CI CHIEDEVANO PAROLE DI CANTO. LA CRISI DELLA MUSICA SACRA. UN LIBRO, UNA LETTERA A FRANCESCO.

18 Dicembre 2017 Pubblicato da

Marco Tosatti

Se c’è una persona che ha le carte in regola per scrivere un libro sulla situazione – e possiamo dire crisi – della musica liturgica attuale questi è Aurelio Porfiri. Porfiri è un compositore, direttore di coro, educatore e autore. Ha al suo attivo circa 30 volumi e 600 articoli. La sua musica è pubblicata in Italia, Cina, Stati Uniti, Francia e Germania. Ha collaborato con numerosi blogs, riviste e quotidiani come Zenit, La nuova bussola quotidiana, O Clarim, La croce quotidiano, la fede quotidiano, Liturgia, La vita in Cristo e nella Chiesa, Rogate ergo, Camparidemaistre, Il messaggio del cuore di Gesù, Patheos, e altri siti e pubblicazioni ancora.
In questa sua opera, appena uscita e disponibile su Amazon e altre opportunità di acquisto on line, Porfiri raccoglie una serie di saggi a articoli scritti nel corso degli anni. Tutti questi articoli sono uniti da un filo rosso. E cioè l’analisi della situazione attuale della musica liturgica. Aurelio Porfiri intende proporre una riflessione che si basi su dati di fatto non positivi, né piacevoli: uno dei più grandi patrimoni della nostra civilizzazione versa in profonda crisi. La Chiesa, che fu madre e patrona insigne dell’arte più eccelsa, ora sembra rincorrere stanche mode nate e cresciute al di fuori dei suoi sacri recinti, e spesso di una qualità oggettivamente scadente, e non solo da un punto di vista liturgico.
Autore dell’introduzione è un nome di grande prestigio: il maestro Valentino Miserachs Grau, preside emerito del Pontificio Istituto di Musica Sacra e Maestro Direttore della Cappella Musicale Liberiana nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma. Questa la sua opinione: “La crisi della musica nella liturgia oramai ha toccato delle vette (o degli abissi, dovremmo meglio dire) drammatici. Siamo in una situazione che non fa intravedere una via di uscita facile o immediata. Ci sono molte iniziative buone e di persone che hanno a cuore l’importanza di questa grande arte a servizio della liturgia, ma purtroppo poco si muove ai vertici, poco si muove da parte di coloro che dovrebbero prendere decisioni importanti in questo campo”. E questo il suo giudizio sul libro: “Aurelio Porfiri in questo suo testo ha voluto richiamare tutti ad un severo esame di coscienza, un salutare richiamo all’ordine per poter ripartire, quando tutto sembra perduto. Non è assente una certa vis polemica, ma in fondo è ruolo dei laici anche quello di avere il coraggio di denunciare con rispettosa libertà situazioni che mettono a rischio la salus animarum. Lui lo fa con coraggio e chiarezza, come del resto lo ha fatto sempre anche nei suoi scritti precedenti. Nei vari capitoli si affrontano in modo sintetico ma pregno alcuni degli snodi importanti, come quello della preparazione del clero (di cui già abbiamo parlato), degli strumenti musicali e molti altri. Verso la fine offre anche degli esempi di musica liturgica contemporanea che sa mantenere però la dignità della grande tradizione. Sarà utile ripetere che non mancano i compositori ma manca la volontà di cambiare le cose perché si è smarrito il senso e la dignità della musica nella liturgia; questo è conseguenza del fatto che si è smarrito anche e soprattutto il senso e la dignità della liturgia stessa, del senso del sacro. Un testo utile per riflettere e per continuare la buona battaglia, un testo rispettoso delle persone ma fermo nei suoi principi che sono poi i principi della grande tradizione”.
Molti gli argomenti trattati nello scorrere dei capitoli: il disprezzo per la forma, gli strumenti musicali, l’abbandono delle antifone del messale, le resistenze nel clero e molto altro. Un testo utile, importante, scomodo. Certamente da leggere con attenzione, nella speranza che qualcuno voglia, prima o poi rendersene conto, e avviare un processo di riparazione.

Dal sommario e possibile farsi un’idea dei temi, e dei contenuti.
Sommario

Dopo la prefazione di Miserachs Grau e l’introduzione abbiamo questo menù :
Musica e liturgia alla deriva
Forma mentis
La bellezza nella musica liturgica
Musica liturgica e musica leggera
L’anticlericalismo del musicista liturgico
Musica liturgica profumata
Musica liturgica e clero
Il mito del Concilio Vaticano II
L’eresia populista nella musica di Chiesa
La civiltà occidentale
Non ti pago!
God save the Queen!
Le battaglie perse di Papa Benedetto XVI
L’equivoco del canto popolare nella liturgia
Il razionalismo liturgico
Un improbabile incontro
Capito l’antifona?
Se non avete ancora capito l’antifona…
Tre motivi per amare il buon canto liturgico (e uno per odiarlo)
Gli strumenti musicali nella liturgia
La musica al mio funerale
Delle italiche crisi vo narrando…
Osteria del Vaticano
Musicisti di tutto il mondo, unitevi!
Cantantibus organis
Un Concilio non conciliante
Guerra
Laicizziamo
La perdita del centro
Musica liturgica tra percezione ed uso
Ma che vergogna è questa?
In difesa della musica per la liturgia (e contro la musica nella liturgia)
Il Verbo si è fatto carne
L’organista celebrante
Antifone d’ingresso
Missa de Angelis
La Messa di Sant’Albano
O Cristo splendore del Padre
Le antifone del Messale
Il bosco
Lettera a Papa Francesco.

 


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14 commenti

  • Claudius ha detto:

    I capitoli e la recensione del libro sembrano molto interessanti e credo che lo comprero’, mi interessa molto.

    Mi permetto pero’ di dire una cosa: tutte queste “lettere aperte” a Bergoglio non servono a niente. Tanto si sa che lui se ne frega, manco le legge e se pure le legge si guarda bene dal rispondere. Quindi non e’ il caso di scrivere niente a uno cosi’. Bisogna cambiare atteggiamento. Forse dovremmo veramente soltanto ignorarlo e trattarlo per quello che si sta dimostrando di essere e basta.

  • deutero.amedeo ha detto:

    Argomento per me troppo specialistico, peraltro all’intersezione tra due mondi vastissimi quali sono la musica in tutte le sue espressioni e la liturgia in tutte le sue implicazioni teologiche e umane.
    Da semplice fedele mi permetto solo, a titolo di mio personale contributo alla discussione, di deplorare il fatto che chi partecipa, come pubblico, alle celebrazioni liturgiche sia spesso costretto a subire i capricci di un prete e di un ristrettissimo gruppo di volontari componenti il “gruppo liturgico” della parrocchia, i quali si ritengono in diritto di fare il bello e il brutto tempo a loro piacimento con scelte spesso inadeguate e di pessimo gusto. Anche in questa materia sarebbe necessario che l’autorità ecclesiastica imponesse un po’ di ordine e di disciplina ( termini, ahime’, ormai scomparsi dal vocabolario corrente).

  • Pier Luigi Tossani ha detto:

    E’ chiaro che la crisi della musica sacra deriva dalla crisi della liturgia… la quale crisi, a sua volta, credo provenga dalla crisi della fede, dalla “stanchezza modernista” dell’uomo verso Dio e verso sé stesso.
    Risaliremo, dopo aver toccato il fondo, non so quando… credo anche che una delle funi con le quali ci aiuteremo a uscire dal pozzo, sarà la S. Messa Vetus Ordo, nella quale la liturgia conserva la sua potenza, e la musica ha caratteristiche e ruolo ben precisi.

  • Roberto della G. ha detto:

    Tema principe. La questione della musica sacra è, fra l’altro, uno dei principali e più evidenti indici della discrasia esistente tra i mandati normativi del V2 e la loro disapplicazione sistematica (spacciata per legittima in riferimento ai sottocommi marginali delle disposizioni conciliari, evidentemente pensati come futuri punti d’appoggio della generale sovversione).

  • Sempliciotto ha detto:

    Ma come, non vi piacciono le chitarrine zappate, e le pianole elettriche con suono metal?
    Non vi piacciono le canzoncine con testi pop urlate, stonate e senza un minimo di impostazione della voce?
    Cosa dire poi dei tamburelli e i battimani mentre si sta sul Calvario e sotto la Croce?
    Beh se rifiutate tutto ciò non siete Cristiani adulti, non siete invasi dallo Spirito del Concilio che, come è noto, invece di fare nuove tutte le cose, le fa sciatte…

    • Roberto della G. ha detto:

      Non solo non ci piacciono in chiesa le chitarre grattugiate e le pianole distorte o le micidiali canzonette dai testucci sciatti, i bonghi da macumba brasiliana e la danza dei 7 veli davanti a quello che fu l’altar maggiore, ma nemmeno i corali protestanti travestiti da canti cattolici e l’introduzione in contesto liturgico di musica nata al di fuori della tradizione (purtroppo interrotta e ripristinata a suon di congetture) del gregoriano (quello vero, non la de angelis) e, in seconda battuta, della polifonia

      • Luigi9 ha detto:

        Carl Roberto,

        È certamente vero che i corali protestanti non sono, per ovvietà, cattolici, ma solo per il testo, e comunque sono pur sempre di ispirazione cristiana, probabilmente molto di piu di tante tiritere cattoliche contemporanee… Mi riferisco alla grande (meglio sarebbe dire gigantesca) tradizione tedesca, giusto per fare un esempio: la musica ha il suo linguaggio e parla da sè… prima ancora di essere associata ad un testo. Forse che la musica dei grandi corali di J. S. Bach non è adatta ad esprimere la tensione dell’anima verso il suo Creatore ? Sarebbe pura idiozia.

        • Roberto della G. ha detto:

          Caro Luigi9,
          come antico cultore Ioannis Sebastiani Magni non sarò sarò certo io a negare la grandezza della musica di Bach. Ma non mi sognerei mai di inserire composizioni bachiane nel contesto liturgico cattolico, che ha nell’ambito dell’espressione musicale una propria tradizione, e non solo nei testi (certo Eine feste Burg non è Tu es Petrus!), ma anche nel linguaggio compositivo. Per cui quando in una messa N.O. sentiamo cantare “Se tu m’accogli padre buono”, per quanto la melodia sia piacevole, dovremmo farci immediatamente avvertiti che NON siamo di fronte a un canto proprio della tradizione cattolica.

          Quanto dici circa il vigore intrinseco, e diciamo pure la sacralità intrinseca, del migliore linguaggio musicale mi trova d’accordo. Ma anche qui: l’assoluta grandezza di Wagner può forse legittimare l’esecuzione di pagine del Parsifal all’interno di un edificio sacro – facciamo il duomo di Siena 😉 – ma non il loro inserimento nel contesto di una liturgia cattolica. Persino nel contesto del V2 la costituzione sulla liturgia ribadisce che il canto proprio della Chiesa cattolica è il gregoriano (art. 116).

          • Luigi9 ha detto:

            Beh, il buonsenso deve poi regolare il tutto.
            Su questo non c’è nemmeno da discutere.
            Se poi Ein Feste Burg ist unser Gott (“Dio è la nostra solida fortezza” è protestante piu’ che mai, avendola composta lo stesso Lutero), cio’ non significa che come momento musicale di ispirazione religiosa e cristiana non la si possa proporre in una chiesa cattolica fuori dall’ambito liturgico… si offende qualcuno ? penso di no… non dimentichiamoci che qualche secolo addietro ci si avvicino’ pericolosamente al punto di (giustamente) bandire la musica (corale) dalle celebrazioni liturgiche tanto stava cadendo in basso la polifonia (sia sotto l’influsso di motivetti profani tutt’altro che edificanti, che per la stessa comprensione del testo).
            Ci salvo’ Palestrina, con la “Missa Papae Marcelli”… ma anche qui, c’è polifonia e polifonia… nihil sub sole novi.
            Idem per il gregoriano… quanti hanno mai avuto l’occasione di ascoltare della musica gregoriana che elevava davvero verso l’alto invece di conciliare l’abbiocco ?
            Penso non ci si debba muovere a compartimenti stagni, ma prendere cio’ che c’è di buono in entrambi (testo & musica) e farne buon uso. Insomma non buttiamo il bambino insieme all’acqua sporca.
            Questo, sia ben chiaro, nulla ha a che fare con la assurda riabilitazione di Lutero.

          • Roberto della G. ha detto:

            I tuoi ragionamenti, Luigi9, mi trovano essenzialmente d’accordo (anche se, nello specifico del celeberrimo corale, non è un mistero che fra i protestanti duri e puri il verso “der alt böse Feind” venisse inteso come un riferimento al papa di Roma e in questo senso… sì, si offenderebbe – o per lo meno fino a qualche tempo fa si sarebbe offeso – qualcuno). Sono d’accordo anche su quanto scrivi in merito alla polifonia e al gregoriano (anche se a volte l’effetto indotto non è il sopore, ma la contrazione antiperistaltica, come nel V.O. torinese in cui, anni fa, mi toccò ascoltare uno pseudogregoriano gracchiato a squarciagola da un guppetto di bellicose gallinacee). Certo nell’ambito della musica liturgica della Chiesa latina la storia delle delle escursioni nei dirupi è assai nutrita. E di interventi correttivi la Chiesa ne ha dovuti fare a più riprese (pensa anche solo al proliferare dei tropi). Tradizione, buongusto e buonsenso: con questi criteri si potrebbe fare già molto per migliorare l’attuale stato delle cose. Intanto se nei seminari insegnassero a leggere, non dico la sangallese o la metense, ma almeno il tetragramma e a capire ed amare ciò che in secoli lontani (= generazioni e generazioni di fede, preghiera e devozione) vi è stato fissato, faremmo già un grande passo avanti.

  • Lucy ha detto:

    Valentino Grau sulla crisi della musica liturgica : ” ….poco si muove ai vertici…..” ,altro che poco ci si muove in senso opposto.Il libro di Porfiri dovrebbe essere mandato e fatto studiate a quei vescovi e cardinali che promuovono nelle loro chiese (come se le chiese fossero loro proprietà) musiche rock condite di luci psichedeliche , come ha fatto di recente il card.Schönborn che nella cattedrale di santo Stefano (povero santo Stefano !!!) a Vienna ha autorizzato un concerto rock con luci psichedeliche all’insegna di ” Church rock “.

  • Luigi9 ha detto:

    Tragicamente attuale.
    Essendosi smarrito il senso del sacro, tutto va di pari passo.
    Ormai anche la musica in chiesa è musica da periferia esistenziale, da strada (come tanti preti alla moda) direi, e serve solo a riempire uno spazio (peraltro quasi sempre in maniera pessima), non certo a muovere le nostre segrete “corde” interiori verso l’Assoluto.
    Purtroppo ben difficilmente la “dirigenza” attuale (in primis Bergoglio) farà qualcosa in senso migliorativo, sia per precisa volontà che per sensibilità e preparazione specifica.

    • Roberto della G. ha detto:

      Scrive Luigi9: “…serve solo a riempire uno spazio…”
      Giusta osservazione. C’è in molti casi nelle celebrazioni liturgiche odierne un vero e proprio horror vacui, che si cerca di colmare con canzoncine per tutti, amplificazione microfonica, viavai sul prebiterio e chiacchiere, chiacchiere, chiecchiere (se una volta c’erano il primo e il secondo vangelo, oggi ci sono la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinda omelia, con l’immancabile “buona sera/buona settimana”). Tutto questo va indubbiamente ricondotto allo smarrimento del senso del Sacro e del Mistero e nel contempo al dilagare del vuoto interiore. Sono questioni fondamentali, ed è un peccato che tanta gente, spesso anche persone intelligenti, si perdano dietro a questioni secondarie, lanciando dal profondo dello stomaco (o dell’utero) inutili anatemi.

  • Mario Armosini ha detto:

    Cantiamo l’alleluia a Dio che è buono,
    che ci libera da ogni male

    Cantiamo qui l’alleluia, mentre siamo ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare un giorno lassù, ormai sicuri. Perché qui siamo nell’ansia e nell’incertezza. E non vorresti che io sia nell’ansia, quando leggo: Non è forse una tentazione la vita dell’uomo sulla terra? (cfr. Gb 7, 1). Pretendi che io non stia in ansia, quando mi viene detto ancora: «Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione»? (Mt 26, 41). Non vuoi che io mi senta malsicuro, quando la tentazione è così frequente, che la stessa preghiera ci fa ripetere: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori»? (Mt 6, 12).
    Tutti i giorni la stessa preghiera e tutti i giorni siamo debitori! Vuoi che io resti tranquillo quando tutti i giorni devo domandare perdono dei peccati e aiuto nei pericoli? Infatti, dopo aver detto per i peccati passati: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», subito, per i pericoli futuri, devo aggiungere: «E non ci indurre in tentazione» (Mt 6, 13).
    E anche il popolo, come può sentirsi sicuro, quando grida con me: «Liberaci dal male»? (Mt 6, 13). E tuttavia, o fratelli, pur trovandoci ancora in questa penosa situazione, cantiamo l’alleluia a Dio che è buono, che ci libera da ogni male.
    Anche quaggiù tra i pericoli e le tentazioni, si canti dagli altri e da noi l’alleluia. «Dio infatti è fedele; e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze» (1 Cor 10, 13). Perciò anche quaggiù cantiamo l’alleluia. L’uomo è ancora colpevole, ma Dio è fedele. Non dice: «Non permetterà che siate tentati», bensì: «Non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10, 13). Sei entrato nella tentazione, ma Dio ti darà anche il modo di uscirne, perché tu non abbia a soccombere alla tentazione stessa: perché, come il vaso del vasaio, tu venga modellato con la predicazione e consolidato con il fuoco della tribolazione. Ma quando vi entri, pensa che ne uscirai, «perché Dio è fedele». Il Signore ti proteggerà da ogni male … veglierà su di te quando entri e quando esci (cfr. Sal 120, 7-8).
    Ma quando questo corpo sarà diventato immortale e incorruttibile, allora cesserà anche ogni tentazione, perché «il corpo è morto». Perché è morto? «A causa del peccato». Ma «lo Spirito è vita». Perché? «A causa della giustificazione» (Rm 8, 10). Abbandoneremo dunque come morto il corpo? No, anzi ascolta: «Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali» (Rm 8, 10-11). Ora infatti il nostro corpo è nella condizione terrestre, mentre allora sarà in quella celeste. O felice quell’alleluia cantato lassù! O alleluia di sicurezza e di pace! Là nessuno ci sarà nemico, là non perderemo mai nessun amico. Ivi risuoneranno le lodi di Dio. Certo risuonano anche ora qui. Qui però nell’ansia, mentre lassù nella tranquillità. Qui cantiamo da morituri, lassù da immortali. Qui nella speranza, lassù nella realtà. Qui da esuli e pellegrini, lassù nella patria. Cantiamo pure ora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandanti. Canta, ma cammina. Canta per alleviare le asprezze della marcia, ma cantando non indulgere alla pigrizia. Canta e cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredire nella santità. Vi sono infatti, secondo l’Apostolo, alcuni che progrediscono sì, ma nel male. Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità. Canta e cammina.
    S’ Agostino