non credere che un 68, 77 reale ci siano stati (nessuno sostiene questi, lo so’). E che poi, in questi movimenti abbiano agito varie organizzazioni. (Stessa cosa per l omicidio Borsellino).
    Le Br potevano uccidere. Genova fu un’ anteprima. O le scorte non erano all’altezza (nel caso Moro lessi che solo un membro aveva fatto corsi da tiratore) o comunque c’erano infiltrati..magari di sinistra. Ricordo che quando i carabinieri entrarono nel covo di via Fracchia, un brigatista morto non si riusciva a identificare. A suo modo, con onore, un giornalista del foglio lo riconobbe, era un figlio di nessuno e come lui aveva un passato in lotta continua.
    E’ probabile che nel blitz di via Fracchia morirono alcuni degli attentatori del giudice Coco. Fu un colpo pesante alle brigate rosse. Il brigatista sconosciuto si chiamava Andrea Dura.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Lei solleva molte questioni, non poche delle quali importanti; molte delle quali convergevano a preparare il rumore di fondo massmediatico nel quale inserire l’evento strategico: l’uccisione di Aldo Moro, facendolo apparire una logica, direi naturale conseguenza dei tempi. Era iniziata la guerra economica, le cui conseguenza vediamo solo ora. Fu una frattura nella Nato nella quale l’Urss si inserì vantaggiosamente. E’ geniale che abbiano utilizzato sedicenti comunisti duri e puri (in realtà solo sciocchi burattini usa e getta) per conseguire l’obiettivo. Via Fani ci dice questo.
      Se può, le sarei grato se facesse sapere al figlio del giudice Coco la mia incondizionata ammirazione per il padre, mentre mi unisco alle sue preghiere per lui e per tutte le vittime di questa guerra tuttora in corso.

  • Angelo ha detto:

    Le gravi affermazioni del dott. Imposimato (rip). Non so, ma non mi risulta che sia stato sentito dalle procure.

    https://youtu.be/cmZ9VKvmatA

  • Physicus ha detto:

    E’ realistica l’ipotesi – riportata forse da Fasanella in un suo libro- che Moro fosse stato liberato dopo trattativa con il Papa, ma, mentre l’auto con lui a bordo si dirigeva in Vaticano, ci fu un contrordine improvviso o comunque un blocco lungo il tragitto da parte dei “burattinai” dei “burattinai” dei carcerieri e fu ucciso in quei momenti ?

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Le cose scritte da Fasanella mi lasciano tiepido.
      Fasanella ha scritto un libro sull’attentato a Berlinguer a Sofia, il 3 ottobre 1973 e non ha sentito la necessità di farsi dire da Emanuele Maccaluso:
      1) la ragione vera di quel’attentato
      2) perché lo aveva tenuto nascosto – lui, Maccaluso, giornalista – fino al 1991
      3) perché non ne aveva fatto cenno durante il rapimento di Aldo Moro, mentre partecipava a dotti dibattiti titolati “Chi sono i padri del terrorismo”
      4) perché, da direttore dell’Unità, Maccaluso, dava addosso alla pista bulgara dopo le confessioni di Ali Agca e quando ancora non poteva sapere che il sicario dei servizi segreti militari bulgari aveva ritrattato.

      Che dirle? Quando un giornalista omette tali dettagli, trovo difficile dargli credito.
      Intervistai Maccaluso a casa sua, su questi punti. Ho ancora le registrazioni. Stendo un velo sulle risposte. Alla fine mi mandò via perché aveva un importante appuntamento.

  • Milli ha detto:

    Ma allora perché Moro non è stato ucciso subito? Cosa hanno ottenuto con la farsa del rapimento? Farsa nel senso che non intendevano liberarlo vivo.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Grazie davvero per il suo importante quesito.
      Sul punto non mi sono soffermato nei due articoli pubblicati perché la questione da lei posta impone un articolo dedicato.
      Potrà leggere dopodomani la mia risposta al suo quesito, su un articolo che confido possa essere esauriente. Se non lo sarà me lo faccia cortesemente sapere. Grazie ancora.

  • Angelo ha detto:

    Caro generale,

    l’occasione delle sue riflessioni mi hanno spinto a capire di piu’ qual’e’ la narrazione di Nino Arconte.
    Riassumo quello che “ho capito” e non ho capito, poi allego il file dell’intervista.

    A ME SEMBRA (lo dico a Nino per non essere querelato 😁) che lui sostenga che il rapimento e l’omicidio Moro fu opera del “patto di Varsavia”. In via Fani c’erano professionisti tiratori, dice una sigla che non ho capito, ma ho capito che ne faceva parte Carlos lo sciacallo.

    Arconte, incredibilmente ma io ci credo, su Moro conosceva poco. Era entrato nell’esercito a 16 anni per poi fare la sua strana carriera. Ho letto il suo libro . Non era certo un intellettuale e ha fatto una vita da film. Cioè obbediva alla sua organizzazione ed era in giro per il mondo.

    Alla soppressione di Gladio inizio’ una campagna contro di lui inspiegabile a lui stesso, che va dal tentato omicidio a vari processi (traffico di armi).
    Quando riguardo’ le carte che aveva avuto tra le mani, anzi fu un giornalista a farglielo notare, vide che un suo dispaccio autentico che porto’ a Giovannone a Beirut PRIMA del rapimento Moro, chiedeva appunto di attivarsi in quei luoghi (pieni di agenti kgb) ecc.) per liberare l’ostaggio. Quindi nello stato si sapeva che Moro sarebbe stato rapito.
    Questo quello che mi e’ parso di capire.
    Cordiali saluti

    http://attivo.tv/watch/gladio-e-caso-moro-intervista-ad-antonino-arconte-bn-podcast_O8jhTsTOyOg6llO.html

    • Angelo ha detto:

      La sigla del commando di cecchini dovrebbe essere SEPARAT, gruppo di Carlos lo sciacallo, in ergastolo in Francia, la cui storia non so’ ne posso riassumere qui.
      Mi ha colpito che ha ammesso di aver fatto l attentato alla stazione di Marsiglia nei primi anni 80…ci furono SOLO 3 morti ma secondo Arconte doveva essere peggio la strage di Bologna e fu fatta con gli stessi mezzi.

    • sextus empiricus ha detto:

      «Quindi nello stato si sapeva che Moro sarebbe stato rapito».
      Prima di fare affermazioni azzardate come quella sopra virgolettata, sulla base di un “documento” altamente problematico (il sopra citato «dispaccio autentico che porto’ a Giovannone a Beirut PRIMA del rapimento Moro»), per usare un blando eufemismo, sarebbe preferibile esaminare con la dovuta attenzione il “reperto”, ossia il presunto “documento” su carta intestata del Ministero della Difesa datato 2 marzo 1978 (14 giorni prima del sequestro di Moro). Per chi non ne avesse mai preso visione, scorrendo il link seguente, verso la fine, ne troverà una riproduzione a colori (si cerchi l’acronimo SIMM). Basta osservare quel “reperto” con un minimo di attenzione per trarre le inevitabili conclusioni.
      https://www.amazon.com/dp/B00FXLXUXK#reader_B00FXLXUXK
      Tra le tante domande che ci si può porre, una viene subito in mente: come mai un ordine operativo di tal genere ha una marca da bollo da 500 lire?

      Comunque, chi volesse continuare a rilanciare in rete questo reperto datato “2 marzo 1978” dovrebbe stendere una controrelazione che ribattesse, con argomenti dotati di un qualche minimo fondamento, alle considerazioni sviluppate nella seguente “Relazione” inviata alla Commissione Moro-2 nell’ottobre 2017.
      http://www.gerograssi.it/cms2/file/casomoro/B169/1153_001.pdf
      Esercizio consigliato per capire l’origine del “reperto”: si osservi con attenzione l’Allegato 16, alla fine della “Relazione”, dove il “documento” datato 2 marzo 1978 è posto a confronto con un altro documento datato 31 agosto 1974. Chi vuole capire, capirà.
      La “Relazione” citata si limita all’analisi di aspetti formali e tipografici.

      Per i “contenuti” del reperto, occorre invece affrontare le numerose obiezioni avanzate dall’ammiraglio Falco Accame in un suo esposto inviato sempre alla Commissione Moro-2 nel maggio 2016.
      http://www.gerograssi.it/cms2/file/casomoro/DVD38/Liberi/0005_004.pdf

  • Iginio ha detto:

    […] Così accadde, per esempio, a via Fani quando rapirono Moro. Sulla scena del rapimento una foto mostrava la presenza alle nove del mattino di un colonnello del Sismi. Apriti cielo! Che ci faceva lei a via Fani? E quello improvvisò una risposta scema come «andavo a pranzo da un amico».

    Forse non voleva rivelare il suo ruolo e fece un danno più grande. Ecco qui, si scatenarono i dietrologi, un agente del Sismi in via Fani a dare manforte ai brigatisti! L’episodio fu preso e messo di diritto in cima ai «misteri d’Italia». Un magistrato scrisse una quantità di pagine che adombravano sospetti pesanti su quel colonnello, il quale invece avrebbe dovuto dire la banale verità: «Andavo nel mio ufficio a lavorare e la sede del Sismi è a due passi da via Fani».

    Però pensandoci bene, forse quel colonnello fu lungimirante. Se avesse detto dov’era diretto in realtà, non avrebbe avuto scampo ugualmente. «Ah, il Sismi è qui vicino! Ecco chi ha rapito Aldo Moro!» e si sarebbe scritto un altro capitolo dei «misteri d’Italia». Che vogliamo farci siamo il paese dei misteri.
    https://www.italiaoggi.it/archivio/di-pietro-nella-scorta-di-dalla-chiesa-una-storia-da-raccontare-1617080

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Non so granché del colonnello Guglielmi ma credo che la sua lettura dei fatti sia corretta. La sede del Sismi, Forte Braschi, è a breve distanza da via Fani. Possibile dunque che si stesse recando al lavoro oppure no, che cosa cambia?

      Curioso che gli inquirenti e le commissioni siano state attratte da tali dettagli e ne abbiano trascurati altri. Sono le casualità della vita o forse no, vedremo.

  • Angelo ha detto:

    Tempo fa’ chattai con il gentilissimo signor Nino Arconte. Io ci capisco poco. Solo anche lui – e in questo a somiglianza dei pensieri del generale- pensa che nel 1978, si cambio’, con l’omicidio Moro, la storia d’Italia. Non l’ho più tra i contatti fb ma discorre volentieri. Occhio pero’ che querela. Posso dire che il giudice Imposimato lo teneva in conto..poi sul web c’e’ molto materiale che ha immesso lui.
    Rip Aldo Moro
    Se ci fosse Luce sarebbe bellissimo! Spero vivamente che siano lui evo suoi cari e i caduti di via Fani nell’ eterna luce. E che i parenti abbiano trovato pace.
    Con Arconte ricordo solo un piccolo “screzio”. Mi sembra bloccato sul caso Moro. Gliel’ho detto…dal 78 ne e’ passata di “acqua sotto i ponti”. Non credo a disegni occulti di lunga data perché c’e’ un limite. L’uomo e la storia. Bisognerebbe che entita’ allineate proseguono un disegno occulto da generazioni. Solo i disegni di Dio non si smarriscono. Del diavolo non so,’ Ma nessuna organizzazione umana può superare indenne i capovolgimenti storici senza trovarsi magari dall’ altra parte della barricata.
    Ad es. la Serbia comunista e accentratrice divenne suo malgrado sovranità, ortodossa e nemica nato. Lo stesso Milosevic inizio comunista, morì nazionalista.

    https://g-71.blogspot.com/?m=1

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Stimo Antonino Arconte e gli sono debitore di alcune intuizioni.
      L’Italia è cambiata con l’omicidio di Aldo Moro, così come gli Usa con quello dei fratelli Kennedy. Oggi è ovvio che vi siano altri aspetti e altri uomini all’origine dei guasti, così come i figli succedono ai padri e questi ai nonni.
      Chiarire il caso di Aldo Moro è quindi oltre che un tributo alla verità, una ricerca delle radici dei nostri mali, della cui essiccazione non credo si possa fare a meno.

  • amos ha detto:

    Ricordo un’intervista della figlia di Moro nella quale raccontava che una sera il papa le aveva confidato come si stesse preparando la nomina di Ingrao alla presidenza della camera. La figlia chiese: “Come, state eleggendo un comunista alla terza carica dello stato? Avete avvisato gli americani?” Il papà sembrò cadere dalle nuvole ma poi chiamò l’ambasciata americana. Episodio credibile?

  • Francescomaria ha detto:

    Che in via Fani, ci fossero persone altamente addestrate e non solo appartenti alle br, tipo mafia e servizi ” deviati, che poi non si capisce che cosa significhi visto che sono persone che rispondono ai voleri dello stato, che a quell’incrocio vi era un bar frequentato da mafiosi, da appartenebti alla banda della magliana e da servizi segreti, ci è arrivata anche la commissione parlamentare.
    La stessa commissione è arrivata alla conclusione che alcune armi, che hanno sparato quel giorno in via Fani, non erano in “dotazione” alle br, la tipologia dell’agguato e l’addestramento al fuoco non coincidevano con la preparazione di guerra dei brigatisti.
    Ho sempre creduto che con tutto quel fuoco, con le armi dell’epoca, solo una botta di ” culo” avrebbe potuto permettere al presidente Moro rimanere illeso, ma non sono mai arrivato alla sua ipotesi. Complimenti.
    Qualche politico e appartenente allo Stato avrà dovuto fare i conti ccon Dio oltre che con la propria coscenza.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Con Dio di sicuro fanno e faranno di sicuro molti e accurati conti; in quanto alla coscienza, mi permetta di nutrire il più granitico scetticismo.

  • Tux ha detto:

    Mi scusi: se anche Moro fosse stato convinto dell’incolumitá della scorta sarebbe stato, comunque, consapevole che tutti i documenti a bordo dell’auto sarebbero stati sequestrati, quindi regge poco, o sbaglio, la storia dei cinque quaderni. Inoltre, se so è dovuto ricorrere ad un alto graduato per convincere Leonardi a mollare Moro, credo che lo stesso sia stato poi convinto che le BR avrebbero lasciato in vita coloro che quelgradiato avevano visto in volto? Perché se il graduato era falso non penso proprio che la scorta avrebbe ceduto facilmente Moro.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Ho scritto nel virgolettato le parole di Aldo Moro: «Sempre tramite Rana, bisognerebbe cercare di raccogliere cinque borse che erano in macchina. Niente di politico ma tutte attività correnti, rimaste a giacere nel corso della crisi. C’erano anche vari indumenti di viaggio».
      quindi ho aggiunto queste deduzioni:” Aldo Moro, fine giurista, se fosse stato sull’auto che recava le sue borse, avrebbe avuto perfetta consapevolezza che esse erano state portate via dai suoi carcerieri oppure sequestrate dall’autorità giudiziaria. Non c’era una terza possibilità.”

      Quanto lei sostiene quindi circa l’incongruità della richiesta di Aldo Moro è una conferma delle mie deduzioni.

      Veniamo alla sua seconda obiezione. Lei afferma che le BR non avrebbero lasciato in vita il traditore che ha separato Aldo Moro dalla sua scorta. E’ un’ottima considerazione e non è detto che non sia accaduto quanto lei presume.
      Resta un fatto centrale: quanti hanno deciso le sorti di Aldo Moro erano al di sopra dell cosiddetta “direzione strategica delle BR”, così come al di sopra del traditore, la cui sorte quindi non era nelle mani delle BR.

      • Fabrizio Paccagnini ha detto:

        Un abbraccio a Melpignani4, a Ticconi5, a tutti. Sono state recuperate delle borse in macchina? O sono sequestrate come corpo di reato?
        Si può sbloccare?

    • Mauro Galizia ha detto:

      Ci sono nelle lettere di Aldo Moro riferimenti alla sua scorta, un ricordo, un cordoglio alle famiglie….? Cosa normale se Moro avesse assistito al barbaro omicidio di uomini che conosceva da anni, ed uscendo incolume solo lui, neanche un graffio, dalle raffiche di mitra.
      Gli uomini della scorta feriti sono stati giustiziati con un colpo di pistola alla tempia, perché se il fine di rapire Aldo moro era già stato raggiunto ?

      Aldo Moro era già stato “prelevato” in un altra occasione, quando i servizi segreti lo fecero scendere dal treno Italicus, che poco dopo esplose per una bomba, quindi penso avrebbero trovato “normale” che per la sua sicurezza gli stessi servizi lo separassero dalla sua scorta, magari proprio davanti alla chiesa di santa Chiara dove si soffermava a pregare prima di andare in Parlamento, visto la particolarità del giorno e che la notizia di un possibile attentato pare già circolasse in radio, e chissà per quale motivo.

      • PIERO LAPORTA ha detto:

        Grazie Tutto giusto ma non è stato davanti alla chiesa di santa Chiara, in piazza dei giochi Delfici, la quale si raggiunge dopo essere transitati da via Fani. E’ colpa mia questo suo errore a causa di una posposizione involontaria.
        Aldo Moro è stato prelevato fra casa sua e ben prima di via Fani.

  • zuzzurellone ha detto:

    Il fatto che il corpo di Moro sia stato lasciato in via Caetani, non mi sembra sufficiente per dire che l’artefice ,ovvero il direttore d’orchestra del rapimento e dell’uccisione sia stato Igor Markevitch. La casa editrice Chiarelettere aveva tempo addietro, pubblicato un libro su questa figura , ma non era di certo un libro veritiero. Mi spiego. Lei, illustre generale, ha indicato molti servizi segreti che hanno , per così dire, rimescolato nel caso Moro. Ho avuto la curiosa impressione che, forse, ne abbia dimenticato uno. Si tratta di un gruppo invisibile agli occhi de più, invisibile perché integrato nei vari paesi di destinazione. Si tratta del gruppo dei russi bianchi. Qualche anno dopo l’uccisione di Moro, leggendo certa stampa ecumenica, venni a sapere che, essendo appunto in piena guerra fredda, i discendenti degli esuli russi immigrati negli USA, si arruolavano, per servire la patria, nell’esercito degli USA, tanto che la Chiesa Russa all’estero dovette nominare un proprio cappellano a West Point, per soddisfare le esigenze spirituali di questi cadetti.
    Quando ero giovane, la stampa cattolica, non amava certo elogiare i soldati ed il loro valore.
    Durante tutto il periodo che va dalla breccia di Porta Pia alla stipula dei Patti Lateranensi, chi serviva nell’esercito era scomunicato. Così almeno mi fu riferito.
    Al contrario nella serie di invocazioni della Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, si recita una preghiera specifica per l’esercito, la flotta, ecc.
    Quindi è naturale che, per capire quel paese strano e diverso da noi che è la Russia, gli USA si siano affidati a questi esuli russi, a cui Igor Markevitch apparteneva.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Grazie davvero per i suoi suggerimenti che metterò a frutto. La mia lunga dissertazione sul rimescolamento dei vari servizi è accreditata da fonti di cui mi fido. Lei vuole leggerla diversamente? La sostanza non muta. Il fatto essenziale è la “trasversalità e la molteplicità di interessi intrecciati” che portano a morte Aldo Moro e poi, non dimentichiamolo, a diffamarlo dopo la morte. La prego di leggere – se non lo ha ancora fatto – la parte che concerne Aldo Moro a questo link https://www.pierolaporta.it/wp-content/uploads/2016/05/bufale-di-lotta-e-di-governo.pdf

    • Iginio ha detto:

      Come come? Chi serviva nell’esercito era scomunicato? Ma dobbiamo ridere? Ha mai sentito parlare di Giosuè Borsi, tanto per fare un solo nome? Ma basta con le scemenze, per favore! Basta! E studiate la storia una buona volta, vi prego!

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      Non ho mai scritto “Igor è l’artefice ,ovvero il direttore d’orchestra del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro”.
      Ho scritto che era connesso al Kgb e ad altri servizi e introdotto nel coté romano. Tutt’altra cosa quindi.

  • anonimo verace ha detto:

    grazie per il suo articolo, generale.
    Dopo il primo articolo sull’uccisione di Moro, ho preso in mano un libriccino, consigliato da Ferdinando Imposimato nei suoi tentativi di ricostruzione dell’avvenimento. Si tratta de L’AFFAIRE MORO di Leonardo Sciascia. L’edizione in mio possesso è del 2011 ed è la tredicesima edizione. Acquistato, ma non letto. Per il momento ho letto solo poche pagine, ma devo ammettere che la parola usata da Moro nelle sue lettere è esattamente come ha detto lei , prelevamento, non rapimento. Se non avessi letto il suo articolo, probabilmente la cosa non mi avrebbe colpito. Ancora grazie.

    • anonimo verace ha detto:

      devo aggiungere un dettaglio. Anche Ferdinando Imposimato fu colpito, per così dire, dalle Brigate rosse. In un agguato le brigate rosse gli uccisero fratello e cognata. Non sono in grado di collocare temporalmente il fattaccio, in relazioni alle indagini svolte con acribia dal nostro, indagini che riprese, per suo conto quando era già in pensione.
      Però il partito comunista, forse per dimostrare la propria lontananza dalle brigate rosse, lo protesse, facendolo eleggere alla Camera, in modo però che abbandonasse le indagini, che, evidentemente, scottavano troppo.

    • PIERO LAPORTA ha detto:

      sempre grazie ai miei pazienti lettori 🙂