PROVITA MANIFESTA AL PANTHEON CONTRO LE DAT. NO ALLA MORTE PER DISIDRATAZIONE. LA TESTIMONIANZA DI UNA SOPRAVVISSUTA.

15 Marzo 2017 Pubblicato da

Marco Tosatti

Oggi prestiamo lo spazio di questo blog a Provita Onlus, impegnata nella battaglia contro l’applicazione della disidratazione e del blocco della nutrizione per le persone in stato di prevista disabilità permanente.

Particolarmente interessante questo video, e la testimonianza allegata.

Oggi, martedì 14 marzo l’Associazione ProVita Onlus ha organizzato una manifestazione simbolica di protesta di fronte al Pantheon a Roma, contro il testo sulle “Disposizioni anticipate di trattamento” (DAT) in discussione alla Camera. Gli attivisti di ProVita, travestiti da medici e da pazienti, hanno messo simbolicamente in scena le conseguenze negative della proposta di legge, soprattutto l’obbligo per il medico di sospendere idratazione e nutrizione – facendo morire quindi il paziente di fame e di sete – qualora tale richiesta si trovasse nelle DAT.

La disidratazione induce una grave sofferenza con dolori fisici determinati dalle mucose che dopo alcuni giorni letteralmente si “spaccano”. “Un paziente in coma, stato vegetativo o di coscienza minima, che avesse chiesto con le DAT la sospensione dell’idratazione, quasi sicuramente cambierebbe le disposizioni anticipate e richiederebbe l’acqua per bere. Ma non potrà più comunicare di aver cambiato idea, di non voler morire. Si priva il paziente della libertà di vivere”, ha dichiarato Toni Brandi, presidente di ProVita.

Nessuno sa in anticipo come reagirebbe di fronte ad una grave malattia. Moltissime persone cambiano completamente prospettiva quando arriva una grave disabilità, o persino un coma o uno stato vegetativo, nei quali quasi sempre si manifesta un forte desiderio di vivere.

Sara Virgilio, presente con ProVita e uscita da un coma dopo un terribile incidente ha dichiarato:

“Per quanto riguarda la mia esperienza di coma … percepivo tutto ciò che mi accadeva intorno, sentivo anche quello che i medici dicevano … l’unico problema era che non potevo comunicarlo. E il mio timore era che avrebbero potuto staccarmi le macchine, perché io ero alimentata meccanicamente, avevo il sondino naso-gastrico, ed ero idratata. Ma per me, la mia condizione non era un problema; l’unico problema era riuscire a dire agli altri: non ammazzatemi perché io sono viva”.

Un’altra delle tante testimonianze che non appaiono sui grandi media è quella del milanese Max Tresoldi. Max è stato per dieci anni in stato vegetativo. Egli aveva espresso precedentemente la volontà di non voler vivere se si fosse trovato in uno stato di grave menomazione psicofisica. Tuttavia quando si ritrova realmente in quella situazione, la prospettiva cambia radicalmente. Max, immobile in ospedale, incapace di parlare, sentiva gli altri parlare della sua morte ma senza poter intervenire, senza poter avvisare di voler vivere. È stata la madre a strapparlo alla inevitabile decisione dei medici e a farlo invece curare ed assistere per ben dieci anni di stato vegetativo. Oggi Max dice di essere sempre stato felice di vivere e ritiene assurda la sua precedente dichiarazione di voler morire (DAT).

I medici devono curare tenendo in considerazione le volontà del paziente, ma non divenire meri esecutori, vincolati dalle disposizioni anticipate altrui. I medici non possono procurare la morte né con atti né con omissioni, e devono salvaguardare la libertà di vivere.

Perciò una petizione promossa da ProVita contro le DAT ha raccolto quasi 70 mila adesioni in quattro settimane: deve essere respinta la proposta sulle DAT che introduce la figura del medico senza coscienza, tenuto a far morire per disidratazione, con terribili sofferenze, un paziente che si sia privato, tempo prima e senza una conoscenza concreta della malattia, della libertà di vivere.



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16 commenti

  • giorgio ha detto:

    questo è fondamentalismo

  • Raffaele G. ha detto:

    Chi pensa che i DAT siano adottati solo nell’intersse del paziente, è un illuso. Servono solo a far accettare l’esistenza che certe persone è meglio che non vivano, è meglio che muoiano. Si comincia da quelli che scelgono volontariamente questa strada, poi il “gruppo” verrà allargato ….. la storia dell’aborto che è diventato un diritto, dovrebbe essere istruttiva!

  • Raffaele G. ha detto:

    “…..Gli inizi in un primo momento erano solo un sottile cambiamento in risalto l’atteggiamento di base dei medici. E ‘iniziato con l’accettazione di un atteggiamento, di base nel movimento dell’eutanasia, che esiste una cosa come la vita non degna di essere vissuta. Questo atteggiamento nelle sue fasi iniziali si è occupata solo con la grave e malati cronici….”
    http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJM194907142410201#the early change in medical attitudes

  • giorgio ha detto:

    queste sono falsificazioni, illazioni, collegare le DAT ai crimini nazisti, vergognatevi ormai non avete proprio piu argomenti

  • Raffaele G. ha detto:

    Beh, ma è ben diverso il desiderio di un singolo e una legge dello stato che prende atto che alcune vite non sono degne di essere vissute. Inizialmente gli stati iniziano con i volontari terminali e poi spostano il confine sempre più in là. Si sta realizzando quello che vide il prof. Leo Alexander, consulente dell’accusa al processo di Norimberga… Ascolta gli ultimi 20′ della trasmissione di Renzo Puccetti e poi mi dirai…

    http://radiomaria-iframe-webtv.4me.it/playerMobile.html?xcontentId=64d313b5-f247-4f3b-9077-0c45903c0fed&clientId=radiomaria&locale=IT&token=4ff310ec-f827-4a55-8d28-4eacb8d9498a&typeplayerfull=false&v=20160405v1&gaPlayer=UA-44338784-49&date=20160405v1

  • giorgio ha detto:

    non capisco il problema

    uno se è in dubbio mica è obbligato alla DAT: basta che dichiari che vuole essere idratato e alimentato e nessuno glielo impedirà

    se invece uno desidera NON esserlo, SAPENDO CHE CORRE IL RISCHIO DEL RIPENSAMENTO, è libero di farlo, peggio per lui se ci ripensa

    • Raffaele G. ha detto:

      Ti ricordi nel ’78 il referendum sull’aborto? Nessuno parlava di diritto all’aborto allora. Oggi invece viene percepito come diritto a cui lo stato deve adempiere comprimendo sempre più l’obiezione di coscienza dei medici. Con i DAT succederà lo stesso: si stabilirà che una vita non è degna di vivere e da qui parte il piano inclinato. In Belgio i primi furono i malati terminali consenzienti, poi quelli non terminali, poi quelli sofferenti, poi i malati psichici, poi i bambini…. e avanti piano piano verso l’eliminazione dei deboli. Ad un “diritto” di morire corrisponde un dovere per lo stato di adempiere. E di decidere. L’esempio degli altri stato dovrebbe essere illuminante. Guarda u video linkati sopra per credere….

      • giorgio ha detto:

        beh che male c’è? se uno non desidera piu vivere in condiizoni estreme di malattie terminali o fortemente invalidanti etc. non possiamo obbligarlo a tenerlo in vita e se lui sceglie così è giusto e doveroso che lo stato lo aiuti a passare dalla vita terrena in modo dignitoso secondo la sua coscienza. Invece è pura ideologia il voler a tutti i costi far vivere una persona artificialmente o prolingarne le sofferenze per l’IDOLO della sacralità della vita. Ci vuoelun sano, saggio e cristiano realismo in queste cose, non battaglie ideologiche.

        • EquesFidus ha detto:

          C’è di male che la vita è un bene indisponibile, quindi nessuno può disporre della propria vita. Purtroppo, esiste una notevole confusione tra libertà (cioè poter scegliere il bene tra il bene ed il male, non fare ciò che si vuole) e liceità (cioè fare ciò che si vuole). L’eutanasia è una forma di suicidio assolutamente incompatibile con la morale e la Dottrina cattoliche, in quanto è una liceità, non una libertà, essendo intrinsecamente cattiva per l’individuo. Altro discorso l’accanimento terapeutico, verso cui esiste però notevole confusione (tanto che molti confondono “malattia terminale” e “accanimento terapeutico” come sinonimi, quando non è così).

          • giorgio ha detto:

            Ma non tutti sono cattolici e in presenza di varie etiche lo stato può e deve pensare anche a chi ritiene di disporre della sua vita in condizioni estreme, quando questa si riduce a vegetare. I nostri amici valdesi, ad esempio, la pensano diversamente da voi.

          • EquesFidus ha detto:

            A me di quello che pensano i valdesi non interessa; a me interessa la dottrina sociale della Chiesa, promulgata da Leone XIII P.P. Tale dottrina contrappone liceità e libertà; l’eutanasia è una liceità, intrinsecamente cattiva per l’uomo in quanto tale. Ripeto, il tuo è liberalismo, eresia condannata dalla Chiesa già alla fine dell’800.

        • Michele ha detto:

          E non è una battaglia ideologica rendere vincolante una scelta fatta in altre condizioni, solo immaginando cosa possa essere lo stato vegetativo, e neppure ipotizzare che ci possa essere un ripensamento? E non è ideologico pensare che le DAT siano (per i non coscienti) l’equivalente del consenso informato quando quest’ultimo può essere revocato in qualsiasi momento (per le DAT ciò non vale, è come chiudersi in gabbia e gettare la chiave)? E non è ideologico (e stupidamente contraddittorio) pensare l’eutanasia come scelta di libertà quando essa, annullando la vita, elimina la condizione della stessa libertà?

  • Raffaele G. ha detto:

    Il medico senza coscienza. Bella questa immagine che rappresenta bene il funzionario dell’imminente stato totalitario incaricato di far quadrare i cinti della sanità. Con le risorse che le attuali generazioni che vivono di precariato su troveranno a disposizione nella vita da anziani e malati, la risposta dello stato sarà un bella ed economica siringa di cloruro di potassio (30€). Per questi preparano in parlamento l’eutanasia cominciando dai DAT in “certi casi…”