“MESSA A PUNTO”: UN LIBRO DI AURELIO PORFIRI SULLA LITURGIA

15 Novembre 2019 Pubblicato da

 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il Maestro Aurelio Porfiri ha scritto un libro che certamente interesserà molti dei lettori. Un testo che presenta un commento delle varie parti della Messa soprattutto come si vengono a configurare nella forma ordinaria del rito romano. Un commento spesso disincantato, che ad alcuni potrebbe sembrare quasi irriverente. In realtà – come sa chi conosce Aurelio Porfiri – dietro a questo libro c’è un profondo amore per la liturgia e una sofferenza profonda nel vedere lo stato in cui essa si trova ai nostri giorni.

Don Enrico Finotti dice nella prefazione: “Il maestro Porfiri ha presente questa ‘magna regula’ della sacramentalità della liturgia e ripetutamente si pone la questione se in questo o in quell’altro caso si possa ritenere a sufficienza che attraverso quei riti s’elevi al Padre il culto «in spirito e verità» del Cristo e si operi la santificazione delle anime dei fedeli. Porsi un tale problema, davanti anche ad un elemento apparentemente trascurabile o marginale del rito liturgico, è questione di finezza teologica non comune e garanzia di serietà professionale, rara tra i cultori della liturgia. Ecco perché ho letto con gaudio interiore ed utilità pratica il libro del maestro Aurelio Porfiri. Ne rinnovo, perciò, la mia stima e ne propongo la lettura a molti fedeli, ma soprattutto ai sacerdoti, dai quali dipende la grave responsabilità di una celebrazione «piena, consapevole, e attiva» (SC14)”.  Un testo per riflettere sul culmine e fonte della nostra vita di fede..

Dalla prefazione di don Enrico Finotti, ci sembra interessante riportare qualche brano:

“La lettura di questo singolare libro si presenta scorrevole, piacevole ed interessante. I grandi temi liturgici sono trattati partendo dal concreto modo di celebrare, che normalmente si incontra nelle nostre comunità cristiane. Tuttavia l’Autore non si limita ad un rilievo sociologico di ciò che avviene nelle chiese, ma indaga le cause dei molteplici abusi, che purtroppo continuano ad insidiare, quasi inconsciamente, sacerdoti e operatori liturgici. Il maestro Porfiri, infatti, rivela una non comune preparazione teologica e liturgica, affinata da una esperienza consumata in anni di servizio attivo e appassionata dedizione, soprattutto nell’ambito della musica sacra.

Credo tuttavia di cogliere tra le righe del testo, nei toni del linguaggio e nell’insistenza di determinate attenzioni, alcune direttrici fondamentali, che orientano il pensiero liturgico e le sagge osservazioni dell’Autore:

La continuità della liturgia romana nel flusso perenne della tradizione liturgica.

La liturgia non nasce oggi, né è frutto di sensibilità effimere, bensì viene dalle profondità dei secoli cristiani, risalendo con organico sviluppo fino agli Apostoli. La liturgia della Chiesa contemporanea è la medesima che la Chiesa ha sempre celebrato nel corso della sua storia bimillenaria. Anzi, la liturgia è, nella sua sostanza, il culto stesso che Cristo, il Figlio unigenito, innalza continuamente al Padre per mezzo dei suoi ministri e del suo popolo santo. Tale concetto imprescindibile – pone il maestro Porfiri in un atteggiamento costante di rispetto del linguaggio liturgico trasmesso dalla Chiesa, ben sapendo che hanno concorso ‘il cielo e la terra’ all’edificazione del ‘monumento’ liturgico, che ci è consegnato intatto per la nostra santificazione. Questa perenne continuità non può ridursi alla stretta sostanza dogmatica dei misteri sacramentali, ma deve estendersi a tutti quegli elementi che, sotto la mozione dello Spirito Santo, il carisma dei Santi e il genio degli artisti, hanno prodotto nelle provvidenziali circostanze e singolari contingenze che intessono la storia della Chiesa. Taluni apporti liturgici, anche se successivi nel tempo e lontani dalle origini, sono così intrinseci alla crescita dell’albero liturgico’, da non poter essere incautamente perduti o alterati senza offendere quel progresso di maturazione che lo Spirito Santo ha suscitato nel dogma, nel culto e nella disciplina universale della Chiesa”.

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22 commenti

  • GMZ ha detto:

    Non potrò leggere questo libro, ma avendo letto le parole di padre Finotti mi chiedo: parliamo di continuità, fingendo di non vedere l’elefante in salotto?
    Continuità de che, se la forma ordinaria del rito è stata messa a punto a tavolino con squadra e compasso?
    Mah…

    • GMZ ha detto:

      Alla fine l’ho letto, il libro. Sono contento di averlo fatto, poiché m’ha ricordato quanto siano brutte le celebrazioni in forma ordinaria (aggettivo che applico nel senso dispregiativo di grezza, grossolana, rozza).
      Anche se l’ultima fatica di Porfiri è (comprensibilmente) sbilanciata sul canto, andrebbe distribuita nelle parrocchie per istruire i fedeli – ma anche i sacerd… pardon, i presidenti di assemblea! – su forme e contenuti che da 50 anni a questa parte sono stati ignorati, travisati, abusati.
      Il libretto è in tal senso istruttivo, e contribuirebbe a rendere meno disgustosi i banchetti eucaristici di oggidì (sebbene all’Autore susciti disgusto solo il Kirye recitato, a quanto pare).
      Poi farò un’ultima osservazione sulla Sacrosanctum Concilium.
      Ossequi!

  • Pensierominimo ha detto:

    Scommetto che il dipinto in copertina è dell’eccezionale givane Giovanni Gasparro.

  • Gaetano2 ha detto:

    Questa volta copio e incollo io. Un testo che sicuramente, tra voi, parecchi conoscono.
    Ma permettetemi una domanda: tra voi, specialmente qualche sacerdote ormai anziano, c’è qualcuno che sappia che fine abbiano fatto fare al (secondo me, santo) prete autore del testo?

    di Monsignor Domenico Celada

    E’ da tempo che desideravo scrivervi, illustri assassini della nostra santa Liturgia. Non già perch’io speri che le mie parole possano avere un qualche effetto su di voi, da troppo tempo caduti negli artigli di Satana e divenuti suoi obbedientissimi servi, ma affinché tutti coloro che soffrono per gli innumerevoli delitti da voi commessi possano ritrovare la loro voce.

    Non illudetevi, signori. Le piaghe atroci che voi avete aperto nel corpo della Chiesa gridano vendetta al cospetto di Dio, giusto Vendicatore. Il vostro piano di sovversione della Chiesa, attraverso la liturgia, è antichissimo. Ne tentarono la realizzazione tanti vostri predecessori, molto più intelligenti di voi, che il Padre delle Tenebre ha già accolto nel suo regno. Ed io ricordo il vostro livore, il vostro ghigno beffardo, quando auguravate la morte, una quindicina d’anni fa, a quel grandissimo Pontefice che fu il servo di Dio Eugenio Pacelli, poiché questi aveva compreso i vostri disegni e vi si era opposto con l’autorità del Triregno.

    Dopo quel famoso convegno di “liturgia pastorale”, sul quale erano cadute come una spada le chiarissime parole di Papa Pio XII, voi lasciaste la mistica assise schiumando rabbia e veleno.

    Ora ci siete riusciti. Per adesso, almeno. Avete creato il vostro “capolavoro”: la nuova liturgia. Che questa non sia opera di Dio è dimostrato innanzitutto (prescindendo dalle implicazioni dogmatiche) da un fatto molto semplice: è di una bruttezza spaventosa. E’ il culto dell’ambiguità e dell’equivoco, non di rado il culto dell’indecenza.

    Basterebbe questo per capire che il vostro “capolavoro” non proviene da Dio, fonte d’ogni bellezza, ma dall’antico sfregiatore delle opere di Dio.

    Si, avete tolto ai fedeli cattolici le emozioni più pure, derivanti dalle cose sublimi di cui s’è sostanziata la liturgia per millenni: la bellezza delle parole, dei gesti, delle musiche. Cosa ci avete dato in cambio? Un campionario di brutture, di “traduzioni” grottesche (com’è noto, il vostro padre, che sta laggiù non possiede il senso dell’umorismo), di emozioni gastriche suscitate dai miagolii delle chitarre elettriche, di gesti ed atteggiamenti a dir poco equivoci.

    Ma, se non bastasse, c’è un altro segno che dimora come il vostro “capolavoro” non viene da Dio. E sono gli strumenti di cui vi siete serviti per realizzarlo: la frode e la menzogna. Siete riusciti a far credere che un Concilio avesse decretato la disparizione della lingua latina, l’archiviazione del patrimonio della musica sacra, l’abolizione del tabernacolo, il capovolgimento degli altari, il divieto di piegare le ginocchia dinanzi a Nostro Signore presente nell’Eucaristia, e tutte le altre vostre progressive tappe, facenti parte (direbbero i giuristi) di un “unico disegno criminoso”.

    Voi sapevate benissimo che la “lex orandi” è anche la “lex credendi”, e che perciò mutando l’una, avreste mutato l’altra. Voi sapete che, puntando le vostre lance avvelenate contro la lingua viva della Chiesa, avreste praticamente ucciso l’unità delle fede. Voi sapevate che, decretando l’atto di morte del canto gregoriano della polifonia sacra, avreste potuto introdurre a vostro piacimento tutte le indecenze pseudomusicali che dissacrano il culto divino e gettano un’ombra equivoca sulle celebrazioni liturgiche.

    Voi sapevate che, distruggendo tabernacoli, sostituendo gli altari con le “tavole per la refezione eucaristica”, negando al fedele di piegare le ginocchia davanti al Figlio di Dio, in breve avreste estinto la fede nella reale presenza divina. Avete lavorato ad occhi aperti. Vi siete accaniti contro un monumento, al quale avevan posto mano cielo e terra, perché sapevate di distruggere con esso la Chiesa. Siete giunti a portarci via la Santa Messa, strappando addirittura il cuore della liturgia cattolica. (Quella S.Messa in vista della quale noi fummo ordinati sacerdoti, e che nessuno al mondo ci potrà mai proibire, perché nessuno può calpestare il diritto naturale).

    Lo so, ora potrete ridere per quanto sto per dire. E ridete pure. Siete giunti a togliere dalle Litanie dei santi l’invocazione “a flagello terremotus, libera nos Domine”, e mai come ora la terra ha tremato ad ogni latitudine.

    Avete tolto l’invocazione “a spititu fornicationis, libera nos Domine”, e mai come ora siamo coperti dal fango dell’immoralità e della pornografia nelle sue forme più repellenti e degradanti. Avete abolito l’invocazione “ut inimicos sanctae Ecclesiae umiliare digneris”, e mai come ora i nemici della Chiesa prosperano in tutte le istituzioni ecclesiastiche, ad ogni livello.

    Ridete, ridete. Le vostre risate sono sguaiate e senza gioia. Certo è che nessuno di voi conosce, come noi conosciamo, le lacrime della gioia e del dolore. Voi non siete neppure capaci di piangere. I vostri occhi bovini, palle di vetro o di metallo che siano, guardano le cose senza vederle. Siete simili alle mucche che guardano il treno. A voi preferisco il ladro che strappa la catenina d’oro al fanciullo, preferisco lo scippatore, preferisco il rapinatore con le armi in pugno, preferisco persino il bruto e il violatore di tombe. Gente molto meno sporca di voi, che avete rapinato il popolo di Dio di tutti i suoi tesori.

    In attesa che il vostro padre che sta laggiù accolga anche voi nel suo regno, “laddove è pianto e stridor di denti”, voglio che voi sappiate della nostra incrollabile certezza: che quei tesori ci saranno restituiti. E sarà una “restitutio in integrum”. Voi avete dimenticato che Satana è l’eterno sconfitto.

    (Tratto da “Vigilia Romana” Anno III, N. 11, Novembre 1971)

    • MARIO ha detto:

      “In attesa che il vostro padre che sta laggiù accolga anche voi nel suo regno…”
      Mi vengono i brividi a pensare che queste parole siano state scritte da un prete…

      • Gaetano2 ha detto:

        Eggiá, ma evidentemente non gli credevano. Ora parecchi fra loro hanno la possibilità di controllare… io noto solo che i decenni volano…

      • Stazione Alpha ha detto:

        @Mario
        Proprio quelle che evidenzi sono evangeliche.

        Gv 8,44
        “voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui”

        Ovviamente non spetta a noi giudicare nessuno, e la meta
        finale di ciascuno solo Lui la sa.

        • MARIO ha detto:

          Conclusione: quel prete aveva torto.

          • Mari ha detto:

            Signor Mario, ne è così sicuro proprio adesso ??? (dopo che 50 anni di scempi liturgici hanno portato buoni cristiani a, non solo tollerare, ma perfino ad assecondare nella loro famiglia comportamenti vergognosi)?

            MI raccomando, se sapesse che in giro c’è un medicinale che in realtà è un veleno potentissimo, dia addosso a chi lo ha capito e vuole con tutte le sue forze salvare altre persone avvertendole… eh, sì, come si permette, chi ne conosce i rischi per chi lo assume, permettersi di “giudicare” in tal modo i criminali che, per lucro, lo mettono in circolazione?

            Il “non giudicare prima di tutto” fa comodo a chi ci vuole far ingollare di tutto (e di peggio) annichilendo la nostra capacità di reazione.

    • Pensierominimo ha detto:

      Grazie, Gaetano, di questo copia-incolla! Sono fra quelli che un simile coraggiosissimo testo non lo conoscevano. Si figuri che nella cosiddetta “preghiera dei fedeli” di stamattina (sempre luogo delle castronerie più impensate) si è pregato “perché non esista più la religione cattolica… ma solo la religione cristiana. Roba da rabbrividire. Mi è andata di traverso tutta la messa.
      E hai voglia a protestare col signor parroco: ci vogliono vendere lucciole per lanterne. E tutti beotamente in coro: ” Ascoltaci, Signore!”.

      • Gian ha detto:

        Di Mons. Domenico Celada ce ne sarebbero voluti mille per condannare quell’abominio che di punto in bianco imponeva la “nuova liturgia”. Il solito Mario è scandalizzato, ma non è una novità, abituato com’è a prendere fischi per fiaschi. A conclusione della sua veemente invettiva Mons. Celada proclamava anche una “incrollabile certezza che quei tesori ci saranno restituiti”. Così è stato, grazie a BXVI che ne ha pagato il prezzo, ma grazie a Dio sempre più fedeli si accostano alla Messa V.O. la vera Messa cattolica. Bravo Gaetano per averlo ricordato e portato a conoscenza. La Messa di Paolo VI è sempre più manipolata dall’estro di celebranti attori e sempre più vicina al rito luterano.

      • GMZ ha detto:

        Caro Pensierominimo,
        nella cosiddetta “preghiera dei fedeli” di ieri si è pregato secondo questa intenzione: “Perché arrivi il giorno in cui non ci saranno più cattolici, ortodossi e protestanti, ma solo cristiani pieni di speranza e carità. Preghiamo.”
        Una possibile interpretazione, che definisco “pro reo”, può essere: venga il giorno in cui gli tutti i cristiani saranno riuniti nella vera casa del Signore, la Chiesa cattolica, e non vi sia quindi più bisogno di usare l’aggettivo “cattolico”.
        Noto due cose:
        1) prima della primavera della Chiesa, i nostri pastori avrebbero detto quello che ho scritto, senza umano rispetto per nessuno e senza edulcorare i concetti;
        2) per quanto l’interpretazione che ho proposto debba essere presa in considerazione, il tenore letterale della preghiera si presta anche ad interpretazioni meno rassicuranti: la formulazione vaga, equivoca della preghiera si pone nel solco dei documenti del Vaticano II – ove si dice bianco ma anche nero, sì ma anche no… Insomma, gli ermeneuti della continuità possono andare avanti a fare ammuina con gli ermeneuti della rottura (di scatole), con quelli della sinodalità dell’assisità della misericordità e via dicendo, senza mai mettere a fuoco il problema;
        3) lo spirito ecumenico del Vaticano II, infine, mal si concilia con l’interpretazione “pro reo”, poiché sarebbe inaccettabile per lo spirito dei cristiani adulti e maturi.
        Concludo che ci troviamo di fronte alla solita grembiulinata infilata nell’orribile “preghiera dei fedeli”, che prefigura la cristianità universale ed indistinta il cui progetto è stato messo in opera da Giovanni XXIII in poi.
        Partecipare a liturgie in cui si annidano i virus dell’apostasia, dove i fedeli devono negare il consenso a tutto quello che va contro la fede (come in questo caso), è un controsenso: chi ne ha la possibilità materiale frequenti la S. Messa di sempre – quella in latino, dove non si dà mai il caso di formulazioni equivoche e dove tutto ciò che accade è ortodossia. Chi invece non ne ha la possibilità, può offrire a Gesù la propria sofferenza nel dover sottostare alle brutture conciliaboliche architettate da Buan e asseverate da Paolo VI.
        Ossequi.

    • Mari ha detto:

      Ho avuto occasione di assistere alla Santa Messa, quella che la Chiesa fin dai suoi albori aveva celebrato, quando ero ancora molto piccola: la mamma ci portava, me e le mie sorelle, per poter assistere alla Messa, cercando di farci stare il più possibile tranquille anche se eravamo proprio piccole: non poteva affidarci a nessuno ma non voleva perdere la Messa, così, arrivato il momento della predica, l’unico durante il quale il nostro parroco poteva esprimere il suo probabile fastidio, usciva di chiesa, per rientrare a predica finita.

      Adesso, conoscendo meglio le due liturgie (V.O, e N.O) ho capito perché, solo ed esclusivamente in quel momento, il sacerdote aveva la possibilità di pronunciare parole che non erano vincolate all’assoluto rispetto della sacralità di una liturgia divina che non lasciava spazi a “variazioni” umane.

      Il sacerdote era tenuto a portare a termine il suo (altissimo!), compito e non poteva permettersi di “personalizzare” ciò che non era assolutamente suo: ogni sua frase, ogni suo gesto, persino ogni suo spostamento davanti all’altare era stabilito.

      La Santa Messa a cui si assisteva allora era la stessa Messa (parola per parola) alla quale da quasi 20 secoli le generazioni passate di cattolici avevano assistito e alla quale su tutto il pianeta ogni cattolico poteva assistere: quale prova migliore di quella tanto oggi desiderata “unità” (nel tempo e nello spazio) che invece oggi è tradita dal più assoluto relativismo personalista?

      Ringrazio chi ha copia-incollato il testo di Mons. Domenico Celada; l’avevo trovato in rete 7-8 anni fa e aveva contribuito ad aprimi gli occhi con la sua “violenza” su quanto era stato perpetrato nei confronti della liturgia …

      … ma una simile “violenza” non era forse stata attuata, anche fisicamente, da Qualcun Altro per manifestare pubblicamente lo scempio di chi, nei luoghi sacri, si arrogava il diritto di svolgere attività umane ?

      Confesso che un tempo non avevo compreso questo modo di comportarsi di Nostro Signore… ora no, lo capisco benissimo!

      • MARIO ha detto:

        Sig.ra Mari, è così sicura che la Messa V.O., cui assisteva da piccola, fosse la stessa di 20 secoli fa ? Qualche piccolo esempio:
        – nelle chiese e basiliche paleocristiane (e fino al 1600 circa) l’altare era rivolto verso il popolo e non c’erano balaustre (vedi anche la basilica di S. Pietro);
        – la lingua della liturgia era naturalmente il latino, perché era la lingua “volgare” di allora, ma le formulazioni sono cambiate nel tempo;
        – la comunione, nei primi secoli veniva data sulla mano;
        – ecc. …

        Gesù è stato durissimo con chi dissacrava il tempio, ma non ha mai augurato l’inferno a nessuno. Mi dispiace…

        • EquesFidus ha detto:

          Desidero rispondere a “Mario”, il quale cerca di sfoggiare una (presunta) conoscenza liturgica per distruggere la Messa di sempre a beneficio dell’invenzione di Bugnini.
          1) Questa è una palese falsità, dal momento che anzitutto, quando l’altare nell’antichità era rivolto coram Populo, il popolo era tenuto a voltarsi dando le spalle all’altare in certi momenti della liturgia, inoltre il prete celebrante veniva circondato dai diaconi che impedivano la vista al popolo al momento della Consacrazione. Inoltre, i più antichi altari cristiani sono rivolti ad Orientem ed addossati al muro (v. Sant’Antioco in Sardegna): a tal proposito, si veda http://blog.messainlatino.it/2019/06/come-i-primi-cristiani-celebravano-la.html. Quindi, è falso affermare che i primi cristiani celebrassero rivolti al popolo (e, anche qualora lo avessero fatto, il riproporlo si tratterebbe di un’eresia archeiologista).
          2) Sbagliato: era il latino perché era la lingua delle formulazioni giuridiche del tempo, oltre che di quelle volgari. Per questo venne mantenuta nella Chiesa, non per un vago amore della classicità ma per sottolineare il carattere normante e vincolante di quanto avveniva all’altare, oltre che per indicare l’universalità e l’eternità della Divina Liturgia, non vincolata al presente o ad un particolare luogo geografico ma all’eterno ed ovunque.
          3) Anche questa è una palla: la Comunione nei primi secoli veniva ricevuta in bocca, probabilmente in ginocchio e tenendo la mano sotto la bocca, con sopra un apposito fazzoletto per evitare che i frammenti della Sacra Particola cadessero a terra. La distribuzione in mano ed in piedi, che nega ereticamente la Presenza reale, è un’invenzione protestante molto più tarda.
          Mario, La smetta di dare contro la Santa Messa tridentina, approvata da San Pio V ed al cui cospetto si inchinano anche le schiere celesti, tremano le dominazioni ed adorano le potestà.Pensi alla fallimentare “liturgia” abusiva di Bugnini, ed a come un giorno, se Dio vorrà, verrà finalmente abolita. Anche perché, mi fa morir da ridere come voialtri novatores andate a cercare (e deliberatamente a travisare) atti e comportamenti caduti in disuso (o esplicitamente vietati) da secoli pur di avvalorare le vostre tesi: non fate né il bene vostro, né di Dio né della Chiesa.

          • MARI ha detto:

            @EQUESFIDUS
            Grazie per avermi preceduto!
            Sottoscrivo ogni sua affermazione (e quante altre in proposito c’è ne sarebbero!)

        • MARI ha detto:

          Certamente quella Messa era infinitamente più vicina a quella celebrata dagli Apostoli di quella liturgia volgarizzata e rimaneggiata con l’aiuto di esperti protestanti che ci hanno rifilato con gli esiziali esiti dopo il ’69.

          Giustificando con la (vana ) speranza che i protestanti si riavvicinassero hanno “decattolicizzato” la Messa, e hanno spalancato le porte a messe “questa sera si recita a soggetto”, hanno sminuito il fondamentale aspetto di “Sacrificio”, di “riattuazione” del Calvario… e chi, se non Lutero aveva in orrore questo aspetto della messa? E non era Lutero che voleva che le lingue volgari sostituissero il latino?

          Che la comunione fosse data sulle mani è stato sostenuto in base a un documento che riportava anche altro, ma questo “altro” è stato opportunamente taciuto dai “novatori”…

          A proposito di usi apostolici, con tutta questa smania di “riportare alle origini”, che ne è stato del capo coperto delle donne? Eppure era “certificato” da San Paolo in persona, non da un autore in odore di eresia come quello di cui sopra… e già ma quello dava fastidio alle donne “moderne”.

          E se volessimo chiederci chi voleva che il santissimo sacramento fosse trattato alla stregua di normale pane la risposta sarebbe la stessa: Lutero!

          E visto che non ho avuto il piacere di avere la sua opinione in merito, le riposto quanto ho scritto in un precedente post, perché io ho avuto il dono di riscoprire i tesori della liturgia autentica e ho potuto constatare che quanto Mons. Celada profetizzava nel suo veemente scritto si è realizzato nella mia diocesi, nella mia parrocchia, nella mia famiglia…. ed è una desolazione!

  • Alessandro2 ha detto:

    Che fine ha fatto la “riforma della riforma” liturgica, a più riprese invocata come urgente e anzi fondamentale da Benedetto XVI e poi dal Card. Sarah pre-lauretano? Ah, saperlo..

    • Stazione Alpha ha detto:

      L’hanno insabbiata.
      Stanno preparando il “rito amazzonico alla dea Pachamama” ovvero la controriforma della riforma della riforma.

  • anna astolfi ha detto:

    Nell’articolo non è indicata la casa editrice e non è possibile neppure desumere questa informazione dalla copertina, bellissima ma molto scura …

  • Pier Luigi Tossani ha detto:

    grazie, maestro Porfiri, per questo prezioso lavoro.

    Come ho brevemente accennato altre volte, il fulcro dei nostri problemi pare essere nel Novus Ordo Missae, che è disastroso sotto tutti gli aspetti. Ottima cosa che il lavoro di Porfiri porti in evidenza questa cosa, della quale la comunità cristiana dovrà ben presto dibattere, altro che sinodo amazzonico e simili altre infelici iniziative.

    Nella speranza che un prossimo papa – non necessariamente il prossimo – prenda provvedimenti adeguati.