“TOMMASO MORO, LA LUCE DELLA COSCIENZA”. UN LIBRO DI MIGUEL CUARTERO SAMPERI.

29 Giugno 2019 Pubblicato da

Marco Tosatti

Un amico di Stilum Curiae, Miguel Cuartero SAmperi,  ci ha scritto per condividere la notizia della pubblicazione, avvenuta la scorsa settimana, del suo libro “TOMMASO MORO, LA LUCE DELLA COSCIENZA” edito da Studium. Il libro ha la prefazione del cardinale Robert Sarah e la post-fazione della prof.ssa Elisabetta Sala.

“Di fronte al panorama attuale, ricco di incertezze e di spaesamento morale, la figura di Tommaso Moro si erge come esempio di irremovibile solidità morale, di fede provata e di coscienza retta. La fortezza d’animo con cui affrontò la drammatica vicenda della sua condanna a morte e del suo martirio, per mano del re Enrico VIII, fu soloil naturale epilogo di una vita virtuosa in cui emerge come caratteristica fondamentale il primato della coscienza personale intesa come luogo privilegiato dell’incontro tra l’uomo e Dio. Lo scopo del presente lavoro è quello di ripercorrere le tappe della vita di Moro seguendo questo “filo rosso” della centralità della coscienza. In tutte le scelte che dovette affrontare – non solo nel momento del suo processo in cui la questione affiorò in modo particolarmente significativo – l’umanista inglese diede ascolto alla propria coscienza, quel luogo in cui si rivela la voce di Dio che guida l’uomo a scegliere il bene e a rifiutare il male. Alla fine della sua vita, davanti alla imminente condanna a morte, Moro dimostrò una fermezza irremovibile: la sua priorità non fu preservare la propria vita terrena ma salvare l’anima dalla dannazione eterna. La decisione di rifiutare gli atti del Parlamento, infatti, non fu motivata tanto da argomentazioni politiche quanto dalla fedeltà alla propria coscienza, alla Chiesa Cattolica e a Dio: «Egli moriva da fedele e buon servitore del re, ma prima di tutto di Dio»” è scritto nell’introduzione.

Miguel Cuartero ci racconta che “  Questo libro è nato durante i miei studi di filosofia presso l’università Roma Tre. Alla fine del biennio di Scienze Filosofiche, ho sostenuto la tesi di laurea magistrale sotto la guida della compianta prof.ssa Germana Ernst, professoressa di Storia della Filosofia del Rinascimento, un’autorità mondiale per quanto riguarda gli studi sul filosofo italiano Tommaso Campanella, frate domenicano vissuto tra il XVI e il XVII secolo. La prof.ssa Ernst accettò con entusiasmo la mia proposta di tesi, l’ultima prima del suo ritiro dal mondo accademico, mi accompagnò con passione nella stesura e mi incoraggiò alla pubblicazione di questo testo con preziosi consigli. Venni a conoscenza della sua morte quando, nel 2016, il nostro rapporto epistolare si interruppe inspiegabilmente e suo figlio rispose al mio ultimo messaggio di posta. È lei che voglio ringraziare e ricordare oggi che finalmente – dopo anni di correzioni, interventi e revisioni – questo libro vede la luce. Ringrazio anche il prof. Giuseppe Gangale direttore del Centro Internazionale Tommaso Moro e della rivista Morìa. Anche a lui questo libro deve molto, per il suo prezioso aiuto e paziente sostegno, dal momento della stesura fino alla sua definitiva pubblicazione. Spero che questo libro – un piccolo e modesto contributo agli studi su Tommaso Moro – possa essere d’aiuto per tutti coloro che lo leggeranno. Impreziosito dalla Prefazione del cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e dalla Postfazione della prof.ssa Elisabetta Sala, scrittrice e storica esperta dell’Inghilterra rinascimentale, questo libro ci aiuterà a conoscere meglio e ad amare questo grande santo inglese. Tommaso Moro ha molto da insegnarci come figlio, come sposo, come padre, come cittadino, come avvocato e politico, come cristiano che ha messo al primo posto Dio e ha saputo ascoltare e obbedire alla sua voce nel profondo della coscienza senza mai perdere il buon umore che lo contraddistinse. Con l’augurio che tutti possiamo diventare sempre più amici di questo uomo del quale l’amico Erasmo disse: ‘Sembra nato e creato per l’amicizia’ e che G. K. Chesterton definì ‘il più grande degli inglesi che hanno agito nella storia’”.





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6 commenti

  • Catholicus ha detto:

    Il 24 giugno ho fatto, via mail, gli auguri di buona solennità di San Giovanni Battista al mio parroco, sottolineando come eglik fosse stato fedele al “si si, no no” e non anche al “si ma anche”, all’aut aut e non all’et et… . Per essere fedele a Cristo ci rimise la testa. Poi ho portato come esempio di fedeltà estrema anche san Tommaso Moro, ricordando che egli non accettò di dialogare con Enrico VIII; di fare discernimento caso per caso, ma rimase fedele a Santa Romana Chiesa, ai dogmi cattolici, a Cristo Signore. Ebbene, sapete come mi ha risposto il mio parroco ? ignorando assolutamente le figure dei due santi e dicendo solamente: “io sono per la Chiesa in divenire!”; e pensare che è ultraottantenne, e quindi catechizzato con catechismo di San Pio X (che ora ignora, calpesta e rinnega). Ma chi ce lo fa fare di stare appresso a questa gente? Non solo sono inutili, sale insipido, ma anche pericolosi

  • Lucy ha detto:

    In 150 anni morirono migliaia cattolici inglesi giustiziati tra atroci torture, impiccati , sventrati squartati. Tra i politici la vittima più illustre fu Tommaso Moro , umanista , scrittore, primo ministro e amico personale del Re .Si rifiutò di firmare l’Atto di supremazia e nella sua difesa al processo proclamò l’indissolubilità del matrimonio .Condannato a morte fu rinchiuso nella Torre di Londra per più di un anno perchè cedesse e durante la prigionia subì anche la pressione della moglie che lo supplicava di non rifiutare la salvezza dato che gli si chiedeva nulla di più di una semplice firma . Rispose :” Non si deve cercare di scampare alla morte quando è in gioco la Fede .Per riguardo all’amicizia passata col Re gli fu evitato lo squartamento ed ebbe il privilegio dei nobili della decapitazione Poco prima della decapitazione disse :”Muoio suddito fedele del Re ma innanzi tutto di Dio”. La sua scelta religiosa prima che politica nella chiesa di oggi sarebbe impensabile e improponibile ; infatti Moro è cinsiderato un santo inutile o, peggio ingombrante e infatti su di lui è sceso un eloquente silenzio

  • Nuccio Viglietti ha detto:

    Questo pet babbei paventatori ritorno medioevo e dintorni…!…https://ilgattomattoquotidiano.wordpress.com/

  • Diana ha detto:

    Ho letto due testi della prof. Sala, l’autrice della postfazione, sulla persecuzione di Enrico VIII e di sua figlia Elisabetta alla Chiesa e certamente leggerò anche questo di Cuartero. È stata una gloriosa stagione per i cattolici, non solo per i grandi santi come More e Fisher, ma anche per le persone comuni, che hanno sopportato torture indicibili,come la moglie di un macellaio, per giorni schiacciata da una ruota di pietra. In questi anni molte volte ho chiesto per la Chiesa l’intercessione dei santi martiri della persecuzione anglicana, stanati ovunque come topi da un feroce servizio di polizia, ai quali è stata tolta innanzi tutto la Santa Messa, a favore di una celebrazione fasulla costruita a tavolino e, triste dirlo di questi tempi, la comunione con Roma.

  • Pier Luigi Tossani ha detto:

    Grazie!… a Cuartero Samperi, alla sua prof., a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del volume, e naturalmente anche al dott. Tosatti, che ne ha dato notizia.

    http://www.santiebeati.it/dettaglio/27900

    “…Fisher e More, amici in Cristo, subiscono lo stesso destino e la loro ferma opposizione a Lutero prima e alle scelte divorziste di Enrico VIII dopo, ne fa dei confessori della Fede. Poiché respingono l’atto con cui il Parlamento dichiara falsamente che la regina Caterina non è moglie, ma concubina, essi vengono perseguiti per alto tradimento dalla “giustizia” inglese e incarati il 17 aprile 1534 nella Torre di Londra, dove ha inizio un intenso carteggio fra di loro, ma ad un certo punto, per far cadere in trappola l’avvocato More gli viene detto che Fisher ha finalmente aperto gli occhi ed è pronto, come tutto il Regno, a prestare giuramento al supremo Capo della Chiesa, Enrico VIII.
    Il dolore è immenso per l’ignaro More, tuttavia continua ad affermare l’autonomia della sua coscienza. Non tradirà il Vangelo. Scrive all’amata figlia Margareth: «In verità, Meg, grazie a Dio io non intendo inchiavardare la mia anima sulle spalle di un qualunque uomo, foss’anche il migliore che conosco fra quelli ancor oggi in vita, perché non so dove potrebbe portarla».
    Ha pregato, ha studiato, ha meditato prima di rifiutare il giuramento, prevedendo il peggio, ma «la mia coscienza è tanto chiara che trasalisco di gioia […]. Non faccio niente di male. Non dico niente di male. Non penso niente di male. E se questo non basta a che un uomo abbia il diritto di vivere, in fede mia, non ci tengo a vivere».
    Il migliore specchio dell’anima di More, durante i quindici mesi di permanenza nella Torre, si profila proprio nelle lettere. Dà appuntamento in Cielo ai suoi familiari, ma anche ai suoi giudici: in Paradiso, dice, san Paolo e santo Stefano sono buoni amici, anche se il fariseo, prima della conversione, approvò la lapidazione del diacono. Una preghiera autografa, in margine al suo libro d’ore, riflette l’anelito alla santità: si considera un’apprendista nell’arte di amare Dio e chiede la grazia di applicarsi attivamente perché perdere tutto, vita compresa, non è sufficiente «for the winning Christ» («per guadagnare Cristo»).

  • Gaetano2 ha detto:

    “…coscienza retta”…

    Appunto “retta”! Quest’aggettivo mancava quando qualche tempo fa qualcun’altro blaterava riguardo alla coscienza…