DALLA CINA: AURELIO PORFIRI COMMENTA IL CASO DEL CARD. ZEN

1 Marzo 2020 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il Maestro Aurelio Porfiri ci ha inviato ieri sera una sua riflessione sulla lettera che il cardinale Decano, Giovanni Battista Re, ha inviato a tuti i porporati in relazione alla lettera che il cardinale Joseph Zen aveva diffuso qualche tempo fa sull’accordo segreto fra la Santa Sede e il regime comunista dittatoriale di Pechino. Pubblichiamo oggi l’articolo, che offre notevoli spunti di discussione e approfondimento. Buona lettura.

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Qualche riflessione sulla lettera del cardinal Re

Stamattina (sabato 29 febbraio) sono stato sorpreso nell’apprendere dell’esistenza di una lettera che il cardinale Giovan Battista Re, nuovo decano del collegio cardinalizio, ha rivolto a tutto il collegio stesso per commentare alcune iniziative ed alcune posizioni del cardinale Joseph Zen. Naturalmente sono stato sorpreso perché, come molti sanno, io mi sento molto legato al cardinal Zen, e per averlo frequentato molte volte, posso dire che le sue iniziative, anche quelle di tono più battagliero, sono sempre dettate da un amore sincero per il suo paese e per la Chiesa.

Si ricorderà, che tempo fa il cardinale Zen aveva rivolto una lettera a tutti gli altri membri del collegio cardinalizio per presentare le sue posizioni, critiche, sulla situazione della Chiesa in Cina, soprattutto alla luce dell’accordo provvisorio firmato nel settembre 2018. Questa lettera del decano del collegio cardinalizio, viene presentata quasi come una risposta a quella lettera, una risposta che dal tono generale di quanto viene scritto dal cardinale Re è certamente di disapprovazione. Ora, come la lettera del cardinale Zen fu resa pubblica sui media, è provvidenziale che possiamo vedere qual è la posizione ufficiale della Santa Sede attraverso questa risposta. Questo non è un dibattito da riservare a pochi che sono addentro alle segrete stanze, ma è giusto che anche il popolo di Dio, che molto partecipa su questi temi nei vari modi in cui è permesso, possa farsi un’idea di quali sono le posizioni in campo. 

Le mie parole non siano interpretate come irriguardose. Certamente, noi sappiamo che la gerarchia ha dei compiti di guida, ma ci viene anche detto dal diritto canonico che è lecito per un laico poter dare suggerimenti o avvisi qualora ravvisasse che le azioni compiute vanno contro gli interessi della Chiesa. Per molti, me compreso, questo è il caso della Cina.

Viene detto, da persone che hanno vissuto in Cina per decine di anni, che la situazione cinese è estremamente complicata da capire. Io sono d’accordo su questo. Ecco perché, in tutti i miei numerosi scritti sull’argomento, adotto sempre una posizione di grande prudenza, raramente leggerete miei giudizi pesanti contro la Cina, perché capisco che alcune dinamiche sono veramente complesse da capire e da giudicare. Detto questo, bisogna anche dire che dopo tanti anni che ho a che fare con questo mondo, per motivi familiari e professionali, mi sono fatto anche un’idea su come trattare con il mondo cinese quando è necessario. Il modo adottato negli ultimi anni dalla Santa Sede, nell’attuale contingenza storica della Cina stessa, non penso porterà vantaggi. Ma questo non lo dico per mancanza di rispetto verso gli sforzi della gerarchia ecclesiastica, sforzi che naturalmente capisco che che mi auguro possano avere il più ampio ritorno. Lo dico perché ho avuto a che fare con quella realtà e so come una certa mentalità cinese si mette in atto quando si avviano certe dinamiche legate ai rapporti di forza.

Nella lettera del cardinale Re viene fatto riferimento alla continuità fra la politica verso la Cina nei tre pontificati ultimi. È vero che gli ultimi tre pontefici hanno sempre desiderato una riconciliazione con la Cina, ma questo chi non lo desidera? Certamente è il desiderio di tutti, del Papa, del cardinal Re, del cardinale Zen, e di tutti noi. La domanda però è un’altra: qual è il prezzo da pagare per questa riconciliazione? Nelle condizioni storiche politiche in cui si trova adesso la Cina, può essere questa una vera ed efficace riconciliazione? E qui molti, mi potrà credere il cardinale Re, hanno una opinione simile a quella del cardinale Zen. Cioè, non ci sono al momento i presupposti per un cambiamento che non penalizzi coloro che hanno pagato con tanta sofferenza la loro adesione al Papa. Poi, se ci sono i documenti evocati da Sua Eminenza, comprovanti le politiche dei precedenti pontefici, questi parleranno per se stessi.

Si fa poi riferimento al fatto che il cardinale cinese ha detto che se si deve avere un cattivo accordo, è meglio avere nessun accordo. Questo è interessante nella lettera del decano del collegio cardinalizio, in quanto lui ammette che si è avuto un accordo per quello che è possibile in questo momento, quindi fra le righe, nella mia interpretazione, non smentisce che si tratta di un “cattivo accordo”. Ma un cattivo accordo in questo momento, potrà essere difficilmente recuperato in futuro, in quanto ciò che si è concesso difficilmente verrà dato indietro.

Io credo che gran parte del problema si poggi su un equivoco fondamentale su “strategia” e “tattica”. La strategia verso la Cina, da parte di un cattolico, non può essere che una: portare più cinesi possibili a conoscere Cristo e a meritare la salvezza eterna. Su questo, non c’è Papa, cardinale, vescovo, semplice fedele cattolico, che può essere in disaccordo. Questa è la strategia della Chiesa cattolica, non di fare amicizia con i cinesi, gli italiani, gli africani, gli australiani, e via dicendo, ma di portarli ad incontrare Cristo. Tutto il resto è secondario. Quindi, questa strategia non può che essere condivisa da tutte le parti in gioco. Poi c’è la tattica, che è il modo messo in atto per attuare la strategia. Ed è questo che viene contestato, non la strategia. A questo penso si riferisca la “guida pastorale” evocata dal Presule e che verrebbe contestata dal cardinale Zen (e da non pochi missionari, studiosi, osservatori, indipendentemente da lui). Ricordo che sia papa Francesco, che il cardinale Parolin, hanno detto in diverse occasioni di ben comprendere lo smarrimento di molti di fronte i recenti sviluppi con la Cina, sviluppi che “in loco”, come detto dal cardinale Re, non vengono recepiti.

Un cardinale, immagino, viene nominato per essere di aiuto al Santo Padre. Quindi, quando qualcuno che conosce profondamente una realtà si avvede di un pericolo, credo non sia contro nessuna legge canonica il far sentire la propria voce, a volte anche in modo molto roboante. Il cardinale cinese non è certo il solo che mostra un grande scetticismo sul fatto che un accordo, anche se limitato alla nomina dei vescovi, in questo contingente storico della Cina, possa avere alcuna reale efficacia.

Posso veramente testimoniare che il cardinale Zen ama profondamente il Papa, questo lo posso dire con grande chiarezza e verità. È un cattolico vero, un salesiano, un figlio di Don Bosco che è stato allevato nell’amore per la Chiesa e per il Papa. In tutti gli anni che l’ho frequentato, questo amore è venuto fuori ad ogni incontro. Ma quando amiamo qualcosa, spesso ci sentiamo costretti a fare delle azioni forti per proteggerla, se la sentiamo minacciata. Non tutti lo fanno, perché molti si servono della Chiesa per perseguire i propri interessi personali, quindi stanno in silenzio per paura di perdere i propri privilegi. Ecco il cardinale Zen ha scelto un’altra strada, quella di agire senza diplomazia, con tutto il coraggio sofferto di cui è capace.  Ma io posso dire che raramente ho conosciuto un sacerdote che parlava con tanto trasporto della propria formazione nella sua Shanghai, della gratitudine che aveva verso i missionari che lo hanno coltivato nella fede, dell’eroismo di tanti sacerdoti, vescovi, laici della sua Cina, che hanno scelto di rimanere fedeli alla Chiesa pur sapendo di dover sopportare delle terribili persecuzioni. Lui è vissuto per tutta la sua lunga vita con l’esempio della grandezza di tanto cattolicesimo cinese.  E seppure è vero che la nostra situazione storica non è quella della guerra fredda, in alcuni aspetti forse è anche peggio, perché alcune posizioni ideologiche, anche verso le religioni, si sono certamente irrigidite. Allora, per questo, credo che sia importante capire che nelle azioni del cardinale Zen non ci sono le paure di un uomo anziano, ma c’è il fuoco portato dall’amore per quella Chiesa a cui ha dedicato tutte le sue energie personali e che è sempre stata, e sempre sarà, la sua casa e il suo mondo.

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5 commenti

  • Pier Luigi Tossani ha detto:

    grazie, Maestro Porfiri. Zen è un gigante. Peccato non ce lo siamo meritati come papa, a causa dei nostri peccati.

  • P. Luis Eduardo Rodrìguez Rodríguez ha detto:

    Farli credere, come aspettava giuda izcariota, sarà il “papa”.

  • RobertoTrolli ha detto:

    Ho qualche esperienza della Cina e della sua cultura pragmatica frutto di evoluzione del pensiero confuciano buddista a maoista e oggi consumista. Il Governo cino sa che per stare nel mondo globale deve fare concessioni , tante , anche religiose.Sa benissimo che il cattolicesimo non si presta ( prestava ?) a governi politici e ideologici. Ora sta negoziando con il Vaticano, se il Vaticano cede non recupererà mai più . Oggi il governo cinese, con Benedetto XVI, avrebbe accettato le sue condizioni , appena si è reso conto del -mood- bergogiano, appena ha capito che poteva trattare con Parolin invece che con un Zen , ha sparato l’impossibile , che nessun diplomatico avrebbe mai accettato e ha vinto . Solo trattando con un traditore poteva vincere . La domanda che ci poniamo è : cosa han dato in cambio a Parolin ?

    • P. Luis Eduardo Rodrìguez Rodríguez ha detto:

      Scusi. Il commento sopra intendeva essere una risposta qui: Farli credere, come aspettava giuda izcariota, sarà il “papa”.