A TRENT’ANNI DAL MASSACRO DI TIEN AN MEN. IL RUOLO DELLA RELIGIONE, PRIMA E DOPO LA STRAGE.

4 Giugno 2019 Pubblicato da

Marco Tosatti

Cari lettori di Stilum Curiae, questa puntata dei Dispacci del Maestro Aurelio Porfiri è interamente dedicata alla tragedia sanguinosa di Tien An Men, avvenuta appunto il 4 giugno di trenta anni fa. Un massacro che ha spazzato via la speranza di un’evoluzione democratica di quella forma particolare di comunismo che il comunismo cinese, e che ha in comune con tutte le sue manifestazioni sorelle, nel tempo e nello spazio, sangue e oppressione. Buona lettura.

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Un servizio di “AsiaNews”  ricorda i tragici eventi di 30 anni fa in piazza Tiananmen, dove gli studenti che protestavano e chiedevano più democrazia vennero caricati dall’esercito lasciando sul campo molte vittime (su questo vedi oltre). Nell’articolo citato, che intervista una fonte anonima, fra l’altro viene detto: “Nella notte fra il 3 e il 4 giugno del 1989, i carri armati inviati dall’allora presidente Deng Xiaoping fecero scempio dei manifestanti che da settimane chiedevano una maggiore libertà e una svolta democratica nel Paese. Le vittime accertate non sono mai state quantificate per la pesantissima censura di Pechino, che ha imposto alle famiglie delle vittime una vita da paria sociali arrivando a negare la componente democratica del movimento. A morire furono operai e studenti, riuniti nella capitale per commemorare l’ex Segretario del Partito comunista (riformista) Hu Yaobang. Ogni anno, nell’ex colonia britannica si tiene in questa data una grande marcia democratica per commemorare le vittime e reiterare le loro richieste al governo cinese. Alla marcia di Victoria Park sono sempre presenti anche gli esponenti delle religioni del Territorio: il card. Zen, vescovo emerito di Hong Kong, di solito celebra messa e sfila con i manifestanti: “Quest’anno – dice la fonte di AsiaNews – parteciperò, come sempre. Ma temo che sia l’ultima volta”. Il motivo dietro a questo timore è “l’aumento della pressione, anche violenta, delle autorità comuniste. Nonostante Hong Kong abbia delle garanzie democratiche ancora in vigore, gli uomini di Pechino (con la connivenza dei leader locali) non si fanno scrupoli a rapire, far sparire, minacciare e mettere a tacere le voci libere del nostro Territorio. Particolarmente spregevole è il ricorso alle minacce collaterali, quelle rivolte alle nostre famiglie””. La veglia si terrà al Victoria Park, nella centralissima Causeway Bay.

 

Piazza Tiananmen/2

Dicevamo dei morti. C’è balletto sulle cifre. Il “South China Morning Post”, quotidiano di Hong Kong, riporta il conteggio che venne dato da diverse fonti nel giugno 1989 e la differenza era abissale. Secondo il portavoce del Consiglio di Stato, Yuan Mu, le vittime furono 300, per l’Associated Press 500, per la Croce Rossa cinese 727, per il South China Morning Post 1400, per la Federazione Autonoma degli studenti di Pechino 4000.

Piazza Tiananmen/3

Riprendo una riflessione fatta dal sociologo Massimo Introvigne a gennaio su “Bitter Winter” su quanto accaduto a piazza Tiananmen: “Generalmente i giudizi sui fatti di Piazza Tiananmen tendono a focalizzarsi sugli aspetti economici e sul movimento a favore della democratizzazione del Paese. Pochi riconoscono invece i legami decisivi fra Tiananmen e la religione, ed esiste il concreto rischio che nelle celebrazioni del trentesimo anniversario vengano del tutto ignorati, benché ormai su queste connessioni esistano solide opere specialistiche. I legami sono di tre tipi. In primo luogo, alcuni degli studenti appartenevano a Chiese domestiche protestanti, per quanto la percentuale esatta dei cristiani presenti tra i manifestanti è sconosciuta e potrebbe essere stata esagerata tanto dal PCC quanto dalle fonti cristiane occidentali. Secondariamente, e cosa molto più importante, è generalmente riconosciuto che Tiananmen sia stato un potente fattore di risveglio del movimento delle Chiese domestiche. Le riforme di Deng erano giunte dopo gli orrori della Rivoluzione Culturale e in certa misura furono viste con speranza da molti cinesi. Tuttavia la brutale repressione di Piazza Tiananmen convinse molti, se non quasi tutti, che il PCC fosse incorreggibile, esattamente lo stesso di prima. Come reazione, molte persone, disilluse dall’ideologia del Partito, si rivolsero per conforto e risposte al cristianesimo, soprattutto nella versione proposta dalle Chiese domestiche. Il risveglio post-Tiananmen ha pure prodotto le condizioni favorevoli per l’emergere di nuovi movimenti religiosi cristiani, tra cui la Chiesa di Dio Onnipotente, cresciuta fino a divenire il più ampio nuovo movimento religioso cinese, insieme al Falun Gong. La terza conseguenza di Tienanmen in relazione alla religione è che quei fatti alimentarono una paura paranoica della religione tra i leader del PCC. La dimensione di questa paranoia può essere compresa solo prendendo in considerazione il contesto internazionale. Per i leader del PCC, il crollo dell’Unione Sovietica e dei suoi Stati satellite, e l’adesione alla NATO e all’Unione Europea di alcuni Paesi precedentemente di area socialista, era qualcosa di inaspettato e considerato impensabile fino a pochi anni prima di Tiananmen. Come segnalato da Chan Kim-Kwong e da Eric Carlson, il PCC inviò i propri studiosi migliori nell’Europa dell’Est per capire come tutto ciò fosse stato possibile e riferirlo a Pechino (Religious Freedom in China, The Insitute for the Study of American Religion, Santa Barbara [California] 2005, p. 19). La loro conclusione fu che proprio la religione fosse stato il più importante dei fattori, se preso singolarmente, che mobilitò le masse contro i vari Partiti Comunisti in numerosi Paesi est-europei. Una teoria, questa, peraltro condivisa da numerosi studiosi occidentali, benché non da tutti”. Ecco, il noto studioso ci fa capire uno dei motivi per il quale le religioni sono così temute, e quale fu anche la reazione ai fatti che in quel tempo riguardarono l’Unione Sovietica e come il comunismo lì cadde e fu spazzato via.

 

Piazza Tiananmen/4

Il 18 giugno 1989 Giovanni Paolo II parlò durante l’Angelus di ciò che stava accadendo in Cina. Ecco quello che disse: “Nei giorni scorsi il nostro animo è stato profondamente colpito, dalle notizie e dalle immagini di quanto sta avvenendo in Cina e, in particolare, dalla morte di tanti giovani. Sin dai primi momenti ho espresso pena e preoccupazione per eventi così drammatici e l’auspicio – alla luce del messaggio evangelico – che tanto dolore possa servire a dare nuova vita a quel grande ed amato paese. Con gli stessi sentimenti di fede e di speranza, oggi vi invito ad unirvi alla mia preghiera a Maria, madre della Cina e regina della pace, venerata nel santuario di Sheshan, vicino a Shangai. Vergine di Sheshan, ausilio dei cristiani, tu accompagni con il tuo sguardo dolcissimo l’amato popolo cinese. Noi tuoi figli, solidali con quanto di più vero c’è nel cuore di ogni uomo, siamo ancora una volta ai tuoi piedi per dirti il nostro amore, la nostra sofferenza, la nostra compassione e per deporre nel tuo cuore di Madre, in momenti così tristi e drammatici, il lamento di coloro che soffrono, vittime della violenza, le richieste di chi ha fame e sete di giustizia e le speranze di tutti coloro che desiderano il bene del loro paese. Vergine di Sheshan, madre di misericordia, intercedi presso il tuo Figlio, redentore dell’uomo, perché chi è nel dolore trovi sollievo e conforto e perché tanta sofferenza non resti senza frutto. Ottieni luce per coloro che guidano le sorti di quella grande Nazione perché non manchi loro la necessaria sapienza nella ricerca del bene comune, che ha come base il rispetto della verità, della giustizia e della libertà. A te raccomandiamo in modo speciale tutti i giovani della grande nazione cinese. O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen”. E ci uniamo anche noi a questa preghiera, 30 anni dopo.





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