UN VESCOVO IN AMERICA: DIVORZIATI-RISPOSATI, PER L’EUCARESTIA DECIDETE VOI. LA BATTAGLIA SULL’AMORIS LAETITIA NON SI PLACA.

30 Novembre 2016 Pubblicato da

 

elroy

Marco Tosatti

Bergoglio come Mao Tse Dong? “Grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole”.

E in effetti la confusione sotto il cielo cattolico, a Roma e altrove, e le divisioni prodotte e gestite dal vertice della Chiesa, quello che dovrebbe garantire l’unità e confermare la fede stanno esplodendo a macchia d’olio.

Quella che è stata fatta passare per una norma pastorale, accennata in una nota a piè di pagina, si sta rivelando per quello che è in realtà: un esplosivo strumento di confusione e incertezza.

Parliamo ovviamente dell’Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica seguita ai Sinodi sulla Famiglia e della comunione ai divorziati risposati. Dall’America giunge la notizia che il vescovo Robert McElroy di San Diego, California, ha chiesto ai suoi preti di incoraggiare i cattolici divorziati e risposati a considerare se “Dio li sta chiamando a tornare all’eucarestia”. Seguendo gli esiti di un sinodo diocesano tenuto a ottobre, il presule ha istruito i sacerdoti a pubblicare sui bollettini parrocchiali un invito ai cattolici che si trovano in posizione di doppie nozze a “utilizzare il foro interno della coscienza”, per decidere se accostarsi o meno all’eucarestia, dopo essersi consultati con un sacerdote. Ma il Sinodo diocesano diceva: “E’ importante sottolineare che il ruolo del prete è di accompagnamento, teso a informare la coscienza di chi discerne sui principi della fede cattolica. Il prete non deve prendere decisioni al posto del fedele”. Cioè, in ultima analisi la decisione sta all’interessato.

Però dalla Germania si leva la voce di un professore di teologia dell’Università di Freiburg, Hans Hoping, che sulla Frankfurter Algemeine si chiede: “I divorziati risposati possono trovarsi sposati in due matrimoni validi allo stesso tempo? Il testo dell’Amoris Laetitia lascia aperta la risposta a questa domanda cruciale che ha provocato esso stesso”. E dal momento che l’Amoris Laetitia non ha posto in dubbio la questione dell’indissolubilità del matrimonio, “si deve chiarire come il matrimonio dei divorziati risposati si pone in relazione con essa”. L’esortazione apostolica considera “una relazione sessuale al di fuori di un matrimonio esistente non più essere in tutti i casi illecita”. Hoping conclude che siamo di fronte a un abbandono “del punto cruciale posto dall’insegnamento di Giovanni Paolo II sul matrimonio e la famiglia, dove con San Tommaso si tenne saldo a una tradizione magisteriale decisiva”.

Insomma, c’è da chiedersi se tutto sia così chiaro, nell’Amoris Laetitia, come vorrebbero i volenterosi flabelliferi del Pontefice. E a rigore di logica, non cristiana e cattolica, ma semplicemente di logica, umilmente, sembra proprio di no. Già lo diceva Dante, nel Canto XXVII dell’Inferno,

“ch’assolver non si può chi non si pente,

né pentere e volere insieme puossi

per la contradizion che nol consente”.

 

Oh me dolente! come mi riscossi

quando mi prese dicendomi: “Forse

tu non pensavi ch’io löico fossi!”.

Non sembra peregrina, dunque, alla luce dei fatti, che stanno accadendo ovunque nel mondo cattolico, con vescovi che forniscono interpretazioni radicalmente opposte, la richiesta di chiarimento dei cardinali, con i loro Dubia, ben condivisi da molti. E infatti sul portale della Chiesa tedesca Katholisch.de Kilian Martin afferma con decisione che “I cardinali che chiedono al Papa chiarezza non sono eretici, bensì adempiono il loro dovere episcopale. Joachim Meisner, Walter Brandmüller, Raymond Burke e Carlo Caffarra, perciò, con la loro lettera hanno adempiuto al compito loro affidato: consigliare e sostenere il Papa nel cuore dei problemi e nel retto governo della Chiesa. Ora, in una consultazione che sia di buona qualità, vanno ascoltate anche le interrogazioni a riguardo delle decisioni gravi.

Invece un vescovo della Grecia erroneamente rimprovera i Cardinali di diffondere l’eresia. Che Frangkiskos Papamanolis si trovi in errore, lo dimostra la definizione del concetto: Eretico è chi mette in dubbio o addirittura rifiuta una verità di fede definita. Nessuno dei quattro Cardinali si è macchiato di questo reato, perché anzi essi entrano in campo proprio per favorire una maggiore chiarezza circa le Verità della Chiesa.

Gli autori della lettera non sono affatto dissidenti che indossano la Porpora, ma uomini di chiesa che, in modo aperto, si prendono cura della disciplina della Chiesa… Perciò, la lettera dei Cardinali non è eresia, ma valido contributo a un dibattito esistenziale della Chiesa.

E anche il cardinale George Pell, da Londra, richiesto se fosse d’accordo con le domande poste dai cardinali, ha risposto: “Come si può non essere d’accordo con una domanda?”, aggiungendo che le domande erano “significative”. Ha raccomandato la lettura di “due grandi encicliche” di San Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor e Evangelium Vitae, e ha aggiunto che molti fedeli cattolici sono stati spaventati dagli sviluppi recenti nella Chiesa. Un risultato, ha concluso, della confusione diffusa sull’autorità della legge morale.

Ed è difficile non concordare con questa constatazione.



Questo blog è il seguito naturale di San Pietro e Dintorni, presente su “La Stampa”. 

Per chi fosse interessato al lavoro già svolto, ecco il link a San Pietro e Dintorni.


 


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31 commenti

  • Paolo Giuseppe ha detto:

    Caro Marco,
    te lo dico con affetto e rispetto: non c’è bisogno di scrivere una Enciclopedia Treccani per spiegare il tuo punto di vista, che del resto si può capire. Ma qui parliamo della proposta cristiana che si chiama “sequela di Gesù” e che, in quanto finalizzata alla trascendenza, in parte sfugge alla nostra comprensione. Apprezzo gli interventi di Mary e di Giuseppe Marson, molto ragionevoli e chiudo con la citazione di Benedetto XVI, dall’Incontro mondiale delle famiglie a Milano, 2/6/2012:
    Domanda di un partecipante all’incontro:
    “Alcune di queste coppie di risposati vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa, ma quando si vedono rifiutare i Sacramenti la loro delusione è grande. Si sentono esclusi, marchiati da un giudizio inappellabile”.
    Risposta di Papa Benedetto:”E’ molto importante che sentano che l’Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo”.
    Grazie Benedetto per il tuo magistero che riesce a coniugare il rigore dottrinale con una pastorale piena di amore e di fede.

    • Marco ha detto:

      Caro Paolo, comprendo il suo punto di vista,

      Tuttavia ho una domanda, e sarò grato a chi mi vorrà rispondere: perché ai fedeli ortodossi , che fanno parte di una Chiesa scismatica, è concesso di prendere la Comunione nelle Chiese Cattoliche http://it.aleteia.org/2016/02/03/ortodosso-prendere-comunione-chiesa-cattolica/ mentre ai cattolici in situazione regolare questo non è concesso?

      La domanda è pertinente anche perché, come penso saprà, gli ortodossi benedicono le seconde nozze in Chiesa, in pratica ne riconoscono la legittimità.

      Ora mi chiedo: perché un fedele scismatico ortodosso, magari divorziato risposato, può accedere all’Eucaristia in una Chiesa Cattolica mentre ció non è permesso al fedele divorziato risposato?

      Forse perché gli insegnamenti errati della Chiesa Ortodossa fanno si che il fedele che li segue in buona Fede non sia in peccato mortale, causa mancanza di piena avvertenza? Ma allora, se fosse così, non sarebbe vero che una disciplina molto rigida, come la nostra pre-Francesco, rende più difficile per le persone il vivere in Grazia?

      Comunque concludo con una chiosa: fatto salvo che, come ho detto e come può verificare chiunque legga Amoris Laetitia, il Papa non apre alla Comunione a chi è in peccato mortale (poichè sarebbe sacrilegio) ma dice che la Comunione può essere possibile per i divorziati risposati che, a causa di attenuanti che sta al Confessore discernere (ad esempio, per dirne una, una donna che si è risposata dopo essere stata piantata dal marito e che ha avuto figli col nuovo coniuge, e imporle la castità farebbe andare a ramengo il suo nuovo matrimonio, con grave danno dei loro figli -che hanno diritto ad un padre e una madre anche se sono due “””””””””adulteri””””””””), non siano in stato soggettivo di peccato mortale, ho una ferma convinzione: se le riforme che vuole fare il Papa sono contrarie alla volontà di Dio e potrebbero danneggiare le anime, Dio lo impedirà. Ricordiamo che la Chiesa è Sua, e pensare che permetta ad un Papa di mandarla in rovina e di mandare in rovina i fedeli cattolici è inammissibile.

    • Marco ha detto:

      P.s Paolo lei mi cita le seguenti parole di Papa Benedetto XVI

      “E’ molto importante che sentano che l’Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo”.

      Ma infatti con la Familiaris Consortio, con Papa San Giovanni Paolo II prima e Benedetto XVI poi, erano stati fatti dei grandi progressi verso queste persone, non c’è alcun dubbio.

      Infatti, come ho scritto sopra al signor Marson, prima del 1983 i divorziati risposati erano SCOMUNICATI dalla Chiesa come gli abortisti

      Can 2356. Bigami, idest qui, obstante coniugali vinculo, aliud matrimonium, etsi tantum civile, ut aiunt, attentaverint, sunt ipso facto infames; et si, spreta Ordinarii monitione, in illicito contubernio persistant, pro diversa reatus gravitate EXCOMMUNICENTUR vel personali interdicto plectantur.
      (CODEX IURIS CANONICI – 1917)

      Anche qui sorge un’altra domanda: è stato più “rivoluzionario” il togliere loro la scomunica, che li rendeva dei reietti della Chiesa, oppure affermare che, qualora non siano in peccato mortale, possano fare la Comunione?

      Per me il levare loro la scomunica fu un passo decisivo, e non si capisce perché la riflessione della Chiesa, su questo punto, dovrebbe arrestarsi al 1983.

      Cordiali saluti.

  • giuseppe marson ha detto:

    Nei Sacramenti il primato spetta alla Grazia che come ho detto non esclude una attenta attenzione alle persone, come la Santa Chiesa ha sempre fatto.
    E’ per il primato Sacramentale della Grazia che il Santo Battesimo viene dato ai neonati , se i genitori lo vogliono.
    Il sacerdozio è per l’uomo o l’uomo per il sacerdozio?
    Sacerdozio e matrimonio sono entrambi stati di vita, vocazioni. attraverso i quali liberamente si risponde alla chiamata del Signore ” per essere santi e immacolati al suo cospetto”
    Il Matrimonio è chiamato via normale alla santità e la famiglia chiesa domestica.
    Ma tutti siamo chiamati alla santità, attraverso una adesione libera.
    La santità è per l’uomo e l’uomo che è fatto ad immagine e somiglianza di Dio è per la santità.
    Il dono più grande che il Signore ha fatto all’uomo, è per me quello della libertà, il segno più grande della Sua Misericordia.
    Ma non sono un teologo e potrei sbagliarmi per questo non credo di essere l’interlocutore adatto a lei.
    Anche perchè leggo gli interventi del Card. Caffarra che lei considera sacrilego, e che a me invece aiutano a crescere nella fede.
    E credo che le file di quelle che lei chiama sacrileghi, altri inquisitori sta aumentando di numero.
    Ma come sa meglio di me se dovesse anche senza saperlo ricevere la santa Comunione da uno di costoro,che lei giudica indegni sarà sempre realmente il Corpo e il Sangue di Cristo.
    Le auguro di cuore, mi creda, di trovare quell’interlocutore che possa dare risposta alla sua sincera domanda di Verità.

    • Marco ha detto:

      Giuseppe, lei scrive

      “Il sacerdozio è per l’uomo o l’uomo per il sacerdozio?
      Sacerdozio e matrimonio sono entrambi stati di vita, vocazioni. attraverso i quali liberamente si risponde alla chiamata del Signore ” per essere santi e immacolati al suo cospetto”.

      E qui però, almeno secondo me, non coglie il punto della questione.

      Infatti il Sacerdozio non è un obbligo per nessuno, nessuno è obbligato a diventare Sacerdote per avere ragionevoli probabilità di essere in Grazia.

      La questione del matrimonio è diversa.

      Certo, lei può dirmi che nessuno è obbligato a sposarsi, ma il punto è che un cattolico, a tutti gli effetti, lo è (obbligato, intendo), poichè una libera unione (convivenza) o un matrimonio civile, sono considerati dalla Chiesa come unioni peccaminose, perciò un cattolico che dovesse entrare in queste unioni perché, almeno per il momento, le richieste del matrimonio Sacramentale sembrano oltre la sua portata e non si sente di assumerle (anche per altruismo a volte. Ad esempio un uomo che conosco si è sposato solo civilmente perché ha detto che se lui dovesse diventare un flagello per sua moglie e rovinarle la vita desidera che lei sia libera di lasciarlo e rifarsi una vita senza per questo essere adultera, cosa che sarebbe se avesse contratto un vincolo indissolubile), come dicevo, un cattolico che dovesse entrare in queste unioni sarebbe considerato, a rigor di dottrina, in stato di peccato oggettivo tanto quanto i divorziati risposati che hanno un precedente matrimonio valido alle spalle.

      Perciò come vede il paragone col Sacerdozio non regge molto, perché il matrimonio è praticamente necessario per ogni cattolico che non voglia rischiare di vivere in stato di peccato mortale (a meno che, come ho detto, non risolva di vivere come un monaco, ma se vuole avere, come è normale che sia, una vita sentimentale in primis e sessuale in secundis senza rischiare di peccare mortalmente non ha alternative).

      Il mio giudizio sui quattro cardinali forse può essere stato eccessivo, ma è fuori di dubbio che facendo così fomentano la divisione nella Chiesa, e non credo che questo non sia un peccato.

      Certo, può non essere un peccato mortale, visto che probabilmente sono in buona Fede, ma la gravità dell’atto in se rimane.

  • giuseppe marson ha detto:

    Non ho nessuna pretesa di dare risposta, ne tantomeno punto per punto, anche se ringrazio il Sig Marco per l’attenzione che ha dato alle mie parole.
    Io credo però che il Sacramento del Matrimonio, come ogni Sacramento è segno efficace della Grazia a cominciare dal Battesimo, e questa è una Verità oggettiva, che credo non possa sottostare ad alcuna esigenza pastorale, non è una norma morale è un dono di Grazia. La particolarità del Sacramento-Matrimonio e la sua unicità è per il fatto chè è 1 Sacramento per 2 persone, ” Questo mistero è grande in rapporto a Cristo e alla Chiesa”
    ” Non divida l’uomo ciò che Dio ha unito”
    Per meglio dire Cristo è al centro di quel rapporto, il Sacramento si situa all’interno della Celebrazione Eucaristica, per cui quella della Santa Chiesa fino ad ora è stata di rimanere fedele alla Parola di Cristo, prima che una sempre giusta attenzione pastorale.
    Ma non si possono a mio avviso confondere o ribaltare i piani si snaturerebbe il Sacramento e diventerebbe relativo.
    Cristo non è opzionale nel Sacramento è questa la preoccupazione della S. Chiesa.
    Se io ho liberamente contratto il Sacramento- Matrimonio ho liberamente deciso di mettere il Signore Gesù al centro del rapporto con mia moglie , e so che la grazia sacramentale, e la vita della e nella Chiesa sono un reale aiuto a compere la mia vocazione.
    Ad un certo punto sono in crisi con mia moglie , so che Gesù non gode della rovina dei viventi, ma che quello è il progetto buono su di me e non pesante fardello da sopportare, so che l’indissolubilità non è un ideale valido solo per alcuni, ma sono in crisi lo stesso, e amo Gesù, desidero continuare a ricevere il Suo Corpo e il Suo Sangue.
    A questo punto faccio una domanda se la S. Chiesa mi annuncia con chiarezza l’indissolubilità è un aiuto per me a fare la fatica di riprovare a riprendere quel rapporto in crisi e soprattutto l’occasione per affermare il mio amore Cristo?
    Se viceversa, so che la Chiesa mi potrebbe permettere un seconda unione, nel Matrimonio- Sacramento, non verrebbe riaffermato di amare Cristo sopra ogni cosa.
    San Giovanni Battista e San Tommaso Moro, per affemare questo amore hanno osato versare il loro sangue.
    Se uno subisce un divorzio incolpevolmente e decide liberamente di risposarsi e ha fede in Cristo se sa con chiarezza che la Chiesa non puo’ concedere la Santa Comunione, altrettanto chiaramente sa che l’oceano infinito della Divina Misericordia, non lo abbandonerà.

    • Marco ha detto:

      Credo che il punto della sua risposta, Giuseppe, sia questo

      “A questo punto faccio una domanda se la S. Chiesa mi annuncia con chiarezza l’indissolubilità è un aiuto per me a fare la fatica di riprovare a riprendere quel rapporto in crisi e soprattutto l’occasione per affermare il mio amore Cristo?”

      Attenzione, io non ho parlato di “rapporti in crisi”, ma di situazioni irrecuperabili (e ce ne sono, poi certo, con un miracolo va a posto tutto, anche un tumore con metastasi viene guarito da un miracolo, ma sappiamo che i miracoli, proprio perché miracoli, non son frequenti) .

      È difficile capire perché una persona non possa FALLIRE incolpevolmente nel matrimonio e debba portarne le conseguenze a vita, sinceramente.

      Ci rendiamo conto che se una persona si sposa a 30 anni e viene piantata dopo 3 anni, si trova a 33 anni nell’impossibilità concreta di rifarsi una vita e, se vorrà rifarsela, dovrebbe considerarsi “morta alla Grazia” (ovvero passibile di quella cosuccia simpaticissima chiamata inferno, una simpaticissima e gradevolissima tortura eterna inestinguibile)?

      Io sinceramente questa cosa non la capisco. Posso capirla perfettamente nei confronti di chi ha fatto andare a mare un matrimonio colpevolmente, in questo caso il “pugno di ferro” della serie “o vivi in castità assoluta oppure presumo che tu non sia in grazia e quindi niente Comunione” è comprensibile, ma imporre il medesimo pugno di ferro anche alla vittima è semplicemente……… Assurdo, non riesco a definirlo in altro modo.

      Anche perché glielo ripeto, la Comunione non può essere ricevuta da chi è in stato di peccato mortale.

      Se ci sono dei CASI che fanno si che i divorziati risposati non siano in peccato mortale, a causa di alcune attenuanti che il confessore è chiamato a discernere, non vedo sinceramente perché escluderli.

      Il matrimonio è per l’uomo o l’uomo per il matrimonio? Questa è la domanda che dobbiamo porci.

    • Marco ha detto:

      Inoltre Giuseppe, questo punto

      “Io credo però che il Sacramento del Matrimonio, come ogni Sacramento è segno efficace della Grazia a cominciare dal Battesimo, e questa è una Verità oggettiva, che credo non possa sottostare ad alcuna esigenza pastorale, non è una norma morale è un dono di Grazia”

      Non tiene conto del fatto che il Matrimonio è si un Sacramento, ma comunque ricade sotto la morale dei soggetti che vi sono coinvolti (al punto che un consenso viziato all’origine lo rende nullo), perciò non ha senso dire che possa essere escluso dalla pastorale.

      La visione di escludere la questione del matrimonio dalla pastorale ha portato moltissime persone ad allontanarsi dalla Chiesa, perché in passato li abbiamo fatti sentire dei “dannati”.

      Lei forse non lo sa, ma prima del 1983, c’era addirittura la SCOMUNICA per i divorziati risposati; alla faccia della Misericordia.

      Purtroppo certe visioni (come quella che presuppone che il Sacramento del matrimonio non possa essere accompagnato dalla pastorale, specie nei casi più difficili e sofferenti) presenta una visione della questione che porta a pensare che l’uomo è per il matrimonio e non il matrimonio per l’uomo.

      A che serve avere i Sacramenti se poi non si facilita la Grazia nella vita delle persone ma si pongono infiniti paletti che fanno si che il 90% delle persone sia fuori dalla Grazia?

      Lo sa qual’è la suprema lex ecclesiae, la legge suprema della Chiesa? Non il matrimonio, caro Giuseppe, ma la salvezza delle anime.

    • Marco ha detto:

      Inoltre c’è un’ultima cosa (interessante) che ho notato del suo commento.

      Lei scrive

      “Se io ho liberamente contratto il Sacramento- Matrimonio ho liberamente deciso di mettere il Signore Gesù al centro del rapporto con mia moglie ”

      E questo “liberamente” dice molte cose. In realtà, se guardiamo le cose come stanno, il cattolico non è affatto “libero” di contrarre un’unione che non sia il Matrimonio Sacramentale, per il semplice fatto che tali unioni (ovvero convivenze e matrimoni civili) sono esse stesse considerati peccati, dalla Chiesa.

      Perciò un cattolico che non se la sentisse di sposarsi sacramentalmente, per vari motivi, sarebbe comunque escluso dai Sacramenti.

      Perciò riassumendo possiamo dire che:

      1) il cattolico non è affatto “libero” di non sposarsi, se vuole avere una vita sentimentale e sessuale e non essere per questo in peccato mortale e rischiare la dannazione;

      2) quindi deve sposarsi necessariamente, per uscire dallo stato di peccato;

      3) se si sposa non può fallire, perché se il Matrimonio Sacramentale dovesse andare a rotoli lui vi sarebbe comunque vincolato nei fatti tutta la vita, anche se avesse 20 o 30 anni non potrebbe mai più rifarsi una vita senza essere in peccato mortale.

      Perciò come vede non si scappa, si è tra l’incudine e il martello qualunque scelta si faccia (a meno che non si viva da monaci e li il problema è risolto alla radice). E sia chiaro, io sono sposato e felicissimo nel mio Matrimonio, come ho scritto sopra, ma questo non mi impedisce di valutare le cose con obiettività.

  • Marco ha detto:

    Questo articolo che mi è APPENA stato segnalato, esprime alla perfezione la mia visione sulla questione in oggetto http://www.settimananews.it/primo-piano/indissolubilita-ideale-dono/

  • Mary ha detto:

    Scusa Marco di che condanna parli? Lo scopo della vita non è il matrimonio ma il ” Conosce Dio, amarlo e servirlo in questa vita…….
    il matrimonio è solo UN modo per fare questo e non il solo, ve ne sono altri con la stessa dignità del matrimonio, perché insistere con quello? E poi con l’aiuto della Grazia, SE LO VOGLIAMO RICEVERE,
    puoi farcela , anzi potete farcela, perché si deve parlare al plurale.
    Ma lo dovete volere fin da principio.
    Non ho parlato di vedovanza come desiderio per convolare a seconde nozze ma come possibilità in opposizione al tuo ” per tutta la vita”

    • Marco ha detto:

      “Scusa Marco di che condanna parli? Lo scopo della vita non è il matrimonio ma il ” Conosce Dio, amarlo e servirlo in questa vita……”

      Ma io non ho detto che sia quello, lo scopo. Rileggi bene il mio commento.

      “il matrimonio è solo UN modo per fare questo e non il solo, ve ne sono altri con la stessa dignità del matrimonio, perché insistere con quello? E poi con l’aiuto della Grazia, SE LO VOGLIAMO RICEVERE,
      puoi farcela , anzi potete farcela, perché si deve parlare al plurale.”

      Non ho messo in dubbio questo, io parlavo del fatto che IMPORRE ad una donna o ad un uomo il celibato perché è stata/o lasciata/o dal marito/moglie mi sembra assurdo.

      Poi magari sbaglio io, non sono onnisciente, ma diciamo che “sospetto” che Cristo, su queste cose, abbia un metro di giudizio un tantino diverso da quello umano.

      “Non ho parlato di vedovanza come desiderio per convolare a seconde nozze ma come possibilità in opposizione al tuo ” per tutta la vita” ”

      Si questo l’avevo intuito, però per l’appunto che se una a 30 anni viene piantata dal marito che se ne va con l’amante debba essere costretta a vivere come una vedova tutta la vita (anche dopo che magari ha aspettato degli anni per vedere se lui sarebbe tornato, e aver verificato che la situazione era ormai irrecuperabile), senza la possibilità nè di avere una persona che la ami davvero nè di avere dei figli (e, se avesse dei figli dal marito fedifrago, costringerli a crescere senza una figura paterna, o a mantenerli da sola quando non ne ha le possibilità) mi pare assurdo sia dal punto di vista della Misericordia che della Giustizia.

      Una diversificazione pastorale è necessaria, non è possibile imporre ad una persona in questa situazione lo stesso fardello che andrebbe imposto al/alla fedifrago/a che se na va con l’amante.

      Anche perché proprio non ha senso “logico” in primo luogo.

  • Giuseppe Marson ha detto:

    Mi hanno molto colpito gli ultimi due interventi e mi sembra doverosa una risposta parlando della mia esperienza
    Per spiegarmi la confessione, il prete dell’oratorio ai bambini diceva se uno ha una ferita va a farsi curare. Questo mi ha convinto della necessità di accostarmi al Sacramento della Riconciliazione Il medico è Cristo stesso è
    Lui che perdona e non il sacerdote.
    Sono sposato da 35 anni e se sono rimasto fedele al vincolo matrimoniale è solo per la Grazia del Sacramento stesso per il perdono di mia moglie che ogni giorno accoglie i miei limiti le mie fragilità e i miei peccati (che non sono diversi da chi è divorziato) e per la compagnia di fratelli nella fede.
    Qualche anno fa mia moglie che è sempre stata colei che ha mandato avanti la famiglia si è ammalata e mi sono sentito responsabile della sua malattia, e mi è venuta la tentazione di andarmene per il bene suo e delle mie figlie, ritenendomi responsabile del suo malessere per le mie fragilità .
    Sono rimasto perché ho capito che Gesù non aveva un altro progetto buono su di me come insegnato da S. Madre Chiesa e dal Magistero chiaro di San Giovanni Paolo II , Papa della famiglia. Come ogni famiglia anche la mia ha avuto le sue ferite.
    Rispetto alla condanna :la Santa Chiesa non condanna il peccatore ma il peccato.
    Per l’ insegnamento di Gesù, e non dei dottori della
    legge il Matrimonio è indissolubile , ma non per questo i divorziati sono condannati.
    Se non possono ricevere Gesù- Eucaristia, ricevono sempre Gesù – Misericordia. A chi ha scritto prima di me consiglio se non la conoscono di cercare la preghiera della Comunione Spirituale. Riscoprire e recitare questa preghiera davanti al Tabernacolo mi ha fatto riscoprire la preghiera per le anime del Purgatorio e per i bisogni della Chiesa.
    Quando partecipò alla S. Messa e vedo persone che non si accostano alla S. Comunione ma rimangono al loro posto desiderosi del rapporto con Cristo, sono per me una preziosa testimonianza e reputo costoro più avanti di me nella Fede in Cristo. Come quella coppia di divorziati che durante un incontro con il Papa raccontando la loro esperienza hanno detto che non potendo accostarsi alla Comunione per loro il Corpo di Cristo erano coloro che accoglievano tramite la loro associazione. Il Santo Padre li ha ringraziati per questa testimonianza di Fede.

    • Marco ha detto:

      Caro Giuseppe Marson, la ringrazio per la sua testimonianza personale, che ho trovato toccante. Ora mi permetto di risponderle punto per punto.

      “Per spiegarmi la confessione, il prete dell’oratorio ai bambini diceva se uno ha una ferita va a farsi curare. Questo mi ha convinto della necessità di accostarmi al Sacramento della Riconciliazione Il medico è Cristo stesso è
      Lui che perdona e non il sacerdote.”

      Non c’è dubbio su questo.

      “Sono sposato da 35 anni e se sono rimasto fedele al vincolo matrimoniale è solo per la Grazia del Sacramento stesso per il perdono di mia moglie che ogni giorno accoglie i miei limiti le mie fragilità e i miei peccati (che non sono diversi da chi è divorziato) e per la compagnia di fratelli nella fede.
      Qualche anno fa mia moglie che è sempre stata colei che ha mandato avanti la famiglia si è ammalata e mi sono sentito responsabile della sua malattia, e mi è venuta la tentazione di andarmene per il bene suo e delle mie figlie, ritenendomi responsabile del suo malessere per le mie fragilità .”

      E lei ha fatto benissimo a non lasciare sua moglie, anche perché abbandonarla quando era malata non sarebbe stato certo un segno di carità, sebbene magari a lei in quel momento sia venuto il dubbio di essere addirittura stato la causa della malattia.

      Non può che avere la mia incondizionata approvazione, un comportamento come questo, si figuri.
      Tuttavia io sopra ho parlato di altri casi, ormai irrecuperabili, e di come trattare la parte “vittima”, affermando che sia iniquo trattare allo stesso modo e imporre i medesimi fardelli sia al colpevole che alla vittima. Non solo non misericordioso, ma iniquo proprio.

      “Rispetto alla condanna :la Santa Chiesa non condanna il peccatore ma il peccato.”

      Certamente. Infatti Amoris Laetitia non apre alla Comunione in chi è in stato di peccato mortale, ma alle persone che, benché siano in uno stato oggettivo di peccato, quale una seconda unione dopo un matrimonio sacramentale valido, a causa di circostanze attenuanti, che andranno verificate dal Confessore (ed ovviamente è necessaria la completa sincerità da parte del penitente), non versino nello stato di peccato mortale.

      È a queste, e non ad altre, che Al apre al discernimento.

      Mi permetto di citare Al quando parla delle circostanze attenuanti, che fanno si che non ci sia il peccato mortale

      “301. Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo. La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere «valori insiti nella norma morale»[339] o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa. Come si sono bene espressi i Padri sinodali, «possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione».[340] Già san Tommaso d’Aquino riconosceva che qualcuno può avere la grazia e la carità, ma senza poter esercitare bene qualcuna delle virtù,[341] in modo che anche possedendo tutte le virtù morali infuse, non manifesta con chiarezza l’esistenza di qualcuna di esse, perché l’agire esterno di questa virtù trova difficoltà: «Si dice che alcuni santi non hanno certe virtù, date le difficoltà che provano negli atti di esse, […] sebbene essi abbiano l’abito di tutte le virtù».[342]

      302. Riguardo a questi condizionamenti il Catechismo della Chiesa Cattolica si esprime in maniera decisiva: «L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere diminuite o annullate dall’ignoranza, dall’inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali».[343] In un altro paragrafo fa riferimento nuovamente a circostanze che attenuano la responsabilità morale, e menziona, con grande ampiezza, l’immaturità affettiva, la forza delle abitudini contratte, lo stato di angoscia o altri fattori psichici o sociali.[344] Per questa ragione, un giudizio negativo su una situazione oggettiva non implica un giudizio sull’imputabilità o sulla colpevolezza della persona coinvolta.[345] Nel contesto di queste convinzioni, considero molto appropriato quello che hanno voluto sostenere molti Padri sinodali: «In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. […] Il discernimento pastorale, pur tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi».[346]

      303. A partire dal riconoscimento del peso dei condizionamenti concreti, possiamo aggiungere che la coscienza delle persone dev’essere meglio coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del matrimonio. Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore, e proporre una sempre maggiore fiducia nella grazia. Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno.”

      Fonte http://m.vatican.va/content/francescomobile/it/apost_exhortations/documents/papa-francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html

      E qua dobbiamo chiederci questo: se la persona non è in stato di peccato mortale, il cambiamento di Al è relativo alla dottrina o alla pastorale?

      Alla pastorale, ovviamente. Infatti la precedente proibizione di fare la Comunione per i divorziati risposati sessualmente attivi è stata voluta dalla Chiesa NON per i motivi che alcuni sostengono (ovvero che i fedeli in quella situazione fossero sempre in stato di peccato mortale) MA bensì perchè, pastoralmente, si era valutato che lasciare che i divorziati risposati potessero accedere all’Eucaristia avrebbe potuto indurre i fedeli in errore circa l’indissolubilità del matrimonio.

      Oggi invece il Papa ritiene di poter “osare” un po’ di più, visto che la dottrina è ben conosciuta e rimane stabile.

  • Mary ha detto:

    A me pare sia troppo facile metterla così, Marco.
    La colpa della moglie c’è, se vogliamo proprio dirla tutta: ha sposato con leggerezza una banderuola perché…. banderuola non si diventa dall’oggi al domani.
    Una persona che ha fede (quella vera intendo) non ha bisogno di rischiare una seconda volta, le basta la fede e poi chissà ……..(cinicamente aggiungo che potrebbe sempre rimanere vedova nel frattempo).
    E poi vivere da soli non è così tragico, anzi!

    • Marco ha detto:

      @ Mary

      “A me pare sia troppo facile metterla così, Marco.”

      Per nulla. Semmai troppo facile è metterla giù come fanno alcuni.

      “La colpa della moglie c’è, se vogliamo proprio dirla tutta: ha sposato con leggerezza una banderuola perché…. banderuola non si diventa dall’oggi al domani”.

      Verissimo, ma le persone cambiano. Ci sono persone che da appena sposate erano fantastiche, poi con gli anni si sono corrotte e sono cambiate in peggio. Per essere chiari, un caso come quello sopra elencato è capitato proprio ad una persona a me cara, e siccome al tempo del matrimonio suo marito era del tutto diverso, completamente, ed entrambi si sono sposati sapendo con chiarezza cosa significava il vincolo e con l’intenzione di tenervi fede, non le è stato possibile ottenere la dichiarazione di nullità.

      In altre parole, il matrimonio è valido, e questa persona fino ad Amoris Laetitia era condannata a vita (suo marito se ne è andato sette anni fa).

      Le sembra giusto?

      “Una persona che ha fede (quella vera intendo) non ha bisogno di rischiare una seconda volta, le basta la fede e poi chissà ……..(cinicamente aggiungo che potrebbe sempre rimanere vedova nel frattempo).”

      Ah certo, molto meglio sperare nella morte del marito. Complimenti. Tra l’altro, questa persona di cui parlo ha aspettato il marito per anni, sperando che in qualche modo tornasse, prima di permettersi di innamorarsi di nuovo.

      Trattare una persona così allo stesso modo di come si tratta un cornificatore o una cornificatrice che manda all’aria un matrimonio per sua propria colpa, lo ripeto, non solo è contrario alla Misericordia, ma ancora di più alla Giustizia. Posso capire benissimo l’esclusione dai Sacramenti e lo stato di peccato mortale per una persona che manda in rovina il proprio matrimonio apposta per andarsene con un’amante, ma estendere il medesimo trattamento alla vittima mi pare una bestialità, lo dico sinceramente. Le parole di Gesù le conosciamo tutti, ma sono certo al 10.000% che non sia Suo volere “sparare nel mucchio” e che siano tutti trattati allo stesso modo, indipendentemente dalle colpe.

      “E poi vivere da soli non è così tragico, anzi!”

      Un conto è se si parla di una persona anziana, di 65/70 anni, ma per una persona di 30 anni o 40 anni o 50 anni è tutto fuorché normale vedersi condannata ad una vita di solitudine, sentendosi dire sostanzialmente “o questo o l’inferno” (perché l’esclusione dai Sacramenti sottintende questo, che la persona non sia in stato di Grazia e quindi che sia prossima alla dannazione).

      Dove accidenti è la carità in questo? Dove la Misericordia? Dove la Giustizia?

      E si che è stato Cristo a dire “il Sabato è per l’uomo e non l’uomo per il Sabato”, ossia che la Legge è un dono per l’uomo e non la sua gabbia.

      Ma vabbè, corsi e ricorsi storici.

      I quattro Cardinali, che con protervia hanno accusato il Papa pubblicamente, invece che dei divorziati risposati dovrebbero pensare al loro stato di Grazia e alle Comunioni sacrileghe che rischiano di mangiare nei prossimi giorni.

      Ma certamente troveranno il modo di convincersi che questa sia la volontà di Dio.

      • Alessandro Ambrosi ha detto:

        Grazie Marco, anche se sei sposato hai capito il dramma dei divorziati-risposati, ti dico grazie perché ben pochi lo capiscono e questo ti rende una persona speciale che sa entrare nella vita del prossimo. Magari fossero tutti come te. Ti auguro una lunga vita felice con tua moglie perché la meriti veramente. Un ABBRACCIO. Alessandro Ambrosi.

  • Alessandro Ambrosi ha detto:

    Io penso che la coscienza individuale sia la più giusta giustizia di se stesso, ma ognuno deve anche essere a conoscenza del vangelo e non essere ipocrita. Chi si accosta alla Santa Comunione non può essere un falso e deve sapere che Dio in quel momento è lì davanti a lui che lo sta perdonando. Allora che il penitente sia sposato una volta o due volte non conta, l’importante è che dentro di lui ci sia la pace e la consapevolezza che in quel momento è stato perdonato. La vita di un divorziato è esattamente uguale a uno che è sposato, anzi direi che fa anche più fatica visto che per il novanta per cento deve mantenere due famiglie, il peccato coniugale non esiste più perché anche l’amore per il suo-a ex non esiste più, i rapporti con la vita precedente si sono interrotti e non c’è più possibilità di un ritorno; Perché condannarlo per il resto della sua esistenza? Gesù durante la sua vita ha guarito i malati, ha risorto i morti, ha mangiato e bevuto con i farisei e pubblicani, ha difeso la prostituta, ha accolto tutti, non ha mai rifiutato nessuno specialmente i peccatori, credete che non accoglierebbe un risposato? Ci vuole così tanto a capire quanto è grande l’amore di Cristo? Mettiamoci in testa che i peccati dei risposati sono identici a tutti quelli degli altri e davanti a Dio sono giudicati in egual maniera. Guai a chi giudica perché sarà giudicato.

    • Marco ha detto:

      Invece, secondo queste persone, l’unico peccato che non può essere assolto è quello dei risposati, caro Alessandro.

      Uno ha fatto una strage, ha ammazzato il padre per l’eredità, ha truffato migliaia di famiglie per arricchirsi? Questo può essere perdonato.

      Invece un divorziato, per il solo fatto di aver FALLITO, e magari non per colpa sua, nel matrimonio, deve essere condannato a vita, e portare le conseguenze di questo fallimento a vita.

      Certo, il matrimonio è indissolubile, ma perché uno non può FALLIRE nel tener fede a questo impegno ed essere perdonato ma deve pagarne le conseguenze tutta la vita?

      Ma ci rendiamo conto che io, che sono sposato, se domani decidessi di lasciare mia moglie (siamo sposati da 8 anni e siamo molto felici, grazie a Dio) per andarmene con un’altra lei, a soli 36 anni, sarebbe costretta a stare sola per tutta la vita quando la colpa del divorzio sarebbe mia e solo mia????

      Vi pare giusta una cosa del genere? Rispondete dottori della legge. Vi pare giusto che una persona che ha subito il divorzio o due persone che si sono separate consensualmente (magari dopo aver aspettato che i figli fossero grandi affinché non ne soffrissero) debbano essere trattate allo stesso modo di una persona che ha rotto volontariamente il proprio matrimonio per andarsene con un amante?

      Rispondete a questo. Perché stanno esattamente così le cose. Se io domani decidessi di lasciare mia moglie per andarmene con un’amante lei sarebbe CONDANNATA a stare tutta la vita da sola, altrimenti secondo i dottori della legge, se trovasse un uomo che la ami davvero, lei sarebbe in peccato mortale e andrebbe all’inferno!

      Qua non solo non c’è l’ombra della Misericordia, in questa cosa, ma nemmeno l’ombra della Giustizia!

      Salve.

  • Echenique ha detto:

    I sacramenti sono 7, mica 1. Prima della comunione bisogna fare la confessione e la conversione. Un véscovo che non conosce questo, meglio che se ne vada a casa sua o torni nel seminario, a imparare il Catechismo.¡ Mama mía quanta ignoranza ! ¿ stimolata da Bergoglio ?. Cosí sembra.

  • Echenique ha detto:

    Questa é la chiesa, con minúscola, del ” lío “, voluta da Bergoglio, incoraggiatta da Bergoglio. Ma la chiesa della confusione, del lio, della ambigüitá, non é quella voluta da Gesú, la Chiesa del sí, sí; nó, no, che rifiuta il divorzio ma chiama i divorziati, come a tutti i peccatori, alla conversione. Bergoglio ha perso la legitimmitá di esercizio del mimistero petrino. Debe andársene giá. Non ha piú la fiducia dei cattólici veri.

  • il maccabeo ha detto:

    La coscienza informe (lassa e crassa) e la conseguente “decisione personale” messa al di sopra della coscienza formata dai dieci comandamenti è solo la vecchia eresia dell'”etica d situazione” già condannata dal S. Uffizio il 2 febbraio 1956 (DS 3918-3921) sulla scorta delle allocuzioni di Pio XII del 23 marzo e del 18 aprile 1952. Il Concilio con l’esaltazione della dignità umana e della coscienza, nonché di tutto ciò che è “vitale”, poste ormai al d sopra della legge divina e di quella positiva ecclesiastica, ha riportato in auge questa vecchia eresia. Purtroppo la stragrande maggioranza dei vescovi che sostengono la Amoris laetitia con il Sovrano Pontefice in testa ne sono tutti profondamente affetti.

  • Giuseppe Marson ha detto:

    GRAZIE !!!
    Che la Madonna Mater Misericordiae continui adassistere e sostenere il suo lavoro e quello dei suoi colleghi che amano la Verità, Cristo, più di se stessi.

  • Pier Luigi Tossani ha detto:

    citazione appropriata di Dante. Bravo. A me, quelli per cui mi dispiace di più sono i nostri fratelli divorziati risposati, che invece di venir aiutati davvero a crescere come uomini e donne, invece rischiano l’anima – per debolezza d’animo. Restando in tema dantesco, è una responsabilità che pesa come un macigno su Bergoglio e i suoi seguaci. Sono scelte, se la vedranno loro.
    Forza Quattro!…

  • Emmanuele ha detto:

    Mi permetto di far notare che a mio parere, la precisazione del Papa sull’ assolvere abortisti è anche più grave che dare la eucarestia ai separati risposati,il sacerdote, da se prendeva già la decisione se ritenere valido il pentimento, il solo fatto di esortare i confessori a prendere in considerazione il perdono per simili atti, ha generato solo confusione, così come l’Eucaristia ai divorziati, con tutto il rispetto per il Papa, in momenti così bui per la società è sopratutto per la Chiesa Cattolica, non si sentiva il bisogno di questa esortazione!

    • Marco ha detto:

      Emmanuele, lei non sa quello che dice!

      Cosa significa “il solo fatto di esortare i confessori a prendere in considerazione il perdono per simili atti ha generato solo confusione”????????????

      Ma si rende conto di quello che dice?

      Lo sa che tutti i peccati, compresa una strage di persone, può essere perdonata in confessione se c’è il vero pentimento?

      E lo steso vale per l’aborto. Una donna che ha abortito ed è davvero pentita del suo ignobile atto non solo “può” essere perdonata dalla Chiesa, ma DEVE essere perdonata dalla Chiesa, visto che è stata istituita dal Cristo non per condannare il mondo, ma per salvarlo.

      Il fariseismo della sua posizione è ributtante.

    • Marco ha detto:

      Aggiungo, Emmanuele, che la cosa più grave del suo post, la cosa più ributtante, è che lei incita al peccato contro lo Spirito Santo, l’unico peccato che non può essere perdonato, perché chi pecca contro lo Spirito Santo si convince che la sua colpa sia troppo grande al punto che nemmeno Dio possa perdonarla!

      Si rende conto di quello che ha scritto?

      Seriamente, è di una gravità inaudita.

      L’aborto è un peccato orribile, non c’è alcun dubbio su questo, è l’assassinio di un innocente, ma questo vuol forse dire che una donna che ha sciaguratamente compiuto questo crimine non possa essere perdonata?

      Certo che può, se è davvero pentita non c’è nulla che possa impedire a Dio di perdonarla, nonostante la gravità di tale peccato.

      Il Papa ha voluto, dopo aver ribadito la gravità dell’aborto, far sapere alle donne che hanno abortito e ai medici che sono stati loro complici in questo delitto, che la Misericordia di Cristo li perdona se sono pentiti davvero.

      Lo ripeto di nuovo: posizioni come la sua incitano al peccato contro lo Spirito Santo, ci pensi bene prima di scrivere ancora cose del genere, sia per il bene di chi la legge sia per il bene della sua anima!

  • rino ha detto:

    Se tutti avessero il coraggio di esprimersi apertamente…