LEX CANTANDI LEX CREDENDI. CHE FARE DEL LATINO NEL CANTO IN CHIESA? E DELLE CHITARRE?

1 Aprile 2019 Pubblicato da

Marco Tosatti

Da un amico e collaboratore di Stilum Curiae abbiamo ricevuto la notizia della nascita di un’opera piccola ma di grande valore, dedicata alla liturgia e al canto.  Il maestro Porfiri e un altro grande esperto, Marco Ronchi, discutono e cercano di dare risposte a molte domande relative al nuovo e all’antico nella musica di chiesa odierna.

Giacomo al capitolo 2 della sua lettera, in un famoso passaggio, sembra quasi contrapporre la teoria della fede alla prassi della fede: “Uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Una delle più grandi opere cristiane, e una delle più grandi opere della civiltà intera, è stato e deve ancora poter essere il canto liturgico cristiano. Che tipo di fede mostra il canto liturgico, e che effetti riverbera sui cantori e sui fedeli? Ci si può fare un’idea di come crediamo in Dio a partire da come lo lodiamo, dal modo di cantare, dallo stile dei canti, dai testi e dagli strumenti usati? Oppure il canto è una questione solamente esteriore che non riguarda l’anima e la sua salvezza eterna? È sufficiente, per rispettare la teoria di cui parla S. Giacomo e “per essere a posto con la coscienza”, cantare durante le celebrazioni, qualsiasi cosa più o meno gradevole all’orecchio? È superbo pensare che il canto liturgico sia un ottimo indicatore di una fede autentica ovvero della smania di celebrare solo noi stessi? E ancora: che tipo di fede rivela, per esempio, la preferenza accordata a canti liturgici di matrice commerciale e sentimentale?

Nel libro si toccano inoltre aspetti propri della liturgia, anche a partire dai testi fondamentali del Magistero. A tal proposito molti sono convinti che la Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II con una sorta di rivoluzione abbia seppellito il latino, il canto della tradizione antica e il gregoriano! Siamo sicuri che sia così? È possibile armonizzare il canto della tradizione con il buon canto liturgico composto negli ultimi decenni? E ancora: per quali ragioni i canti “moderni” non hanno riempito le chiese che nei decenni della riforma liturgica si sono svuotate a vista d’occhio? Che fare del latino? E con gli strumenti musicali come la mettiamo? Quale utilizzo proporre, per esempio, per la chitarra nella liturgia?

In questa pubblicazione Aurelio Porfiri e Marco Ronchi, in risposta a tali e ad altre questioni poste loro da Luca Modenese, propongo delle riflessioni e dei suggerimenti, da considerarsi come tratti di un percorso molto più ampio che si dovrà svolgere in compagnia di tutti quegli uomini di buona volontà cui sta a cuore, come a ai due maestri, di fare luce secondo verità sulla liturgia e sul profumo di soavità che il canto fa salire al Cielo.

Aurelio Porfiri è compositore, direttore di coro, educatore e autore. Ha al suo attivo circa 40 volumi e 600 articoli. La sua musica è pubblicata in Italia, Cina, Stati Uniti, Francia e Germania. Ha collaborato con numerosi blogs, riviste e quotidiani come Zenit, La nuova bussola quotidiana, O Clarim, La croce quotidiano, la fede quotidiano, Liturgia, La vita in Cristo e nella Chiesa, Rogate ergo, Camparidemaistre, Il messaggio del cuore di Gesù, Patheos, etc.

Marco Ronchi è nato a Milano nel 1965. Si è laureato in Filosofia presso l’università degli Studi di Milano e ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” della stessa città. Da anni dirige cori liturgici a Milano e dintorni, promuovendo la conoscenza del patrimonio musicale tradizionale della Chiesa e l’uso del canto gregoriano nel contesto della liturgia. E’ autore del libro “La musica nella liturgia”, edito da Lindau.

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Oggi è il 219° giorno in cui il pontefice regnante non ha, ancora, risposto.

Quando ha saputo che McCarrick era un un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?

È vero o non è vero che mons. Viganò l’ha avvertita il 23 giugno 2013?

Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi, e risponda”.


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5 commenti

  • deutero.amedeo ha detto:

    CCC dice :
    1124 La fede della Chiesa precede la fede del credente, che è invitato ad aderirvi. Quando la Chiesa celebra i sacramenti, confessa la fede ricevuta dagli Apostoli. Da qui l’antico adagio: “ Lex orandi, lex credendi ” [Oppure: “Legem credendi lex statuat supplicandi”, secondo Prospero di Aquitania, Epistulae, 217 (V secolo): PL 45, 1031]. La legge della preghiera è la legge della fede, la Chiesa crede come prega. La Liturgia è un elemento costitutivo della santa e vivente Tradizione [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 8].

  • rvc ha detto:

    La sequenza , che io avevo appreso era : LEX CREDENDI .LEX ORANDI, LEX CANTANDI . Porfiri, mi rivolgo a lei , lex cantandi è l’ultima lex nelle sequenza. Come può esser utile a esaltare la liturgia se mancano le prime due lex ?

    • electric eye ha detto:

      La lex orandi viene prima della lex credendi e la determina. La “lex cantandi” verosimilmente non è altro che lex orandi in forma musicale, quindi, se è corretto, è anch’essa prioritaria alla lex credendi.
      Purtroppo le hanno insegnato un ordine invertito e questa inversione di priorità è una delle ragioni per cui da alcuni settori del cattolicesimo, contrassegnati da crassa ignoranza di come gira il fumo, emergono sconsiderate ed empie contestazioni alle pratiche liturgiche della Chiesa in nome di una fantomatica lex credendi a cui la lex orandi dovrebbe conformarsi.

      • Gioirgioi ha detto:

        ??? O non capisco oppure l’affermazione mi lascia perplesso!
        Domanda: Come si può pregare se prima non si crede? Come può la lex orandi essere “prioritaria alla lex credendi”? Se così fosse avrei finalmente la spiegazione del fatto (per me assurdo!) che alla Comunione si fa tanto strepito cantando, e si ignora la presenza dell’ Ospite, per il Quale si dice di cantare! Da laico ho spesso rilevato che le persone che si comportano così – ossia cantando (meglio sarebbe dire: strepitando!) – non sono assolutamente coscienti della presenza della Persona che hanno fatto entrare nella propria casa! In Chiesa si fa quello che in ambiente profano non si farebbe mai, cioè mettersi a cantare una pur bella canzonetta mentre si riceve un ospite! E qui – direbbe Gesù – si tratta di un Ospite ben più importante di Salomone o della Regina di Saba!