UN’INCHIESTA DELLA GENDARMERIA SUL FINTO OSSERVATORE ROMANO? SPERIAMO CHE SIA UNO SCHERZO ANCHE QUESTO…

11 Febbraio 2017 Pubblicato da

Marco Tosatti

La Gendarmeria vaticana sta indagando. Per scoprire chi ha ideato una falsa prima pagina dell’Osservatore Romano in cui – siamo sempre a Carnevale – si ironizza benevolmente sul silenzio perdurante del Pontefice regnante ai “Dubia” presentati da quattro cardinali sulla comunione ai divorziati risposati il cui primo matrimonio sia ancora valido. Si ipotizza una fronda anti Bergoglio.

La Gendarmeria vaticana! E non dubitiamo che il generale Domenico Giani saprà scovare gli autori di una burla che – siamo sicuri – sarà stata apprezzata anche dal Pontefice, che spesso ha ringraziato Dio per averlo dotato, dice, del senso dell’humour.

Che forse però difetta un po’ altrove. Se c’è un’inchiesta è perché qualcuno ha dato mandato al Generale Giani di iniziarla; per quanto lo conosciamo, da molti anni, da buon militare con pratica sul campo e nei servizi di intelligence, da buon militare agisce come gli viene ordinato.

L’Osservatore finto titolava a nove colonne: “Ha risposto”. E devo dire che un sorriso me lo ha strappato, quando un amico me lo ha inviato qualche giorno fa. Devo dire però che non sono riuscito a vedere in esso nient’altro che il divertissement di qualche persona di spirito, certamente al corrente di tutta la confusione e la divisione che l’esortazione apostolica Amoris Laetitia sta provocando nel mondo cattolico. E non per cattiveria di animo di nessuno, o per odio – ma perché mai? – verso il Papa. Semplicemente perché su un tema delicato e controverso da sempre il documento è ambiguo, checché ne dicano i difensori, e contraddice, non apertamente, ma in maniera obliqua tutto il Magistero precedente e il Catechismo della Chiesa. Che non sono regole dottrinali, ma ciò a cui i cattolici guardano per avere luce.

E’ l’assenza di risposte chiare a domande chiare che provoca tutto ciò, scherzi e buontemponerie comprese. Serve a poco criminalizzare i perplessi e i dubbiosi, come sembrerebbero voler fare certi iperpapisti e certe tricoteuses.

Le inchieste, poi, temo che possano aggiungere solo ridicolo allo scherzo. Quando si arriva ai tribunali, l’immagine del Vaticano ne esce sicuramente male. Ricordiamoci i processi recenti, per materie ben più gravi…Figuriamoci poi per una finta pagina di giornale! Anche perché nel clima attuale, in cui c’è chi dice che siano controllate mail e telefoni, tazebao e video umoristici sono destinati a fiorire. Proprio ieri un’amica americana me ne ha inviato uno, che vi offro qui.

Si intitola Hotel Sanctae Martae.

Per chi non legge l’inglese: si parla di Santa Marta, dei suoi presunti sotterranei, in cui sarebbero rinchiusi “alcuni cavalieri sleali” (Ordine di Malta) e “una manciata di Francescani dell’Immacolata”; ma principalmente “i critici dell’Amoris Laetitia”. Fra cui le intere conferenze episcopali della Polonia e del Kazakistan…E l’arcivescovo Schneider sussurra al protagonista: “Se esci vivo da qui, informa la Fraternità Sacerdotale S.Pio X”, cioè i lefebvriani.

Che facciamo, mandiamo dal Vaticano una rogatoria di arresto negli Stati Uniti?



Questo blog è il seguito naturale di San Pietro e Dintorni, presente su “La Stampa”.  Per chi fosse interessato al lavoro già svolto, ecco il link a San Pietro e Dintorni.

Se volete ricevere i nuovi articoli del blog, scrivete la vostra mail nella finestra a fianco. 

L’articolo vi ha interessato? Condividetelo, se volete, sui social network, usando gli strumenti qui sotto.

Se invece volete aiutare sacerdoti “scomodi” in difficoltà, qui trovate il sito della Società di San Martino di Tours e di San Pio di Pietrelcina.

Condividi i miei articoli:

Libri Marco Tosatti

Tag: , , , , , , , ,

Categoria:

70 commenti

  • enrico ha detto:

    @ Marco

    Lei deve avere una forna mentis particolare, perchè sembra convinto che sia possibile far cambiare opinione al suo interlocutore scrivendo alcuni interventi su un blog.
    Io non ho intenzione di cambiare opinione così come non è sua intenzione cambiarla.
    Nè lei aveva altra opinione, sembra, quando la congregazione della fede aveva dato risposta negativa a Kasper nel 1994 sul medesimo quesito.
    Quindi vede che si agita per nulla.
    Io so che scrivo per me stesso, e lei?
    Ora con il dovuto rispetto, la mia opinione è che chi sta giocando con la salvezza dei divorziati risposati non siano i cosidetti “tradizionalisti” ma proprio coloro che vogliono cambiare la risposta che era stata data da Ratzinger nel 1994.
    i ragionamento che lei propone sono chiari e portano a questo:

    “Se io che sono sposato ho uno sbandamento, faccio un figlio con un’altra donna, che poi non sente ragioni quando ritorno in possesso delle mie facoltà mentali, allora per crescere ed educare questo figlio, se mi rendo conto che è sbagliato, ma non posso senza ulteriore colpa abbandonare a se stessa lei ed il figlio, devo vivere anche con lei more uxorio magari allargando la famiglia?”

    Con tutto il dovuto rispetto io non credo prorio che Gesù accetterebbe questa scusa se io di fronte a Lui gli dovessi raccontare una cosa del genere.
    Sembra inoltre che per lei, e a questo punto altri come lei, ricevere una assoluzione o un lascia condotto di un qualche tipo con successivo accesso all’eucarestia, sia una garanzia del proprio stato di grazia e della salvezza della propria anima, mentre non riceverla sia la garanzia del contrario.
    Il che inevitabilmente rende il tutto di un sapore piuttosto pelagiano e moralistico.
    Buoni da una parte, cattivi dall’altra.

    • Marco ha detto:

      @Enrico

      “Se io che sono sposato ho uno sbandamento, faccio un figlio con un’altra donna, che poi non sente ragioni quando ritorno in possesso delle mie facoltà mentali, allora per crescere ed educare questo figlio, se mi rendo conto che è sbagliato, ma non posso senza ulteriore colpa abbandonare a se stessa lei ed il figlio, devo vivere anche con lei more uxorio magari allargando la famiglia?”

      Con tutto il dovuto rispetto io non credo prorio che Gesù accetterebbe questa scusa se io di fronte a Lui gli dovessi raccontare una cosa del genere.”

      Allora in questo caso è la Chiesa che sbaglia, perché è la Chiesa ad avere definito che le circostanze attenuanti limitano la responsabilità del peccatore sgravando la sua anima dalla colpa mortale.

      Se la Chiesa avesse sbagliato in questo allora chi ci dice che non abbia sbagliato anche su Gesù?

      Come vede contrapporre Gesù e la Chiesa è pericolosissimo.

      Se uno non è libero di agire diversamente la sua colpa non è mortale punto, perché manca uno dei requisiti perché il suo peccato sia mortale.

      Questo dice la dottrina della Chiesa, che per promessa di Cristo è indefettibile in tema di Fede e di costumi.

      Non voglio farle camniare idea, vorrei solo che accettasse la legittimità di Al, che non è eretica.

      Riguardo a questo

      “Sembra inoltre che per lei, e a questo punto altri come lei, ricevere una assoluzione o un lascia condotto di un qualche tipo con successivo accesso all’eucarestia, sia una garanzia del proprio stato di grazia e della salvezza della propria anima, mentre non riceverla sia la garanzia del contrario.”

      Dopo che si è stati assolti si sa che si è in Grazia, semplicemente Al permette di trattare queste persone (i divorziati risposati) come gli altri peccatori, senza escluderle per principio.

      Semmai Al quindi nega che queste persone siano in stato costante di peccato mortale e afferma che possono essere in Grazia nonostante il loro oggettivo peccato grave, invitando gli altri fedeli a non considerarli dei reietti.

      Per la garanzia di salvezza della propria anima Gesù ci ha dato devozioni potenti come i nove venerdì del Sacro Cuore e la Coroncina della Divina Misericordia e le orazioni di Santa Brigida (tutte devozioni a cui Cristo ha legato la promessa della perseveranza finale) che andrebbero, specie le ultime due (la Coroncina e le orazioni) fatte conoscere a chi, per un motivo o per l’altro, non può ricevere i Sacramenti.

  • Giuseppe Marson ha detto:

    http://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/02/gesu-risponde-ai-dubia-causa-finita/

    Che Dio lo voglia, perché sul Sacramento-Matrimonio, la Santa Chiesa ha sempre parlato chiaro prima di A.L. Per totale obbedienza e incondizionata fiducia in Gesù- Misericordia.
    L’indissolubilità prima che norma è Sacramento stesso.
    E come ogni Sacramento è oggettivo e immutabile.
    Il Santo Padre lo sa bene ed è per questo che non vi è scritto una sola volta che si può concedere la Santa Comunione ai divorziati risposati.
    che qualche confessore prima di A.L. già operava un discernimento che permetteva al penitente di ricevere il Corpo e Sangue di Cristo, lo si sa.
    Costui ne risponderà personalmente quando sarà faccia a faccia davanti a Dio che lo giudicherà.
    Ma perché impegnare tutta Santa Chiesa che è di Cristo e non del Papa regnante ?
    Oltretutto a mio modesto pare in modo poco chiaro cioè affidato a delle note.
    Inoltre A.L. Note comprese è un atto del Magistero del Santo Padre soggetto alla sua infallibilità ?
    Sempre dal io modesto punto di vista è bene ricordare che non ci sono in lotta due fazioni modernisti da una parte e conservatori dall’ altra, ma domande poste per la Verità .
    La Dottrina e i Comandamenti non sono astratte formule dottrinali, ma sono per ogni donna e per ogni uomo, per essere liberamente figli del Creatore che desidera la loro felicità , che consiste nel tendere ad essere sempre più a Sua immagine e somiglianza.
    Per cui sarebbe bene per la S. Chiesa evitare le offese in primis al Santo Padre e anche le offese e le umiliazioni a cui sono stati e sono sottoposti quei Cardinalie Vescovi che pubblicamente hanno chiesto e chiedono chiarezza per il bene di tutto il popolo di Dio.
    Con molta franchezza, ritengo ingiusto per rispetto del Dott. Tosatti, del suo prezioso lavoro e della sua pazienza verso tutti coloro che commentano su questo blog, trascendere ed offendere chiunque a cominciare dal Papa.
    Un conto è la libertà di pensiero, un conto l’ironia e il buon umore, doni importanti che il Signore ci fatto, altro sono le offese e gli insulti gratuiti .

  • Alfonso Aliberti ha detto:

    “Ubi humilitas, ibi sapientia” ottimo adagio, come pure “Semplicità è sguardo chiaro sull’essenziale” e “Sapienza è dire il vero” . Nella tormenta nevosa antartica dei commenti precedenti, confesso, ho temuto di aver perso la virtù del senno. A mia consolazione ho riletto, e riporto, questo brano tratto dall’ “Elogio della follia” di Erasmo da Rotterdam. E’ una critica ai teologi di ogni tempo, ma qui vale a maggior ragione per chi ne vuol fare le veci: “Tutti riconoscono ai teologi il diritto di manipolare il cielo, ossia le Sacre Scritture, tirandole in qua e in là come un elastico, tanto è vero che in san Paolo entrano in conraddizione parole della Scrittura che nel sacro testo non sono affatto in contrasto (almeno se vogliamo prestare fede a san Girolamo, che sapeva ben cinque lingue). ” “Penso che questi … teologi … sopprimendo qua e là quattro o cinque parolette e, all’occorrenza, anche alterandole, le adattino ai loro scopi. Poco importa, poi, se le parole che precedono o quelle che seguono non c’entrano per nulla o, addirittura, sono in contrasto. Lo fanno con tale un’impudenza, che spesso i giureconsulti sono tratti a invidiare i teologi”.

  • Il copincollista tifoso del San Lorenzo de Almagro (e del suo famoso tifoso) spadroneggia alla grande.
    Lo biasimo, certo…
    (però, per certi versi lo compatisco: anche io sono un adoratore del Grandissimo, Immenso e Ineguagliabile, Inimitabile, Impareggiabile, Inarrivabile, divino argentino …
    ah dimenticavo, parlo de “El Pibe de Oro”, Diego Armando Maradona) 🙂 🙂 🙂

  • flora ha detto:

    Caro Marco, ci possiamo arrampicare sugli specchi, ma chissà quanti specchi ci siano in paradiso! Se lo immagina il Giudizio, davanti all’Altissimo, con una serie di codici e codicilli, rimandi, allegati ecc.ecc.? Meglio entrare in cielo con un occhio solo, con una mano sola che con tutte e due nella geenna.

  • enrico ha detto:

    @ Marco

    Può rispondere cortesemente a questi miei 4 dubbi.
    Lei è molto preparato.
    Le faccio notare che il Cardinal Coccopalmerio, nel brano che lei ha proposto su uccr, non chiama in causa l’ignoranza invincibile bensì condizioni che limitano la libertà di compiere scelte diverse da quella di rimanere nella condizione in cui mi trovo.
    E per questo ho posto questi quesiti.
    Io la prendo sul serio, quindi può rispondermi seriamente se vuole.

    • Marco ha detto:

      Io ho già risposto a tutto, legga le mie risposte sopra e mi dica cosa necessita di ulteriore chiarezza, nel caso.

      E il Cardinale Coccopalmerio si è certsmente concentrato di più sulle condizioni che coartano la libertà, ovvero il deliberato consenso, ma ha parlato anche della mancanza di piena avvertenza, scrivendo (cito sempre il Cardinale)

      ” B) “Avere grande difficoltà nel comprendere i valori insiti nella norma morale”. Quindi la conoscenza della norma e però nello stesso tempo LA INCAPACITÀ DI RITENERLA COME BUONA. Pertanto la non colpevolezza nel caso di infrazione della norma. E, in realtà, IL FATTO CHE UNA PERSONA NON CONOSCA CHE UNA CERTA NORMA È BUONA EQUIVALE ALLA NON CONOSCENZA DELLA NORMA STESSA”

      Questa può essere ignoranza invincibile, cioè dove la coscienza non cessa di essere retta pur essendo contro la norma.
      Li il Cardinale commentava Amoris Laetitia 301 che dice ” La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. UN SOGGETTO, PUR CONOSCENDO BENE LA NORMA, PUÒ AVERE GRANDE DIFFICOLTÀ NEL COMPRENDERE “VALORI INSITI NELLA NORMA MORALE” 339] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. ”

      È la tradizionale distinzione tra cognitio conceptualis (conoscenza meramente intellettuale della norma) e cognitio aestimativa (la comprensione della norma e dei suoi valori morali, l’essere capaci di percepire la peccaminosità di un atto senza più vederlo “sub specie boni”), affermando che dove manca la seconda in realtà manca anche la prima e non si può parlare di piena avvertenza.

      • enrico ha detto:

        @ Marco

        Io la sto seguendo volentieri.
        Ma dopo questo intervento mi fermo per un pò.
        Ripreso l’intervento del cardinal Coccopalmerio, posto che le donne che fanno un aborto difficilmente hanno la piena percezione di compiere un omicidio, tant’è che non tutte ucciderebbero i loro figli, fanno male i cattolici che spiegano come il bambino che cresce in loro sia una persona, perchè le portano di fatto da una situazione di peccato formale ad una di peccato materiale.
        Dunque sarebbe bene evitare di catechizzare queste persone lasciandole almeno nella loro ignoranza invincibile.

        • Marco ha detto:

          Paragone insensato, infatti non esiste lo “stato di aborto” o “stato di omicidio”, invece esiste lo stato di adulterio (divorziati risposati) e stato di scisma ed eresia (cristiani ortodossi).

          Inoltre l’aborto è la distruzione di una vita innocente.

          Il paragone non regge.

          Altrimenti dovremmo portarlo all’estremo e dire che i confessori che applicano l’epicheia coi ragazzini che si masturbano o hanno rapporti prematrimoniali commettono possono fare altrettanto con chi abortisce.

          Cerchiamo di non perdere il senso della realtà.

          • enrico ha detto:

            @ Marco

            Cioè lei mi sta dicendo che è bene che i confessori non informino i ragazzi che masturbarsi è peccato e che i rapporti prematrimoniali lo sono anche?
            Esponendo nel secondo caso questi ragazzi alla possibilità di una paternità/maternità fuori dal matrimonio, con i rischi che questo comporta, o magari consigliandoli metodi anticoncezionali?

          • Marco ha detto:

            Sto semplicemente dicendo che la pastorale della Chiesa su quelle questioni non è più severa come nel Medioevo, dove ci si sposava a 18 anni.

            Per una semplice ragione: la Chiesa sa che il 99% delle persone non resterà vergine fino a 35 anni (età in cui oggi si mette su famiglia), perchè non tutti hanno la capacità di vivere una tale condizione innaturale (l’illibatezza fino a 30 anni e oltre non è naturale).

            Nel Medioevo le cose erano diverse, perché si metteva su famiglia pochissimi anni dopo lo sviluppo e quindi era tutto diverso.

            Oggi molti diventano padri tra i 35 e i 40 anni.

            Sono due situazioni “leggermente” diverse, per cui non si può usare la stessa severità del passato.

          • Marco ha detto:

            E torniamo sempre al discorso della differenza tra la dottrina astratta e la situazione concreta degli uomini a cui va applicata; se la Chiesa non tenesse conto della situazione concreta delle persone e applicasse la dottrina sine glossa sempre e comunque, di fatto su un miliardo e passa di cattolici forse in stato di Grazia potrebbero essercene 1000 ad essere generosi.

          • enrico ha detto:

            @ Marco

            Caro Marco.
            esiste la confessione.

          • Dolce Gabbiano ha detto:

            Esatto la Confessione. Cioè la Grazia.
            Si devono rendere consapevoli i giovani di Peccato e Grazia, e quindi dell’Amore,
            non trasformare con artifici il peccato mortale in veniale.
            Se è difficile, col presupposto assolutamente necessario di volersi veramente convertire, si cammina insieme con Misericordia verso la Verità, e non per via della misericordia si fa diventare la Verità menzogna.

          • Marco ha detto:

            Certo, infatti l’epicheia, quando viene applicata, viene applicata dal Confessore. L’epicheia è decidere di esonerare una persona da una norma dove si prevedesse che, imponendogliela come obbligo, questa passerebbe a peccare formalmente.

            Cito Sant’Alfonso http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P2RD.HTM

            “se IL CONFESSORE PRUDENTEMENTE GIUDICA CHE L’AMMONIZIONE SIA PER NOCERE AL PENITENTE, ALLODA DEVE FARNE A MENO E LASCIARE IL PENITENTE NELLA SUA BUONA FEDE; ED IN CIÒ S’ACCORDANO ANCHE GLI AUTORI PIÙ RIGIDI”.

            È per questo che la Chiesa oggi è meno rigorista su certe questioni, rispetto al passato; perché sa che, se facesse come nel Medioevo e imponesse certe norme con lo stesso rigore di quei tempi, de facto renderebbe quasi impossibile ai cattolici il vivere in Grazia.

            E ti ricordo che, quando si è in peccato mortale (ripeto: mortale, non facciamo confusione col peccato grave materiale) se il penitente non ha il fermo proposito di non peccare più la confessione è invalida.

            Ecco perché l’epicheia può essere necessaria per il bene delle anime.

            Nel caso degli atti sessuali l’epicheia non viene applicata ad essi, ma alla persona, perché l’epicheia non può essere applicata ai precetti morali negativi che “per se” obbligano semper et pro semper.

            Può però, per l’appunto, essere applicata al penitente dove si preveda che passerebbe a peccare mortalmente.

          • Dolce Gabbiano ha detto:

            @Marco
            Valorizzare l’adulterio citando (male) san Tommaso di Luisella Scrosati

            San Tommaso d’Aquino
            Dopo la pubblicazione dell’Enciclica Familiaris Consortio (1981), come anche della Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati del 1994, da più parti si invocò il principio di epicheia per “bypassare” il divieto, ivi presente, relativamente all’ammissione ai sacramenti dei divorziati-risposati, appoggiandosi sul fatto che i casi particolari non possono essere semplicemente dedotti da leggi universali.

            Secondo i contestatori, le posizioni espresse in tali documenti – come per altro quelle chiaramente insegnate da Veritatis Splendor – rappresenterebbero una visione troppo legalista della vita cristiana, che non terrebbe conto della complessità delle situazioni né della misericordia. Analoghe osservazioni le abbiamo udite a più riprese dalle parole del cardinal Kasper, il quale si appellava ad una visione più ampia, più attenta alle situazioni concrete delle persone, più misericordiosa, e in tale contesto il cardinale tedesco ritornava ad indicare nel principio di epicheia la strada da percorrere. Si tratta di considerazioni attraenti, perché ciascuno di noi sente di condividere profondamente una prospettiva che non pone l’uomo per la legge, ma la legge per l’uomo. Nello stesso tempo però bisogna uscire dalla dinamica propria degli slogan e vedere come effettivamente stiano le cose.

            Il documento del 1994 della Congregazione della Dottrina della Fede che stabilisce che «la struttura dell’Esortazione [Familiaris Consortio § 84, relativamente all’impossibilità dell’ammissione all’Eucaristia dei divorziati-risposati che vivono more uxorio, n.d.a.] e il tenore delle sue parole fanno capire chiaramente che tale prassi, presentata come vincolante, non può essere modificata in base alle differenti situazioni», non può essere derubricato facilmente ad opinione né può essere con leggerezza bollato come un’interpretazione legalista e farisaica della morale.
            In Amoris Laetitia, specialmente nel capitolo ottavo (Accompagnare, discernere e integrare la fragilità), sembrano riecheggiare le stesse argomentazioni del cardinal Kasper del 20 febbraio 2014. In particolare vale la pena soffermarsi sull’utilizzo problematico del principio di epicheia. Prendiamo il § 304: «È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano». Quindi il Papa prega di rileggere una considerazione di San Tommaso (Summa Theologiae I-II, q. 94, art. 4.), che richiama indirettamente l’epicheia, poi ripresa dal Papa in questi termini: «È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma. Questo non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con speciale attenzione».
            Ma cos’è la tanto invocata epicheia? Essa è una virtù che permette di vivere secondo il bene indicato e protetto dalla legge, laddove questa risulti difettosa a motivo della sua universalità. La legge è infatti per definizione universale: essa punta al bene comune, senza poter tener presente tutta la casistica immaginabile. Possono perciò presentarsi situazioni non previste dal legislatore, nelle quali, per mantenersi fedeli alla mens della legge (che è il bene), sia necessario agire contrariamente alla sua lettera.
            San Tommaso stesso fa un esempio semplice, ma molto chiaro: «La legge stabilisce che la roba lasciata in deposito venga restituita, poiché ciò è giusto nella maggior parte dei casi; capita però talvolta che sia nocivo: p. es., se chi richiede la spada è un pazzo furioso fuori di sé, oppure se uno la richiede per combattere contro la patria» (Summa Theologiae, II-II, q. 120, a. 1). È chiaro: per conseguire il bene comune promosso dalla legge, in questo caso si deve necessariamente contravvenire alla sua applicazione letterale. San Tommaso esplicita: «se nasce un caso in cui l’osservanza della legge è dannosa al bene comune, allora essa non va osservata» (Summa Theologiae, I-II, q. 96, a. 6).
            Da quanto detto, seppur necessariamente in breve, risulta chiaro che l’epicheia:

            1. non è un’eccezione alla legge, né la tolleranza di un male, né un compromesso: essa è invece principio di una scelta oggettivamente buona ed è la perfezione della giustizia;
            2. è una virtù che entra in gioco solo quando l’applicazione della lettera della legge fosse nociva al bene oggettivo e non quando l’osservanza della legge risultasse in alcuni casi difficoltosa o esigente;
            3. riguarda solo il caso concreto, che, a motivo dell’universalità della legge, non è stato possibile prevedere nella norma e non può perciò derogare ad altri casi particolari già previsti dal legislatore.
            4. ultimo e più importante: vi sono norme morali – chiamate assoluti morali – che per la loro propria natura non ammettono eccezioni di sorta; si tratta cioè di norme la cui trasgressione letterale non può mai raggiungere il fine della legge stessa, cioè il bene, e per questo motivo non può mai essere ammessa. In questi casi il principio di epicheia non avrebbe senso, perché nella trasgressione della lettera della legge verrebbe inscindibilmente trasgredito anche il bene morale. Si tratta di quegli atti che la tradizione morale della Chiesa definisce intrinsece malum: «Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un’intenzione buona o circostanze particolari possono attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti “irrimediabilmente” cattivi, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona: “Quanto agli atti che sono per se stessi dei peccati (cum iam opera ipsa peccata sunt) — scrive sant’Agostino —, come il furto, la fornicazione, la bestemmia, o altri atti simili, chi oserebbe affermare che, compiendoli per buoni motivi (causis bonis), non sarebbero più peccati o, conclusione ancora più assurda, che sarebbero peccati giustificati?”» (Veritatis Splendor, § 81).
            È piuttosto singolare che nel testo dell’Esortazione si richiami solo questo articolo di San Tommaso, omettendo altri passi in cui l’Aquinate spiega bene l’esistenza degli assoluti morali e dell’impossibilità, in questo ambito, di ricorrere al principio di epicheia. Nel Commento alla Lettera ai Romani (c. 13, l. 2), per esempio, Tommaso si chiede per quale motivo San Paolo, in Rm. 13, 9, riporti solo i precetti negativi della seconda tavola della legge mosaica, quella relativa ai precetti verso il prossimo, omettendo però il comandamento “onora il padre e la madre”, e risponde: «Perché i precetti negativi sono più universali quanto alle situazioni… perché i precetti negativi obbligano semper ad semper (sempre e in ogni circostanza). In nessuna circostanza infatti si deve rubare o commettere adulterio. I precetti affermativi invece obbligano semper, ma non ad semper, ma a seconda del luogo e della circostanza». Nella stessa Summa Theologiae, poco oltre l’articolo citato nell’Esortazione, Tommaso spiega perché riguardo agli assoluti morali non si può ricorrere all’epicheia: «La dispensa di una legge è doverosa quando capita un caso particolare in cui l’osservanza letterale verrebbe a contrastare con l’intenzione del legislatore. Ora, l’intenzione di qualsiasi legislatore è ordinata in primo luogo e principalmente al bene comune, e in secondo luogo al buon ordine della giustizia e dell’onestà, nel quale va conservato o perseguito il bene comune. Se quindi si danno dei precetti che implicano la conservazione stessa del bene comune, oppure l’ordine stesso della giustizia e dell’onestà, tali precetti contengono l’intenzione stessa del legislatore: quindi non ammettono dispensa» (Summa Theologiae, I-II, q. 100, a. 8).
            Ancora, in un altro passo, Tommaso spiega che «propriamente l’epicheia corrisponde alla giustizia legale» (Summa Theologiae, II-II, q. 120, a. 2, ad. 1) e non può quindi essere presa in considerazione nell’ambito della legge naturale, essendo sì superiore alla giustizia legale, ma «non è superiore a qualsiasi giustizia» (Ivi, ad. 2).
            Occorre fare attenzione anche a tirare in ballo la virtù della prudenza, come se questa fosse una virtù che abilita a trovare eccezioni: «Nel caso dei precetti morali positivi, la prudenza ha sempre il compito di verificarne la pertinenza in una determinata situazione, per esempio tenendo conto di altri doveri forse più importanti o urgenti. Ma i precetti morali negativi, cioè quelli che proibiscono alcuni atti o comportamenti concreti come intrinsecamente cattivi, non ammettono alcuna legittima eccezione; essi non lasciano alcuno spazio moralmente accettabile per la “creatività” di una qualche determinazione contraria. Una volta riconosciuta in concreto la specie morale di un’azione proibita da una regola universale, il solo atto moralmente buono è quello di obbedire alla legge morale e di astenersi dall’azione che essa proibisce» (VS 67). È il principio che ha portato molti al martirio, piuttosto che commettere un male.
            Perché? Perché la prudenza non concretizza la norma universale adattandola ai casi particolari, ma è quella virtù che guida l’azione concreta perché raggiunga il bene che le è proprio. La prudenza, in certo qual modo, “riconosce” nell’azione concreta il bene da conseguire, quel bene che è indicato dalla legge, e quindi lo persegue.
            Nel nostro caso, l’atto morale di avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio rientra sempre nella specie morale dell’adulterio o della fornicazione. Non esistono situazioni o circostanze che possano modificarne la specie morale. Come scriveva vent’anni fa il prof. Angel Rodriguez Luño, «non è esatto dire che queste azioni sono in sé cattive indipendentemente dal loro contesto [perché altrimenti, in questo caso, sarebbe legittima l’accusa di astrattismo e legalismo, n.d.a], perché in realtà sono azioni che portano con sé e inseparabilmente un contesto» (Acta Philosophica, 5(1996), fasc. 1, p.72).
            Una relazione di tipo sessuale ha intrinsecamente legata la dimensione donativa e procreativa e dunque essa richiede il contesto matrimoniale. Se si inizia ad ipotizzare che, nella situazione di divorziati-risposati, «molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, “non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli”» (Amoris Laetitia, nota 329), allora si opera un’inversione clamorosa e non si capisce più il senso della legge morale. Se io autorizzo a pensare che in certe situazioni, per un fine buono, l’adulterio perde la sua connotazione malvagia, sto facendo implicitamente questo ragionamento: 1) principio generale: l’atto sessuale è un male; 2) applicazione concreta: il matrimonio è l’unica eccezione riconosciuta in cui l’atto sessuale non sia un male; 3) potrebbero darsi altre situazioni concrete in cui l’atto sessuale non sia un male.
            Invece la posizione corretta è la seguente: 1) l’esercizio della sessualità è un bene che significa intrinsecamente la donazione nuziale; 2) l’esercizio della sessualità in un contesto non matrimoniale contraddice l’intrinseco significato dell’atto; 3) perciò, l’adulterio e la fornicazione sono semper et pro semper intrinsecamente cattive.
            Ecco perché non ha senso invocare l’epicheia e la virtù di prudenza, perché sarebbe come dire che in certi casi, si possa ammettere un po’ di ingiustizia, un po’ di lussuria, etc. Ed ecco perché la strada della ricerca delle eccezioni rivela in realtà un impianto morale di fondo molto legalistico (che paradossalmente è proprio quello che si voleva respingere!) che non parte dall’equazione bene-legge morale, ma da una visione della legge morale come limite. Perciò appare – falsamente – come un atto di misericordia quella di ricercare delle situazioni in cui liberare le persone da una legge morale che sarebbe per loro oppressiva.
            A quanti sono divorziati-risposati e non possono per gravi motivi separarsi, la continenza non è un traguardo lodevole, ma è l’unica modalità per conseguire il proprio bene ed il bene della persona con cui si convive.

          • Marco ha detto:

            Quell’articolo conferma ciò che ho detto. Io ho detto che l’epicheia in questi casi non può essere applicata al precetto, ma che viene applicata alla persona e basta.

            Cioè il Confessore sa che, imponendo la norma, metterebbe la persona in condizione di dannarsi a causa della sua cattiva volontà e quindi applica l’epicheia (di nuovo, non sulla norma morale assoluta, ma solo alla persona).

            Esattamente come il riconoscere che una persona non abbia la possibilità di agire diversamente (mancanza di libertà e deliberato consenso) o piena avvertenza sgrava dal peccato mortale non perché la norma morale non obblighi più per se stessa, ma perché la situazione in cui è il penitente lo sgrava dall’imputabilità.

          • Marco ha detto:

            Riguardo a questo

            “Invece la posizione corretta è la seguente: 1) l’esercizio della sessualità è un bene che significa intrinsecamente la donazione nuziale; 2) l’esercizio della sessualità in un contesto non matrimoniale contraddice l’intrinseco significato dell’atto; 3) perciò, l’adulterio e la fornicazione sono semper et pro semper intrinsecamente cattive.”

            Confermo, è proprio così e l’ho ripetuto molte volte.

            Adulterio e fornicazione sono atti intrinsecamente malvagi, cioè sono atti che in se non sono mai giustificati dalle circostanze o intenzioni.

            Ma questo non ha nulla a che vedere con l’imputabilità di chi commette l’azione, che può essere ridotta o anche nullificata.

            Un padre che si trova di fronte alla certezza che, se non calunnia quella determinata persona innocente, suo figlio verrà torturato e morirà, nel 100% dei casi questo padre sceglierà di calunniare quella persona innocente, rovinandola, pur di salvare la vita del figlio.

            Un padre farebbe anche di molto peggio per salvare la vita del figlio, ho scelto la calunnia per fare un esempio.

            Ora, tale calunnia forse viene giustificata dal fatto che il padre l’abbia detta per salvare il figlio e che si è trovato costretto a commettere tale atto per la sua salvezza?

            Ovviamente no.

            La calunnia è intrinsecamente malvagia e rimane sempre tale. L’unica cosa che cambia, in questo caso, è l’imputabilità del calunniatore, che nella fattispecie è ridottissima o nulla, essendosi trovato costretto a commettere tale atto per la salvezza di suo figlio.

            Gli atti intrinsecamente malvagi quindi, come ricorda correttamente l’articolo da lei citato, sono sempre intrinsecamente gravi, sono sempre materia grave (una delle tre condizioni del peccato mortale).

            Tuttavia da questo non si può inferire, come spiega bene l’esempio sopra della calunnia, che chi commette un atto intrinsecamente malvagio, anche reiterato nel tempo, sia colpevole di colpa mortale e a rischio di dannazione.

            Come un padre, infatti, può essere tenuto “sotto ricatto” perché calunni delle persone (ipotizziamo che questo padre sia una persona influente, con potere) nell’arco di cinque anni, rovinando loro la vita perché altrimenti suo figlio viene torturato e ucciso dai rapitori che lo tengono in ostaggio, allo stesso modo un adultero può trovarsi nella condizione di non poter uscire dalla sua condizione di peccato senza una nuova colpa (ad esempio la distruzione della famiglia).

            In entrambi i casi siamo di fronte ad atti intrinsecamente malvagi.

            In entrambi i casi, i peccatori che mettono in atto questi atti intrinsecamente malvagi non possono essere imputabili di peccato mortale.

    • Antonio Radeghieri ha detto:

      La sostanza è questa.
      “Si deve fare il male per il bene dei figli.”
      Se hai figli sia nel matrimonio che nell’adulterio dovrai per forza compiere una scelta, abbandonando il letto di una delle madri e quindi commettendo una nuova colpa, nuova colpa attenuata a sua volta dal fatto che puoi sceglierene solo una.
      Oppure puoi separarti da entrambe, commettendo due colpe verso i figli di entrambe le relazioni.
      Ovviamente entrambe vere non in virtù del sacramento, ma in virtù della prole.

      Le implicazioni sono talmente tante che sottoposta a dieci sacerdoti diversi, diventano dieci soluzioni diverse e sicuramente anche contraddittorie.
      In caso venga scelto il rapporto adulterino, ed in ogni altro caso di adulterio, non c’è testimonianza di fede in Cristo.
      I figli si possono tirare su anche da separati. Il Signore dà la grazia per tirare su bene i figli anche in queste condizioni tanto più se lo fai per testimoniare la fede in Lui e per evitare il peccato mortale (per 2015 anni a partire da Gesù, tale era considerato l’adulterio dai Cattolici).

      Incredibile a dirsi ma il grande scacco alle parole chiarissime di Gesù ed al Matrimonio, è stato inferto cambiando una parola, piccola, tenera.
      Il matrimonio è un ” ideale “.
      Ecco sganciata la bomba.
      Non è sacramento, non è dono.
      Non è Cristologico, ma antropologico (grazie Rahner), non è istituito ad immagine fondante del rapporto sponsale ed indissolubile fra Cristo e la Chiesa, è un cammino verso una meta praticamente quasi impossibile da raggiungere, quindi facciamo come si può ed in definitiva come si vuole . Questo è non far lavorare la grazia e non neppure credere alla grazia.

      Come se Dio, dopo il battesimo, non ci avesse messo dentro l’ovile santo e attraverso i comandamenti posto un limite per non uscirne,
      ma come se Egli, dopo il battesimo, ci avesse lasciato fuori, ponendo i comandamenti come limite per non farci entrare, quindi l’ingresso nell’ovile è un ideale impossibile da realizzare in virtù degli stessi comandamenti.

      Il caso degli orientali non è equiparabile, si trovano a nascere, crescere, essere educati in una fede, in una cultura, in una nazione che è ortodossa, non sono ortodossi per una scelta iniziale consapevole, ma perché parte di una gerarchia e di una nazione, in conseguenza di un popolo che ha scelto per loro. Hanno scelto quello che hanno trovato ed in cui tutti credevano.
      Non si sono neanche posti il problema. Questo si può invece paragonare non a un matrimonio valido, ma a un matrimonio nullo.

      È un vero peccato che decine di Cardinali, centinaia di Vescovi, e migliaia di Sacerdoti in tutto il mondo non capiscano, quel che per alcuni qui è semplice e matematico.
      Evidentemente oltre a essere privi della grazia di stato, non conoscano bene, come certi commentisti, Concili, catechismo e documenti.
      Dovrebbero venire a ripetizione in questo sito.

      • Luigi ha detto:

        Antonio,
        commento impeccabile.

        • enrico ha detto:

          @ Luigi

          Senza un’importante preparazione teologica, ho provato ad indicare alcune situazioni che questa apertura porterebbe a considerare buone.
          Mi pare che si arriverebbe un pò dovunque, con un pò di fantasia

          • Marco ha detto:

            @Enrico

            “Senza un’importante preparazione teologica, ho provato ad indicare alcune situazioni che questa apertura porterebbe a considerare buone.”

            E con questo purtroppo dimostra di non aver capito quello che ho cercato di spiegarle: non esiste nessuna situazione o circostanza che possa giustificare una situazione e un atto intrinsecamente malvagio.

            Anche Al infatti chiama la situazione dei divorziati risposati “situazione OGGETTIVA di peccato” (cfr Al 305).

            L’apertura si focalizza solo sull’I-M-P-U-T-A-B-I-L-I-T-À della persona che vive in situazione di peccato, che può essere piena (peccato mortale), ridotta (peccato veniale) e in rari casi perfino nulla.

            Se non capiamo questo punto, che è di vitale importanza, non ci muoviamo.

        • enrico ha detto:

          @ Luigi

          C’è un’altra parte nel ragionamento di Marco che mi è piuttosto oscura.
          Sembra voler appellarsi, per giustificare questa svolta, al fatto che se applicata la dottrina, molte confessioni risulterebbero invalide, mancando il fermo proponimento.
          Questo porterebbe al paradosso che una volta confessato un peccato, se il penitente ci ricadesse, starebbe a significare che il proponimento non era reale.
          Il ragionamento sembra non tenere in considerazione la tentazione a cui tutti siamo sottoposti.
          Non capisco perchè in questi casi non possa essere applicato semplicemente, quanto già si applica per ogni cattolico, cioè la confessione dei peccati gravi per poter accedere all’eucarestia, con il proponimento di non peccare più.

          • Luigi ha detto:

            Caro Antonio,
            l’impressione che ne ho, e i chilometri di mail sembrano confermarla, è che il tentivo di scavalcare il presunto “legalismo” (quello dei “rigidi” dottori della legge e quant’altro, di bergogliana memoria) sembra risolversi in modo quanto mai evidente e dispettoso nel suo esatto contrario, vale a dire in un legalismo di segno opposto, questo si’ davvero pedante ed asfissiante in tutte le sue incalcolabili possibilità di applicazione concreta.
            Il tentativo di dribblare il SI-SI/NO-NO, troppo “preistorico” e impraticabile per noi (evoluti e navigati uomini del secondo millennio che vorremmo una Verità altrettanto evoluta e navigata, reinterpretata per le molteplici situazioni della vita… “grazie Rahner!”) si risolve in un inverosimile quanto tragicomico (se non fosse che non c’è proprio nulla da ridere) patchwork di situazioni in cui la realtà supera la fantasia, in un circolo vizioso virtualmente illimitato (se dovessimo includervi pure gli “ingredienti” dell’idiozia gender o ascrivibili ai “nuovi diritti”, a totale distruzione dell’istituto familiare) e dai contorni davvero diabolici.
            Quando all’ordine si viene a sostituire il caos, anche le situazioni si fanno caotiche di conseguenza. Negarne l’esistenza sarebbe come nascondere la testa a mo’ di struzzo, ma la troppa misericordia (il misericordismo, meglio) e la sua applicazione sistematica non fa che buttare benzina sul fuoco.
            Nessuno nega ed ha mai negato misericordia e discernimento (nel confessionale che si è fatto finora ?), diverso è farne un uso ideologico (= ”i tempi sono cambiati, è tempo di aria nuova”)
            Una verità che si adatta al caos non è Verità, ma è disordine essa stessa.
            La confusione che viviamo oggi ne è la prova.

          • Luigi ha detto:

            scusa, intendevo Enrico

          • Marco ha detto:

            @Enrico

            “Sembra voler appellarsi, per giustificare questa svolta, al fatto che se applicata la dottrina, molte confessioni risulterebbero invalide, mancando il fermo proponimento.
            Questo porterebbe al paradosso che una volta confessato un peccato, se il penitente ci ricadesse, starebbe a significare che il proponimento non era reale.”

            E infatti è così. Nessuno che abbia un REALE proponimento di non peccare più continuerà sistematicamente a commettere lo stesso peccato.

            Lei assolverebbe, ad esempio, un abortista che settimanalmente pratica degli aborti nonostante avesse promesso di non farlo più? Penso di no.

            Il fatto che lei ammetta, come scrive di seguito

            “Il ragionamento sembra non tenere in considerazione la tentazione a cui tutti siamo sottoposti”

            Che la tentazione possa essere molto forte in questi casi è semplicemente un segno che anche lei, come tutti oggi nella nostra epoca, fa una grave fatica a considerare la reale gravità di certi peccati, che ci sembra assurdo possano condannare una persona ad una pena irreversibile ed eterna come l’inferno.

            Perché, ne sono certo, lei negherebbe l’assoluzione ad un commerciante di organi che per fare tare turpe commercio ammazza quotidianamente bambini, se dovesse ricadere in questo peccato.

            Ora, questo è un peccato abominevole, peró la dottrina considera peccati gravi anche tutti i peccati sessuali.

            Perciò, dove c’è piena avvertenza e deliberato consenso, anche qui il fermo proposito di non peccare più è necessario per l’assoluzione.

            E infatti molti vengono assolti semplicemente perché il Sacerdote li mette in buona Fede assolvendoli quando, formalmente, non dovrebbe assolverli, perché se si praticasse la dottrina sine glossa de facto le assoluzioni sarebbero quasi inesistenti.

            E calcoli che Sant’Alfonso ai suoi tempi diceva che alla terza recidiva in tempi brevi (cioè alla terza volta che il penitente cadeva nello stesso peccato in tempi brevi) andrebbe negata l’assoluzione, formalmente.

            Ecco perché Sant’Alfonso applicava l’epicheia. Perché sapeva che, cito da qui http://www.intratext.com/IXT/ITASA0000/_P2RD.HTM
            “se IL CONFESSORE PRUDENTEMENTE GIUDICA CHE L’AMMONIZIONE SIA PER NOCERE AL PENITENTE, ALLODA DEVE FARNE A MENO E LASCIARE IL PENITENTE NELLA SUA BUONA FEDE; ED IN CIÒ S’ACCORDANO ANCHE GLI AUTORI PIÙ RIGIDI”.

            Non se la prenda con me, Enrico. È la Chiesa che ha strutturato la dottrina in un modo tale che se non si va “oltre” nella pratica, de facto bisogna negare le assoluzioni al 98% delle persone.

            Tra tutte le cose che la dottrina classifica come peccato (vincolando le coscienze) e le regole imposte perché una assoluzione possa essere formalmente impartita se i confessori non andassero “oltre” non verrebbe assolto nessuno o quasi.

            Riguardo a questo

            “Non capisco perchè in questi casi non possa essere applicato semplicemente, quanto già si applica per ogni cattolico, cioè la confessione dei peccati gravi per poter accedere all’eucarestia, con il proponimento di non peccare più.”

            Questo è ciò che propone Al nei casi dove la continenza risulti difficile. Familiaris Consortio invece escludeva questo principio, e chiunque non avesse preso l’impegno di vivere in continenza (che per essere reale non può contemplare quotidiane cadute o quasi) era escluso dai Sacramenti di penitenza ed Eucaristia, tagliato fuori.

            Al propone di:

            1) valutare dove vi siano circostanze attenuanti che fanno si che non si possa vivere in continenza senza una nuova colpa (ad esempio dove c’è una nuova famiglia che verrebbe danneggiata da una rottura), e in questi casi la norma può non essere imposta, come ha detto il Card.Coccopalmerio;

            2) valutare dove vi sia, eventualmente, ignoranza invincibile, e qui vale quanto detto al punto 1, finché la coscienza non sia formata nel discernimento e nella preghiera;

            3) dove la scelta della continenza sia possibile, ma risulti difficoltosa, non sia negato a queste persone l’accesso ai Sacramenti.

            Quindi il cambiamento di Al è duplice, perché da un lato permette il discernimento sulle circostanze attenuanti (che FC84 escludeva, basandosi solo sulla situazione oggettiva degli atti di adulterio), e dall’altro permette; a chi è in condizione di assumersi questo impegno senza una nuova colpa (quindi ha piena avvertenza e deliberato consenso, cioè libertà di agire diversamente) ma a causa della sua difficoltà cade spesso, di accostarsi regolarmente al Sacramento della Riconciliazione, indebolendo nella pratica, in questo caso, il requisito del fermo proposito di non peccare più perché l’assoluzione sia concessa.

            Perciò la sua richiesta viene già attuata, insieme al discernimento sulle attenuanti. Ma per attuarla occorre necessariamente una applicazione misericordiosa della dottrina, perché applicando sine glossa il principio della necessità del fermo proposito di emendamento, tale applicazione misericordiosa sarebbe impossibile.

        • Marco ha detto:

          @Antonio Radeghieri

          Quella degli ortodossi non è paragonabile ad un matrimonio valido, perché loro sanno che Roma dichiara di essere la vera Chiesa e di contenere il vero depositum fidei, eppure rifiutano di convertirsi. Chi vive in un matrimonio nullo invece è convinto di essere in una situazione benedetta dalla Chiesa Cattolica.

          L’attenuante nel loro caso è la buona Fede perché l’ambiente in cui sono cresciuti li ha condizionati?

          Che, i cattolici forse non crescono condizionati da un ambiente che è tutto meno che cattolico e che rende quasi impossibile alla loro coscienza il capire determinate cose?

          E non possono essere in situazioni (ad esempio una nuova famiglia) che diminuiscono la libertà di agire diversamente?

          Evidentemente secondo alcuni no.

          Così arriviamo al paradosso che si può essere ortodossi, cioè scismatici ed eretici, ovvero vivere in contrasto col primo comandamento rifiutando pertinacemente di convertirsi, ed essere in Grazia.

          Non solo: questi ortodossi spesso sono anche divorziati risposati con la benedizione della loro Chiesa, quindi vivono in contrasto col primo comandamento -in quanto eretici e scismatici- e col sesto comandamento -in quanto adulteri.

          Però va bene che siano ammessi ai sacramenti.

          I cattolici invece vanno esclusi per principio, perché loro evidentemente non possono avere circostanze attenuanti.

          Quindi calci in culo ai cattolici in difficoltà, che si trovano scomunicati di fatto, e porte aperte agli scismatici eretici che vivono in adulterio con la benedizione della loro Chiesa.

          Mi sembra coerente. Poi si ha il coraggio di dire che “i divorziati risposati non sono scomunicati”. Diamine, più scomunicati di così!

          Essere trattati peggio che eretici scismatici che spesso vivono in stato di costante peccati grave contro il primo e sesto comandamento (con la benedizione della loro Chiesa scismatica ed eretica) è anche peggio di una scomunica.

      • Marco ha detto:

        Quella degli ortodossi non è paragonabile ad un matrimonio valido, perché loro sanno che Roma dichiara di essere la vera Chiesa e di contenere il vero depositum fidei, eppure rifiutano di convertirsi.

        L’attenuante nel loro caso è la buona Fede perché l’ambiente in cui sono cresciuti li ha condizionati?

        Che, i cattolici forse non crescono condizionati da un ambiente che è tutto meno che cattolico e che rende quasi impossibile alla loro coscienza il capire determinate cose?

        E non possono essere in situazioni (ad esempio una nuova famiglia) che diminuiscono la libertà di agire diversamente?

        Evidentemente secondo alcuni no.

        Così arriviamo al paradosso che si può essere ortodossi, cioè scismatici ed eretici, ovvero vivere in contrasto col primo comandamento rifiutando pertinacemente di convertirsi, ed essere in Grazia.

        Non solo: questi ortodossi spesso sono anche divorziati risposati con la benedizione della loro Chiesa, quindi vivono in contrasto col primo comandamento -in quanto eretici e scismatici- e col sesto comandamento -in quanto adulteri.

        Però va bene che siano ammessi ai sacramenti.

        I cattolici invece vanno esclusi per principio, perché loro evidentemente non possono avere circostanze attenuanti.

        Quindi calci in culo ai cattolici in difficoltà, che si trovano scomunicati di fatto, e porte aperte agli scismatici eretici che vivono in adulterio con la benedizione della loro Chiesa.

        Mi sembra coerente. Poi si ha il coraggio di dire che “i divorziati risposati non sono scomunicati”. Diamine, più scomunicati di così!

        Essere trattati peggio che eretici scismatici che spesso vivono in stato di costante peccati grave contro il primo e sesto comandamento (con la benedizione della loro Chiesa scismatica ed eretica) è anche peggio di una scomunica.

  • enrico ha detto:

    Infine quarta domanda

    Se invece il coniuge del divorziato risposato rinsavisse e volesse nuovamente ritornare con la sposa/o che ha abbandonato, ma questa fosse risposata civilmente, con figli, e si trovasse nella condizione descritta dal Cardinal Coccopalmerio, per non cadere in ulteriore colpa dovrebbe scegliere una unione poliamorosa?
    dovrebbe valutare se ci sono figli nel primo matrimonio?
    In caso di matrimonio con figli sia in quello sacramentale che in quello civile dovrebbe considerare nella scelta il numero dei figli?

    • Marco ha detto:

      Questa domanda spiega proprio bene, di per se, perché è necessario il discernimento pastorale, lei infatti parla di un caso dove tornare indietro non è nemmeno augurabile umanamente e anzi è di fatto impossibile (perché tornare indietro, come dimostra il suo esempio, provocherebbe dei paradossi inenarrabili).

      Come vede quindi una pastorale del bianco/nero in questi casi non è più sostenibile.

      Riguardo alla sua domanda

      “Se invece il coniuge del divorziato risposato rinsavisse e volesse nuovamente ritornare con la sposa/o che ha abbandonato, ma questa fosse risposata civilmente, con figli, e si trovasse nella condizione descritta dal Cardinal Coccopalmerio, per non cadere in ulteriore colpa dovrebbe scegliere una unione poliamorosa”?

      Rispondo: no, perché questa donna non accetterà, se è tornata ad amare suo marito, di condividere il letto con la persona con la quale si è risposata civilmente.

      Riguardo alle ulteriori sue domande

      “dovrebbe valutare se ci sono figli nel primo matrimonio?
      In caso di matrimonio con figli sia in quello sacramentale che in quello civile dovrebbe considerare nella scelta il numero dei figli?”

      Rispondo ciò che ho già risposto sopra: per chi è in una seconda unione con figli non è augurabile sotto nessun aspetto il tornare indietro, perché i danni che si creerebbero sarebbero infiniti.

      Ecco perché la Chiesa deve curare le ferite, in primis prevenendole (cioè prevenendo divorzi e sepurazioni, e qui il ruolo pastorale della Chiesa è stato molto carente) in secundis evitando di mettere chi è in situazione irregolare in condizione di non potere essere in Grazia imponendo loro norme che sono materialmente impossibilitati a rispettare a causa della loro situazione.

      Se legge il testo del Cardinale Coccopalmerio (che ripeto, non è il testo che uscirà domani, che sarà molto più dettagliato, essendo la risposta stessa del Papa, dal momento che è stato da lui commissionato) trova tutte le risposte alle sue domande, se lo analizza bene.

      • enrico ha detto:

        @ Marco

        “Rispondo ciò che ho già risposto sopra: per chi è in una seconda unione con figli non è augurabile sotto nessun aspetto il tornare indietro, perché i danni che si creerebbero sarebbero infiniti.”

        Dunque se ci sono figli sia nel matrimonio sacramentale che in quello civile se il coniuge che ha abbandonato lo sposo/a rinsavisce, va messo alla porta?

        • Marco ha detto:

          Non ho detto questo. Dipende dalla situazione, perché ci sono situazioni dove tornare indietro sarebbe disastroso.

          È per questo che la rigida dottrina non può racchiudere in se una risposta soddisfacente a tutte le situazioni, che devono essere curate pastoralmente, per non creare disastri alle anime.

          Pensiamo ad un caso dove lei, abbandonata dal coniuge, si è rifatta una famiglia con figli (ulteriori) e dove lui, che ha abbandonato la moglie, ha fatto altrettanto.

          In questo caso tornare indietro sarebbe disastroso per entrambe le famiglie

          In altri casi, invece, dove ad esempio uno se ne è andato con l’amante e ha abbandonato moglie e figli per una scappatella, la ricomposizione della famiglia è cosa molto salutare per tutti.

          Proprio perché i casi sono molto variegati occorre mettersi in testa che la rigida dottrina, che è astratta, non può coprire tutti i casi concreti, che devono essere gestiti pastoralmente per il bene delle anime, non abbandonandoli a se stessi esponendogli il precetto e dicendogli “arrangiatevi”.

          • enrico ha detto:

            @ Marco

            La dottrina è astratta mentre la pastorale è concreta.
            Dunque Gesù Maestro è astratto mentre Gesù Buon Pastore è concreto.

          • Marco ha detto:

            Gesù è sempre lo stesso.

            Che la dottrina sia astratta è un dato di fatto.

            Che non comprenda tutti i casi concreti, lo è altrettanto.

            Applicare la dottrina “sine glossa ” sempre e comunque significa negare la pastorale e fare danni alle anime, esattamente come è dannosi applicare la pastorale senza tenere conto della dottrina.

          • Marco ha detto:

            Dannoso, non “dannosi”.

  • enrico ha detto:

    Seconda domanda.
    Se io che sono sposato ho uno sbandamento, faccio un figlio con un’altra donna, che poi non sente ragioni quando ritorno in possesso delle mie facoltà mentali, allora per crescere ed educare questo figlio, se mi rendo conto che è sbagliato, ma non posso senza ulteriore colpa abbandonare a se stessa lei ed il figlio, devo vivere anche con lei more uxorio?
    Magari allargando la famiglia.

    Terza domanda
    Posto che nel mondo esiste la corruzione e posto che un imprenditore deve occuparsi di dare lo stipendio ai suoi dipendenti, pur sapendo che è sbagliato corrompere, lo può fare se si sente obbligato dal sistema?

    • Marco ha detto:

      Ho già risposto qui https://www.marcotosatti.com/2017/02/04/manifesti-contro-il-papa-a-roma-un-inedito-storico-una-pasquinata-in-versione-terzo-millennio/#comment-6706 sulla corruzione e l’analogia coi divorziati risposati e gli ortodossi (analogia -quella con gli ortodossi- che lei rifiuta senza motivo, visto che se la Grazia secondo voi toglie ogni scusa ai divorziati risposati, che non avrebbero mai attenuanti, allora toglierebbe ogni scusa anche agli ortodossi che rifiutano di convertirsi -oppure crede che a Dio non interessi che le persone si convertano al cattolicesimo?)

    • Marco ha detto:

      E riguardo a questo

      “Seconda domanda.
      Se io che sono sposato ho uno sbandamento, faccio un figlio con un’altra donna, che poi non sente ragioni quando ritorno in possesso delle mie facoltà mentali, allora per crescere ed educare questo figlio, se mi rendo conto che è sbagliato, ma non posso senza ulteriore colpa abbandonare a se stessa lei ed il figlio, devo vivere anche con lei more uxorio?
      Magari allargando la famiglia.”

      Mi sembra evidente che in questo caso non ci sia colpa mortale, perché -sempre in questo caso- la sua libertà di agire diversamente sarebbe compromessa essendoci il bene di questa persona e di vostri figlio in gioco.

      • enrico ha detto:

        @ Marco

        risposta interessante.

        • Marco ha detto:

          Spero di aver chiarito anche il perché l’analogia con gli ortodossi, ai quali viene data la Comunione nonostante il loro stato di peccato grave contro il primo comandamento (che vieta lo scisma e l’eresia, condizioni entrambe presenti nella Chiesa Ortodossa) sia tutto meno che campata per aria.

          Una delle giustificazioni che usano gli accusatori di Al è che “Dio dà la Grazia per non peccare gravemente”.

          Questa dichiarazione, che si basa sul Concilio di Trento, è una lettura imprecisa e approssimativa di questo Canone

          Concilio di Trento (D. B. 828) afferma che “Se alcuno dirà che i precetti di Dio sono impossibili a osservarsi anche all’uomo giustificato e costituito in grazia sia anatema”.

          Quel Canone non è mai stato interpretato dal Magistero in senso assoluto, ma solo nel senso che la Grazia sufficiente permette all’uomo di evitare la sola colpa grave/mortale.

          Essendoci circostanze dove ( venendo meno l’imputabilità a causa di mancanza di libertà o di piena avvertenza) trasgredire un precetto divino in materia grave è, per chi lo commette, peccato veniale, che non è incompatibile con l’Eucaristia nè richiede il fermo proposito di non peccare più per essere perdonato (essendo che viene cancellato proprio dall’assunzione del Santissimo), in quei casi si applica il Canone del Concilio di Trento sul peccato veniale, che afferma che la Grazia in questi casi non è sufficiente, essendo la sola Beata Vergine l’unica (l’unico essere umano) ad essere stata preservata dal peccato anche veniale

          Concilio di Trento (D. B. 833)

          “Se alcuno dirà che l’uomo una volta giustificato non possa più peccare… o al contrario che possa in tutta la sua vita evitare i peccati anche veniali, se non per uno speciale privilegio di Dio, come tiene la Chiesa in riguardo della B. Vergine, sia anatema”.

          I tradizionalisti rifiutano queste ecidenze teologiche dicendo che la Grazia di Dio è sufficiente per rispettare sempre i precetti in senso assoluto, dando una lettura distorta ed ideologica del Canone sulla Giustificazione sopra riportato, però poi accettano che gli ortodossi vengano ammessi ai Sacramenti.

          Questo è contradditorio, perché se la Grazia di Dio fa si che i risposati non abbiano nessuna scusa per i loro atti sessuali, e quindi sarebbero sempre in colpa mortale (come detto questo è falso, perché ci sono condizioni dove venendo meno l’imputabilità il loro peccato grave materiale è solo veniale per la loro anima -cfr Catechismo 1862- e la Grazia di Dio non è sufficiente per evitare il peccato veniale, come conferma dogmaticamente Trento) lo stesso varrebbe per gli ortodossi: se, infatti, ammettiamo (andando contro i canoni dogmatici tridentini e il Catechismo) che la Grazia di Dio tolga ogni scusa a chi pecca contra sextum, allora toglierebbe ogni scusa anche a chi rifiuta di convertirsi al cattolicesimo (oppure vogliamo supporre che la Grazia basti solo per il sesto comandamento ma si ritiri con chi si trova in condizione di peccato contro il primo?); e quindi non avrebbe senso l’attenuante della Buona Fede per gli ortodossi di cui parla Orientalium Ecclesiarum 27.

          Spero che abbia seguito il mio discorso, che voleva spiegarle il perché tale analogia tra adulteri (i divorziati risposati) e gli eretici scismatici ortodossi fosse tutto meno che sbagliata.

  • enrico ha detto:

    Qualcuno di voi ha letto la risposta del Cardinal Coccopalmerio?

    Una mia domanda potrebbe essere questa :
    Posto che sembra centrale la presenza di figli nella seconda unione “cossidetta irregolare”, quando i figli saranno adulti la condizione per cui non è possibile vivere come fratello e sorella nella seconda unione decade?

    • Marco ha detto:

      @Enrico

      “Qualcuno di voi ha letto la risposta del Cardinal Coccopalmerio?

      Una mia domanda potrebbe essere questa :
      Posto che sembra centrale la presenza di figli nella seconda unione “cossidetta irregolare”, quando i figli saranno adulti la condizione per cui non è possibile vivere come fratello e sorella nella seconda unione decade?”

      Il Cardinale Coccopalmerio qui
      https://www.marcotosatti.com/2017/02/10/di-manifesti-di-papi-di-risate-e-di-insulti-pontifici-per-sdrammatizzare/#comment-6681 risponde nel seguente modo:

      A) “qualora l’impegno di vivere “come fratello e sorella” SI RIVELI POSSIBILE SENZA DIFFICOLTÀ PER IL RAPPORTO DI COPPIA, i due conviventi lo accettino volentieri;
      b) qualora invece tale impegno determini difficoltà, i due conviventi SEMBRANO DI PER SE NON OBBLIGATI, perché verificano il caso del soggetto del quale parla il n. 301 con questa chiara espressione: “si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”.”

      Aggiungo un’ulteriore cosa: la risposta del Coccopalmerio non è ancora uscita, quello è un testo di quest’estate, ma il libro che verrà letto domani come risposta ai Dubia sarà molto più dettagliato con riferimenti giuridici e canonistici, essendo stato commissionato dallo stesso Papa come risposta ai Dubia e ai perplessi.

      Nel libro che uscirà domani non ci troviamo, quindi, di fronte alla mera opinione del Cardinale Coccopalmerio, ma alla visione del Papa dimostrata giuridicamente e teologicamente dal Cardinale Coccopalmerio.

      La differenza è abissale. Si tratta di uno studio su commissione del Papa con tanto di comunicazione ufficiale.

  • Ludovicus ha detto:

    Non sono cosi’ sicuro che Bergoglio si sia fatto una risata né per i manifesti né per quest’altra cosa del finto Osservatore Romano. Conoscendo un po’ i gesuiti, so che non hanno il minimo senso dell’umorismo, e anzi temono sopra ogni cosa proprio l’ironia. Essendo poi negli ultimi 50 anni decaduti in maniera catastrofica sotto tutti gli aspetti, e poiché ogni decadenza magnifica i difetti come sotto un microscopio, non ci vuole molto a capire quali siano state le vere reazioni di Bergoglio e il vero motivo per cui per delle sciocchezze del genere arrivno ancora un po’ a riesumare muove perfino il KGB, se lo avessero a disposizione.

  • Antonio Radeghieri ha detto:

    Padre Amorth, il satanismo si diffonde sempre di più. Il nuovo Rituale rende difficile fare esorcismi. Agli esorcisti si impedisce di partecipare a una udienza con il Papa a piazza San Pietro. Mi dica sinceramente: cosa sta accadendo?
    AMORTH: Il fumo di Satana entra dappertutto. Dappertutto! Forse siamo stati esclusi dall’udienza del Papa perché avevano paura che tanti esorcisti riuscissero a cacciare via le legioni di demoni che si sono insediate in Vaticano.
    Sta scherzando, vero?
    AMORTH: Può sembrare una battuta, ma io credo che non lo sia. Non ho nessun dubbio che il demonio tenti soprattutto i vertici della Chiesa, come tenta tutti i vertici, quelli politici e quelli industriali.
    Sta dicendo che anche qui, come in ogni guerra, Satana vuole conquistare i generali avversari?
    AMORTH: È una strategia vincente. Si tenta sempre di attuarla. Soprattutto quando le difese dell’avversario sono deboli. E anche Satana ci prova. Ma grazie al cielo c’è lo Spirito Santo che regge la Chiesa: «Le porte dell’inferno non prevarranno». Nonostante le defezioni. E nonostante i tradimenti. Che non devono meravigliare. Il primo traditore fu uno degli apostoli più vicini a Gesù: Giuda Iscariota. Però nonostante questo la Chiesa continua nel suo cammino. È tenuta in piedi dallo Spirito Santo e quindi tutte le lotte di Satana possono avere solo dei risultati parziali. Certo, il demonio può vincere delle battaglie. Anche importanti. Ma mai la guerra.

  • Alfonso Aliberti ha detto:

    Esimio Andrea Salvi, insinua quello che vuoi. Finchè siamo liberi di pensare ed esternare le proprie convinzioni, anche quelle che maturano nell’anima irascibile, perchè dovrei offendermi? Non nego che a volte l’anima concupiscibile, spiritata dall’alcol, rompe gli schemi della buona creanza e si libera di quei pesi insopportabili che se fosse sobria non oserebbe mai fare: in vino veritas! Sul Bergoglio, omesso il riferimento spiritualistico, la mia valutazione resta la stessa: assolutamente negativa!

  • Andrea Salvi ha detto:

    Posso insinuare che questo tuo intervento sia stato fatto in stato di ebbrezza alcolica senza offenderti? Non credo proprio!

    • Andrea Salvi ha detto:

      Prova a fare la battuta di cui sopra al tuo Direttore, poi raccontaci come e’ andata a finire…

      • Alfonso Aliberti ha detto:

        Non so chi tu sei, ma se fai riferimento al mio Direttore, saprai chi sono io dal profilo fb. Ebbene, battute faccia a faccia senza paura con gli ipocriti potenti ne ho già fatte tante e ti dico che sono ancora qui vivo e libero ed in grado di gridare contro ogni ingiustizia e sopraffazione. Adesso, l’unico mio superiore e’ la coscienza che si è formata e si nutre del Logos, che è Dio. Con queste parole ti saluto e chiudo la querelle.

  • Alfonso Aliberti ha detto:

    In vino veritas (in greco: Ἐν οἴνῳ ἀλήθεια) è un proverbio latino che letteralmente significa: «nel vino è la verità».

    Ciò significa che quando una persona è alticcia ha i freni inibitori rilassati e può facilmente rivelare fatti e pensieri veritieri che da sobrio non direbbe mai.

  • Andrea Salvi ha detto:

    Chiedo formalmente al dr Tosatti di togliere dall’ ultimo intervento la frase che vorrebbe essere spiritosa ma in realtà risulterebbe offensiva per chiunque qui ne fosse stato oggetto, relativa al possibile spirito etilico. Chiunque di noi ripeto ne fosse stato oggetto potrebbe inoltrare denuncia per oltraggio con buona probabilità di soddisfazione. C’e’ un limite oltre il quale la critica diventa ingiuria. Lo chiedo per la serietà di questo blog. Questa ripeto non è ironia, e’ ingiuria bella e buona.

  • Alfonso Aliberti ha detto:

    In principio ci fu Nerone e Nerone era imperatore dell’Impero Romano. In lui era una immensa passione per la musica ed il canto e non si risparmiava nelle sue esibizioni. Nessun suddito era privato della gioia di gustare la sublime poesia e la dolcezza del suo canto. A lui come ricompensa era sufficiente l’applauso e le lodi del popolo. Nessuna critica gli fu mai rivolta. Infinita era la schiera degli entusiastici estimatori: ma quanto è grande Nerone, come è bello Nerone, che stupenda voce ha Nerone, che misericordioso è Nerone indefesso cantore, mai riposa per farci felici, viva Nerone, sei tutti noi Nerone e tanti e tanti altri encomiastici tributi risuonavano intorno a lui, il grande imperatore. Poi, ci fu Berlusconi e Berlusconi era Presidente del Consiglio del Governo Italiano. Anche Berlusconi cantava, suonava, arringava, recitava. Anche lui era applaudito dalla moltitudine riconoscente per la sue gratuite rappresentazioni artistiche. Poi venne Bergoglio e Bergoglio è Papa della Chiesa Cattolica. Grande il Papa, quanto è bravo, è uno di noi il Papa, mai si nega alla sue pecorelle, di cui ama sentire l’odore, quanta sublime misericordia nei suoi dolci e fraterni saluti, che commozione ad ascoltare i buonasera, i buon appetito, i siate misericordiosi, i siamo tutti figli di Dio. Non uno ascoltatore che riesca a trattenere le lacrime. Grazie Signore di averci dato il Bergoglio: come una sola voce si alza nel cielo questa lode a gloria del Papa.
    Nerone morì suicida. Berlusconi è sul viale di un triste tramonto. Bergoglio governa senza ostacoli e il popolo ancora l’applaude. Sarà veramente pieno di Spirito Santo?

  • enrico ha detto:

    Provo a lanciarmi in una “profezia”
    …Vedo e prevedo che sarà fatto il vuoto attorno al Cardinal Mueller..vedo e prevedo che il Cardinal Burke sarà accusato di qualcosa che riguarda la “corruzione”…

    • Carmine ha detto:

      Eh si, sono elementi pericolositi da distruggere. Tradiscono la Parola di Cristo figurarsi……mentiranno pur di fare piazza pulita degli ostacoli. Metodi occulti ma noti

  • Flora ha detto:

    Come dice il Quelet:”C’è un tempo per ridere è un tempo per piangere”. Mentre si stanno perdendo tante anime penso che anche il Cielo grondi lacrime di sangue. Pochi giorni fa anniversario di Civitavecchia? Chi ne ha parlato? Chi se ne ricorda?

  • Paolo Pagliaro ha detto:

    Scusi Tosatti, ma le “regole dottrinali” sono precisamente “ciò a cui i cattolici guardano per avere luce”. Che siano necessarie la catechesi, la meditazione e la pratica della carità perchè le verità dottrinali non restino idee ma iluminino il vissuto quotidiano e la storia, non toglie nulla al fatto originario. Altrimenti costruiamo sulla sabbia.

  • Torky625 ha detto:

    Bergoglio e la sua fronda ormai stanno nella paranoia assoluta.

  • Raffaele ha detto:

    Ah ah ah io ormai rido solo dei vostri commenti…

    • Mary ha detto:

      Ride bene chi ride ultimo!

    • G. Gervasi ha detto:

      @ Buon riso fá buon sangue, RAFFAELE. Se ne vada!

      • Acchiappaladri ha detto:

        Ma no dai … so nuovo da queste parti ma ho l’impressione che quel nickname sia uno di quelli che contribuisce alla mèsse di risate:
        perchè mai dovrebbe andar via? 😉

        E da che siamo in argomento risate, speriamo di ritrovarci tutti quando sarà il momento “al piano di sopra” a sorridere in eterno 🙂

  • Iginio ha detto:

    Ma vi ricordate di tutte le vignette su Ratzinger? Di come era preso in giro e anzi accusato di ogni nefandezza, dal nazismo alla pedofilia? Ve l’immaginate che cosa sarebbe successo se qualcuno allora avesse detto che bisognava vietare quella roba?
    La cosa comica è che quelli che oggi fanno i leccapiedi di Bergoglio e gli entusiasti del Nuovo Corso sono gli stessi che prima si lagnavano del “centralismo romano”, della “papolatria”, delle persecuzioni da parte di Pio X, delle folle che cantavano inni a papa Pacelli in piazza San Pietro…
    Becciu poi è quello che si era messo a insultare padre Cavalcoli in un italiano dalla sintassi sgangherata… Ed è il medesimo che, se un dipendente laico del Vaticano fa fatica a mantenere la propria famiglia numerosa, gli dà una pacca sulla spalla e se ne lava le mani…

  • Acchiappaladri ha detto:

    Anche queste canzoni (che temo non avrebbero possibilità di vincere a Sanremo) sono forti!

    That’s Amoris
    https://www.youtube.com/watch?v=a3r9lmhZf08

    Quando, Quando, Quando (the Dubia Remix)
    https://www.youtube.com/watch?v=UQAwQRuBk9Y

    c’è anche questa, che trovo però di inferiore qualità musicale:
    CLUB VATICANA (Formerly known as the St Gallen Group)

    • Beatrice ha detto:

      Grazie, Acchiappaladri, per avermi fatto conoscere questi video, mi hanno strappato più di un sorriso e di questi tempi è proprio bello poter ridere di certe cose!
      Il mio video preferito comunque è “That’s Amoris”!

  • Acchiappaladri ha detto:

    Questa WHAT A WONDERFUL CHURCH la trovo ancora più struggente e spassosa:
    https://www.youtube.com/watch?v=xPVoQfUGhz4

    Vuoi mai che che si riesca a limitare i danni (anche per le loro anime oltre che per quelle di tutti gli altri) sommergendo i patetici e ridicoli turiferari, affaristi, stalinisti e misericordisti strabici sotto un cumulo di risate ? 😉

    Almeno fin quando dura il carnevale questo (fra le azioni puramente umane) è il modo d’elezione della resistenza alla demolizione della Chiesa Cattolica 😉

    • G. Gervasi ha detto:

      L’IRONIA! Meglio l’ironia dei commenti accigliati, addolorati e oranti che non fermano i modernisti scatenati nei loro eccessi e li fanno soltanto ridere.
      Prendiamo l’iniziativa e cominciamo noi a ridere
      su di loro e sul nuovo corso che vogliono imporre
      alla chiesa.
      Il Manifesto e il fake dell’Osservatore
      Romano dovrebbero essere solo gli inizi di un’ondata
      di ironia che i prossimi mesi li travolga nel ridicolo.
      L’ironia li mostra così come sono: nudi e ridicoli.
      Avanti ragazzi, con intelligenza e buon umore!
      I tiranni ed i loro cortigiani non possono soffrire l’arguzia ed il buon umore. Per loro sono micidiali.
      E allora, chi più ne ha ne metta.
      Vogliamo fare delle belle risate a costo dei Satrapi.