CESARE BARONIO, EMINENTISSIMUS, RISPONDE PUNTO PER PUNTO A PADRE GIOVANNI CAVALCOLI.

25 Novembre 2018 Pubblicato da

Marco Tosatti

Le lame teologiche continuano a incrociarsi, dopo il primo post di Romana Vulneratus Curia, e i successivi interventi di padre Giovanni Cavalcoli e di Cesare Baronio. Che ha inviato a Stilum Curiae questa risposta dettagliata alle osservazioni del padre domenicano. Eccola.

Reverendo Padre Cavalcoli,

La ringrazio di aver risposto alle mie osservazioni e di darmi modo di alimentare questa salutare disputa teologica con un figlio di San Domenico. Vorrà perdonarmi se, a beneficio del pio Lettore, mi permetterò di render meno accademica la nostra dissertazione, affinché questi possa trovarvi spunto di riflessione e di approfondimento.

Procedendo con il metodo della disputa, nel quale immagino Ella sia più versato di me, riassumerò il contenuto della Sua risposta dividendolo in proposizioni, in modo da poterle commentare singolarmente.

  1. I fedeli sono liberi di scegliere o la Messa Vetus Ordo o quella Novus Ordo.
  2. L’importante è che sia i fedeli che il celebrante rispettino le relative norme della celebrazione con diligenza e senza confondere le une con le altre.
  3. Chi segue il Vetus Ordo non deve disprezzare chi sceglie il Novus e viceversa.
  4. La Messa è sostanzialmente la stessa di sempre in entrambi casi. Cambiano solo leforme cerimoniali e le rubriche.

I. I fedeli sono liberi di scegliere o la Messa Vetus Ordo o quella Novus Ordo.

La Messa è atto supremo del culto pubblico della Chiesa. In essa è Cristo Sommo Pontefice, Capo del Corpo Mistico, per il tramite del Ministro che agisce in persona Christi, per offrire in forma incruenta il Santo Sacrificio a Dio Padre, secondo le finalità di adorazione, ringraziamento, propiziazione ed impetrazione. Questa è la dottrina cattolica, sulla quale suppongo non sussistano dubbj né obiezioni da parte Sua. Giacchè, se così non fosse, non avrebbe scopo proseguire.

Ora, l’atto pubblico del culto è compiuto dalla Chiesa come azione di tutto il Corpo Mistico. La partecipazione del fedele, ancorché lodevole e commendevole per poter beneficiare delle Grazie del Santo Sacrificio, non è tuttavia elemento sostanziale dell’azione sacra: è dogma di fede che qualsiasi Messa, anche se celebrata dal solo sacerdote, è perfettamente valida e rende a Dio l’onore che Gli è dovuto, ed adempie perfettamente ai quattro fini ch’essa si prefigge. Già qui bisognerebbe notare che nel Novus Ordo è previsto un rito della Messa cum populo ed uno della Messa sine populo, come se quando il sacerdote di volge per il Dominus vobicum non si rivolgesse all’intera Chiesa militante, purgante e trionfante, ma solo ai fedeli fisicamente presenti.

Essendo la Chiesa una sola, al di là della diversità dei riti – Romano, Ambrosiano, Mozarabico, Domenicano ecc. – è necessario che ogni rito abbia una sua unità ed unicità, poiché esso è espressione di un’unica comunità orante. Tant’è vero che fu sempre

sollecitudine dei Romani Pontefici impartire norme tese a far sì che la Chiesa Romana avesse un proprio rito unico ed universale, e questo avvenne tanto prima quanto dopo il Concilio Vaticano II e la sua riforma liturgica. Paolo VI, nel promulgare il nuovo Messale, dichiarò abrogato il precedente, proprio per mantenere questa unità cultuale: lo fecero anche i suoi Predecessori, ogniqualvolta misero mano – anche se in modo decisamente marginale – alla forma liturgica. Così fecero ad esempio San Pio X, Pio XII e Giovanni XXIII. Anche su questo credo siamo d’accordo.

Ciò che considero invece un hapax è l’invenzione di due forme liturgiche del medesimo rito, così come la si è avuta con il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI. In questo testo legislativo il Rito Romano viene ad avere due voci, una straordinariaed una ordinaria, facendo sì che la Chiesa di Roma leia la sua preghiera ufficiale con due voci. In teoria, al di là della novità della soluzione adottata da Benedetto XVI, si potrebbe anche concedere che vi siano due forme nello stesso rito, così come ci sono diversi riti nella medesima Chiesa Cattolica.

Quindi, per usare un espressione propria alla disputa teologica, concedo, e sono d’accordo che in astratto sia possibile che la Chiesa dia facoltà ai fedeli di assolvere legittimamente al precetto, assistendo alla Messa celebrata in una forma o in un’altra.

Tuttavia, distinguo. I fedeli, cioè, sono liberi di scegliere o la Messa Vetus Ordo o quella Novus Ordo, se entrambe le forme sono identiche quanto alla sostanza. Questo presuppone che forma ordinaria – Novus Ordo – e straordinaria – Vetus Ordo – assolvano perfettamente alle finalità loro proprie ed allo stesso tempo esprimano la medesima fede, sia in modo prossimo che remoto. Se ciò è certissimo per la Messa antica, di istituzione apostolica, non può esser detto invece per la Messa riformata, che rispetto alla prima è gravemente lacunosa.

Questa lacuna dottrinale è rilevabile in modo remoto nella sua definizione, quale fu formulata nell’art. 7 della Institutio Generalis Missalis Romani promulgata da Paolo VI, nella quale la Messa veniva definita: «La cena del Signore, o messa, è la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Vale perciò eminentemente per questa assemblea locale della Santa Chiesa, la promessa del Cristo: “Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. XVIII, 20)».

Questa prima redazione del 1969 venne poi emendata nel 1970 come segue: «Alla messa, o cena del Signore, il popolo di Dio si raduna sotto la presidenza del sacerdote che rappresenta il Cristo, per celebrare il memoriale del Signore o sacrificio eucaristico. Per conseguenza per questa assemblea locale della Santa Chiesa vale la promessa del Cristo: “Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt. XVIII 20). In effetti, alla celebrazione della messa, nella quale si perpetua il sacrificio della Croce, il Cristo è realmente presente nell’assemblea riunita in suo nome, nella persona del ministro, nella sua parola sostanzialmente e in maniera ininterrotta sotto le specie eucaristiche».

La prima definizione della Messa fu definita da teologi e canonisti come eretica, o quantomeno prossima all’eresia, e per questo venne modificata in senso cattolico, riconoscendone l’erroneità. Già questa sarebbe una pessima premessa per la promulgazione di un rito normativo per tutta la Chiesa Romana; ma se si mutò la definizione della Messa, non si ritenne tuttavia di mutarne conseguentemente e coerentemente anche il contenuto, che rimase intatto.

Come spiego ai fedeli, poco addentro alle questioni teologiche e canoniche, è come se si preparasse una torta seguendo una ricetta, in cui gli ingredienti siano sbagliati, e una volta ottenuta la torta immangiabile, si pensasse di renderla buona semplicemente cambiando la ricetta ex post. O come se si prendesse un biglietto per Milano e, una volta in viaggio, si pensasse di poter cambiare destinazione non scendendo dal treno che va a Napoli e prendendo quello giusto, ma semplicemente cambiando il biglietto. Similmente, chi ha inventato il Novus Ordo – poiché di invenzione si tratta, quantomeno nelle parti che sono state deliberatamente modificate o sostituite rispetto a Vetus Ordo – ha voluto mantenere il rito limitandosi a correggerne l’elemento causale, senza metter mano al risultato finale. Un’operazione che suona come un maldestro tentativo di mentenere in vita un monstrum liturgicum con una specie di sanatio in radice più che discutibile.

La mia obiezione alla Sua affermazione consiste quindi nell’aver Ella assunto un principio generale condivisibile, che però nel caso specifico non può essere ammesso. E questo per due ragioni. Anzitutto l’Autorità Ecclesiastica dovrebbe avere come suo scopo principale la salus animarum, per conseguire la quale essa deve dotare i fedeli della pienezza degli strumenti per conseguire la Grazia e così santificarsi. L’aver abolito un rito venerando che esprime perfettamente la fede cattolica, per sostituirlo con un rito che, se non eretico, quantomeno è gravemente omissorio, è un’operazione già di per sé censurabile e riprovevole. In secondo luogo – anche ammesso che l’Autorità possa sostituire un bene minore ad un bene maggiore – è diritto inalienabile del fedele, anzi suo preciso dovere morale, preferire il bene maggiore al bene minore, e a fortiori preferire il bene al male. Ciò vale ancora di più per i sacerdoti, che hanno accettato un rito compromissorio che rende meno onore a Dio e che santifica di meno le anime, quando c’era un rito perfetto e non vi era alcuna ragione per abrogarlo.

Se questo era valido quando il Novus Ordo fu promulgato, è ancora più valido oggi, che di quell’innovazione si sono visti gli amari frutti. Porre quindi sullo stesso piano il Vetus Ordo ed il Novus può esser tollerabile se l’intenzione è di sostituire progressivamente il Vetus al Novus, agendo con prudenza di governo; ma è inaccettabile se l’operazione mira allo scopo contrario, accontentando i critici del rito riformato ma allo stesso tempo chiedendo loro di accettarlo come legittimo. Come se si chiedesse ai movimenti pro-vita di riconoscere come altrettanto legittimo il diritto all’aborto, in cambio della loro libertà d’azione. E qui parliamo di vite umane, tanto quanto con la Messa si tratta di anime che la Chiesa ha il dovere di salvare. Ma di questo tratterò al punto IV.

II. L’importante è che sia i fedeli che il celebrante rispettino le relative norme della celebrazione con diligenza e senza confondere le une con le altre.

Anche su questo punto posso esser in accordo con Lei, quindi concedo. Ma, di nuovo,distinguo. Vi sono infatti modifiche arbitrarie alle rubriche che non inficiano la validità del rito: cambiare una lettura o omettere una genuflessione, per quando operazioni in sé censurabili, non sono di per sé causa di invalidità né del rito antico né del nuovo. Altra cosa è mutare sostanzialmente le parole della Consacrazione – come avviene indicativamente solo nel rito riformato, per via dell’uso della lingua vernacolare – cosa che rende la Messa invalida, e ciò è vero per entrambe le forme liturgiche.

Ma nella Messa tridentina non è permesso ai laici toccare le Sacre Specie, né ricevere la Comunione nella mano o stando in piedi. Viceversa, questo è ammesso, ed anzi ormai divenuta prassi abituale, nel rito riformato. Ora, è evidente che non stiamo parlando didiversa sensibilità liturgica, o dell’altezza del pizzo di un camice: il rispetto che i gesti di adorazione della Messa antica esprimevano sono stati sostituiti da gesti di irriverenza nella Messa nuova. E questo non per richiesta dei fedeli, ma per ordine dell’Autorità Ecclesiastica. Né si dica che questa prassi è indifferente: il rischio di profanazione del Ss.mo Sacramento è certo, al punto che molti Vescovi e moltissimi sacerdoti hanno espresso una forte critica a questa prassi imposta dall’alto. Lo stesso Benedetto XVI soleva amministrare la Comunione sulla lingua, ai fedeli inginocchiati; ma allo stesso tempo permetteva che tutti gli altri la prendessero in mano, spargendo frammenti del Corpo di Cristo, poi calpestati. Se Ella pensa che nel rito antico, quando un’Ostia cade accidentalmente per terra, si devono raccogliere i frammenti con il purificatoio e versare l’acqua nel sacrario; o quando dopo la Consacrazione, nell’antico rito il celebrante tiene il pollice e l’indice uniti, per non disperdere il più piccolo frammento, mentre nel nuovo la disinvoltura è d’obbligo, al punto che non vi sono particolari prescrizioni nemmeno in merito alla purificazione dei vasi sacri dopo la Comunione, c’è oggettivamente una differenza; e questa differenza non è meramente rubricistica, perché è dogma di fede chefracto demum Sacramento, ne vacilles sed memento, tantum esse sub fragmento quantum toto tegitur.

Le rubriche dell’antico rito prescrivono che le azioni sacre siano compiute dai Sacri Ministri, mentre nel nuovo i laici e addirittura le donne entrano ed escono dal presbiterio – che si chiama così perché vi stanno i presbyteri – e vi proclamano le letture, distribuiscono la Comunione. Non sono abusi, sia chiaro: sono tutte cose previste dalla liturgia riformata, proprio in nome di quella actuosa participatio e di quel sacerdozio comune dei fedeli che è insinuato sin dall’art. 7 dell’Institutio Generalis. Perché nella Messa cattolica si celebra in forma incruenta il Sacrificio di Cristo sulla croce, mentre quella conciliare è «la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote». Presieduta, ossia in cui con una visione tipica della mentalità moderna il celebrante diventa presidente dell’assemblea, e il suo ruolo di alter Christus è offuscato dal sacerdozio comune dei fedeli, su cui il Vaticano II ha insistito sin troppo a danno del sacerozio ministeriale, per compiacere ai Protestanti.

Quindi, essendo la proposizione II condizione della proposizione I, ne risulta che l’osservanza delle rubriche è di per sé bastevole per comprendere quanto quelle del rito tridentino siano orientate a significare esteriormente quella fede, che le rubriche del nuovo si adoperano viceversa ad attenuare, se non a cancellare del tutto.

III. Chi segue il Vetus Ordo non deve disprezzare chi sceglie il Novus e viceversa.

Il disprezzo di un comportamento implica una sua valutazione morale. Da ciò deriva che un’azione positiva debba essere valutata positivamente, e quindi lodata; mentre un’azione negativa – o anche solo meno positiva – sia da valutarsi negativamente e quindi da respingere e da disprezzare.

A questo punto, dobbiamo chiederci se il Vetus Ordo sia buono o cattivo; e se sia buono o cattivo il Novus Ordo. Stabilito questo, si danno quattro possibilità: 1. che il primo sia buono, e quindi che il secondo non lo sia o lo sia meno dell’altro; 2. oppure che il rito riformato sia buono, e quindi che il rito antico non lo sia o lo sia meno dell’altro; 3. che siano buoni entrambi; 4. che siano cattivi entrambi.

L’ultima possibilità va evidentemente scartata, perché non è possibile che la Chiesa sia privata sin dalla sua fondazione del Santo Sacrificio, o che esso sia imperfetto rispetto alfine che si prefigge, voluto da Nostro Signore.

Va anche scartata la terza opzione, perché è evidente che il rito riformato è stato redatto sulla falsariga del rito antico, ma privato di parti importantissime. Quindi, o quelle parti sono erronee, e per questa ragione da espungere; o quelle parti sono buone. Nel primo caso si ricade nella quarta ipotesi, che è inammissibile nell’economia della salvezza. Nel secondo caso, il rito riformato di dimostra lacunoso ed omissorio rispetto all’antico, e questo lo rende de facto meno buono del Vetus Ordo, ricadendo nella prima ipotesi: che cioè la liturgia tridentina sia migliore di quella conciliare. Quale delle prime due ipotesi sia vera, si dimostra nella confutazione della proposizione IV.

IV. La Messa è sostanzialmente la stessa di sempre in entrambi casi. Cambiano solo le forme cerimoniali e le rubriche.

Questa affermazione, reverendo padre Cavalcoli, va precisata. Quindi: distinguo. Essa è vera se Ella intende che la Messa del Novus Ordo è valida, e che realmente vi si rinnova il Sacrificio di Cristo e vi si consacra validamente il Corpo e il Sangue di Nostro Signore. In questo senso, entrambe le forme sono sostanzialmente identiche. Gli elementi essenziali per la validità della Messa sono il ministro ordinato, l’intenzione del ministro, la materia (pane e vino), la formula della Consacrazione. I sacerdoti prigionieri nei lager o nei gulag celebravano validamente, usando briciole di pane e un po’ di vino ottenuto fermentando pochi acini d’uva. Ma quel ch’è lecito in condizioni di grave necessità non fa parte, come è evidente, della norma ordinaria. E ciò che è parte essenziale del rito ai fini della sua validità non rende qualsiasi Messa identica ad un’altra. Anche una messa nera è valida, se la celebra un sacerdote che, per quanto apostata, intende consacrare il pane e il vino: eppure a nessuno di noi verrebbe in mente di affermare che i fedeli assolvono debitamente il precetto festivo o sono santificati dall’assistere ad un rito satanico. E tanto per esser chiari; lungi da me affermare che il Novus Ordo sia equiparabile ad una messa nera.

Se invece Ella sostiene che la Messa tridentina e la Messa riformata siano uguali quanto al loro contenuto – che in certo qual modo ne costituisce anche l’essenza – allora devo respingere la Sua affermazione. Quindi: nego. Come ho scritto a commento della proposizione III, la Messa riformata è stata inventata a tavolino da una Commissione di teologi e liturgisti, tra cui un gruppo di pastori luterani e calvisti, sulla falsariga del rito tridentino. Solo una persona inesperta e completamente a digiuno dei rudimenti di teologia e di liturgia può sostenere che la differenza tra i due riti consista solo nelle forme cerimoniali e nelle rubriche: anzitutto perché non è vero che l’unica differenza consista nelle cerimonie, essendo evidentissimo anche ad una semplice lettura cursoria dei due testi che moltissime parti del Vetus Ordo sono state cancellate dal Novus. Cade qui anche la pia credenza secondo la quale la nuova Messa sia soltanto una traduzione in lingua vernacolare del rito latino: semmai è vero che il testo latino del Novus Ordo è stato ulteriormente imbastardito e tradito dalle traduzioni, ma i due testi latini sono diversi in molti punti.

Comprendo che Ella, avendo ricevuto l’Ordinazione del 1976, non abbia avuto modo di conoscere e studiare l’antica liturgia. Ma forse ricorderà quando, sin dal 1965, vi fu tutto un susseguirsi di Messe di transizione, in cui il rito di Giovanni XXIII era via via mutilato di cerimonie e parti che nessuno fino ad allora considerava accessorie. Si iniziò col Salmo XLII, lasciandone l’antifona. Salirò all’altare di Dio. A Dio, che allieta la mia giovinezza. E poi il doppio Confiteor, tradotto esattamente dal latino, con tutte le sue preghiere. Ma tanto l’Offertorio antico quanto il Canone Romano erano da recitarsisubmissa voce in latino, in obbedienza ai Canoni del Concilio di Trento. Nel frattempo spariva il manipolo, veniva sdoganato l’uso della casula gotica, gli altari erano definitivamente rivolti al popolo, cosa che peraltro era già iniziata sin dagli anni Venti, col Movimento Liturgico.

Poi venne promulgata la Messa di Paolo VI: sparite le preghiere ai piedi dell’altare, ilConfiteor era recitato dal sacerdote e dai fedeli insieme, con una bella sforbiciata a San Michele Arcangelo, al Beato Giovanni Battista, ai Santi Apostoli Pietro e Paolo. Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli. Proprio come fecero, guarda un po’, i primi Luterani e i riformatori di Cranmer. I riti d’introduzione tolsero l’antichissimo uso della triplice invocazione del Kyrie, ridotti a due per mera comodità di risposta coi fedeli. E l’Offertorio scomparve del tutto, per far posto ad una preghiera giudaica di sapore panteistico. Venne tolta anche l’invocazione Veni, Sanctificator, con la quale il celebrante invocava la discesa dello Spirito Santo su questo sacrificio, preparato per il Tuo santo nome. Rimase provvisoriamente l’Orate, fratres, che oggi prevede varie risposte, alcune più omissorie delle altre. Il Canone Romano fu mantenuto, ma privato di tutti i segni antichissimi con i quali il celebrante designava le Sacre Specie, si inchinava, genufletteva, alzava gli occhi al cielo ecc. L’elenco dei Santi venne reso facoltativo: et pour cause, essendo la loro intercessione negata dai Protestanti e dai Novatori. Le parole della Consacrazione furono mutate, spostando il Mysterium fidei dalle parole sul Calice a dopo l’Elevazione, come se la transustanziazione di compisse solo dopo l’ostensione ai fedeli; tant’è vero che anche la genuflessione del sacerdote prima dell’Elevazione fu abolita. Studiosi più versati di me nelle discipline liturgiche e teologiche hanno avuto modo di dimostrare l’adulterazione impressionante del nuovo rito, che mantiene solo parte dell’aspetto esteriore della Messa, proprio come fecero Lutero ed altri eresiarchi. I quali, dovendo imporre la loro liturgia eretica ai fedeli ancora cattolici, raccomandavano di suonar i campanelli all’Elevazione, o di comunicarli in ginocchio, per non scandalizzarli. Peccato che a quelle celebrazioni non si consacrasse più il Corpo e il Sangue di Cristo e che i ministri fossero dei laici.

Parlare di rito latino del Novus Ordo è una presa in giro: quel rito non esiste, non è mai esistito, e chi lo ha celebrato all’inzio è stato immediatamente redarguito perché adottasse la traduzione in lingua volgare. Casomai, esso doveva servire come traccia per la redazione delle traduzioni da parte delle Conferenze Episcopali, le quali aggiunsero altri tradimenti a quelli già perpetrati dall’Editio typica vaticana.

O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di’ soltanto una parola ed io sarò salvato. Questa dovrebbe esser la traduzione di: Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum; sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea. Eppure non di traduzione si tratta, giacché si sarebbe dovuta rendere: O Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e l’anima mia sarà guarita. Ed anche nella formula consacratoria, quel pro vobis et pro multis è diventato per voi e per tutti, e non per molti. E gli esempj potrebbero continuare all’infinito. Oggi che si presta tanta attenzione a cambiare il Padre nostro sofisticando sul non indurci in tentazione, si passa oltre il per molti, confermando una coerenza d’intenti che può esser negata solo da chi ostinatamente non vuol vedere.

Quindi, caro padre, affermare che tra il Vetus ed il Novus Ordo vi sia una differenza meramente cerimoniale è falso e contraddetto dall’evidenza. Contra factum non fit argumentum.

Ella mi ammonisce: «Non è proprio il caso di litigare o di dare in escandescenze là dove Cristo ci vuole uniti, seppur nella diversità». Non mi pare di aver dato in escandescenze; semmai ho espresso il mio sdegno nel vedere che su una questione tanto importante e vitale per le anime si possa pensare di metter insieme vero e falso, fedeltà e tradimento. O anche solo un rito venerando e perfetto com’è quello custodito per millenni dalla Chiesa, con la sua grottesca parodia, la sua deminutio fatta per favorire quel dialogo interreligioso che costituisce l’anima del Vaticano II e che rappresenta la pietra tombale della missione apostolica della Sposa di Cristo. Al punto che lo stesso Bergoglio può affermare che l’apostolato è «una solenne sciocchezza».

E poi, chi ha mai detto che «Cristo ci vuole uniti, seppur nella diversità»? La diversità nella fede è eresia.

Dice bene, padre Cavalcoli, quando Ella afferma che «In rapporto alla dottrina capita però che nel linguaggio Francesco non sia sempre limpido, leale ed onesto, ma avviene purtroppo che sia confuso, improprio, evasivo, ambiguo e doppio. Inoltre egli fa male a non rispondere e non illuminare chi gli chiede spiegazioni o a non smentire le false interpretazioni. É segno di un’astuzia o reticenza che non si addicono ad un Vicario di Cristo». Ella ha espresso ciò che qualsiasi persona dotata di un minimo di onestà intellettuale non può non condividere. Ma, se mi permette, io credo che simile atteggiamento si sia visto anche nei Predecessori di Bergoglio, ad iniziare da Paolo VI, se non già da Giovanni XXIII. Anche Montini era «un figlio di Adamo come tutti noi, quindi soggetto alla colpa e bisognoso di essere perdonato da Dio». Forse più di noi, visto che ha la responsabilità di aver voluto abrogare la Messa apostolica per sostituirla con un rito composto da Prelati notoriamente progressisti e massoni.

Rimane da comprendere come a un Papa sia concesso di peccare contro tutte le virtù, ad eccezione della fede: mi par di ricordare che il Concilio Vaticano – il primo, ovviamente – avesse definito che l’infallibilità dei Romani Pontefici è garantita dallo Spirito Santo solo quando essi parlano ex cathedra, nel solo ambito di questioni inerenti la fede e i costumi, e con l’intenzione esplicita di impartire un insegnamento vincolante per i fedeli. Poiché se un Papa potesse essere infallibile in materia di fede anche quando è interpellato da un giornalista o fa una delle sue esternazioni a braccio, si aprirebbero questioni molto delicate.

Di eresie ne abbiamo sentite parecchie, dette non solo da Bergoglio ma anche dai suoi Predecessori: per grazia di Dio, questi errori dottrinali erano espressi come dottori privati, e non imposti a credersi da tutti i fedeli in forza della loro Autorità Apostolica né tantomeno sotto l’assistenza dello Spirito Santo. Tuttavia, reverendo padre, sentir affermare una cosa del genere da un Domenicano mi lascia a dir poco sgomento. Se l’avessi fatto io col mio professore di Dogmatica, mi avrebbe rispedito al Seminario Minore.







Oggi è il 91° giorno in cui il Pontefice regnante non ha, ancora, risposto.

“Quando ha saputo che McCarrick era un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?”

“È vero, o non è vero, che mons. Viganò lo ha avvertito il 23 giugno 2013?”

Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi e risponda”.




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90 commenti

  • Massimiliano ha detto:

    Grazie…grazie, grazie.

  • EA ha detto:

    A proposito di liturgia, vorrei far notare come sia scorretto il recente discorso di Bergoglio alle corali radunate in Vaticano, in cui cita impropriamente il capitolo sulla musica sacra della costituzione del concilio VAt. II “Sacrosanctum concilium”

    https://www.lastampa.it/2018/11/24/vaticaninsider/siate-animatori-del-canto-di-tutta-lassemblea-e-non-sostituitevi-a-essa-04LgyRtnNDSjN059gZdpqK/pagina.html

    In realtà il concilio afferma esplicitamente che debba essere valorizzata ed ampliata la tradizione musicale della della Chiesa, comprensiva quindi anche del gregoriano e del canto polifonico, cioè del repertorio “specialistico” delle scholae cantorum e non dell’assemblea dei fedeli. Bergoglio si guarda bene dal citare questa parte fondamentale del concilio e come al solito fa l’unica cosa che sa fare, cioè l’insulto:

    “Per favore, non fate la “prima donnaˮ, capito? Siate animatori del canto di tutta l’assemblea e non sostituitevi a essa.. Talvolta mi rattristo quando in alcune cerimonie in cui vado si canta tanto bene ma la gente non può cantare, una cosa strana…».

    Il concilio Vat II, che Bergoglio travisa, afferma invece che il canto assembleare dei fedeli e il canto “specialistico” delle scholae (in latino e in polifonia) possono e devono coesistere. Ad esempio gli art 114 e 116 affermano:

    114. Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra. Si promuovano con impegno le « scholae cantorum » in specie presso le chiese cattedrali. I vescovi e gli altri pastori d’anime curino diligentemente che in ogni azione sacra celebrata con il canto tutta l’assemblea dei fedeli possa partecipare attivamente…
    116. La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell’azione liturgica.

    Vorrei far leggere, per contrasto, quanto sia intelligente il discorso che fece Benedetto XVI sulla musica sacra in un’occasione analoga nel 2012:

    https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2012/november/documents/hf_ben-xvi_spe_20121110_santa-cecilia.html

    “… impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la grande tradizione musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni più alte, come afferma lo stesso Vaticano II (cfr Sacrosanctum Concilium, 116). E vorrei sottolineare che la partecipazione attiva dell’intero Popolo di Dio alla liturgia non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo spirito la Parola, e questo vale anche per la musica sacra. Voi, che avete il dono del canto, potete far cantare il cuore di tante persone nelle celebrazioni liturgiche. “

  • Donna ha detto:

    La mia impressione da semplice fedele è che con un papà che non si inginocchia davanti al Santissimo (così si è visto più volte in tv), e altre celebrazioni che definire fantasy è un eufemismo, non sia piu un problema di VO o NO (di cui Baronio, se non erro, dice gravemente omissorio, ma non al punto da esser invalido), ma del palesarsi di un nuovo ordine, un involuzione verso un Sine Christo Ordo

  • Clizia ha detto:

    Dalle mie ricerche risulta che Baronio è sedevacantista (non lefevbriano, dato che la Comunità SPX NON è tale).
    Almeno un po’ di chiarezza su questo punto, per contestualizzarne le posizioni.

    • The hex ha detto:

      Ma va…Cesare Baronio è un normalissimo figlio di santa madre chiesa che ogni tanto si traveste da cardinale cinquecentesco per sfogarsi un pò. Se fosse lefebvriano o sedevantista non agirebbe nell’anonimato. Stai pur certa che ordinariamente si adegua alla ”una cum” il Sedicente.

  • A CESARE BARONIO SULLA QUESTIONE INVALIDITA' DEL N.O. ha detto:

    Giusto per farLe comprendere come siano state percepite le Sue dissertazioni:
    GIOV
    25 novembre 2018 alle 6:31 pm
    A me pare che, in sintesi, sia Baronio che RVC abbiano apertamente detto che la Messa NO non sia più valida. Che poi è quello che dice don Minutella, che però per questo è da tutti schifato e scansato anche da prima della scomunica.

    Un po’ di superbia qui la intravedo…

    https://www.marcotosatti.com/2018/11/24/un-intervento-di-cesare-baronio-nel-dialogo-fra-romana-vulneratus-curia-e-padre-giovanni-cavalcoli/#comment-59257

    • GMZ ha detto:

      Non vedo quali colpe possa avere Baronio (o financo Cavalcoli) se qualcuno travisa – colposamente! – le sue argomentazioni.

      Nel caso di specie, che non era sfuggito neppure ad un cerebradipo come me, abbiamo a che fare con un commento precipitoso e sbadato – o forse col solito spot a favore del capitis deminutellutio.
      Ossequi.

      • per gmz ha detto:

        Guarda GMZ che anche tu hai travisato, associandoti al travisamento fatto da un altro utente. Qualcuno lo ha segnalato qua sotto, vai a vedere…
        Mi dispiace che insulti la povera GIOV, colonna portante del blog, ancorché da un po’ di tempo meno presente per ragioni familiari. A dire il vero mi dispiace che insulti in generale, ma so che non puoi farne a meno…..

        • GMZ ha detto:

          Caro PER GMZ,
          L’utente GIOV ha scritto quanto segue:

          “A me pare che, in sintesi, sia Baronio che RVC abbiano apertamente detto che la Messa NO non sia più valida. Che poi è quello che dice don Minutella, che però per questo è da tutti schifato e scansato anche da prima della scomunica.

          Un po’ di superbia qui la intravedo…”.

          Ebbene, può darsi che io mi sia perso una puntata di questa serie avvincente, ma non mi pare proprio che Cesare Baronio o RVC abbiano affermato una simile enormità – degna del Minutella (o del sottoscritto, se preferisce).

          Credo GIOV abbia travisato le parole di Baronio, e credo lo abbia fatto colposamente (i.e. non dolosamente).
          Ma lo credo con beneficio di inventario, ché potrei essere io a non aver capito.

          Purtroppo non ho la fortuna di conoscere GIOV, e mi spiace che ella abbia problemi familiari; ma lei lasci stare: non usi GIOV per darmi addosso.
          Vi ricorderò entrambi nelle mie preghiere (in latino, ça va sans dire): lei, se può, faccia altrettanto.
          Ossequi.

        • GMZ ha detto:

          Caro PER GMZ,
          Sarà lieto di sapere che ho finalmente capito dove sta il busillis: nell’assenza di virgolette. GIOV stava semplicemente riportando un’affermazione altrui.

          Il travisamento, come lei ha protestato, è mio: colposo, e spero di poter invocare le attenuanti.

          Mi scuso quindi con GIOV, e giro il mio commento all’autore della proposizione originale.
          Mi scuso anche con lei, per quel che vale.
          Ossequi.

      • Fabrizio Giudici ha detto:

        Non direi “colposamente”: qui si stanno mettendo in bocca a Baronio falsità che non ha mai detto, e lo si sta facendo a bella posta. Poveri troll. Fanno pena.

        • GMZ ha detto:

          Caro Fabrizio,
          Il “colposamente” (e qui intendo il termine in senso giuridico, per smarcarlo dal dolo) era riferito a chi travisa – tra cui posso esserci anche io! – non a Baronio né a Cavalcoli.
          Ossequi.

          • Fabrizio Giudici ha detto:

            Certo GMZ, siamo d’accordo: io mi riferivo al troll originante questo piccolo ramo di discussione.

          • A CESARE BARONIO SULLA QUESTIONE INVALIDITA' DEL N.O. ha detto:

            perché ce l’hai con me? ho solo riportato un messaggio segnalando che le questioni non erano state capite….non mi sembra trollaggio!

  • lella ha detto:

    C.B: Ripeto ciò che ho scritto: “Non è possibile che la Chiesa sia privata sin dalla sua fondazione del Santo Sacrificio, o che esso sia imperfetto rispetto alfine che si prefigge, voluto da Nostro Signore”.

    Buongiorno C.B., trovo questa affermazione molto pericolosa: se l’imperfezione del Novus Ordo dipende dall’espunzione di parti importanti del Vetus Ordo, doveva essere imperfetto anche il rito utilizzato proprio dalla “fondazione”, perché quelle parti sono state aggiunte dopo e non c’è traccia di esse nei riti paleocristiani (per come li conosciamo). Inoltre si imporrebbe una sorta di graduatoria tra riti di differente origine: che dire del rito Basiliano, ad esempio, ricchissimo fino forse all’eccesso, ma non certo compilato sulla falsariga del VO?
    Inoltre c’è un altro elemento critico: il VO è stato accantonato per diversi decenni: è quindi sostenibile che la Chiesa si sia avvalsa di un rito “imperfetto rispetto alfine che si prefigge, voluto da Nostro Signore” per tale lasso di tempo? Alle origini no e durante si? Non è chiaro. Grazie per le risposte che mi darà. Buona giornata.

    • Fabrizio Giudici ha detto:

      Il VO non è mai stato “accantonato”, nel senso che qualcuno lo ha sempre celebrato; in altre parole, non c’è stata soluzione di continuità nella sua celebrazione.

    • Cesare Baronio ha detto:

      Cara Lella,

      il Vetus Ordo, così come ci è giunto attraverso i secoli, deriva dalla Messa apostolica. Esso rappresenta lo sviluppo armonico di un corpus iniziale. E’ evidente che la forma antica, ad esempio del IV secolo, fosse meno articolata di quella che esso ha assunto nel Medioevo o nel Rinascimento. Ma questo sviluppo fu naturale, come è naturale che il corpo di una persona passi dall’esser piccolo e fragile in tenera età all’acquisire forza e vigore con la giovinezza. Eppure nessuno pensa che un adulto non sia la stessa persona che era quand’era bambino: cambia la statura, si muta la voce, si sviluppano i muscoli, ma il fanciullo di un tempo è sempre lo stesso quando ha raggiunto la maturità.

      Viceversa, il Novus Ordo è frutto di un’operazione chirurgica in cui una Commissione di esperti ha compiuto mutazioni incoerenti con lo sviluppo armonico del rito, amputandolo, spostando parti, aggiungendone altre. Ne è uscito un monstrum liturgicum, una sorta di creatura informe che il dottor Frankestein modernista pretende si possa considerare come normale.

      Quel che lo Spirito Santo ha ispirato alla Chiesa per la Liturgia è opera mirabile, nella quale le esigenze dottrinali e spirituali dei fedeli trovavano una risposta, proprio come in natura il corpo di un uomo può sviluppare ad esempio il corpo per la corsa, le spalle e le braccia per il nuoto, la voce per il canto.

      Quello che il Modernismo ha messo insieme con la Riforma Liturgica sembra piuttosto un essere informe, cui un chirurgo impazzito abbia tagliato una gamba, abbia cucito due mani su un braccio, abbia tolto un occhio.

      Che questo rito possa ancora esser considerato cattolico, non lo nego: anche la persona cui viene amputata una gamba, o l’infelice che si fa operare per cambiar sesso (come dicono oggi) rimane un essere umano. Ma l’intervento è e rimane artificiale, con esiti che gli esperti – ad eccezione dei Megele del Concilio – concordano ampiamente nel considerare più che discutibili.

      Come nell’ordine naturale vi è uno sviluppo armonico del corpo, così nell’ordine della liturgia la Messa antica è rimasta la medesima di ciò che era quando Nostro Signore l’ha insegnata agli Apostoli e di com’era nei primi secoli della Chiesa. Il rito riformato, purtroppo, non è il risultato di uno sviluppo armonico, ma un intervento di chirurgia liturgica, come ha giustamente riconosciuto lo stesso Joseph Ratzinger nel suo libro Rapporto sulla Fede.

      E non si dica che la riforma ha riportato il rito romano all’antica purezza: ciò non solo è falso, ma ripugna all’ordine naturale: sarebbe come tagliar le gambe all’atleta per farlo tornare all’altezza che aveva quand’era bambino, o voler strappare le corde vocali del baritono, col pretesto che da piccolo aveva un’altra voce.

      • Cesare Baronio ha detto:

        A quanti hanno osservato che le mie posizioni non sono condivisibili, mi limito a consigliare la lettura di questo articolo: https://www.aldomariavalli.it/2018/11/27/cronaca-di-un-incontro-fra-apoti/

        • Mari ha detto:

          Questo commento l’ho scritto questa notte ma poi non l’ho postato subito.
          Lo mando ora dopo aver recitato la supplica alla Madonna della Medaglia Miracolosa… che ormai da qualche anno recito in questa data e che sicuramente mi ha ottenuto, nonostante i miei grandissimi limiti, “torrenti di grazie”, prima fra tutte quella di aver riscoperto la Santa Messa degli Apostoli. (Non mi ricordo il limite dei caratteri, probabilmente è troppo lungo: scrivevo di getto e solo copia-incollando me ne sono accorta

          … La questione “vetus-novus” l’ho personalmente risolta assistendo quanto più mi è possibile alle Sante Messe “Vetus ordo”, anche se quel “vetus” mi pare estremamente inappropriato.

          Ciò che si definisce “vetusto, vecchio” mal si accorda con la perfetta espressione della più alta ed esaustiva preghiera, quella fatta da Nostro Signore in persona (e di persona, col suo abbandonarsi a terribili tormenti offrendosi quale vittima sacrificale per ottenerci una salvezza che noi, senza questo suo intervento, mai e poi mai avremmo potuto ottenere) quando, in ogni Messa, grazie al “sacerdos alter Christus”, si riattua questo Sacrificio Divino in modo incruento.

          Ciò che è “vecchio” finisce in soffitta, fra i rifiuti e se proprio ha un qualche valore nei musei. Stiamo attenti alle parole: c’è chi sa usarle per far sì che si realizzino anche se non corrispondono alla realtà.

          La definizione che personalmente mi convince di più è “Santa Messa degli Apostoli della quasi bimillenaria tradizione cattolica”… e se qualcuno non la condivide mi sta bene, ma non cambia di un millimetro la mia opinione, a meno che non mi aiuti a migliorarla ulteriormente.

          Come definirei il “novus ordo”? Mi dispiace turbare chi a questa celebrazione è ormai (comodamente) assuefatto, ma concordo con chi la vede come un esperimento (ecumenico?) che da ormai 50 anni sta devastando la fede di ignari(?) fedeli cattolici, (pur rimanendo “valida”: recenti miracoli eucaristici, per quanto volentieri sottaciuti dalla gerarchia, mi portano a credere che sia proprio così): ho assistito a spettacolari “conversioni a U” in campo morale da parte di cattolici assidui frequentatori delle Messe di precetto (e, dolorosamente, questa osservazione può valere anche per chi assiste alle messe in volgare con frequenza pressoché quotidiana): si sono oramai assuefatti a situazioni che un tempo avrebbero (giustamente) aborrito.
          Forse qualcuno si irriterà per questa osservazione… ma io la sento così perché la sto tragicamente soffrendo in seno alla mia famiglia (e con la vita eterna non si scherza).

          Che questa Messa ci abbia spinto a essere simili ai protestanti è un dato di fatto: si domandi pure alle ultime generazioni di credenti cosa è la Messa e se ne otterranno risposte perfettamente sovrapponibili a quelle degli eretici protestanti: e sì che Qualcuno ci aveva invitato a giudicare dai frutti se la pianta fosse buona o meno… (ops, dimenticavo… non esiste una registrazione di tale esortazione, quindi anche qui siamo nel campo dell’opinabile).

          Mi sento vicina a quanti (da quel che leggo nei post), vivono, o hanno vissuto, come me, il tornare a vedere la realtà dei fatti con occhi cattolici: una realtà dolorosa ma portatrice, oltre che di occhiate di commiserazione e rimproveri più o meno taciti (e tanti chilometri in più per poter assistere a una S.Messa che però trasmette il credo cattolico nella sua essenza), di pace interiore e di SALVEZZA ETERNA.

          Un grazie poi, dal profondo del cuore, a chi si fa divulgatore della triste realtà della Chiesa con spiegazioni circostanziate delle quali faccio tesoro per “essere confermata” nella fede (in attesa che chi era stato designato da Gesù per questo compito verso i suoi fratelli nella fede realizzi nuovamente in tal senso la profezia di Nostro Signore).

          A coloro che, imperturbabili davanti ai disastri che il “novus” ha lasciato dietro di sé -e temo che il peggio debba ancora venire-, si ostinano a trovare giustificazioni e cavilli… mi verrebbe da dire: “contenti voi…” ma sento salirmi dal cuore le sante parole di Cristo sulla croce: “ Padre PERDONA loro PERCHE’ NON SANNO quello che fanno”
          … preghiera che comunque ricorda la terribile, implicita condanna di chi, non per superficialità o ignoranza, opera coscientemente (e quindi con diabolica perfidia) per sottrarre alle anime gli strumenti per la loro salvezza.

          • Cesare Baronio ha detto:

            Concordo con le Sue osservazioni. Effettivamente, chiamare Vetus ordo una liturgia venerdanda è inappropriato, anche se io stesso talvolta mi trovo ad usare quest’espressione per semplicità.
            A quanti hanno ancora qualche dubbio, ma allo stesso tempo sono animati da retta intenzione, consiglio di guardare questo video in inglese (purtroppo non ne esiste una versione in italiano), diviso in cinque parti. E’ estremamente illuminante, ed altrettanto equilibrato:

            https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/11/un-video-per-capire-molte-cose-e-per.html

            Nell’attesa che padre Cavalcoli risponda alle mie argomentazioni…

  • Sherlock Holmes ha detto:

    Mi fa ridere quando per sapere se un Papa può insegnare Eresie si vanno a spulciare i manuali o i Concili, facendogli dire tutto e il suo contrario, quando è sufficiente aprire gli occhi e guardare.

    Un Papa può essere Eretico e propagare Eresia?
    Se osserviamo Francesco, Onorio e Liberio.
    La risposta è certamente ” SI “!!!
    Tutto il resto è Flatus Vocis.
    Sono i manuali che devono adeguarsi alla realtà, non la realtà ai manuali.

    • ELEMENTARE WATSON ha detto:

      Forse faresti bene ad aprirli i manuali. Se credi che Onorio e Liberio fossero eretici è peoprio perché non li hai mai aperti e ti sei affidato ad articoli trovati su internet, scritti coi piedi.

  • RVC ha detto:

    Desiderei chiedere a mons.Baronio ( riferendomi al punto II della sua esposizione) se ha letto o conosce il libro.documento di SER mons Juan R.Laise sulla comunione data in mano . Mons Laise è un vescovo cappuccino, emerito , argentino ,che risiede a SanGiovanni Rotondo . Se ben ricordo scrisse questo documento (il cui originale è un vero trattato) su richiesta di SanGiovanni Paolo II , di cui fu consultore, per dimostrare che la comunione data ,e presa, in mano , è assimilabile ad un sacrilegio. Sarei grato per una considerazione in proposito . Grazie RVC

  • CILICIO ha detto:

    RISPOSTA DI ISTRUTTORIA PREDIBATTIMENTALE A CESARE BARONIO, CHE ISTRUTTORIA AVEVA ERRONEAMENTE POSTATO SOTTO UN ALTRO MESSAGGIO (ERRORE PER CUI STA GIA’ SUBENDO GIUSTE PENE).

    Caro altrettanto-anonimo, le rispondo per punti.
    (I)
    “Nel caso in cui il Baronio pervenga alla conclusione che il NO contiene formule eretiche e sia un male, spieghi il Baronio come ciò sia compatibile col principio per cui la Chiesa non può errare nel culto”.

    Se Ella, caro anonimo, avesse letto con pazienza tutta la mia argomentazione, avrebbe visto che non ho ammesso il principio secondo cui la Chiesa abbia errato nel culto, laddove con errore si intenda una assenza talmente grave da compromettere la validità del rito.

    RILIEVO: ERRARE NEL CULTO E INVALIDITÁ DELL’ATTO LITURGICO SONO DUE COSE DIVERSE. L’INVALIDITÀ DELLA MESSA SI AVREBBE SE NEL MESSALE VI FOSSE UNA FORMULA CONSACRATORIA, L’ERRONEITÀ DI CUI PARLA LEI RIGUARDA ALTRI PROFILI E IN PARTICOLARE L’ASSENZA DI CARATTERE SACRIFICALE (PERALTRO IMPOSSIBILE: SE C’È CONSACRAZIONE, C’È ANCHE SACRIFICIO), VOCAZIONE A FUORVIARE ED ANNULLARE LA FEDE, MEZZO DI DIFFUSIONE DELL’ERESIA (COME SI DEDUCE DALLA CORRELAZIONE CON IL NOTO PAR. 7, CHE LEI QUALIFICA COME ERETICO).
    QUESTO – E NON SOLO L’INVALIDITÀ – È INCOMPATIBILE CON L’INERRANZA DELLA CHIESA IN MATERIA DI CULTO, INERRANZA NON CIRCOSCRITTA ALLA SOLA VALIDITÀ DELL’ATTO.

    (II)

    La presenza di elementi gravemente lacunosi – che Ella, da giurisperito certamente avrà avuto modo di rilevare senza ch’io mi dilunghi in elenchi già esaurientemente riportati da altri più esperti e qualificati – non è tale da poter inferire che la Chiesa abbia errato nel culto: io stesso ho fatto notare che la formulazione prossima all’eresia dell’art. 7 dell’IGMR del 1969 fu emendata e corretta ex-post, ma senza correggere il risultato di quella definizione.

    BENE: SE LA CHIESA NON HA ERRATO NEL CULTO ELIMINANDO ELIMINANDO (NÈ LO HA FATTO PROVOCANDO L’INVALIDITÀ DEL RITO), VORREI CAPIRE DI COSA STIAMO PARLANDO E DI COSA SI LAMENTI. SE NON HA SBAGLIATO, VUOL DIRE CHE HA AGITO CORRETTAMENTE. QUINDI LEI CHE VA CERCANDO? QUAL È ESATTAMENTE L’OGGETTO DELLE SUE DOGLIANZE?

    (III)
    Il paragone con la ricetta è una similitudine che – come evidenziato in premessa – serve per render comprensibile il concetto a chi non è esperto. Altrimenti non avrei scritto su Stilum Curiae, che non è un sito per addetti ai lavori.

    LA SIMILITUDINE È SBAGLIATA, AL DI LÀ DELL’IRRIVERENZA: LA RICETTA PRECEDE L’ESECUZIONE DEL PIATTO E QUESTO NE È LO SVILUPPO PRATIVO. LA RELAZIONE CONTESTATA NON AVEVA QUESTO RAPPORTO CON LA MESSA.

    (IV)
    “Espliciti Baronio se egli intenda la Messa NO meno adeguata rispetto alla VO (meglio-peggio) o se la ritenga sbagliata ed erronea (male)”.

    Confermo quanto scritto: il NO è gravemente lacunoso ed omissorio rispetto al VO. Queste omissioni si esplicitano in una deliberata cancellazione di parole e segni del VO volti ad significare l’adorazione dovuta alla Maestà Divina, sono di per sé un male; non tale da pregiudicare la validità del rito, ma certamente tale da indebolire nei fedeli il senso del sacro, oltre che la comprensione dei divini misteri. Prova ne sia il modo con cui i fedeli, dalla promulgazione del NO, assistono alla Messa e si accostano ai Sacramenti.

    QUINDI È UN MALE RELATIVO: UN PEGGIO RISPETTO A UN MEGLIO E NON UN MALE IN SENSO ASSOLUTO?
    LA AIUTO. IMMAGINI DI NON SAPERE NULLA DEL V.O. E DI NON AVERE UN TERMINE DI PARAGONE: LA MESSA N.O. SAREBBE PER LEI COMUNQUE UN MALE?

    POSSO ESSERE D’ACCORDO SUL SENSO DEL SACRO. MENO SULLA ”COMPRENSIONE DEI DIVINI MISTERI” MOLTO MENO: HO PARLATO CON TROPPI 80ENNI CHE MI HANNO CONFERMATO CHE L’UNICA COSA CHE CAPIVANO ERA L’OMELIA E CHE PER IL RESTO ”STAVANO LÌ A GUARDARE”. POSSIBILE CHE COI MEZZI ODIERNI ED IL MAGGIOR LIVELLO CULTURALE MEDIO LA SITUAZIONE SIA OGGI DIVERSA.

    “Sulla presunta perfezione del VO, spieghi il Baronio perché la soluzione di consacrare facendo assistere i fedeli sarebbe più perfetto che tirare le tende e procedere in segreto, come praticato precedentemente ed ancora oggi nei riti orientali”.

    Non mi pare di aver mai scritto che i fedeli non debbano assistere alla Consacrazione. Spieghi piuttosto dove ha trovato una simile affermazione. Quanto alla norma secondo la quale la Consacrazione nel rito tridentino è fatta submissa voce, questa rileva dalla sacralità dal momento più importante della Messa. Lo si rileva dagl iatti preparatorj del Tridentino: “Propterea religiose et sapienter etiam observatur, ut consecrationis verba et maxima pars Canonis tacite et submissa voce a sacerdote recitentur. Hac enim secreti ratione et maiestas huius ineffabilis mysterii rectius servatur et populus excitatur ut de eo reverentius et maiori cum devotione cogitet” [“Ne consegue anche che religiosamente e saggiamente è prescritto che le parole della consacrazione e la gran parte del Canone siano recitate dal sacerdote in segreto e sottovoce. Infatti con questa segretezza la maestà di questo ineffabile mistero è meglio custodita e il popolo è spinto a pensare ad esso con più reverenza e devozione”]. Tale dottrina confluì poi nel canone del Tridentino: “Si quis dixerit Ecclesiae romanae ritum, quo submissa voce pars canonis et verba consecrationis proferuntur, damnandum esse; aut lingua tantum vulgari missam celebrari debere; aut aquam non miscendam esse vino in calice, eo quod sit contra Christi institutionem, anathema sit” [“Se qualcuno dirà che il rito della Chiesa romana secondo il quale parte del Canone e le parole della consacrazione si pronunciano sottovoce va condannato; o che la messa debba essere celebrata solo in lingua volgare; o che l’acqua nel calice non va mischiata al vino perché questo sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia scomunicato”].

    NON REPLICO PERCHÈ HA DATO UNA RISPOSTA SENZA AVER COMPRESO IL RILIEVO. COLPA MIA.

    Quanto all’uso di velare il presbiterio, conservato nella Chiesa latina sino a tarda epoca – limitatamente alla Quaresima o al Tempo di Passione – ed in alcune regioni fino al Concilio, esso non è previsto dal rito tridentino e come tale non è oggetto del mio commento. Usare l’espressione “tirare le tende” suona irriverente e scade nel linguaggio ch’Ella stessa pare qualificare come “caduta di stile”.

    NON È IRRIVERENTE: USO GERGALE NEL RITO ORIENTALE PERCHÈ SI TIRANO LE TENDE DAVVERO, SE NON C’È UNO SPAZIO SEPARATO. IL SENSO DELLA DOMANDA ERA: SE IL V.O. È PERFETTO, L’USO DI VELARE O TIRARE LE TENDE O APPARTARSI IN ALTRO LUOGO, DA NOI ABBANDONATO ANCHE GRAZIE AL TRIDENTINO, RENDEVA LE MESSE MENO PERFETTE? IMMAGINO INTUISCA LO SCOPO DELLA DOMANDA.

    Confido di esser stato sufficientemente chiaro.

    DOVE NON LO È STATO GLIELO HO SEGNALATO.
    SCUSI PER IL MAIUSCOLO, MA NON SO USARE IL GRASSETTO.

  • Luigi Bonini ha detto:

    Intervento davvero di alto livello, grazie all’Autore e al dott. Tosatti per averlo ospitato. Vorrei fare all’Autore un’obiezione: secondo il Bartmann (Teologia dogmatica, VI ed. 1958, p. 1367), “la Messa, in quanto sacrificio di lode e di ringraziamento, produce i suoi effetti di per se stessa, per il solo fatto di essere celebrata (ex opere operato).
    In quanto sacrificio propiziatorio ed impetratorio la Messa non produce i suoi effetti “ex opere operato”, ma come una preghiera (per modum impetrationis) […] (e in questo senso) il suo effetto non è infallibile. Anche le disposizioni soggettive di coloro che offrono, e più ancora di coloro per i quali si offre il sacrificio, hanno un’efficace influenza.”
    Più sotto si dice poi che i frutti della Messa che i fedeli ricevono corrispondono alla loro partecipazione speciale, interna, al sacrificio.

    Quindi per quanto riguarda l’effetto propiziatorio ed impetratorio (placare Dio e chiederGli grazie) e i frutti, conta anche la disposizione interiore del celebrante e dei fedeli.

    Da questo si dovrebbe dedurre che, per quanto riguarda i primi due fini della Messa (lode e ringraziamento), non vi è differenza tra una Santa Messa celebrata da padre Pio e una celebrata da un sacerdote in stato di peccato mortale, proprio perchè agiscono ex opere operato.
    Per quanto riguarda invece l’effetto propiziatorio e l’impretatorio, conta invece la disposizione del celebrante.

    Si potrebbe quindi dire che una Santa Messa NO celebrata degnamente da un sacerdote di fede ortodossa e devoto alla Tradizione abbia gli stessi effetti, e dia gli stessi frutti ai fedeli, di una Santa Messa VO? La fede del sacerdote e dei fedeli potrebbe compensare le mancanze della Messa NO?

  • EA ha detto:

    A me pare che il problema maggiore per Baronio sia questo: la fede cattolica si basa su alcuni pilastri: il deposito della fede, cioè la scrittura, la liturgia e il dogma, garantiti dal magistero, cioè dai vescovi e dal papa, specialmente da quest’ultimo.
    Se il magistero impazzisce, chi garantisce tutto il resto?

  • Astore da Cerquapalmata ha detto:

    La risposta di Mons. Baronio è data in un linguaggio diverso da quello adoperato da padre Cavalcoli.
    Padre Cavalcoli adopera il linguaggio parlato e lo usa in modo sintetico. Ciò che vuol dire si capisce benissimo.
    La risposta, che è lunghissima, è data in linguaggio teologico che, forse, non è un linguaggio condiviso con altri teologi. Cioè: certi termini possono avere significati diversi a seconda da chi li usa.
    Per questo la Chiesa ha sentito il bisogno di scrivere i catechismi, che sono semplici ma chiari, e a cui perfino i teologi si devono attenere.
    Non vedo nessuna eresia nella Messa Novus Ordo. Il Magistero della Chiesa, per quello che ne so, non ha mai accennato al fatto che la Messa Novus Ordo è eretica, ed è il Magistero a fare testo e non altro.
    La traduzione delle parole della Sacra Scrittura in italiano perdono un po’, ma la grazia che comunicano è la stessa. Così, e a maggior ragione, le formule della Messa.
    Cristi ci vuole uniti nella diversità è un’affermazione corretta. Può significare che ci vuole uniti nell’amore. Oppure per diversità si può intendere diversità di riti o di carismi ma non di fede.
    I Papi recenti sono tutti eretici e Cesare Baronio no? C’è qualcosa che mi ricorda le teorie dei “terrapiattisti”

    • Fabrizio Giudici ha detto:

      @Astore
      C’è un po’ di confusione in quello che leggo nel tuo commento. Le dispute teologiche sono scientifiche, esattamente come le dispute in altri settori della conoscenza umana, anche nel senso che devono essere affrontate nel linguaggio corretto, che è quello tecnico. Il linguaggio divulgativo (p.es. quello del CCC) non è adatto ad affrontare e risolvere problemi; serve piuttosto a spiegare ai non addetti ai lavori il risultato di come sono stati affrontati e risolti problemi (dopo che sono stati affrontati dovutamente con i linguaggio tecnico).

      Un grosso problema della Chiesa degli ultimi decenni (e in realtà non solo) è proprio questo pasticcio di linguaggi. Il linguaggio divulgativo non è abbastanza preciso e non va al cuore dei problemi, ma si presta ad affermazioni ambigue (che poi fanno i comodi dei manipolatori). Nota che lo stesso Cavalcoli ha evidenziato questo problema p.es. nelle attività di Papa Francesco.

      Così come, tanto per rimanere d’attualità, chi ha pianificato la missione su Marte che oggi vede una tappa importante ha usato linguaggio e strumenti tecnici totalmente incomprensibili ai più; se la missione dovesse fallire, la causa del fallimento andrà necessariamente affrontata sempre con lo stesso linguaggio tecnico. Solo dopo che il problema venisse compreso allora si potrebbe darne una spiegazione divulgativa, accessibile ai più.

      Quando scrivi “Cristo vuole l’unità nella diversità” dimostri praticamente questo problema. La frase in sé non vuol dire niente, se non si definisce cosa è quella diversità. Certo non è accettabile che in questa diversità rientri chi non crede che Cristo è Dio incarnato, che è presente realmente nell’Eucarestia, eccetera. E per capire se la diversità tra NO e VO è accettabile o no, è necessario che si usi un linguaggio tecnico, anche se questo vuol dire che nel bel mezzo della discussione molti di noi – me incluso – non trovino tutto totalmente comprensibile.

      • Astore da Cerquapalmata ha detto:

        Era quello che volevo dire: non si può rispondere con linguaggio tecnico a chi usa un linguaggio divulgativo per far capire i termini di una questione a tutti i lettori e poi farlo passare per eretico. E’ scorretto.
        In ogni caso anche il linguaggio tecnico, per conservare il suo valore, deve essere condiviso.
        E deve partire dalle verità fondamentali, quelle contenute sul catechismo e senza mettere in dubbio il Concilio Vaticano II che non è stato dogmatico e perciò ha mantenuto tutta la dotrina precedente ma è stato solo pastorale, per cui non infallibile, ma a cui si deve ubbidire.
        Mettere in dubbio che la Chiesa può promulgare leggi, questa sì è eresia

        • Fabrizio Giudici ha detto:

          In ogni caso anche il linguaggio tecnico, per conservare il suo valore, deve essere condiviso.

          Ma dovrebbe essere chiaro che la disputa teologica non è tra tutti noi, solo tra Cesare Baronio e padre Cavalcoli; i quali il linguaggio tecnico lo dominano entrambi. I commenti sono aperti, ma “the rest of us” dovrebbe comprendere che ha senso fare solo domande per capire meglio le cose poco chiare, non partecipare alla disputa. Sennò riduciamo le questioni teologiche a discorsi da bar.

          Se poi tra i commentatori c’è qualcuno che ha le basi per entrare nella disputa in modo opportuno, tra queste basi c’è certamente anche il linguaggio tecnico.

  • Fabrizio Giudici ha detto:

    Se qualcuno vuole un altro esempio pratico di parti mutilate della liturgia e di come esse possano esercitare un’influenza negativa, questo articolo è fresco fresco:

    http://www.lanuovabq.it/it/quella-disconosciuta-regalita-sociale-di-cristo

  • Claudius ha detto:

    I critici di questo articolo di Baronio dovrebbero dimostrare qualcosa di più dell’infantilismo di cui fanno mostra nei loro commenti qui. L’infantilismo non solo non ha mai convinto nessuno, ma è anche un segno di mancanza di rispetto delle cose di cui si parla. Questo dimostra che questi critici sono motivati dall’ideologia, non dalla ricerca della verità. Se mai qualcuno ancora non se n’era accorto.

  • Claudius ha detto:

    Tutto sommato, mi sembra che abbia ragione Baronio. Trovo i suoi argomenti più logici e mi pare che abbia più sensibilità per il fatto storico di quanta non ne dimostri il P. Cavalcoli e i suoi critici.

    La sua osservazione sulla ritrattazione della definizione della Messa nella prima edizione del messale NO, in quanto eretica o prossima all’eresia, e semplicemente sostituita senza preoccuparsi di modificare il nuovo rito è importante, perché non ha senso cambiare la definizione senza cambiare di conseguenza il contenuto. È pura logica. Non si può far finta di niente di fronte a un fatto del genere. Eppure questo è precisamente ciò che è stato fatto. In questo atteggiamento c’è della malafede e trovo che qui Baronio abbia ragione.

    • GMZ ha detto:

      Neppure io mi capacito di come si possa accettare che una cosa sia cambiata e l’altra no. Un altro effetto dell’obnubilamento della primavera vaticana…?
      Ossequi.

      • moderator ha detto:

        Per chi stesse dubitando dell’equivocità delle affermazioni del buon Cesare Baronio – che nuovamente invitiamo ad una maggiore chiarezza – in merito alla questione Messa NO e Sacrificio, può essere di esempio quanto rilevato dagli illustri commentatori qui sopra.
        Il tema della correlazione tra Istruzione (che definiva la Messa non come Sacrificio) e Messale (che risulterebbe inficiato dall’errore rinvenuto nell’Istruzione) è stato trattato proprio da Cesare Baronio e non è frutto di una “invenzione” di chi lo ha criticato.

        • GMZ ha detto:

          Caro Moderator,

          Prima di attecchire nel Vetus Ordo, non mi era ben chiaro che la Messa fosse un sacrificio; “banchetto”, “mensa”, “assemblea” e mille altre cose, ma non un sacrificio. Inoltre, solo un insegnante di filosofia – non più credente, ahimè – si prodigò nello spiegarmi che cosa fosse la transustanziazione: fino ad allora nessun sacerdote me ne aveva parlato in quei termini, ad un tempo semplici e terribili.

          Quindi, la mia personale esperienza mi porta a credere che il Novus Ordo sia reticente nella migliore delle ipotesi, fallace nella peggiore: la reticenza talvolta è più dannosa della menzogna: quest’ultima infatti si può combattere, la prima invece no.
          Ecco cosa mi induce a ritenere che al cambiamento dell’istruzione non sia conseguito quanto era lecito attendersi; la qual cosa non fu fatta per una semplice ragione: compiacere i luterani, dando la stura a quel “ecumenismo ad ogni costo” che – complici tutti i papi del dialogo – si è concretizzato nella dimenticanza del sacrificio e infine nella resa al mondo.

          Riassunto delle righe precedenti: se il Novus Ordo è stato studiato in guisa di banchetto, non basta cambiarne la rubrica per cavarne un sacrificio.

          Ossequi.

  • ClaudiusIII ha detto:

    Non sono liturgista, sono nato nei primi anni settanta, ma, col passare del tempo, ho notato che la “mia messa” non era la traduzione della vecchia. La cosa mi ha effettivamente lasciato perplesso. Tale considerazione l’ho ritrovata anni dopo in un articolo sul corriere della sera di paolo isotta, il critico musicale diventato critico pure lui della nuova s.messa. Personalmente trovo che nell’era della turboglobalizzazione, con migrazioni e turismo di massa, abbia poco senso celebrare la s.messa nelle lingue nazionali: in ogni albergo, nelle scuole, il NWO ha imposto l’uso della lingua inglese e quindi non si capisce perché anche la Chiesa non utilizzi una lingua unica per la S.Messa e non solo. O ci si adegua all’inglese o, molto meglio, si utilizzi il latino. Poi, in effetti, una messa similare a quella tridentina darebbe maggiori garanzie di lontananza dalle eresie luterani &C. Su questo sono d’accordo. Ma il ritorno al latino è comunque d’obbligo, anche per evitare le furbate delle traduzioni, spesso ad usum diaboli per propalare eresie.

    • Cesare Baronio ha detto:

      Caro Claudius,

      La ringrazio per il commento arguto ed onesto. Aggiungerei che, anche da un punto di vista meramente sociologico, ogni rito si è sempre espresso in una lingua sacra, quantomeno fino ad epoca recente. La Sinagoga utilizza ad esempio un ebraico che non è quello dello stato d’Israele, ed in altri casi una lingua, l’yiddish, che non è parlata dai fedeli di religione ebraica. I Luterani usano il tedesco antico, gli Anglicani l’inglese dell’epoca dello Scisma, gli ortodossi il Greco bizantino, gli Islamici l’arabo classico. L’unica religione che ha rinunciato de facto alla propria lingua sacra è quella cattolica.

      Non basta: quando la lingua comune era il latino, la Chiesa romana celebrava i proprj riti in greco, proprio perché la lingua sacra deve per sua natura differenziarsi da quella del volgo.

      Mi permetto di citare dom Prosper Guéranger, Abate di Solesmes, che nella sua opera Les Institutions liturgiques, al capitolo XIV De l’hérésie antiliturgique et de la réforme protestante du XVIe siècle, considérée dans ses rapports avec la liturgie scrive:

      Poiché la riforma liturgica ha tra i suoi fini principali l’abolizione degli atti e delle formule mistiche, ne segue necessariamente che i suoi autori debbano rivendicare l’uso della lingua volgare nel servizio divino. Questo è uno dei punti più importanti agli occhi dei settari. Il culto non è una cosa segreta, essi dicono: il popolo deve capire quello che canta. L’odio per la lingua latina è innato nel cuore di tutti i nemici di Roma: costoro vedono in essa il legame dei cattolici nell’universo, l’arsenale dell’ortodossia contro tutte le sottigliezze dello spirito settario, l’arma più potente del papato. Lo spirito di rivolta, che li induce ad affidare all’idioma di ciascun popolo, di ciascuna provincia, di ciascun secolo la preghiera universale, ha del resto prodotto i suoi frutti, e i riformati sono in grado ogni giorno di accorgersi che i popoli cattolici, nonostante le loro preghiere in latino, gustano meglio e compiono con più zelo i doveri del culto dei popoli protestanti. A ogni ora del giorno ha luogo nelle chiese cattoliche il servizio divino; il fedele che vi assiste lascia sulla soglia la sua lingua materna; al di fuori dei momenti di predicazione egli non intende che accenti misteriosi, che cessano di risuonare nel momento più solenne, il canone della messa. E tuttavia questo mistero lo affascina talmente che non invidia la sorte del protestante, quantunque l’orecchio di quest’ultimo non intenda mai suoni di cui non capisce il significato. Mentre il tempio riformato, una volta alla settimana, riunisce a fatica i cristiani puristi, la Chiesa papista vede senza posa i suoi numerosi altari assediati dai suoi religiosi figli; ogni giorno essi si allontanano dal loro lavoro per venire ad ascoltare queste parole misteriose che devono essere di Dio, perché nutrono la fede e leniscono i dolori. Riconosciamolo, è un colpo maestro del protestantesimo aver dichiarato guerra alla lingua sacra: se fosse riuscito a distruggerla, il suo trionfo avrebbe fatto un gran passo avanti. Offerta agli sguardi profani come un vergine disonorata, la liturgia, da questo momento, ha perduto il suo carattere sacro, e ben presto il popolo troverà eccessiva la pena di disturbarsi nel proprio lavoro o nei propri piaceri per andare a sentir parlare come si parla sulla pubblica piazza. Togliete alla Église française le sue declamazioni radicali e le sue diatribe contro la pretesa venalità del clero, e andate a vedere se il popolo continuerà a lungo ad andare a sentire il sedicente primate delle Gallie gridare: “Le Seigneur soit avec vous”; e altri rispondergli: “Et avec votre esprit”.

      Il testo completo del capitolo XIV si può leggere qui: http://www.unavoce-ve.it/04-04-24.htm. Lascio al lettore di giudicare quanto dell’eresia antiliturgica abbia contaminato la setta conciliare…

  • A volte tornano ha detto:

    Gabriele e Nick/frasettine, dubbi, istruttorie e infantilita’ varie ecc ecc ecc ecc , siccome di fronte a Baronio siete dei nanetti, il livore vi porta solo pregiudizialmente ad attaccarlo. Gabriele pare piuttosto che sia tu a non avere molto da fare, se inganni il tempo sui blog che non ti comodano a scrivere cose che non danno alcun contributo…..evidentemente non lavori da amazon neppure tu.

    • Hai rotto le scatole ha detto:

      Soliti volgari attacchi personali di chi teme il confronto. Confido che Cesare Baronio non sia un nanetto come te e accetti un confronto civile.
      Auspico che il dott. Tosatti dia seguito a questa interessante svolta del blog, facendo definitivamente pulizia di gente che scrive solo per insultare. Può venirne fuori una bella piattaforma di discussione.

      • A volte tornano ha detto:

        Ma guarda guarda, ” hai rotto le scatole ” e legione al completo si è/sono alterato/i😂😂😂😂! Evidentemente quando si dice cose che non gli comodano ci cascano sempre! Mi chiedo con che coraggio dicano che io insulto…..perché ho detto che nessuno di voi trolloni ovviamente lavora per Amazon visto che passate le giornate intere a consumare le tastiere per infestare i blog con superbia, supponenza, spocchiosita’ e arroganza? Ma dimenticavo che l’albero si riconosce dai frutti e voi siete i frutti del sedicente argentino, così ” umile e misericordioso, dialogante, mite e amorevole”…….! Il blog ha bisogno si di di pulizia, ma da voi prezzolati di santa Marta😠😠😠😠!

        • la pazienza e' la virtu' dei forti ha detto:

          Credo che, in mezzo ad una discussione come questa, appaia chiaro a tutti chi sia il troll, che interviene inutilmente per mandare in flame il dibattito con Cesare Baronio, e chi vuol solo prendere parte ad un confronto che, per i temi che tratta, sta avvenendo in modo sin troppo “delicato”.
          Purtroppo c’è chi non riesce a fare a meno di intervenire a sproposito. Facciamocene una ragione e tolleriamo.

          • A volte tornano ha detto:

            usare un nick diverso e demenziale ogni volta che si interviene , fare battutine infantili e spesso maleducate e spocchiose contro chi scrive sul blog, rivolgersi a persone come Baronio senza il dovuto rispetto, permettersi di dare ordini su chi può o non può scrivere e cosa deve scrivere…..se questo non è trollaggio del più misero livello!!!!! Che dimostra, come ho già detto, che questi personaggi sono i frutti dell’ albero bacato e autoritario che sta in santa Marta…..siamo proprio in clima da regime.

        • Claudius ha detto:

          Il bello poi è che accusa te di quello che i suoi compari (legionari come lui…) hanno precisamente fatto: involgarire la discussione con commenti sciocchi, infantili, volgari, offensivi e fra l’altro che dimostrano scarsa comprensione per tutta la questione. Però uno così invece di coprirsi il capo di cenere, si sente molto bistrattato e incompreso. Nel suo piccolo, un esempio del vecchio non serviam, ma bisogna dire in sua difesa che esempi di tal genere vengono oggi direttamente dalle più alte sfere clericali.

          • ### ha detto:

            Scusa Claudius, a me pare che ci siano molti messaggi di adesione, critica, polemica pro o contro Cesare Baronio e le sue tesi, oppure richieste di chiarimenti sulle sue posizioni ove non ben comprese. Se Cesare Baronio si è esposto, evidentemente sa di dover leggere anche commenti che potrebbero non piacergli.
            Ben pochi, invece, sono i messaggi di pura provocazione. Se andiamo a vedere di chi sono questi ultimi vengono fuori “A volte tornano”, tu, “GMZ” e “Fabrizio Giudici”. L’unico troll di scuola opposta è quel tal Gabriele che ha fatto la battuta su Amazon e la casula.
            Prova a fare una ricerca testuale coi nick che ti ho scritto e vedrai da te il livello degli interventi.

          • LucioR ha detto:

            A triplo cancelletto (UNDER?)

            Cioè: il bue chiama cornuto l’asino?

  • tiziana ha detto:

    Io purtroppo non comprendo come una messa giudicata valida (quale secondo Baronio è quella NO) possa mettere a rischio le anime dei fedeli (che lo stesso Baronio rifiuta di chiamare eretici). Allora sia più chiaro: tutti i partecipanti al NO (io non ho conosciuto altro, essendo nata DOPO la riforma liturgica) sono a rischio di dannazione. Certo, potrei cambiare rito, e in effetti ci sto pensando. Mia figlia farà la Comunione il prossimo anno e l’Ostia la riceverà nella mano (io mi ostino a non riceverla così). D’altronde però…le Messe pretridentrine erano non solo diverse le une dalle altre ma vi si celebravano anche feste (come quella degli Asini) del tutto assurde. Che ne è stato di quei fedeli che vi parteciparono? Sono tutti all’Inferno? Insomma: i riti cambiano secondo le condizioni storiche o dobbiamo considerare che non sia così?

    • Pino ha detto:

      La cosa strana è che Cesare Baronio si qualifica come monsignore. Non so se sia un lefebrvriano, ma se non lo fosse, il NO deve praticarlo anche lui (o almeno deve averlo pratixato fino a 10 anni fa). Sarebbe interessante sapere che ci dice al riguardo.

  • deutero.amedeo ha detto:

    E in tutto questo caos il Papa si compiace per quattro gatti che, pur di vederlo, coraggiosamente e muniti di solo ombrello o di mantellina impermeabile sfidano (ah! le sfide! ) sfidano la pioggia. Guardate, leggete e….. convertitevi.

    http://w2.vatican.va/content/francesco/it/events/event.dir.html/content/vaticanevents/it/2018/11/25/angelus.html

    Intanto io vado a leggere un po’ di Bibbia per vedere se c’è qualcosa che mi possa servire domani per abbattere qualche dogma. Buona notte!

    • Sconsolata ha detto:

      Non è stata la pioggia a ridurre le presenze a Piazza San Pietro. I più erano rimasti dinanzi alla TV per unirsi idealmente al Papa nella partecipazione solidale alle sofferenze di una vittima di violenza, cui aveva indirizzato una struggente lettera per chiedere “scusa” – sempre a nome e per errori di altri! commovente no? – e per deprecare ancora una volta l’indifferenza, sempre e solo degli altri … insensibili…
      Chissà se mai dovesse ricevere qualche lettera da parte di qualche suora “violentata” troverà il modo per esprimerle vicinanza collaborativa. Sì perché, come da un comunicato di due giorni fa, diffuso dalle Superiori Generali, che invita a denunciare anche alle autorità civili ogni abuso, offrendo totale appoggio in simili evenienze, non si possono più tollerare omertà e silenzio a “difesa dell’istituzione”.

  • Under Jolly Roger ha detto:

    ”A questo punto, dobbiamo chiederci se il Vetus Ordo sia buono o cattivo; e se sia buono o cattivo il Novus Ordo. Stabilito questo, si danno quattro possibilità: 1. che il primo sia buono, e quindi che il secondo non lo sia o lo sia meno dell’altro; 2. oppure che il rito riformato sia buono, e quindi che il rito antico non lo sia o lo sia meno dell’altro; 3. che siano buoni entrambi; 4. che siano cattivi entrambi.

    L’ultima possibilità va evidentemente scartata, perché non è possibile che la Chiesa sia privata sin dalla sua fondazione del Santo Sacrificio, o che esso sia imperfetto rispetto alfine che si prefigge, voluto da Nostro Signore”

    Egregio, lei confonde il Santo Sacrificio – presente senz’altro sin dalla fondazione della Chiesa – con il rito che la Chiesa gli ha ”costruito” attorno nel corso dei secoli successivi. Dire che la Messa è il Santo Sacrificio non è scorretto in termini generali, ma bisogna avere l’accortezza di dire che la Messa nnon si identifica totalmente con esso: il Sacrificio avviene in un momento ben preciso e ciò che viene prima lo introduce.
    Peraltro, non solo ciò che viene prima non è tale sin dalla fondazione, ma anche nel NO il Sacrificio in senso proprio ha il suo spazio.
    Credo manchi una precisione di linguaggio nella sua esposizione: infatti lei afferma che il NO non è sacrificio (quindi non è messa) perchè oblitera parti del VO. Ma quelle parti non sono sacrificio e il NO contiene pur sempre il momento sacrificale. Dunque, se il momento sacrificale è ciò che le consente di qualificare il VO come sacrificio e quindi come messa, ciò deve valere anche per il NO che è sacrificio e quindi messa.
    Saluti.

    • Cesare Baronio ha detto:

      “Lei afferma che il NO non è sacrificio (quindi non è messa) perché oblitera parti del VO”.

      Dove trova questa affermazione? Se prima di commentare a casaccio leggesse quel che ho scritto, troverebbe ampia risposta alle Sue objezioni:

      “IV. La Messa è sostanzialmente la stessa di sempre in entrambi casi. Cambiano solo le forme cerimoniali e le rubriche. Questa affermazione […] è vera se Ella intende che la Messa del Novus Ordo è valida, e che realmente vi si rinnova il Sacrificio di Cristo e vi si consacra validamente il Corpo e il Sangue di Nostro Signore. In questo senso, entrambe le forme sono sostanzialmente identiche”.

      Affermo invece che il NO è gravemente omissorio, non al punto da esser invalido, ma di certo nell’aver scientificamente censurato o espunto parti importanti del rito precedente, tra cui appunto la dimensione sacrificale dell’antico offertorio, dall’Offerimus tibi, Domine al Veni, Sanctificator. Mi viene il dubbio che Ella non conosca nemmeno le parti della Messa tridentina, e che si limiti ad una perorazione priva di argomenti e – quel ch’è ancora più grave – che mi attribuisce un pensiero che non ho mai espresso.

      • Livio ha detto:

        Scusi se mi permetto. Roger non avrà capito un tubo, ma è Lei che tra una parte e l’altra del suo fin troppo lungo scritto si contraddice (almeno apparentemente).
        Lei muove la sua critica al NO partendo non dai contenuti dello stesso, ma dalla formulazione del cap. 7 della Institutio – prima edizione. La ragione per cui quel paragrafo era considerato erroneo (eretico lo dice lei) risiedeva nel fatto che non dava conto della Messa come Sacrificio. Se lei fonda la critica al NO su questo capitolo, lamentando, peraltro, che alla correzione del capitolo on è seguita una correzione del Messale, è ovvio che lei sta trasferendo quella manchevolezza nel Messale medesimo. Quindi ci sta dicendo che la Messa NO si porta dietro quel “peccato originale” consistente nell’assenza dell’elemento sacrificale.
        Solo nel passaggio che lei evidenzia ora si riaggiusta il tiro, ammettendosi che il sacrificio c’è ed è valido. Da questo cosa si dovrebbe comprendere? Che il riferimento al capitolo 7, a cui aveva dedicato un intero paragrafo, in realtà era inconferente?
        Se così fosse, perché ce ne ha parlato, paragonandolo addirittura alla ricetta seguita per confezionare il Messale?
        Che consequenzialità dovrebbe esserci tra una ricetta eretica (poi corretta) ed il piatto cucinato su quella base (non corretto)?
        Siccome leggerla e risponderle costa del tempo – che le viene dedicato più che volentieri, essendo innegabile la sua competenza in materia – invece di prendersela se qualcuno ha frainteso certe sue affermazioni, cerchi di essere più lineare e meno zigzagante nell’esposizione e, magari, di concludere le dissertazioni con una più precisa puntualizzazione delle sue conclusioni, in modo da rendere più agevole comprendere l’oggetto specifico delle censure.
        Glielo dico perché dal suo esordio qui sembrava che lei considerasse il Messale NO una sorta di guida alla messa nera ed ora, invece, sembra essere diventato un testo semplicemente meno adeguato, meno edificante e meno pio rispetto al VO – passando per l’equivoco sul contenuto sacrificale, da lei indotto con il riferimento al noto capitolo 7.
        Non è l’unica contraddizione ravvisabile. Anche la sua opinione circa l’esistenza di due forme dello stesso rito ha subito una “mutazione” tra un intervento e l’altro (almeno in apparenza, ma su questa possiamo basarci).
        Un saluto cordiale.

    • LucioR ha detto:

      [PREMESSA: non per aggiungere qualcosa alla risposta autorevole che C. Baronio ha dato a questo commento di UNDER JOLLY ROGER, risposta che ho letto accingendomi ad inviare questo scritto e che non avrei preparato se l’avessi letta prima, ma per mostrare i metodi utilizzati dai troll che hanno solo lo scopo di disturbare e sviare.]
      __________________________

      Esimio UNDER JOLLY ROGER,

      poiché Lei si rivolge direttamente a C. Baronio, ma indirettamente a tutti coloro che hanno la possibilità di leggere in questo blog, i quali vorrebbero imparare da chi ne sa di più, dovrebbe, per far capire bene (ma direi anche per correttezza nei confronti di tutti, e perché è regola fondamentale di un contraddittorio) citare con precisione e alla lettera le frasi o i passi che lei prende ad oggetto delle sue critiche prima di farli seguire dalle sue obiezioni. Perché si corre il rischio di fuorviare i poveri ignoranti come il sottoscritto.
      Lei in realtà ha citato un passo di Baronio, ma è ancora peggio che se non l’avesse citato perché appare – salvando la buonafede fino a prova contraria – un pretesto per le conseguenti sue annotazioni, che discendano dal passo citato. Ma non è così perché quello che ha citato non c’entra affatto con le sue conseguenti osservazioni, in quanto era solo la premessa a ciò che Baronio ha successivamente sviluppato.

      Infatti egli non ha scritto da nessuna parte (sbagliato o meno che sia) che «la Messa è il Santo Sacrificio» e che «si identifica totalmente con esso» (se sbaglio – nel senso che l’ha scritto da qualche parte – mi “corriggerà”, dimostrandolo ovviamente). Semmai la sua argomentazione fa capire qualcosa che assomiglia al contrario (svilupperò più avanti).

      Non ha affatto detto che «ciò che viene prima è tale sin dalla fondazione»; semmai riferendosi alla Messa V.O. ha parlato di «antico rito», il quale, dico io, si è sviluppato lungo i secoli della Tradizione. E qui è comprensibile che i novatori la disdegnino perché negano la Tradizione e negandola non sono più di fatto Cattolici (la negano tranne quando citano documenti di Pio XII che a loro giudizio sono pertinenti alle loro elucubrazioni).

      Lei, Under, dice, riferendosi a Baronio: «lei afferma che il NO non è sacrificio (quindi non è messa) perchè oblitera parti del VO. Ma quelle parti non sono sacrificio e il NO contiene pur sempre il momento sacrificale. Dunque, se il momento sacrificale è ciò che le consente di qualificare il VO come sacrificio e quindi come messa, ciò deve valere anche per il NO che è sacrificio e quindi messa»

      Io capisco che l’arte dell’Azzeccagarbugli è qualcosa di sopraffino, ma che almeno le produzioni che se ne ottengono si basino su qualcosa di vero e non su un falso messo scorrettamente – sempre salvando la buonafede neh! – sulla bocca di chi (forse) si vorrebbe abbindolare (cosa che resta un puro desiderio).
      Baronio non ha affatto detto che «il NO non è sacrificio (quindi non è messa)», egli invece, rispondendo nel punto IV alla seguente affermazione di padre Cavalcoli: «La Messa è sostanzialmente la stessa di sempre in entrambi casi. Cambiano solo le forme cerimoniali e le rubriche», ha risposto: «Essa è vera se Ella intende che la Messa del Novus Ordo è valida, e che realmente vi si rinnova il Sacrificio di Cristo e vi si consacra validamente il Corpo e il Sangue di Nostro Signore. In questo senso, entrambe le forme sono sostanzialmente identiche».
      Tutto il contrario quindi, dal momento che ha affermato che la Messa N.O. è valida al pari della V.O. Il suo dissenso dunque non si riferisce alla validità della Messa N.O. bensì, come spiega più avanti, al fatto «che la Messa tridentina e la Messa riformata siano uguali quanto al loro contenuto».

      Dopo tutto questo poi ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate – o da piangere lacrime amare, veda Lei… – quando addebita a C. Baronio la mancanza di «una precisione di linguaggio».

      Tornando a dove Lei fa dire a Baronio che «la Messa è il Santo Sacrificio» e che «si identifica totalmente con esso», queste affermazioni non sono mai state fatte, anzi egli ha detto:

      «Gli elementi essenziali per la validità della Messa sono il ministro ordinato, l’intenzione del ministro, la materia (pane e vino), la formula della Consacrazione», che consiste – la formula della Consacrazione – nel Santo Sacrificio. Il contenuto non può identificarsi col contenente.
      Per fare un esempio, passando, ahimè, dal sacro al profano, un brodo di carne non s’identifica con la carne, pur essendo la carne l’elemento essenziale del brodo. Perchè la carne la si può fare anche stufata o come le piace. Ci sono nel brodo di carne degli elementi accessori senza dei quali il brodo di carne sarà sempre un brodo di carne, ma risulterà disgustoso. Gli elementi accessori non inficiano la validità della cosa, ma non sono senza importanza, che anzi è grande.

      Ed è questo che Baronio ha poi sviluppato da par suo senza – m’illudo di poter dire – aver mancato di «precisione di linguaggio».

      Ho detto prima che fino a prova contrario salvo la sua buonafede, e continuo a salvarla; ma bisogna ammettere che Lei dia l’impressione di mettercela tutta per far capovolgere questa considerazione.

      Buona giornata.

      • intervento vagante ha detto:

        Esimio Lucior, lei si rivolge direttamente a Jolly Rogers ma indirettamente a tutti noi che leggiamo il blog. Quindi intervengo per dure due cosette.
        Prima di tutto, gli utenti di questo blog non disdegnano affatto che si argomenti contro qualcuno senza citare letteralmente le cose che ha detto. Basterà considerare l’entusiasmo da essi dimostrato per la “correctio filialis” – che Cesare Baronio ha sottoscritto – dove si chiede al Papa di ritrattare 7 proposizioni che non ha mai detto, per ammettere la possibilità che i pensieri altrui vengano criticati previa loro riscostruzione mediante elementi variamente estratti dal testo.
        Secondariamente, Cesare Baronio ha esordito l’altro giorno contrapponendo VO e NO sulla base del fatto che il primo sarebbe il rito cattolico ed il secondo una messa riformata (vedere il primo intervento in risposta a Padre Cavalcoli, a cui viene anche provocatoriamente chiesto se il Frate si dedichi alla celebrazione di messe riformate). Stante il fatto che la differenza tra rito cattolico e rito riformato si innesta principalmente sulla questione del Sacrificio (ed ancor più in particolare, sulla natura propiziatoria dello stesso), non si vede perché sarebbe sbagliato ricavare che Cesare Baronio stia contestando la presenza del Sacrificio nell’ambito del NO.
        A questa conclusione si arriva anche considerando la rilevanza che da alla prima edizione dell’Istruzione – contestata appunto perché non definiva la Messa in termini di sacrificio – e dal confronto che fa tra i due riti quando si chiede se possano essere entrambi sbagliati (qui nega la circostanza dicendo che la Chiesa non potrebbe essersi privata del Sacrificio sin dalla sua fondazione).
        Se dunque Cesare Baronio è stato frainteso, imputet sibi, ringrazi se qualcuno ha cercato di capirne il pensiero, rettifichi e si spieghi meglio.

        • LucioR ha detto:

          Per incominciare, anche ammesso che ciò che Lei afferma (dico: anche ammesso…) è giusto, ed in ogni caso Lei, pur di obiettarmi qualcosa coinvolge scorrettamente altri che magari in questo momento o mai più potranno repricarle, ciò non inficia affatto ciò che ho affermato, né, tanto meno, la sostanza del mio intervento. Lasciando per il momento la cosa più importane del mio intervento, riguardo al discorso sulla correttezza delle citazioni Lei deve solo dire se è giusto o no che esse debbano essere riportate in modo corretto. Lasci perdere gli altri: è infantile giustificarsi di aver rubato la marmellata dicendo che l’ha fatto anche Gigino.

          La cosa importante invece, è che Lei non si sofferma affatto sulla faccenda che UNDER abbia riportato in modo, non dico errato, ma addirittura contrario all’originale (sempre in buonafede eh!) le affermazioni di C. Baronio; no no! Lei ha trovato il modo di dimostrare che io ho torto perché ho detto che le citazioni devono essere riportate in modo corretto.
          Sbagliato – dice Lei – perché anche altri lo fanno (siano veri o meno gli esempi che riporta). Diciamo che se ai vostri corsi questa è la logica che v’insegnano, stanno proprio freschi.

          Ed ora veniamo all’essenziale, ché finora abbiamo prodotto chiacchiere:

          E’ vero o no che UNDER ha accusato Baronio di aver affermato che «la Messa è il Santo Sacrificio» e che «si identifica totalmente con esso», mentre si è espresso in modo assolutamente difforme da questo?

          E’ vero o no che lo ha accusato di aver detto «che il NO non è sacrificio (quindi non è messa)»? (NO sta per Novus Ordo – N.O.) deformando irrimediabilmente ciò che in realtà aveva detto Mons. Baronio in modo da far capire il contrario?

          E su queste cose che mi deve contestare, caro mio, non sul fatto che ho detto che le citazioni devono essere corrette, che era solo un’indicazione di metodo e non di sostanza, per la quale non valeva la pena che Lei perdesse il suo tempo e facesse perdere il mio.

          Ma in fondo l’abbiamo capito che Lei non perde il suo tempo, come non lo perdono i suoi colleghi che con sfoggio di sapienza, che invece è saccenza, stanno imperversando in questi thread.

          Dio concede al Demonio di affliggere i suoi santi per un certo tempo per temprarne il carattere, ma non fino all’esaurimento delle forze (morali e spirituali). Vediamo il dott. Tosatti quanto tempo concederà al pool dei troll per affliggere noi, che siamo vicini all’esaurimento (della pazienza – sopportare con pazienza le persone moleste).

          Mi mostri, citando alla lettera ed allegando i link relativi (nel nostro caso non ce n’era bisogno perché il testo di C. Baronio è qui sopra) quegli “oggetti del reato”, in modo che possa capire e rendermi conto della giustezza di quanto Lei afferma. e poi ne riparliamo.

          • intervento vagante ha detto:

            Forse non ci siamo capiti o forse ha tempo da perdere. Cesare Baronio ha usato frasi ed espressioni equivoche e qualcuno ha ricostruito il suo (possibile) pensiero sulla base di vari elementi raccolti. Lei potrà dire che non necessariamente, leggendo Baronio, si deve pervenire a quelle conclusioni. Non può invece dire che si debba necessariamente arrivare a conclusioni contrarie. Se sostiene questo, significa che non ha letto bene né Baronio né chi gli ha mosso contestazioni.
            Se Baronio non vuole essere frainteso, scriva ragionamenti più sintetici, non frammentati, non involuti, coerenti anche per chi legge, utilizzando una terminologia univoca e non equivoca. In definitiva il “perché” il NO sarebbe un abominio, ancora non lo ha spiegato bene.
            Se il suo pensiero non è arrivato a tutti con chiarezza, colpa sua che non è stato chiaro. Nessuno gliene fa una colpa, basta che si spieghi.
            Lascio perdere le altre sue sproloquiate sul diavolo, i troll e quant’altro perché non ho altro tempo da perdere con lei e non mi sembra c’entrino nulla con la discussione.

          • LucioR ha detto:

            Rispondo a INTERVENtO VAGANTE delle 2:04 pm

            1 – «Lei potrà dire che non necessariamente, leggendo Baronio, si deve pervenire a quelle conclusioni. Non può invece dire che si debba necessariamente arrivare a conclusioni contrarie».

            Io ho semplicemente detto che non bisogna attribuire ad una persona frasi che questa persona non si è mai sognato di dire; e ancor peggio di falsificarle facendo dire a quella persona il contrario di ciò che ha detto.

            2 – «Se Baronio non vuole essere frainteso, scriva ragionamenti più sintetici, non frammentati, non involuti, coerenti anche per chi legge, utilizzando una terminologia univoca e non equivoca».

            Non sta a me difendere la prosa di Mons. Baronio. A me, come ad altri da ciò che ho letto è apparsa chiarissima. Quindi il problema sta in coloro per i quali non è chiara. Diverso è se non si è d’accordo con ciò che uno scrive, in questo caso va confutato senza dover ricorrere a stravolgimenti delle frasi dette col pretesto della poca chiarezza.

            3 – «In definitiva il “perché” il NO sarebbe un abominio, ancora non lo ha spiegato bene».

            Vede che siete irrecuperabili? Mi citi dove Baronio ha scritto che «il NO sarebbe un abominio». Se ce l’ha ancora col discorso della «messa riformata» legga quanto sull’argomento ho scritto sotto (ore 2:25 pm), che però ho inviato prima di leggere quest’altra sua.

            4 – «Se il suo pensiero [di Baronio] non è arrivato a tutti con chiarezza, colpa sua che non è stato chiaro»

            Non le viene in mente che c’è una seconda possibilità di cui l’imputato non ha alcuna colpa?

            5 – «Lascio perdere le altre sue sproloquiate sul diavolo, i troll e quant’altro perché non ho altro tempo da perdere».

            “Sproloquiate” i troll? Ma Lei nega la realtà sotto gli occhi di chiunque legge in questo blog! Ci sono perfino quelli che si presentano come tali. E guardi che non è una cosa su cui riderci sopra, ma semmai da piangerci perché fa pena vedere quanta gente gode nel dar fastidio al prossimo.
            Stia tranquillo che Lei il suo tempo non lo perde, in compenso fa perdere quello degli altri.

        • LucioR ha detto:

          «Secondariamente, Cesare Baronio ha esordito l’altro giorno contrapponendo VO e NO sulla base del fatto che il primo sarebbe il rito cattolico ed il secondo una messa riformata (vedere il primo intervento in risposta a Padre Cavalcoli, a cui viene anche provocatoriamente chiesto se il Frate si dedichi alla celebrazione di messe riformate). Stante il fatto che la differenza tra rito cattolico e rito riformato si innesta principalmente sulla questione del Sacrificio (ed ancor più in particolare, sulla natura propiziatoria dello stesso), non si vede perché sarebbe sbagliato ricavare che Cesare Baronio stia contestando la presenza del Sacrificio nell’ambito del NO».

          Caro amico,
          questa volta le dò una risposta conciliante, perché capisco l’equivoco in cui è caduto. Per «Messa riformata» Baronio non si riferiva alla messa dei luterani (che peraltro non hanno messa), ma alla messa scaturita dalla riforma, cioè alla N.O. (riforma della messa, non riforma protestante). La celebrazione protestante non si chiama “messa”; ha varie denominazioni secondo la setta che la pratica (“servizio divino”, “culto comunitario”…).
          Qui se l’equivoco c’è stato non è certo perché Baronio ha mancato di chiarezza, né ha inteso dare implicitamente del “Protestante” a padre Cavalcoli facendogli quella domanda.

          • intervento vagante ha detto:

            Probabilmente ha ragione lei e l’uso del lemma “riformata” non alludeva alla Riforma. Però abbia pazienza, quando uno utilizza quel lemma con riferimento al N.O. inserendolo nello stesso contesto in cui scrive

            “questa è l’ennesima prova che nelle nostre chiese, un tempo cattoliche, si celebrano i riti di un’altra religione: riti, va ricordato, che ripetono pedissequamente i passi compiuti dagli eretici protestanti e che sono stati pensati proprio per compiacere questi eretici, in nome del dialogo ecumenico. Non vi è un solo iota del Novus Horror che non sia ispirato dalle innovazioni precedentemente compiute da Lutero, da Calvino, da Cranmer e da tutta la serie di eresiarchi che li hanno seguiti”

            comprenderà che il fraintendimento è pressoché scontato. resta il fatto che, al di là del “riformata”, Cesare Baronio parla apertamente di un rito “di un’altra religione”, in cui non c’è “uno iota” che non faccia seguito al protestantesimo. Ergo, sta dicendo che il NO è nei fatti una celebrazione protestante.

            Tralascio ogni commento sull’utilizzo del termine “Novus Horror”, che potrebbe andar bene proprio per designare una “messa” protestante, ma che certamente è gravemente empio per indicare un rito nel quale, pur tra mille imperfezioni vere o presunte, si consuma il Sacrifio di Nostro Signore (come Cesare Baronio sembra, altrove, aver riconosciuto.
            Grazie per la correzione, comunque.

  • Cosmo ha detto:

    Uffa’, che bar(b)onio!!!

  • Dubbi man mano che leggo ha detto:

    A questo punto, dobbiamo chiederci se il Vetus Ordo sia buono o cattivo; e se sia buono o cattivo il Novus Ordo. Stabilito questo, si danno quattro possibilità: 1. che il primo sia buono, e quindi che il secondo non lo sia o lo sia meno dell’altro; 2. oppure che il rito riformato sia buono, e quindi che il rito antico non lo sia o lo sia meno dell’altro; 3. che siano buoni entrambi; 4. che siano cattivi entrambi.

    Il postulato del sig. Cesare è che l’ipotesi 4 sia impossibile. Ma non è chiara la ragione: perchè mai, se può essere cattivo un rito, non possono essere cattivi due riti? Occorre dimostrare il postulato o evitare nelle considerazioni conseguenti di scartare l’ipotesi per ammettere l’erroneità del solo NO

    • Cesare Baronio ha detto:

      Certi interventi dovrebbero esser preceduti da un’attenta meditazione. Pare che mi si rimproverino cose opposte: Ella mi chiede perché non potrebbero esser entrambi i riti intrinsecamente cattivi, e poco dopo un altro lettore mi fa notare che non è possibile che sia cattivo anche uno solo dei due, perché la Chiesa non può errare in materia di culto.

      Ripeto ciò che ho scritto: “Non è possibile che la Chiesa sia privata sin dalla sua fondazione del Santo Sacrificio, o che esso sia imperfetto rispetto alfine che si prefigge, voluto da Nostro Signore”.

      Se è possibile che un rito sia gravemente lacunoso e che questo rito rimanga in vigore per un lasso di tempo limitato, non è possibile che per secoli la Chiesa abbia avuto un rito gravemente imperfetto. Questo contraddirebbe l’assistenza promessa da Dio alla Chiesa, ed è altresì evidente che nel corso dei secoli passati la Messa ha alimentato la fede, la spiritualità e la santità dei fedeli e delle nazioni cattoliche, contribuendo anche allo sviluppo della cultura e dell’arte in tutte le sue forme. Cosa che non può esser detta per questo periodo, in cui la crisi della fede è evidentemente legata a filo doppio con una liturgia che è espressione cultuale delle deviazioni dottrinali presenti.

      Mi accorgo che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…

      • uhm ha detto:

        Scusi Cesare,
        se il tema di discrimine per stabilire se una forma è buona o cattiva è il sacrificio (lo dice lei: impossibile supporre due forme cattive, perché la Chiesa non può essersi privata del sacrificio sin dalla sua fondazione), non era sufficiente affermare che in entrambe le forme il sacrificio c’è e quindi che l’ipotesi sub 4 (entrambe le forme sono cattive) non è ipotizzabile per questa ragione?
        No, non era sufficiente, perché avrebbe dovuto ammettere che, non essendo “cattiva” alcuna delle due forme, entrambe le forme sono buone e quindi limitare la sua critica a questo “il VO è buono, lo è anche il NO, ma il primo è più buono dell’altro”.
        Mi sbaglio?

  • Alessandro ha detto:

    Di Baronio ce n’è uno. Tutti gli altri sono nessuno

  • Istruttoria predibattimentale ha detto:

    Rilievi sul tema I. I fedeli sono liberi di scegliere o la Messa Vetus Ordo o quella Novus Ordo.

    Baronio confonde rito e relazione, deducendo l’erroneità del primo da quella della seconda, senza indicare dove e in che modo il primo riprodurrebbe gli errori ravvisati nella seconda. Nè evidenzia discrasie tra il rito (ereditante gli errori della prima relazione) e la seconda formulazione corretta. Rimane perciò indimostrata l’erroneità del rito, incidendo le critiche (peraltro solo cennate e non sviluppate) soltanto la relazione. L’omissione è grave perchè se sussiste una specularità tea rito e relazione e quest’ultima è eretica, occorre prendere atto ed evidenziare gli elementi di eresia contenuti nel Messale NO.
    Caduta di stile il confronto con un ricettario gastronomico, irriverente ed impreciso: la relazione non era infatti la trama programmatica su cui furono sviluppate le formule rituali.

    Altro punto di debolezza, la disinvoltura con cui passa dal meglio-peggio al bene-male: espliciti Baronio se egli intenda la Messa NO meno adeguata rispetto alla VO (meglio-peggio) o se la ritenga sbagliata ed erronea (male).

    Nel caso in cui il Baronio pervenga alla conclusione che il NO contiene formule eretiche e sia un male, spieghi il Baronio come ciò sia compatibile col principio per cui la Chiesa non può errare nel culto (per quanto egli parli di setta conciliare, il NO è stato promulgato da un papa legittimo, confermato da altri 4 papi legittimi ed utilizzato da ogni sacerdote di rito latino, dal primo all’ultimo, salvo poche deroghe degli ultimi 10 anni).

    Sulla presunta perfezione del VO, spieghi il Baronio perchè la soluzione di consacrare facendo assistere i fedeli sarebbe più perfetto che tirare le tende e procedere in segreto, come praticato precedentemente ed ancora oggi nei riti orientali.

    Ci riserviamo una replica all’esito delle chiarificazioni che il Baronio vorrà fornire.

    • Cesare baronio ha detto:

      “Nel caso in cui il Baronio pervenga alla conclusione che il NO contiene formule eretiche e sia un male, spieghi il Baronio come ciò sia compatibile col principio per cui la Chiesa non può errare nel culto”.

      Se Ella, caro anonimo, avesse letto con pazienza tutta la mia argomentazione, avrebbe visto che non ho ammesso il principio secondo cui la Chiesa abbia errato nel culto, laddove con errore si intenda una assenza talmente grave da compromettere la validità del rito.

      La presenza di elementi gravemente lacunosi – che Ella, da giurisperito certamente avrà avuto modo di rilevare senza ch’io mi dilunghi in elenchi già esaurientemente riportati da altri più esperti e qualificati – non è tale da poter inferire che la Chiesa abbia errato nel culto: io stesso ho fatto notare che la formulazione prossima all’eresia dell’art. 7 dell’IGMR del 1969 fu emendata e corretta ex-post, ma senza correggere il risultato di quella definizione.

      Il paragone con la ricetta è una similitudine che – come evidenziato in premessa – serve per render comprensibile il concetto a chi non è esperto. Altrimenti non avrei scritto su Stilum Curiae, che non è un sito per addetti ai lavori.

      “Espliciti Baronio se egli intenda la Messa NO meno adeguata rispetto alla VO (meglio-peggio) o se la ritenga sbagliata ed erronea (male)”.

      Confermo quanto scritto: il NO è gravemente lacunoso ed omissorio rispetto al VO. Queste omissioni si esplicitano in una deliberata cancellazione di parole e segni del VO volti ad significare l’adorazione dovuta alla Maestà Divina, sono di per sé un male; non tale da pregiudicare la validità del rito, ma certamente tale da indebolire nei fedeli il senso del sacro, oltre che la comprensione dei divini misteri. Prova ne sia il modo con cui i fedeli, dalla promulgazione del NO, assistono alla Messa e si accostano ai Sacramenti.

      “Sulla presunta perfezione del VO, spieghi il Baronio perché la soluzione di consacrare facendo assistere i fedeli sarebbe più perfetto che tirare le tende e procedere in segreto, come praticato precedentemente ed ancora oggi nei riti orientali”.

      Non mi pare di aver mai scritto che i fedeli non debbano assistere alla Consacrazione. Spieghi piuttosto dove ha trovato una simile affermazione. Quanto alla norma secondo la quale la Consacrazione nel rito tridentino è fatta submissa voce, questa rileva dalla sacralità dal momento più importante della Messa. Lo si rileva dagl iatti preparatorj del Tridentino: “Propterea religiose et sapienter etiam observatur, ut consecrationis verba et maxima pars Canonis tacite et submissa voce a sacerdote recitentur. Hac enim secreti ratione et maiestas huius ineffabilis mysterii rectius servatur et populus excitatur ut de eo reverentius et maiori cum devotione cogitet” [“Ne consegue anche che religiosamente e saggiamente è prescritto che le parole della consacrazione e la gran parte del Canone siano recitate dal sacerdote in segreto e sottovoce. Infatti con questa segretezza la maestà di questo ineffabile mistero è meglio custodita e il popolo è spinto a pensare ad esso con più reverenza e devozione”]. Tale dottrina confluì poi nel canone del Tridentino: “Si quis dixerit Ecclesiae romanae ritum, quo submissa voce pars canonis et verba consecrationis proferuntur, damnandum esse; aut lingua tantum vulgari missam celebrari debere; aut aquam non miscendam esse vino in calice, eo quod sit contra Christi institutionem, anathema sit” [“Se qualcuno dirà che il rito della Chiesa romana secondo il quale parte del Canone e le parole della consacrazione si pronunciano sottovoce va condannato; o che la messa debba essere celebrata solo in lingua volgare; o che l’acqua nel calice non va mischiata al vino perché questo sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia scomunicato”].

      Quanto all’uso di velare il presbiterio, conservato nella Chiesa latina sino a tarda epoca – limitatamente alla Quaresima o al Tempo di Passione – ed in alcune regioni fino al Concilio, esso non è previsto dal rito tridentino e come tale non è oggetto del mio commento. Usare l’espressione “tirare le tende” suona irriverente e scade nel linguaggio ch’Ella stessa pare qualificare come “caduta di stile”.

      Confido di esser stato sufficientemente chiaro.

  • deutero.amedeo ha detto:

    A questo punto, io che ad otto anni mi alzavo alle cinque del mattino per andare a piedi a servire la prima messa (quella delle sei del mattino) anche in pieno inverno e con la neve per le strade rispondendo in latino al celebrante, mi attacco a Cartesio e dico: l’unica cosa di cui sono certo è che esisto perché penso (cogito, ergo sum) . Tutto il resto…. rimane da dimostrare. Con buona pace dei troll.

    • Troll ha detto:

      I troll stanno già evidenziando le carenze della filippica. Strano che in’esegeta biblico allenato come te non le colga. Secondo me potresti dare un contributo e il tuo irriverente acume dovrebbe essere stimolato dal fatto che CB disprezza quella auctuositas che per te è un paletto importante (se non hai cambiato idea nei secoli)

      • deutero.amedeo ha detto:

        Grazie per il titolo di esegeta allenato… Ma il titolo di esegeta se parlo di Bibbia mi si addice come quello di ciclista quando vado in bicicletta. Non è che voglia competere con Vincenzo Nibali e Fabio Aru.
        Biblista per me vuol solo dire uomo che dà alla Bibbia il primato su tutto quanto è stato scritto a proposito della Rivelazione e della Redenzione. Punto.

  • Ángel Manuel González Fernández ha detto:

    GRAN TEMA DIRETTORE: GLI DEDICHI UN SUO ARTICOLO.
    Saluti e Grazie.
    http://www.lanuovabq.it/it/un-cuore-vivo-che-soffre-leucaristia-parla-la-scienza

  • gabriele ha detto:

    “spariva il manipolo, veniva sdoganato l’uso della casula gotica”… il treno per milano e napoli… Baronio, vai a lavorare nei magazzini di amazon, dove le persone fanno trenta km al giorno a piedi per portare a casa la pagnotta… vedrai che alla sera andrai a letto tranquillo e non avrai più tanta voglia di scervellarti pensando alle casule.

    • Troll ha detto:

      AHAHA bella questa! Possiamo cooptarti fra i troll?

    • Claudius ha detto:

      Potresti farlo anche tu, così eviteresti di perdere il tuo prezioso tempo trollando e scrivendo commenti stupidi su internet

      • Istruttoria predibattimentale ha detto:

        Caro altrettanto-anonimo, le rispondo per punti.
        (I)
        “Nel caso in cui il Baronio pervenga alla conclusione che il NO contiene formule eretiche e sia un male, spieghi il Baronio come ciò sia compatibile col principio per cui la Chiesa non può errare nel culto”.

        Se Ella, caro anonimo, avesse letto con pazienza tutta la mia argomentazione, avrebbe visto che non ho ammesso il principio secondo cui la Chiesa abbia errato nel culto, laddove con errore si intenda una assenza talmente grave da compromettere la validità del rito.

        RILIEVO: ERRARE NEL CULTO E INVALIDITÁ DELL’ATTO LITURGICO SONO DUE COSE DIVERSE. L’INVALIDITÀ DELLA MESSA SI AVREBBE SE NEL MESSALE VI FOSSE UNA FORMULA CONSACRATORIA, L’ERRONEITÀ DI CUI PARLA LEI RIGUARDA ALTRI PROFILI E IN PARTICOLARE L’ASSENZA DI CARATTERE SACRIFICALE (PERALTRO IMPOSSIBILE: SE C’È CONSACRAZIONE, C’È ANCHE SACRIFICIO), VOCAZIONE A FUORVIARE ED ANNULLARE LA FEDE, MEZZO DI DIFFUSIONE DELL’ERESIA (COME SI DEDUCE DALLA CORRELAZIONE CON IL NOTO PAR. 7, CHE LEI QUALIFICA COME ERETICO).
        QUESTO – E NON SOLO L’INVALIDITÀ – È INCOMPATIBILE CON L’INERRANZA DELLA CHIESA IN MATERIA DI CULTO, INERRANZA NON CIRCOSCRITTA ALLA SOLA VALIDITÀ DELL’ATTO.

        (II)

        La presenza di elementi gravemente lacunosi – che Ella, da giurisperito certamente avrà avuto modo di rilevare senza ch’io mi dilunghi in elenchi già esaurientemente riportati da altri più esperti e qualificati – non è tale da poter inferire che la Chiesa abbia errato nel culto: io stesso ho fatto notare che la formulazione prossima all’eresia dell’art. 7 dell’IGMR del 1969 fu emendata e corretta ex-post, ma senza correggere il risultato di quella definizione.

        BENE: SE LA CHIESA NON HA ERRATO NEL CULTO ELIMINANDO ELIMINANDO (NÈ LO HA FATTO PROVOCANDO L’INVALIDITÀ DEL RITO), VORREI CAPIRE DI COSA STIAMO PARLANDO E DI COSA SI LAMENTI. SE NON HA SBAGLIATO, VUOL DIRE CHE HA AGITO CORRETTAMENTE. QUINDI LEI CHE VA CERCANDO? QUAL È ESATTAMENTE L’OGGETTO DELLE SUE DOGLIANZE?

        (III)
        Il paragone con la ricetta è una similitudine che – come evidenziato in premessa – serve per render comprensibile il concetto a chi non è esperto. Altrimenti non avrei scritto su Stilum Curiae, che non è un sito per addetti ai lavori.

        LA SIMILITUDINE È SBAGLIATA, AL DI LÀ DELL’IRRIVERENZA: LA RICETTA PRECEDE L’ESECUZIONE DEL PIATTO E QUESTO NE È LO SVILUPPO PRATIVO. LA RELAZIONE CONTESTATA NON AVEVA QUESTO RAPPORTO CON LA MESSA.

        (IV)
        “Espliciti Baronio se egli intenda la Messa NO meno adeguata rispetto alla VO (meglio-peggio) o se la ritenga sbagliata ed erronea (male)”.

        Confermo quanto scritto: il NO è gravemente lacunoso ed omissorio rispetto al VO. Queste omissioni si esplicitano in una deliberata cancellazione di parole e segni del VO volti ad significare l’adorazione dovuta alla Maestà Divina, sono di per sé un male; non tale da pregiudicare la validità del rito, ma certamente tale da indebolire nei fedeli il senso del sacro, oltre che la comprensione dei divini misteri. Prova ne sia il modo con cui i fedeli, dalla promulgazione del NO, assistono alla Messa e si accostano ai Sacramenti.

        QUINDI È UN MALE RELATIVO: UN PEGGIO RISPETTO A UN MEGLIO E NON UN MALE IN SENSO ASSOLUTO?
        LA AIUTO. IMMAGINI DI NON SAPERE NULLA DEL V.O. E DI NON AVERE UN TERMINE DI PARAGONE: LA MESSA N.O. SAREBBE PER LEI COMUNQUE UN MALE?

        POSSO ESSERE D’ACCORDO SUL SENSO DEL SACRO. MENO SULLA ”COMPRENSIONE DEI DIVINI MISTERI” MOLTO MENO: HO PARLATO CON TROPPI 80ENNI CHE MI HANNO CONFERMATO CHE L’UNICA COSA CHE CAPIVANO ERA L’OMELIA E CHE PER IL RESTO ”STAVANO LÌ A GUARDARE”. POSSIBILE CHE COI MEZZI ODIERNI ED IL MAGGIOR LIVELLO CULTURALE MEDIO LA SITUAZIONE SIA OGGI DIVERSA.

        “Sulla presunta perfezione del VO, spieghi il Baronio perché la soluzione di consacrare facendo assistere i fedeli sarebbe più perfetto che tirare le tende e procedere in segreto, come praticato precedentemente ed ancora oggi nei riti orientali”.

        Non mi pare di aver mai scritto che i fedeli non debbano assistere alla Consacrazione. Spieghi piuttosto dove ha trovato una simile affermazione. Quanto alla norma secondo la quale la Consacrazione nel rito tridentino è fatta submissa voce, questa rileva dalla sacralità dal momento più importante della Messa. Lo si rileva dagl iatti preparatorj del Tridentino: “Propterea religiose et sapienter etiam observatur, ut consecrationis verba et maxima pars Canonis tacite et submissa voce a sacerdote recitentur. Hac enim secreti ratione et maiestas huius ineffabilis mysterii rectius servatur et populus excitatur ut de eo reverentius et maiori cum devotione cogitet” [“Ne consegue anche che religiosamente e saggiamente è prescritto che le parole della consacrazione e la gran parte del Canone siano recitate dal sacerdote in segreto e sottovoce. Infatti con questa segretezza la maestà di questo ineffabile mistero è meglio custodita e il popolo è spinto a pensare ad esso con più reverenza e devozione”]. Tale dottrina confluì poi nel canone del Tridentino: “Si quis dixerit Ecclesiae romanae ritum, quo submissa voce pars canonis et verba consecrationis proferuntur, damnandum esse; aut lingua tantum vulgari missam celebrari debere; aut aquam non miscendam esse vino in calice, eo quod sit contra Christi institutionem, anathema sit” [“Se qualcuno dirà che il rito della Chiesa romana secondo il quale parte del Canone e le parole della consacrazione si pronunciano sottovoce va condannato; o che la messa debba essere celebrata solo in lingua volgare; o che l’acqua nel calice non va mischiata al vino perché questo sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia scomunicato”].

        NON REPLICO PERCHÈ HA DATO UNA RISPOSTA SENZA AVER COMPRESO IL RILIEVO. COLPA MIA.

        Quanto all’uso di velare il presbiterio, conservato nella Chiesa latina sino a tarda epoca – limitatamente alla Quaresima o al Tempo di Passione – ed in alcune regioni fino al Concilio, esso non è previsto dal rito tridentino e come tale non è oggetto del mio commento. Usare l’espressione “tirare le tende” suona irriverente e scade nel linguaggio ch’Ella stessa pare qualificare come “caduta di stile”.

        NON È IRRIVERENTE: USO GERGALE NEL RITO ORIENTALE PERCHÈ SI TIRANO LE TENDE DAVVERO, SE NON C’È UNO SPAZIO SEPARATO. IL SENSO DELLA DOMANDA ERA: SE IL V.O. È PERFETTO, L’USO DI VELARE O TIRARE LE TENDE O APPARTARSI IN ALTRO LUOGO, DA NOI ABBANDONATO ANCHE GRAZIE AL TRIDENTINO, RENDEVA LE MESSE MENO PERFETTE? IMMAGINO INTUISCA LO SCOPO DELLA DOMANDA.

        Confido di esser stato sufficientemente chiaro.

        DOVE NON LO È STATO GLIELO HO SEGNALATO.
        SCUSI PER IL MAIUSCOLO, MA NON SO USARE IL GRASSETTO.

        • TIZIANA ha detto:

          Avrò una mente semplice, non avvezza alle sottigliezze dei distinguo. Ma nemmeno io ho trovato chiare certe formulazioni. In particolare: se la Messa NO non è (Per stessa ammissione di Baronio) invalida, né vi è erranza nel culto; se è comunque un sacrificio e non è eretica, non sono in grado di capire perché la VO sia migliore, anzi perfetta.
          Io sono d’accordo sul fatto che mutare la forma sia in molti casi mutare la sostanza e Baronio dice infatti che attraverso la nuova forma si vuole trasformare la Messa antica in una mensa, in cui la Presenza reale si ricavi dalla partecipazione, e insomma in una celebrazione protestantizzata. Questo posso ben condividerlo. Non mi è però chiaro, allora, perché mai, se davvero questa è la nuova sostanza della Messa NO, essa non sia dichiarata invalida o erronea. Se non si tira questa conclusione, (che, a meno di sbagliarmi, mi pare proprio Baronio non tiri) su quali basi si può indicare la Messa VO come preferibile? E questo ripeto al di là del fatto che preferibile lo sia davvero. Resta poi sempre il problema di una liturgia che è sempre cambiata nel tempo, per cui la domanda del lettore sul presbiterio velato è a mio pare un’ottima domanda. Cosa dovremmo considerare Messa perfetta, dato che anche il Messale tridentino ha mutato la maniera dei precedenti culti?

      • Ora Divina ha detto:

        Non ci fate caso, ogni tanto gli zombi che una volta si chiamavano spettri, riappaiono su stilim curiae perché nemmeno il cornuto li sopporta e quindi li manda un po in giro. Fanno tante domande un po per cercare di confondere e un po perché gli manca il lume essendo abituati nelle tenebre del basso! Potevano mai comprendere la lectio magistralis di Baronio? Assurdoooooo!!!

    • Catholicus ha detto:

      Caro Gabriele, ma per favore, si faccia le “casule” sue e lasci in pace i santi sacerdoti come mons. Baronio, di cui non è degno nemmeno di baciare la polvere calpestata dai suoi sandali. Ci pensi bene prima di insultarlo, perché se lo potrebbe ritrovare, quel giorno, a fianco di Cristo Giudice come testimone d’accusa nei suoi confronti. Pace e bene

      • Cesare Baronio ha detto:

        Lei mi confonde, caro Catholicus. Non merito gli elogj che mi fa, perché finiscono col metter in primo piano il calamus scribae e non il contenuto. Quel che io dico, l’han detto meglio di me tanti altri, in modo più articolato e con vasto dispiego di fonti. Io mi limito a metter a disposizione del benigno lettore le mie riflessioni, frutto anche dell’esperienza maturata in tanti anni.

        Se vi è chi mi attacca per questo, dovrebbe chiedersi se lo fa per quel che dico o perché sono io a dirlo. Se lo fa per quel che dico, che argomenti, magari dopo aver letto e compreso; se lo fa perché sono io a dirlo, significa che non guarda al contenuto. E in questo caso non mi tocca più di tanto: il concetto che ho di me stesso è ben più basso di quello che possono avere i miei detrattori.

        Devo dire che avrei apprezzato da parte di alcuni una critica più argomentata e meno prevenuta. Magari dopo aver letto la Lettera ad un Sacerdote (https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/01/lettera-ad-un-sacerdote-considerazioni.html) e La favola bella del Concilio tradito dal postconcilio (https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/02/la-favola-bella-del-concilio-tradito.html), in cui credo di aver espresso diffusamente il mio pensiero ed il travaglio spirituale dal quale esso discende.

        Vede, caro amico, nella crisi presente si può rispondere in modi diversi. Vi è chi nega l’apostasia dilagante, e per ciò stesso dimostra da che parte sta; vi è chi, ponendosi sul fronte opposto con spirito settario, quasi gioisce per le disgrazie in cui versano milioni di anime, vittime della tirannide conciliare; e infine vi sono quanti soffrono, fino a sentirsi il cuore spaccato dal dolore, nel veder umiliata la Sposa di Cristo e si adoprano perché la Chiesa ritrovi l’antico splendore, e le anime trovino in essa un porto sicuro nella tempesta che travolge il secolo.

        Io non gioisco delle malefatte dei Presuli, né mi rallegro che vi siano sacerdoti che non comprendono appieno la causa dei mali presenti. Non godo nel sapere che tante anime assetate di Dio vengono private della Grazia dei Sacramenti da un clero ribelle e sacrilego, né che vi siano tanti preti che, nel silenzio e con abnegazione, cercano di far l’impossibile per pascere le loro pecorelle anche solo con i poveri strumenti loro offerti dalla liturgia riformata.

        Ma questo non significa ostinarsi a non vedere ciò ch’è sotto gli occhi di tutti, e cioè che siamo davanti ad una situazione devastante, di cui è innegabilmente responsabile la Gerarchia, piegatasi allo spirito del mondo. Solo amando Nostro Signore si può uscire da questa crisi. Le dissertazioni teologiche potranno forse segnare la via, ma l’amore di Dio dev’essere la causa prima del cambiamento. Un cambiamento che inizia dalla nostra condotta di vita, dallo spirito di sacrificio, dall’abbracciare la Croce unendosi alla Passione del Signore. Quando un fedele o un sacerdote ama Dio, la sua cecità è guarita, e non può non comprendere che la vita cristiana non ammette mediocrità, non tollera compromessi, non può tacere la verità per quietovivere o per pavidità. E non può non adoperarsi perché tutte le anime si salvino, predicando la Buona Novella a chi non conosce Dio.

        Allora l’ecumenismo suonerà come un oltraggio al vero Dio, la laicità dello Stato come ripugnante alla Sua Regalità, l’irriverenza verso le cose sante come inconcepibile davanti alla Divina Maestà.

        E vi sarà pur sempre chi non capisce, perché se accetta di capire, deve anche cambiare radicalmente la propria vita. E’ nell’ordine delle cose che vi siano salvati e dannati, e Dio permette che vi sia chi rifiuta la salvezza eterna. Preghiamo di non trovarci dalla parte sbagliata quando Egli tornerà a giudicarci. Alla fine, saremo giudicati sull’amore. Anzi: sulla Carità.

        • Padre Ralph ha detto:

          Non si imbarazzi Eminentissimo. Pochi mesi fa certe manifestazioni di stima erano riservate a Don Minutella. L’accoglienza qui è di prassi :-))

          • A volte tornano ha detto:

            Già, l’accoglienza qui è di prassi….e purtroppo è anche per te acido padre Ralph.

          • antonio ha detto:

            Leggo sempre Opportune Importune di Monsignore Cesare Baronio, Dopo mesi di silenzio è ritornato molto Bentornato ,in gran forma. Buona la disputa. Qui il nostro ha precisato molto chiaramente le differenze fra le due Messe. Io stesso suo assiduo lettore ritenevo la posizione di Baronio più discriminante, Invece alle due Messe , distinguendole, ad ognuna da il suo. Però devo dire che la disputa ci ha un poco affaticati e rischia di giovarci poco. “Il pensiero divide il sentire unisce” è un aforisma ed è bello e veritiero. Monsignore ha segnalato alcuni suoi scritti i indirizzati a sacerdoti molto belli.
            Io mi permetto di segnalarvi quelli che mi attirarono e che mi convinsero. Sono scritti di un Baronio mistico innamorato della Chiesa. Ne voglio indico alcuni

            https://opportuneimportune.blogspot.com/2016/10/gli-eunuchi-per-il-regno-di-questo-mondo.html

            /opportuneimportune.blogspot.com/2016/12/considerazioni-sullanticristo.html

            /opportuneimportune.blogspot.com/2016/12/considerazioni-sullanticristo.html

            un saluto al Monsignore se ci leggerà
            a chi avrà la bontà di leggere gli interventi segnati assicuro che trarrà maggiore beneficio da questa disputa, -quello-

          • LucioR ha detto:

            «L’accoglienza qui è di prassi»

            Così come è di prassi a Santa Marta l’accoglienza dei Dubia